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tore è ministro di voluttà. Onde il comune lenocinio delle parole. Montaigne: Il n'est chose qui empoisonne tant les princes que la flatterie ... ni maquerelage si propre el si ordinaire à corrompre la chasteté des femmes, que de les paître, et entretenir de leurs louanges. Ed Orazio, paragonando l'adulatore al buffone, aveva già detto: Ut matrona meretrici dispar erit, æque Discolor infido scurræ distabit amicus (1).

Nella prima bolgia Giasone che seduce con ornate parole; nell'altra Taide che lusinga l'amante sedotto. È nota la gradazione della pena: il mezzano e il seduttore ingrato, men rei dell'adulatore vile. Non tutti, nota Pietro, qui sono gli adulatori, ma que' che lusingarono il male.

Forse che Dante collegando i due passi dell'Apostolo: Si adhuc hominibus placerem, Christi servus non essem (2). Omnia... arbitror ut stercora, ut Christum lucrifaciam (3), avrà trovato il passaggio tra i due vizii, e la pena al secondo. Forse scrivendo dell'adulatore, coperto il capo di immondizia, sì che non parea s'era laico o cherco, avrà pensato alle decretali che sentenziano: ¿ chierici adulatori o traditori dover essere degradati (4). Qui il capo dell'adulatore lordato, altrove il teschio dell'arcivescovo traditore divorato dalla eterna fame del traditore Ugolino.

Avrà Dante letto in Agostino: Eternis fætoribus deputent suffocandos; e in Gregorio (5): Era un ponte sotto il quale un fiume nero e caliginoso scorreva esalando nebbia di puzzo. E Gregorio stesso (6): Peccata a mentis nostræ utero tanquam excrementa fœtida egeruntur. Tom

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maso (1): Ea quæ sunt folida despiciuntur quasi vilia.

Ne' Profeti troviamo: Posò nelle proprie feccie (2). Defixos in fæcibus suis (3). Gloria ejus stercus et vermis (4). Omnis mulier... fornicaria, quasi stercus in via conculcabitur (5). Putredo in ossibus ejus, quæ confusione res dignas gerit (6). Qui nutriebantur in croceis, amplexati sunt stercora (7). Sarebbe facile, colle concordanze della Bibbia alla mano, moltiplicare siffatte citazioni; ma basti rammentare che quella parola è nell'Inno della Vergine cantato tutti i di dalla Chiesa.

Il Poeta della Nuova Eloisa (mi si perdoni il nominare qui lei) dice a tutta lode di Dante, ch'egli significa le cose coi loro proprj nomi. II Menzini, men poeta di Giangiacopo, osa affermare: che Dante ebbe la cura sol del concetto e sprezzò l'esterno ornamento. Ma fin nella pittura di cose orribili e sconcie, il Filosofo mal grazioso, come Giovan Villani lo chiama, è più accurato ed elegante scrittore che non sia il satirico del Ponte alle Grazie. E in compenso delle sconcezze e orribilità che nel poema di lui, come in quello della natura, fanno per il contrapposto risaltare viemmeglio le alte cose e gentili, in compenso avete, ove il luogo e il tempo richiegga, ricchezza di forme terse e trasparenti, d'aure e di fiori, di gemme e di stelle, di melodie e di sereui.

(1) Som., 1, 2, 102. Non tanto a discolpa di Dante, quanto a dare a conoscere l' indole de' tempi meno schizzinosa, ma appunto per questo più vereconda insieme e più dignitosa si nell' animo e si nel linguaggio, noteremo che nella Somma la similitudine tolta dall' orina dell' ammalato cade più d' una volta. (2) Jerem., XLVIII, II. — (3) Sophon., I, 12. — (4) Machab., I, II, 62. (5) Ecclesiast., IX, 10 - (6) Prov., XII, 4. - (7) Jer. Thr., IV, 5.

CANTO XIX.

Argomento.

