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contro lo spirito lo soverchia. Onde Aristotile (1): Se alcuno è vinto da forti e soverchianti dilettazioni o tristezze, non è cosa ammirabile ma scusabile. E ben lo stesso filosofo nota, che l'incontinente non falsa il supremo principio del vero che è la relta estimazion delle cose, ma eccede nel desiderio del bene ed erra nella scelta de' mezzi; nell'incontinenza l'uomo, anco nell'atto del mal fare, in certa guisa si pente o arrossisce; questa gli è passata in natura. L'incontinenza, soggiunge Tommaso, è nella violenza degl' iracondi, nella veemenza dei malinconici, che sono di complessione troppo terrestre, nella rilassatezza de' flemmatici, nella debilità delle femmine (2). Il che dichiara la sentenza del filosofo: Due sorte sono di incontinenza, la sfrenatezza che previene il consiglio della ragione, e la debolezza che non si regge a seconda di quello. Può l'uomo essere incontinente di piaceri, d'onori, di ricchezze, di cibi, di sdegno; può, cioè, non si sapere ne' movimenti suddetti moderare; ma il male dell'incontinente non è malizia profonda. Ecco perchè alcuni vizii sono puniti e dentro e fuori della Dantesca città; l'avarizia fuori, dentro la simonia; perchè la prima è incontinente desiderio, l'altra è malizia più nera. Avvi però, secondo Aristotile stesso, un'incontinenza più colpevole e da riguardare come un certo genere di malizia; massime quella incontinenza che passa ad essere intemperanza ed è dal filosofo distinta cosi: L'incontinente sa che le cose desiderate da lui son cattive: lo intemperante și gode nell'abito; quella è terzana, questa è tisi.

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- L'intemperato, anco con pochi incentivi, ama il male (1). E forse anche per questo il Poeta pone quasi anello quell'incontinenza che viene da incredulità; e collocando gli eretici tutti a pena men dura de' frodolenti, poi gli scismatici a pena più grave (2), mostra com' egli distingua la incredulità personale dalla incredulità seduttrice e sconvolgitrice de' popoli.

Bestialità, secondo il greco filosofo, è qualunque vizio condotto a tale eccesso che par degno di ente irragionevole, che degrada l'umana dignità. Ogni viziosità è furore trasmodato. Diversa l'umana malizia dalla bestialità (3). In questo sistema tutti quanti i peccati possono passare per detti tre gradi, d'incontinenza, malizia, bestialità; e però Dante a' bestiali non assegna luogo distinto, ma questi insieme co' maliziosi colloca dentro delle mura infuocate. Levando a questa distinzione la corteccia scolastica, resta un succo di buona e teologica filosofia. Incontinenza è la corruzione del volere; malizia, v'aggiunge la perversione dell' intelletto; bestialità, l'operazione distruggitrice della social fede e unità. La ferocia della natura corrotta sconvolge l'anima, la quale ferocia palpando aizzi (4). E direbbesi adombrata la triplice distinzione nelle parole dell' Apostolo: criminatores, incontinentes, immites.

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CANTO XII.

Argomento.

Scendono al settimo cerchio, de' violenti: el primo girone è de' violenti in altrui. Sulla scesa sta a guardia il Minotauro: i violenti sono in un fiume di sangue bollente. Il Flegetonte in Virgilio (VI, 550) non è sangue ma framma. Stanno sepolti altri fino agli occhi, altri al naso, altri con soli i piedi, secondo i misfatti. I Centauri saettano chi si leva più su del dovere. Il Poeta parla a Nesso e a Chirone. Nesso lo porta di là dal fiume, e gli mostra talun de' dannati.

L'idea della rovina, quella del sangue che forse gli venne dalla storia di Tamiri, accennata nel XII del Purgatorio, e molte espressioni potenti, fan bello il canto.

Nota le terzine 4, 8, 10, 14; 17 alla 22; 24, 25, 28, 34, 35, 37, 42, 44.

