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Esce alla luce; rincontra Catone, che domanda ragione di lor cammino, e gli indirizza al monte dove lo spirito umano si purga. Virgilio lava al Poeta il viso tinto dalla fuliggine d'Inferno, e lo corona d'un ramo di giunco. La prima soglia del Purgatorio tiene coloro che differirono penitenza.

Già lo stile si fa più sereno e le allusioni geografiche, astronomiche, più frequenti. Al moralista dà luogo il Nota le terzine 1, 3, 4, 5, 7, 8, 9; 11 alla 14; 17 alla 24; 26 alla 32; 34; 38 alla 41 ; e le ultime due.

cittadino adirato.

1.

Per correr miglior acqua, alza le vele

Omai la navicella del mio ingegno,
Che lascia dietro a sé mar si crudele :
2. E canterò di quel secondo regno
Ove l'umano spirito si purga
E di salire al ciel diventa degno.
3. Ma qui la morta poesia risurga,

O sante Muse, poi che vostro sono;
E qui Calliopéa alquanto surga,

4. Seguitando 'l mio canto con quel suono
Di cui le Piche misere sentiro
Lo colpo tal, che disperår perdono.

5. Dolce color d'oriental zaffiro,

Che s'accoglieva nel sereno aspetto
Dell'aer puro infino al primo giro,

1. (SL) CORRER. Æn., III: Currimus æquor. MIGLIOR. A Giunone ch' esca d' Inferno: Teque refer cœli melioris ad auras (Ovid. Met., IV). VELE. Georg., II: Pelagoque volans da vela patenti. - IV: Vela traham, et terris festinem advertere proram. Ovidio tradotto dal Semintendi: Però ch'io tratto di grande materia, e ho dato le vele piene a' venti. CRUDELE. Æn., IV: Sæva... æquora.

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6. Agli occhi miei ricominciò diletto
Tosto ch'i' usci' fuor dell' aura morta
Che m'avea contristati gli occhi e 'l petto.
7. Lo bel pianeta ch' ad amar conforta,
Faceva tutto rider l'Oriente,
Velando i Pesci ch'erano in sua scorta.
8. I' mi volsi a man destra, e posi mente
All'altro polo; e vidi quattro stelle,
Non viste mai fuor ch'alla prima gente.
9. Goder pareva 'l ciel di lor fiammelle.
Oh settentrional vedovo sito,
Poichè privato se' di mirar quelle!

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(SL) NON VISTE MAI: Æn., V: Nulli visa... virgo. (F) QUATTRO. Le virtù cardinali, dice Pietro; e lo dichiara il Poeta nel XXX di questa Cantica. 9. (SL) GODER. Inf., 1: Parca che l'aer ne temesse. (F) SITO. Pietro qui cita Aristotele (De cœlo et mundo, II): La terra è fissa e stabile, ed è col mare il centro del cielo; e il cielo intorno a lei si volge: alla cui rivoluzione sono necessarii duc poli fermi, l' uno sovrastante alla terra nostra discoperta del mare, che dicesi il polo nostro settentrionale e artico, al quale è vicino l'Orsa Maggiore che volgarmente chiamano il Carro; l'altro si dice meridionale e antartico che mai non si vede. Conv. Questi due poli, l'uno manifesto quasi a tutta la terra discoverta, cioè questo settentrionale; l'altro è quasi a tutta la discoverta terra celato, cioè lo meridionale. PRIVATO. Som. Il genere umano per il primo peccato meritò esser privato dell'aiuto della grazia.

40. Com' io dal loro sguardo fui partito, Un poco me volgendo all'altro polo, Là onde 'l Carro già era sparito, 11. Vidi presso di me un veglio solo,

Degno di tanta riverenza in vista, Che più non dee a padre alcun figliuolo. 12. Lunga la barba e di pel bianco mista Portava, a' suoi capegli simigliante, De' quai cadeva al petto doppia lista. 13. Li raggi delle quattro luci sante

14.

Fregiavan si la sua faccia di lume, Ch'i'' vedea come 'l sol fosse davante. Chi siete voi che, contra 'I cieco fiume, Fuggito avete la prigione eterna? (Diss'ei, movendo quell' oneste piume.) 15. Chi v' ha guidati ? o chi vi fu lucerna, Uscendo fuor della profonda notte Che sempre nera fa la valle inferna? 16. Son le leggi d'Abisso così rotte?