Nella terza i simoniaci. La pietra è piena di fori, tutti d'uguale larghezza, da contenere il corpo d'un uomo. Dalla bocca del foro spuntano i piedi, e parte delle gambe d'un dannato, ardenti di fiamme; da che si deduce che l'intero recinto è infiammato. Quando giunge un dannato nuovo, quel ch'esce del foro co' piedi, vi casca dentro, e il recente rimane a dimenare in fuora le gambe. Al vedere uno degl'infornati guizzare e ardere più degli altri, il Poeta s'invoglia di sapere chi e' sia. Virgilio lo porta di peso fin giù nella bolgia. E' parla a papa Nicolò Terzo, e gli rimprovera il suo peccato. Poi Virgilio lo porta sul ponte della bolgia seguente.

Nota le terzine 1, 4, 5; 7 alla 11; 20, 22; 24 alla 27; 30; 33 alla 36; 38, 40, 41, 42.

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1. (L) DI BONTATE... SPOSE: vengono da bontà divina, alla bontà umana dovrebbero andare unite.

(F) COSE. Tertulliano: Le cose di Dio non hanno prezzo. BONTATE. Act., VIII, 20: La tua pecunia sia teco in perdizione, giacchè il dono di Dio stimasti potersi per pecunia possedere.

2. (F) ADULTERATE. Som.: Simoniacus procurat quod Ecclesia quæ est sponsa Christi, de aliis gravida sit quam de sponso. Cypr., p. 66: Adulteram cathedram collocare. Jer., III, 9: Machata est cum lapide et ligno. Conv.: Ricchezze false meretrici. Ad Corinth., II, IV, 2: Non ambulantes in astulia, neque adulterantes verbum Dei.

3. (L) MEZZO FOSSO: mezzo del fosso. La più alta parte dell' arco. — PIOMBA cade a piombo.

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- TOMBA,

-

(SL) MEZZO. Æn., III: Medio... ponto. Rialzo, come il latino tumulus: Vive in Corsica. PIOMBA. Georg., III: Speluncæque tegant, et saxea procubet umbra.

(F) TOMBA. Eccles., VIII, 10. Vidi impios sepultos: qui etiam quum adhuc viverent, in loco sancto erant. 4. (L) SAPIENZA di Dio.

(F) ARTE. Som, L'arte della divina sapienza. Conc. Ephes.: In luto magnitudinem suæ artis ostendit. - COMPARTE! Nel Canto VII inorridisce alla vista degli avari; qui conosce sapiente la pena de' simoniaci.

5. I' vidi, per le coste e per lo fondo,
Piena la pietra livida di fóri,

D'un largo tutti; e ciascuno era tondo.
6. Non mi parén meno ampii, nè maggiori
Che quei che son nel mio bel San Giovanni,
Fatti per luogo de'battezzatori.

7. L'un degli quali, ancor non è molt'anni,
Rupp' io per un che dentro v'annegava:
E questo sia suggel ch'ogni uomo sganni.
8. Fuor della bocca a ciascun soperchiava
D'un peccator piedi, e delle gambe
Infino al grosso: e l'altro dentro stava.

5. (L) FORI, da' lati della bolgia e sul piano.
(SL) LIVIDA. Inf., XVIII, t. 4: Di color ferrigno.
6. (L) SAN GIOVANNI: chiesa di Firenze.