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(SL) RUINA. Æn., III: Hæc loca, vi quondam et vasta convulsa ruina...— NEL FIANCO: En., I: Impulit in latus. La rovina di Monte Barco presso Rovereto si vede tuttora. L'Adige, il quale correva allora forse di lì, scalzò la montagna nel fianco. Altri intende la rovina della Chiusa presso Rivoli seguita nel 1310; e lo scoglio allora cadde appunto nell'Adige e lo percosse. Ma io intendo che l'Adige percotendo il macigno lo scalzasse. Tanto più che la ruina di Monte Barco ha alcuna vía per iscendere, quella della Chiusa no, almeno adesso. E acciocchè regga la similitudine col borro infernale, qualche via ci dev'essere; e l'alcuna della terzina seguente non può significare nessuna. Aggiungasi che cotesto canto probabilmente fu composto innanzi il 1310. —0. Æn., XII: Veluti montis saxum de vertice præceps Quum ruit avulsum vento, seu turbidus imber Proluit, aut annis solvit sublapsa vetustas... Stat., VII: Sic ubi nubiferum montis latus aut nova ventis Solvit hiems aut victa situ non pertulit ætas ... Aut vallem cavat, aut medius intercipit amnes.

3. (L) ALCUNA VIA, ma dura per scendere.

4. Cotal di quel burrato era la scesa. E' n su la punta della rotta lacca L'infamia di Creti era distesa,

5. Che fu concetta nella falsa vacca. E quando vide noi, sè stesso morse, Si come quei cui l'ira dentro fiacca. 6. Lo savio mio invêr lui gridò: Forse

Tu credi che qui sia 'l duca d'Atene, Che su nel mondo la morte t porse? 7. Pártiti, bestia: che questi non viene Ammaestrato dalla tua sorella; Ma vassi per veder le vostre pene. 8. Qual è quel toro che si slaccia in quella Ch'ha ricevuto già 'I colpo mortale, Che gir non sa, ma qua e là saltella;

4. (L) LACCA: ruina formante col pian sottoposto un bacino: la punta è l'estremo più alto.

(SL) LACCA. Cosi Pluto lo trovano dove si digrada (Inf., VI). INFAMIA. Ovid. Fast., I: Aventinæ timor atque infamia silvæ. Æn., VI: Veneris monimenta nefandæ.CRETI. Vill., I, 6. Creta nel XIV dell' Inferno. Qui Creti fa il numero più soave. DISTESA. Virgilio, di Cerbero (En., VI): Totoque ingens extenditur antro. 5. (L) NELLA FALSA VACCA di Pasifae.

(SL) CONCETTA. Buc., VI; En., VI.

(F) FIACCA. La forza dell'ira è debolezza. Inf., VII: Consuma dentro te con la tua rabbia.

6. (L) DUCA (duce) D'ATENE: Teseo.

-

7. (L) QUESTI: Dante. TUA SORELLA: Arianna insegnò a Teseo uccidere il Minotauro. -VASSI: se ne va. (SL) SORELLA. Ov. Met., VIII.

8. (L) IN QUELLA: in quel punto.

(SL) SLACCIA. Æn., II: Quales mugitus, fugit quum saucius aram Taurus, et incertam excussit cervice securim.

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Di quelle pietre, che spesso moviensi Sotto i mie' piedi per lo nuovo carco. 14. Io gia pensando; e quei disse: Tu pensi Forse a questa rovina, che è guardata Da quell'ira bestial ch'i' ora spensi. 12. Or vo'che sappi, che l'altra fiata

Ch'i' discesi quaggiù nel basso 'nferno, Questa roccia non era ancor cascata: 43. Ma certo, poco pria, se ben discerno, Che venisse Colui che la gran preda Levò a Dite del cerchio superno,

14. Da tutte parti l'alta valle feda

Tremò si, ch'i' pensai che l'universo
Sentisse amor; per lo quale è chi creda

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(SL) CALE. En., VI: Occupat Æneas aditum.....Evaditque celer.

10. (L) SCARCO: mucchio. MOVIENSI: si moveano. (SL) SCARCO. Scarico, in Firenze, mucchio di sassi e di terra che da più luoghi in uno s'ammonta. — -Nuo-. vo. Inf., VIII: Quand' i' fui dentro, parve carca. Ov. Met., IV: Sacroque a corpore pressum Ingemuit limen. 11. (L) SPENSI: rammentandogli Teseo.

(F) BESTIAL. Som.: L'ira impedisce l'uso della ragione. SPENSI. Al Minotauro rammenta Teseo; a Pluto, Michele; ai diavoli, Teseo.

12. (L) DISCESI. Virgilio vi scese poco dopo morto, e Gesù Cristo scese al Limbo mezzo secolo poi. (SL) ANCOR. Inf., IV, IX.

(F) BASSO. Psal. LXXXV, 12: Inferno inferiori, per distinguerlo dal Limbo, detto Inferi.

13. (L) DISCERNO computando. COLUI: Gesù Cristo. - CERCHIO SUPERNO: Limbo.