O è mutato in ciel nuovo consiglio, Che, dannati, venite alle mie grotte? 17. Lo duca mio allor mi diè di piglio,

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19. Ma da ch'è tuo voler che più si spieghi Di nostra condizion, com'ella è vera, Esser non puote 'l mio ch'a te si nieghi. 20. Questi non vide mai l'ultima sera;

Ma, per la sua follia, le fu si presso, Che molto poco tempo a volger era. 21. Si com'i' dissi, fu' mandato ad esso Per lui campare; e non c'era altra via Che questa per la quale i' mi son messo. 22. Mostrata ho lui tutta la gente ria: E ora 'ntendo mostrar quegli spirti Che purgan sè sotto la tua balía. 23. Com' i' l'ho tratto, saria lungo a dirti. Dell'alto scende virtù che m'aiuta Conducerlo a vederti e a udirti. 24. Or ti piaccia gradir la sua venuta. Libertà va cercando, ch'è si cara, Come sa chi per lei vita rifiuta.

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(F) FACCIA. Eccle., VIII, 1: La sapienza dell'uomo riluce nel volto di lui.

14. (L) CONTRA 'L CIECO FIUME: a ritroso del corso del ruscelletto di cui nella fine dell' Inferno. - PIUME: barba.

(SL) CONTRA. Æn., VIII: Adversum remis superes subvectus ut amnem. - FIUME. Il ruscello del XXXIV dell' Inferno. PIUME. Inf., III: Fur quete le lanose gole Al nocchier. Petr.: Le penne usate Mutai per tempo e la mia prima labbia.

15. (SL) INFERNA. En., VII: Infernis... tenebris.

(F) LUCERNA. Psal. CXVIII, 405: Lucerna pedibus meis verbum tuum.- PROFONDA NOTTE... SEMPRE NERA. En., IV: Umbras Erebi noctemque profundam. - X: Ælernam... noctem. Job, X, 22: Sempiternus horror inhabitat.

16. (L) GROTTE del monte del Purgatorio.

(SL) LEGGI. Lucan., VI: Cessissent Leges Erebi. ROTTE. Georg., IV: Immitis rupta tyranni Fœdera. GROTTE. Inf. XXXIV, terz. 3.

17. (L) REVERENTI MI FE' LE GAMBE E 'L CIGLIO: mi fe' inginocchiare e chinare gli occhi.

(SL) PIGLIO. Inf., IX. E' gli chiude gli occhi con le mani alla vista della Gorgone.

18. (L) Lui: a lui.

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(SL) SERA. L'Ariosto, d'Enoc e d'Elia: Che non han visto ancor l'ultima sera.

(F) PRESSO. Ad Corint., I, XV, 56: Stimolo della morte il peccato. Psal. CXIV, 3: Pericoli d'inferno mi circondarono.

21. (L) QUESTA: il timor della pena.

(F) VIA. Conv.: Questo cammino si perde per errore come le strade della terra. Psal. I, 1: Via peccatorum, e simili, nella Bibbia spessissimo. 22. (L) LUI: a lui. BALÍA: potestà.

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28. Lasciane andar per li tuo' sette regni: Grazie riporterò di te a lei,

Se d'esser mentovato laggiù degni. 29. Marzia piacque tanto agli occhi miei

Mentre ch'i' fui di là (diss'egli allora), Che quante grazie volle da me, fei. 30. Or che di là dal mal fiume dimora,

Più muover non mi può, per quella legge Che fatta fu quand' i' me n'usci' fuora. 31. Ma se Donna del ciel ti muove e regge, Come tu di'; non c'è mestier lusinga: Bastiti ben, che per lei mi richegge. 32. Va dunque, e fa che tu costui ricinga

D'un giunco schietto, e che gli lavi 'l viso, Si ch'ogni sucidume quindi stinga : 33. Chè non si converria, l'occhio sorpriso

D'alcuna nebbia, andar davanti al primo Ministro, ch'è di quei di Paradiso. 34. Questa isoletta intorno, ad imo ad imo, Laggiù colà dove la batte l'onda, Porta de' giunchi sovra 'l molle limo.

prole: mori, ed ella, resigli i funebri onori, tornò pregando Catone la ripigliasse. Lucan., II, 341: Da fœdera prisci Illibata tori: da tantum nomen inane Connubii: liceat tumulo scripsisse: Catonis Martia. - V. Inf., IV.— PIEGA. Georg., IV: Orando flectes. Æn., XII: Flectere sermo Cœperat.

28 (L) SETTE REGNI, che purgano i sette peccati. GRAZIE RIPORTERÒ DI TE A LEI: ti ringrazierò innanzi a Marzia.