(SL) QUEI. Che si vedevano (dice l'Anonimo) in
certi battezzatori, nella chiesa maggiore di s. Giovanni
di Firenze, che sono di tale ampiezza che un gar-
zone v'entra. Sono (dice il Landino), quattro pozzelli
intorno alla fonte, posta nel mezzo del tempio, fatti
perchè vi stiano ́i preti che battezzano, acciocchè stieno
più presso all' acqua, e possano molti in un tempo at-
tendere a battezzare. (I battesimi si facevano tutti al-
lora nel Sabbato Santo.) Nel 1626 tal lavacro fu demo-
lito. BEL. In quel battistero pendevano l'elmo e la
spada del vescovo d'Arezzo, morto alla battaglia di
Campaldino, dove il Poeta combattè fortemente. Il
suo San Giovanni gli destava la memoria d' una glo-
riosa giornata. E le armi dette (malaugurato trofeo)
vi stettero appese fino a Cosimo III (Pelli, pag. 91).
7. (L) L'UN foro. SUGGEL di verità.
(SL) RUPP' 10. Eran forse di legno. ANNEGAVA.
Scherzandovi sopra vi cadde, pare, a capo all'ingiu.
Indi forse l'idea della pena descritta qui. SCANNI.
Quest' atto all' esule sarà stato ferse apposto ad audace
empictà. Però qui ne parla; e dice suggel, perchè il
suggello serve a distinguere il vero testimonio dal falso,
8. (L) BOCCA del foro. CIASCUN foro. SOPER-
CHIAVA: uscivano i piedi. — L'ALTRO il resto del corpo.
(SL) SOPERCHIAVA. Cellini, pag. 7: Da uno de'lati

--

-

9. Le piante erano accese a tutti intrambe; Perché si forte guizzavan le giunte, Che spezzate averian ritorte e strambe. 40. Qual suole il fiammeggiar delle cose unte Muoversi pur su per l'estrema buccia, Tal era li da'calcagni alle punte.

11.

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1

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Chi è colui, maestro, che si cruccia, Guizzando più che gli altri suoi consorti (Diss'io), e cui più rossa fiamma succia ? 12. Ed egli a me: Se tu vuoi ch'i' ti porti Laggiù per quella ripa che più giace, Da lui saprai di sè e de'suoi torti. 13. Ed io: Tanto m'è bel quanto a te piace. Tu se' signore: e sai ch'io non mi parto Dal tuo volere; e sai quel che si tace. 14. Allor venimmo in su l'argine quarto: Volgemmo, e discendemmo a mano stanca Laggiù nel fondo foracchiato e arto. 15. El buon maestro ancor dalla sua anca Non mi dipose, sì mi giunse al rotto Di quel che si piangeva con la zanca.

-

avanzava fuori la coda, e dall' altro avanzava tutte e due le bocche. [PIEDI, Cod. Caet. Per pena hanno la mente confitta in terra e le gambe in alto, quasi scalciando a Dio, come se dicessero: lo disprezzo in tutto le cose celesti, e quelle della terra voglio possedere. ] 9. (L) INTRAMBE ambedue. GIUNTE giunture, collo de' piedi. di ramuscelli attorti. trecciate.

PERCHÈ onde. RITORTE legami STRAMBE legami d'erbe in

-

(SL) GIUNTE. Pulci: Corte le giunte, il piè largo. 10. (L) PUR: sol. - BUCCIA: superficie. DA' CALCAGNI ALLE PUNTE: li bruciavano di pelle in pelle. 11. (L) CONSORTI: compagni al dolore. sorbe ogni umore.

SUCCIA:

(SL) SUCCIA. En., II: Lambere flamma comas, et circum tempora pasci, Hor. Sat., 1, 5: Flamma. summum properabat lambere tectum.

(F) CRUCCIA. Luc., XVI, 24: Crucior in hac flamma. Più. Come papa, di tutti più reo. Greg., Dial. IV, 43: Unus est gehennæ ignis, sed non uno modo omnes cruciat peccatores.

12. (L) PIÙ GIACE: di più dolce pendio. TORTI:

falli.

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(SL) QUARTO. Scesero il ponte della bolgia terza; perchè da ogni bolgia il muro ch'è a manca verso la roccia, è più alto. STANCA per sinistra, anco in prosa. - ARTO. Stretto è il fondo della bolgia, e perchè il pendio delle muraglie tale lo rende, e perchè de' simo niaci non ve n' ha moltissimi, e perchè stando ne'fori del fondo e delle coste, tengono meno spazio degli altri dannati. Nel Purgatorio (XXV, t. 3): artezza.