(F) COLUI. Quando Cristo mori, la terra crollò e le sepolture s'apersero e le pietre si spaccarono (Matth., XXVII, 51, 52). Il girone dei violenti e quel degl' ipocriti soffersero soli la detta ruina, quasi a significare l'odio che il mansueto e candido Agnello dimostrò a questi due sopra tutti i vizii, e le due cause della morte di lui: ipocrisia e violenza. Come mai Virgilio, che dopo la morte di G. C. non era sceso laggiù, poteva sapere di questo? Virgilio tutto seppe; gli è il mar di tutto 'l

senno.

14. (L) FEDA: sozza.

(SL) FEDA. Fedità per sozzura in Albertano; e fedo in Pier Filippo Alamanni del 500.

(F) AMOR. Georg., IV: Chao densos Divùm numerabat amores. Opinione d'Empedocle, che l' omogeneità degli atomi fosse amore; i quali tendendo col tempo a nuov'ordine di cose, producono il Caos. Aristotile (Phis.; De anima, I) lo combatte. Ma da Aristotile stesso l' attrazione è detta figuratamente amore, la quale figura taluni intendendo alla lettera ridicolamente ne risero. Ott. Democrito... appellava il tempo della detta confusione tempo d' amistade, ch'gni cosa amichevolmente stavano insieme. In altro senso più gentile e non meno filosofico, nelle Rime: Fagli natura quando è amorosa.

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15. (L) RIVERSO: rovina.

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(SL) VECCHIA. En., XII: Saxum antiquum, ingens. Æn. III e VIII: Saxo... vetusto. ALTROVE. Inf., XXIII, XXIV. Si notino gli iati del verso, sonante ruina. (F) CAOS. Öv. Met., I. È anco tradizione cristiana,

e la divisione che fa nella Genesi degli elementi il Creatore corrisponde quasi letteralmente alla descrizione di Ovidio, e ai versi di Virgilio nell' Egloga VI. Un inno della Chiesa, sublime: Illustre quiddam cernimus, Quod nesciat finem pati, Sublime, celsum, inter minum, Antiquius cœlo et Chao.

16. (L) A VALLE: giù. — S' APPROCCIA: s' appressa. QUAL CHE: qualunque.

(SL) A VALLE. Inf., XX: Ruinare a valle. (F) BOLLE. Ambr., Præf. II ad miss.: Lago misto di sangue e di fuoco, quanti riceve, gli ingoia insieme e arde. Lucan., VI: Ripamque sonantem Ignibus. 17. (L) C' IMMOLLE ci bagni nel sangue.

(SL) CIECA. Cic. in Pis.: Cupiditas... cæca rapiebat. - CUPIDIGIA. Æn., IX: Furor ardentem cœdisque insana cupido Egit. Georg., I: Regnandi... dira cupido. Hai qui le due idee del canto, la cupidità tirannica e la predatrice. IMMOLLE. Par., XXVII: Oh cupidigia che i mortali affonde Si sotto te.

(F) FOLLE. Cic.: Ira initium insaniæ. — SPRONI. En., XI Stimulis haud mollibus iræ. Som.: Stimolato da concupiscenza.

18. (L) LA MIA SCORTA: Virgilio.

(SL) IN ARCO. Æn., III: Portus... curvatur in arcum. Georg., II: Torquentur in arcus. ABBRACCIA. Hor., de Art. Poet. Latior amplecti murus. (F) ABBRACCIA. Molti i tiranni. 19. (L) TRA'L PIÈ DELLA RIPA...: tra 'l sasso erto e tagliato in tondo era un sentiero.

(SL) TRA. Molti de'sentieri d'Inferno il Poeta fa strettissimi (Inf., X, XXIII). — CORREAN. En., VII: Vertice montis ab alto Descendunt Centauri... cursu rapido. 20. (L) PRIMA ELETTE a meglio ferire.

(SL) ELETTE. Virgilio, di Pallante al vedere ignoti venire (En., VIII): Raptoque volat telo obvius ipse. 21. (L) COSTINCI: di costi.