29. (L) DI LÀ: al mondo.

(SL) [Occm. Alfieri: ... Non pria veduto Io l'ebbi in Ela, che a' miei sguardi ei piacque, Ma al cor non mai (Saul, at. IV., sc. 5)].

(F) [OCCHI. Judic., XIV, 3: Hanc mihi accipe, quia placuit oculis meis. Jer., XXVII, 5: Ei, qui placuit in oculis meis. - XVIII, 4: Sicut placuerat in oculis ejus. 30. (L) MAL FIUME: Acheronte. 31. (L) RICHEGGE richiede.

(SL) REGGE. Muove dice il primo impulso; regge, l'ispirazione continua. MESTIER. In risposta a preghiera non dissimile Ovidio (Met., IV): Non longis opus est ambagibus. - LUSINGA. Secrete lusinghe chiamava un antico le preci miste di lode..

32. (L) QUINDI : dal viso. STINGA. Contrario di tinga.

(SL) SCHETTO. Inf., XIII: Non rami schietti, ma nodosi e 'nvolti.

33. (L) SORPRISO: sorpreso. mo Angelo. V. il Canto IX.

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PRIMO MINISTRO: pri

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(SL) SORPRISO. Lo dicono i Napoletani; e gli antichi Toscani: priso, miso, commiso. PRIMO. Purg., IX, t. 26. MINISTRO. Psal. CII, 24: Ministri ejus, qui facitis voluntatem ejus. 34. (L) ISOLETTA, ov'è il monte. appiè.

AD IMO AD IMO:

(SL) AD IMO AD IMO. Inf., XVII: A piede a piè della stagliata rocca. BATTE. Buc, V: Percussa fluctu litora. Æn., V: Tunditur... Fluctibus. - PORTA. Di piante, ferre, in Virgilio e in altri LIMO. Buc., I: Limosoque palus obducat... junco.

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MOSTRERA. Æn., I: Corripuere viam... qua semita monstrat. PRENDETE. La Sibilla ad Enea che s'avvii col ramo alle porte d' Eliso: Sed jam age: carpe viam, el susceptum perfice munus (Æn., VI). - MONTE. Æn., VI: Tumulum capit.

38. (L) DICHINA verso il mare.

(SL) DICHINA. Buc., IX: Se subducere colles Incipiunt, mollique jugum demittere clivo. 39. (L) ORA: aura.

(SL) ORA. Quello che gli antichi chiamavano mattutino, avanzava di quasi tre ore il nascer del sole. TREMOLAR. Æn., IX: Splendet tremulo sub lumine pontus.

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Nell' entrare dell'Inferno il Poeta somiglia sè a chi uscito con lena affannata dalla tempesta de' flutti alla riva, si volge all'acqua del pericolo e guata poi assomiglia il primo cerchio dell' Inferno al mare che mugghia per tempesta; e la vita mutata, a navigante che cala le vele raccoglie le sarte. Qui la navicella del suo ingegno alza le vele per correre acqua migliore, che le crudeli varcate già. E nel Paradiso, del suo canto dice con meno eleganza: Non è poleggio da picciola barca Quel che fendendo va l'ardita prora, Nè da nocchier ch'a sè medesmo parca (1). E nel principio del Canto secondo si dilata questa imagine in bene sei terzine contro il solito del Poeta: ma pure essa non è così rettoricamente lavorata come nel seguente passo del Convivio, il quale dimostra quanto più difficile sia del verso la prosa virile, e come l'affettare gli ornamenti poetici sia pericoloso alla prosa: Lo tempo chiama e dimanda la mia nave uscire di porto perchè, dirizzato l'artimone della ragione all'ora del mio desiderio, entro in pelago con isperanza di dolce cammino, e di salutevole porto e laudabile.