15. (L) DALLA SUA ANCA...: tenendolo alzato, lo reg

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fitta si che combacia col foro. (SL) COMMESSA. Chè 'l palo, dice l' Ottimo, v'è il più sottile di sotto. Cresc.: Si commetta nella fessura. 17. (L) RICHIAMA LUI, PERCHÈ LA MORTE CESSA: a capo in giù chiama il frate per confessarsi di qualche altro peccato, e così differisce la morte.

(F) ASSASSIN. Assassinus plantetur capite deorsum, ita quod moriatur: gli antichi decreti di Firenze. Questa pena chiamavano propagginare. 18. (L) Lo scriTTO: il libro del futuro ove leggono, secondo il Poeta, i dannati.

(SL) BONIFAZIO? Nicolò III si crede d' aver sopra e già dannato Bonifazio VIII. Lo dice simoniaco anco il Villani (VIII, 62); superbo, dispettoso, dedito a fare ogni cosa, come magnanimo e possente ch' egli era. Molto adoperò per abbassare lo stato de' Cerchi e de' loro seguaci (Dino, 52). Quando Dante questo scriveva, Bonifazio era morto di poco. ANNI. En., VI : Ducebam animo rebarque futurum, Tempora dinumerans ; nec me mea cura fefellit. - Mi. Som.: Mentiri alicui. - SCRITTO. Inf., X. Bonifazio doveva seder pontefice ott' anni e più: ed era stato coronato nel 1294. Il viaggio di Dante è nel 1300: ond' erano corsi sei anni e due mesi. TORRE: sposare.

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con.- LA BELLA DONNA: la Chiesa.

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(SL) 'NGANNO. Ingannando Celestino V; e con voci fatte sentire di notte, come di cielo, inducendolo a rifiutare il papato.

(F) BELLA. S. Paolo, della Chiesa (Ad Eph., V, 27): Non avente macchia nè ruga. STRAZIO? L'Ottimo: Nullo maggiore struzio puote uomo fare della sua donna.... che sottometterla per moneta a chi più ne da. Monarch. Matrem prostituunt, fratres expellunt (de'preti malvagi). Indegne furono le tresche politiche di Bonifazio con la Francia.

21. (SL) COLUI. Ripete la risposta, come fu la domanda Se' tu?..... COME. G. Vill. Disse come gli fu imposto.

22. Per che lo spirto tutti storse i piedi:

Poi sospirando e con voce di pianto, Mi disse: Dunque che a me richiedi ? 23. Se di saper ch'io sia ti cal cotanto, Che tu abbi però la ripa scorsa, Sappi ch' io fui vestito del gran manto. 24. E veramente fui figliuol dell'orsa,

Cupido si, per avanzar gli orsatti,

Che su l'avere, e qui me misi in borsa. 25. Di sotto al capo mio son gli altri tratti Che precedetter me simoneggiando, Per la fessura della pietra piatti. 26. Laggiù cascherò io altresì, quando

Verrà colui ch'io credea che tu fossi
Allor ch'i' feci 'l subito dimando.

27. Ma più è 'l tempo già che i piè mi cossi,
E ch' io son stato cosi sottosopra,
Ch'ei non starà piantato co'piè rossi.
28. Chè dopo lui verrà, di più laid'opra,

Di vêr ponente un pastor senza legge,
Tal, che convien che lui e me ricuopra.

29. Nuovo Jason sarà, di cui si legge

Ne' Maccabei. E come a quel fu molle
Suo re, così fia lui chi Francia regge.

22. (SL) STORSE. Per vergogna d'avere parlato ad altri che a complice suo. VOCE. Æn., IV: Longas in fletum ducere voces.

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23. (L) SCORSA : scesa. FUI VESTITO DEL GRAN MANTO: fui papa.

(SL) MANTO. Pur., XIX: Pesa 'l gran manto. 24. (L) FIGLIUOL DELL' ORSA: Orsini - AVANZAR: arricchir.

(SL) ORSA. Nicolò III, eletto nel dicembre del 1277, regnò due anni e otto mesi: era degli Orsini, chiamati anticamente filii Ursi, animale vorace. Il Petrarca in una canzone gioca su questo cognome. Ott. : Tutti li beneficii di Santa Chiesa a'suoi consorti vendè, conferi grazie, sempre accettando quella persona la cui borsa gli era più copiosa.

25. (L) TRATTI: tirati giù. PIATTI: appiattati. (SL) PIATTI. Albert.: Piatti tradimenti. Arios. : Nel fodero lasciando il brando piatto. 26. (L) COLUI: Bonifazio.

27. (L) Così SOTTOSOPRA: capovolto. -E1: Bonifazio.

(SL) Più. Dalla morte di Nicolò a quella di Bonifazio vent' anni; da Bonifazio a Clemente, undici. SOTTOSOPRA. Arios., XXIX: Sozzopra se ne va con la cavalla. STARA. Di Bonifazio fu detto ch' entrò nel papato da volpe, vi stette lione, mori da cane.

28. (L) Di vêr PONENTE: di Guascogna, al ponente di Roma. RICUOPRA nella buca.

--

(SL) DOPO. Non subito dopo. Tra Bonifazio e Clemente V venne Benedetto XI; buon papa, intento a rappaciare le toscane discordie. Mori il 27 di luglio 1504.

OPRA. G. Villani: Uomo di male opere. PONENTE. Vill., V, 80. - Par., XXVII: Del sangue nostro Caorsini e Guaschi S'apparecchian di bere. LEGGE. L'Ottimo : Come bestia data alle cose temporali, e ai diletti della carne. - Popol senza legge chiama il Petrarca i Tedeschi. 29. (L) MOLLE facile.

(SL) SI LEGGE. É modo del Novellino e di tanti altri.-MOLLE. Æn., VII: Mollius, et solito matrum de more locuta est.

30. Io non so s'i' mi fui qui troppo folle, Ch'i' pur risposi lui a questo metro:

Deh or mi di' quanto tesoro volle 31. Nostro Signore in prima da san Pietro, Che ponesse le chiavi in sua balia ? Certo non chiese se non « Viemmi dietro. » 32. Ne Pier, né gli altri chiesero a Mattia Oro o argento, quando fu sortito Nel luogo che perdè l'anima ria. 33. Però ti sta; chè tu se' ben punito.

E guarda ben la mal tolta moneta, Ch'esser ti fece contra Carlo ardito. 34. E se non fosse ch'ancor lo mi vieta La reverenzia delle somme chiavi Che tu tenesti nella vita lieta,

(F) JASON. Sommo sacerdote per favore d' Antioco usurpatore; il quale, avuto il censo promesso da Giasone in mercede, lo depose dal sacerdozio. Machab., II, IV, 8: Ambiebat Jason.... summum sacerdotium... promittens ei... talenta... ex redditibus. Simil patto pare facesse Clemente a Filippo : favorisse l'elezion sua, ed egli trasferirebbe in Avignone la sede. 30. (L) FOLLE a contender seco.

(SL) METRO. Più sotto (terz. 40): Cantava cotai Di'. Novellino, LX: Rispose, or mi di', conte, perderò io?

note.

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(F) TESORO. Is., XLV, 5: Dabo tibi thesauros. Nel Vangelo è ogni prezzo anche piccolo. 31. (F) CHIAVI. Math., XVI, 19: A te darò le chiavi del regno de' cieli.

32. (L) MATTIA, eletto invece di Giuda.

(F) MATTIA, Act., 1, 26: Cecidit sors super Mathiam. Cita nella Monarchia questo passo ORO. Act., III, 6: Oro e argento non ho.

33. (L) STA costi. BEN. Ironia.