La miglior acqua e canterò e la poesia risurga rammenta quel di Virgilio (2): Sicelides Musæ, paulo majora canamus; e l'altro (3): Nunc, veneranda Pales, magno nunc ore sonandum; che è più parco di quello di Stazio (4): Non mihi jam solito vatum de more canendum; Major ab Aoniis sumenda audacia lucis. Mecum omnes audete Dea. Ma il risurgere e il surga ancor più direttamente rammentano quel de' Salmi: Cantabo, et psalmum dicam. Exsurge gloria mea, exsurge, psalterium et cithara; exsurgam diluculo (5); nel qual medesimo salmo e' trovava forse al proposito del suo viaggio: Mandò dal cielo e mi liberò (6); abbandonò ad obbrobrio que' che mi

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conculcavano (1). Mandò Iddio la sua misericordia e la sua verità (2); e' trasse l'anima mia di mezzo a' leoncelli (3). Dormii conturbato. I figliuoli degli uomini i denti loro armi e saelte, e la lingua spada acuta (4). A queste parole del salmo cinquantesimo sesto altre ne aggiunge il censettesimo, a cui sarà corso il pensiero di Dante: Sopra tutta la terra la gloria tua acciocchè sieno liberi i tuoi diletti.... Chi condurrà me nella città munita?... Non tu forse, o Dio, tu che ci avevi respinti? (5) Così quella libertà di cui tocca Virgilio a Catone, intesa in senso e morale e civile e religioso, acquista la debita ampiezza.

Egli invoca Calliope (6), che Ovidio dice la prima del coro delle Muse (7), ed altrove la massima (8), e dice che nel certame con le Piche fu essa che per tutte l'altre cantò e vinse: Calliope quærulas prætentat police chordas (9). Nè il quærulas sarà sfuggito al Poeta, che in questa Cantica segnatamente si compiace in pensieri mestamente pietosi. Calliope in Orazio (10) è detta regina, ma non per la ragione che Esiodo la dice seguire i re; le quali parole di per sè sole segnano distanza che corre tra Esiodo e le più antiche, cioè le più poetiche parti del poema d'Omero. Ma in questa invocazione non avrà certo Dante dimenticato quel di Virgilio (14): Vos, o Calliope, precor, adspirate canenti; dove in una musa son tutte, e la sconcordanza è bellezza, e spiega l'intima ragione perchè dal tu sieno le lingue moderne passate al voi. Qui Calliope, altrove (12) Clio è nominata a modo di citazione solo perchè invocata da Stazio; altrove Dante in nome suo proprio invoca Urania

(1) In questo Canto, t. 4: Con quel suono Di cui le Piche misere sentiro Lo colpo tal, che disperar perdono. (2) Forse in Beatrice la misericordia e la grazia ; la luce del vero in Lucia. (3) Inf., I, XXVII; Par., VI. (4) Psal. LVI, 4, 5. (5) Psal. CVII, 6, 7, 14, 12. (6) In Virgilio (Buc., IV), detta Calliopea, ed in Ovidio. (7) Fast., V. (8) Met., V. (9) Ivi. (10) Carm., III, 4. (12) Purg., XXII, t. 20.

(11) Æn., IX.

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in cima al monte sacro (1) già prossimo al ciela; ma giunto in Paradiso, nuove Muse mi dimostran l'Orse (2); dacchè quelle Donne che ajutâro Anfione a chiuder Tebe (3), più non fanno per esso; e, volato più su nella gloria, per modo d'escluşione egli nomina Polinnia, quasi la musa di tutti gl'inni delle umane religioni, per dire che quante lingue cantassero nutrite da lei e dall' altre sorelle, non giungerebbero al millesimo del vero cantando la bellezza della sua Beatrice (4).

Altri nomi di muse Dante non ha, ch'io rammenti; ma leggendo nell'egloga sesta nominata Talia musa della commedia da Virgilio, che non è punto comico, si sarà Dante pensato, o confermatosi nel pensiero, di chiamare commedia la sua. Del qual titolo è altresi ragione la forma, drammatica in gran parte, del sacro poema, a similitudine delle rappresentazioni sacre che facevansi fin nelle chiese. E fors' anco egli avrà avuto la mente all'origine greca della parola, da borgo, intendendo che la sua poesia dovess' essere popolare.

Il principio di questo Canto ci fa ben certi che Dante conosceva d'Orazio non sole le satire ma anco le odi, e che il chiamarlo che egli fa altrove Satiro (5), non è senza intenzione deliberata. Nell'ode che invoca Calliope sono i versi: Vester Camana, vester in arduos Tollor Sabinos (6), a che corrisponde: O sante Muse, poi che vostro sono (7). Se non che più rettorica al solito in Orazio l'andatura, e le amplificazioni abbondano in quello stile che pare a taluni si parco. Il longum melos è già una minaccia; poi vengono dopo la libia, fidibus citharave Phobi; poi l'amabilis insania che lo fa pios errare per lucos amœnæ Quos et aquæ subeunt et auræ (8). Ma quest'ode sarà forse a Dante piaciuta perchè sotto la guerra de' giganti ci si adombrano le lodi dell'alto Cesare (9), e di Giove è detto quel che Dante dell'imperatore, imagine di Giove, intendeva: Qui terram inertem, qui mare temperat Ventosum, et urbes, regnaque tristia, Divosque, mortalesque turmas Imperio regit unus æquo (10). Nè senza perchè questo del Purgatorio dicesi secondo regno