(SL) GUARDA. Act., VIII, 20: Pecunia tua tecum sit in perditionem. Or che tu pure se' in borsa, or custodisci il mal tolto danaro, avuto da Procida per far contro all' Angioino (ond' e' scrisse lettera a' conginrati con Procida, ma non la bollò con bollo papale); o piuttosto il danaro che tu accumulasti onde ti venne baldanza di volerti imparentare, per via d' un nipote, con la casa d'Angiò; e, rifiutato, le diventasti nemico, lo stringesti a rinunziare la dignità senatoria di Roma, il vicariato di Toscana. Nicolò III ingrandì i suoi congiunti, si fece da Ridolfo imperatore donare la Romagna e Bologna. Voleva fare due regni, della Toscana e della Lombardia, per donarli a due suoi nipoti. Per lo rifiuto di Carlo d'Angiò, il qual disse non volersi imparentar con un prete, e forse per l'oro di Procida, assenti con iscritto a'diritti di Costanza d'Aragona sul regno di Sicilia. Costanzo: Re Carlo aveva alienato da sè l'animo del papa, schifando di apparentarsi con lui.... Procida trovò il papa dispostissimo d'entrare a favorire l'impresa.

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35. I' userei parole ancor più gravi;

Che la vostra avarizia il mondo attrista Calcando i buoni e sollevando i pravi. 36. Di voi, Pastor', s'accorse 'l Vangelista,

Quando colei, che siede sovra l'acque, Puttaneggiar co`regi a lui fu vista; 37. Quella che con le sette teste nacque, E dalle diece corna ebbe argomento, Fin che virtute al suo marito piacque. 38. Fatto v'avete Dio d'oro è d'argento.

E che altro è da voi all'idolatre,

Se non ch'egli uno, e voi n'orate cento?

35. (SL) USEREI. Æn., I: His vocibus usa est. Som. : Utatur convenientibus verbis.

(F) ATTRISTA. Prov., XV, 27: Conturba casa sua chi seguita l'avarizia. CALCANDO. Boet. Perversi resident celso Mores solio, sanclaque calcant Injusta vice colla nocentes. Nel Convivio e' si lamenta, che per amore delle ricchezze i buoni siano in dispetto tenuti, e li malvagi onorati ed esaltati. Hier. Op., XVIII: Radix omnium malorum avaritia.

36. (L) Di voi... S'ACCORSE: vi scorse e giudicò profetando. -A: da.

ra,

(SL) [PASTOR. Apoc., XVII, 1, 2, 3. Petr., Opeedit. Bas., 1554. Epist. sine titulo; Epist. XVI, pag. 729.] S' ACCORSE. Inf., XV: Non puoi fallire a glorioso porto, Se ben m' accorsi.

(F) VANGELISTA. Apoc., XVII, 4: Venne un de' sette Angeli che avevano le sette coppe, e parlò a me dicendo: vieni. Io ti mostrerò la dannazione della gran meretrice che siede sull'acque molte, con la quale fornicarono i re della terra, e s'inebriarono coloro ch'abitan la terra del vino della prostituzione sua. E mi rapi, in ispirito, nel deserto. E vidi una donna sedente sopra una bestia di rosso colore, piena di nomi di bestemmia, avente sette capi e dieci corna: e la donna era vestita di porpora e color di cocco e indorata d'oro... E in fronte aveva scritto un nome di mistero: Babilonia la grande, madre delle fornicazioni e delle abominazioni della terra... Poi disse a me: L'acque che tu vedesti dove la meretrice siede sono i popoli e le genti e le lingue (che scorron com' acque). PUTTANEGGIAR. Ezech., XVI, 25: A ogni capo di via edificasti un segno di prostituzione. G. Vill. E così puttaneggiava e dissimulava il Duca co' cittadini.

37. (L) ARGOMENTO: modo di governare. MARITO: al papa.