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(4) Purg., XXIX, t. 14. (2) Par., 11. (3) Inf., XXXII. · (4) Par., XXIII. —, (5) Inf., IV. (6) Hor., Carm., HI, 4.- (7) Terz. 3. (8) Rammenta il XXVIII del Purgatorio: Vago già di cercar dentro e d'intorno La divina foresta... Un' aura dolce... un rio Che 'nver sinistra con sue picciole onde... Sotto l'ombra perpetua.

(9) Par., XXX: Dell'alto Arrigo, ch' a drizzare Italia Verrà. Il singolare si è nell'ode la strofa: Vos lene consilium et datis, et dato Gaudetis almæ. Scimus ut impios Titanas, immanemque turbam Fulmine sustulerit caduco. Dopo il mite consiglio il fulmine caduco, è volo o caduta, un po' più che lirico. - (10) Inf., 1: In tutte parti impera, e quivi regge. Par., XII: Lo 'mperador che sempre regna.

e i giri di lui sette regni; e il poema incominciato in latino diceva: Infera regna canam. E anche per questo Virgilio era il suo maestro e autore in cui questa imagine del regno ritorna sovente a proposito e dell'Inferno (1) e della vita pastoråle (2) e delle api (3) e de' tori (4).

Nė senza intenzione son qui rammentate le Piche, figlie d'un Macedone, del paese che ha dati i giganti, perchè l'un simbolo si congegna con l'altro, e gli abusi della mente, non men che quelli della forza, paiono dannabili al Poeta, anzi più (5). Le Piche sfidano al canto le muse; una di quelle canta appunto i giganti, falsoque in honore... Ponit, et extenuat magnorum facta Deorum (6). Poi canta Calliope, e i suoi canti sono in onore di Cerere, che Virgilio chiama leggifera (7), e ricordano atti d'ospitale pietà premiati, e di inciviltà spietata corretti da memorabile pena. Le Ninfe danno il vanto alle muse; le Piche si sfogano in vituperii, ed allora le dee: Non est patientia libera nobis. Ibimus in pœnas: et, quo vocat ira, sequemur (8): i quali versi saranno allo sdegnoso Poeta segnatamente piaciuti. Le cantatrici vane da ultimo diventano gazze nemorum convicia, e dallo scherno passano alla querela sua fata querentes; onde Dante avrà tolto l'aggiunto di piche misere, che sparge sui colpevoli stessi una stilla di pietà generosa. Men pio nel Paradiso è l'accenno a Marzia scorticato, e dimostra come l'animo del Poeta si venisse esasperando cogli anni. Nel Purgatorio i concetti e i sensi di gentile mestizia, di compassione amica e di speranza serena, sono più cari ed umani che nell' altre due Cantiche e qui stesso egli ha nominato le Piche non solo per accennare la forza vendicatrice del suo canto, ma e per pregare che nulla sia in quello di profano e ingiusto ai veri Celesti.

Altri poneva il Purgatorio sul Libano. Isidoro nell'opposto emisfero dov'è il Paradiso terrestre. Gregorio (9): Questa vita del mondo è posta quasi tra il cielo e l'inferno... siccome le anime degli assai buoni al cielo volano, e le anime degli assai tristi discendono all'abisso della terra, così le anime de' mediocremente buoni tengono il luogo di mezzo. Virgilio è anche qui guida a Dante, Virgilio che Orazio dice optimus, e della cui dottrina Servio (10): Tutto Virgilio è pieno di scienza, e molte cose ci si dicono per alta sentenza di Filosofi, di Teologi, di Savii d'Egitto.

Da Virgilio egli avrà forse non tolta, ma confermata, l'idea delle stelle nell' un polo vedute,

(4) Georg., IV; En., VI.—(2) Georg., III.—(3) Georg., IV. − (4) Georg., III; Georg., IV: Humida regna; Æn., VIII: Regnator aquarum. - I: Ventorum carcere regnet.— (5) Inf., XXXI. (6) Ovid. Met., V. — (7) Æn., IV.(8) Ovid. Met., V. - (9) Nelle Decretali citate da Pie- (10) Ad VI En.

tro.

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