AL SUO

(F) QUELLA. Il Poeta fa tutt' un corpo e della gran meretrice e della gran bestia; e il Bossuet nota che i due simboli denotano solo una cosa. Del resto gl'interpreti nella bestia figurano d'ordinario il peccato. SETTE TESTE. Apoc., XVII: La meretrice, dice Pietro, è il governo della Chiesa, e le sette teste i doni dello Spirito Santo, e le dieci corna i comandamenti mosaici. DIECE CORNA. Dan., VII, 20, 24: De cornibus decem, quæ habebat in capite... cornua decem... decem reges erunt. MARITO. Questo passo è imitato dal Petr., Ep., XIX, 16. 38. (L) E: corre. - UNO idolo. CENTO: le monete. (SL) IDOLATRE. Profete per profeta, ne' Gradi di san Girolamo.

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(F) Dio. Os., VIII, 4: Il loro argento e l'oro se ne fecero idoli. Ad Eph., V, 5: Avarizia è servitù degli idoli. S. Tom.: Simoniacus Deum idolatram facit, offerens aurum idolo avaritiæ. Ps. CXIII, 4: I simulacri delle genti argento ed oro. - - CENTO? Alano, citato dall'Ottimo: L'avarizia è quella per la quale la pecunia è adorata nell' anima de' mortali,

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39. (L) MATRE: causa. DOTE: beni temporali. IL PRIMO RICCO PATRE: Silvestro.

(SL) [ Am. Dante, de Monarchia, lib. III: Dunque all' imperatore non è lecito scindere l'imperio. E però se alcune dignità smo, come dicono, state da Costantino alienate...] - COSTANTIN. Arios. Quel Costantin di cui doler si debbe La bella Italia fin che giri il cielo. - MATRE. L'usa l'Ariosto, e in antico era pur della prosa. DOTE. Ben dice dote poichè disse marito. PRESE. E cosi Nicolò III, facendo imperatore Rodolfo, s' ebbe da lui la Romagna in dote e Bologna.

(F) PATRE. Monarch., lib. II: O popolo felice, e te Italia gloriosa, se quell' infirmatore del tuo impero mai nato non fosse, o mai la sua pia intenzione non gli avesse fatto inganno. Altrove (lib. III): Dicunt quidam adhuc quod Constantinus imp. mundatus a lepra intercessione Sylvestri, tune summi Pontificis (Inf., XXVII) imperii... sedem scilicet Romam donavit ecclesiæ, cum multis aliis imperii dignitatibus... Constantinus alienare non poterat dignitatem, nec ecclesia recipere... Ecclesia omnino indisposita erat ad temporalia recipienda: per præceptum prohibitivum expressum ut habemus per Matthæum.

40. (L) SPINGAVA: guizzava, scalciava.-PIOTE: piante. (SL) CANTAVA. En., IX: Talia jactantem dictis, ae dira canentem. PIOTE. Fazio, IV, 4. L'usano nel Piemonte.

41. (L) LABBIA : viso.

(LS) ESPRESSE. Arios.: Con tant'ira Espresse il suo parlare.

(F) ESPRESSE. Non ammezzate ma schiette e quasi spremute dal fondo dell' anima. Virgilio, nemico dell'avarizia e cantor dell' onore d'Italia, si compiace nello sdegno di Dante.

42. (SL) PERÒ. Quasi in segno d'affetto. 43. (L) Si: sinchè.

(SL) Si. Inf., XXIX, t. 10: Si fu partito. COLMO. Portarlo fin oltre al bisogno è indizio d'affetto. 44. (L) SPOSE. Depose.

(SL) SOAVEMENTE. Novellino, LX: Portarlone in braccio molto soavemente. Petr.: Move la schiera sua Soavemente. SPOSE. Purg., XX: Sponesti 'l tuo portato. SOAVE. Ovid. Am., II, 16 ed altrove: Dulce... onus. 45. (L) INDI: di là.

(F) VALLON. Più grande; perchè di falsi profeti, maghi, indovini, stregoni era abbondanza a que'tempi.

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