(SL) LUNGI. En., VIII: Et procul e tumulo: Juvenes, quæ causa subegit Ignotas tentare vías? Quo

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Che mori per la bella Dejanira,

E fe' di sé la vendetta egli stesso. 24. E quel di mezzo, che al petto si mira, È' gran Chirone, che nudrio Achille : Quell'altro è Folo, che fu sì pien d'ira. 25. D'intorno al fosso vanno a mille a mille, Saettando quale anima si svelle Del sangue più, che sua colpa sortille. 26. Noi ci appressammo a quelle fiere snelle. Chiron prese uno strale, e con la cocca Fece la barba indietro alle mascelle. 27. Quando s'ebbe scoperta la gran bocca, Disse a'compagni: Siete voi accorti, Che quel dirietro muove ció ch'e' tocca ?

tenditis? inquit. - VI: Navita (Caronte) quos jam inde ut Stygia prospexit ab unda Per tacitum nemus ire, pedemque advertere ripœ, Sic prior aggreditur dictis, atque increpat ultro: Quisquis es, armatus qui nostra ad flumina tendis, Fare age quid venias; jam istine et comprime gressum.

22. (L) MAL FU LA VOGLIA TUA... Sì TOSTA: caro ti costa il precipitoso volere, come quando volesti Dejanira moglie di Ercole

-

(SL) DI PRESSO: Novellino, X: Mi fosse tanto di presso. Si volge al maggiore dei tre, al men furioso. MAL FU. OV. Met., IX. Nesso si vendicò, dando alla donna la veste intrisa dell'avvelenato suo, sangue. Ond'Ercole montò in furore. L'ira è contagio.

23. (L) TENTò: toccò per cenno.

(SL) TENTO. Horat Sat., II, 5: Cubito stantem prope tangens. Epist., I, 6: Fodiat latus. Inf., XXVII: Mi tentò di costa.

24. (L) NUDRÍO : educò.

(SL) CHIRONE. Lucano nomina de' Centauri questi tre Hospes et Alcidæ magni Phole (Phars., VI).

(F) MIRA. Pensoso, come dotto. Di Chirone, vedi Stazio (Ach., II) e Virgilio (Georg., III). Ottimo: Sperto in arme e savio in medicina. - FoLo. Lo nomina Stazio (Theb., III) e Virgilio (Georg., II) tra i furibondi Centauri e l'epiteto furentes mosse forse il Poeta a porre i Centauri saettatori de' tiranni e de' ladri. Altri si lagna che l'aio d'Achille sia messo all' Inferno; ma Virgilio anch'egli vi mette i Centauri, senz' eccettuare Chirone; altri lo facevano assunto in cielo. Folo era di quelli che tentarono il ratto d'Ippodamia (Ov. Met.). In Nesso è figurata la cupidigia violenta; in Folo, il violento furore. Boezio nomina i Centauri e li dice domati da Ercole. 25. (L) QUALE : qualunque. SI SVELLE: s'alza per sentire un bollore. CHE SUA COLPA SORTILLE: cui le

assegnò la sua colpa.

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28. Così non soglion fare i pie' de' morti.

-

E'l mio buon duca, che già gli era al petto, Ove le due nature son consorti, -29. Rispose: - Ben è vivo: e, si soletto, Mostrargli mi convien la valle buia. Necessità 'c'induce, e non diletto. 30. Tal si parti da cantare alleluia,

Che ne commise quest' ufficio nuovo.
Non è ladron, né io anima fuia.

31. Ma, per quella Virtù, per cu' io muovo
Li passi miei per si selvaggia strada,
Danne un de' tuoi, a cui noi siamo a pruovo,
32. Che ne dimostri là ove si guada,

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28. (L) Gli ERA AL PETTO: non arrivava più su: tanto Chirone era grande. - DUE NATURE: d'uomo e di cavallo.

(SL) PETTO. Dipinge così l'altezza del mostro. NATURE. Lucrezio (V) dice i Centauri duplice natura, et corpore bino. Æn., VIII: Nubigenas... bimembres. (F) MORTI. Som: Anima separata non può muovere il corpo. — CONSORTI. Stephan.: Consortes, quorum fines contigui sunt. In S. Pietro, in altro senso: Consortes naturæ (II, I, 4).

29. (L) Si SOLETTO: cosi io con lui. -'L c': ce lo. (SL) INDUCE. Som.: Necessitate inducente. 30. (L) TAL: Beatrice. DA CANTARE ALLELUIA: di cielo. NE: a lui e a me. FUIA: ladra. (SL) FUIA Da Fur. Nicc. Soldanieri chiama la fuia la volpe. Altri intende fuia per nera da furvus. Chiama ladri i re tristi. Inf., VI: Tra l'anime più nere.

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(F) ALLELUIA. Apoc., XIX, 6: Audivi quasi vocem.. aquarum multarum... dicentium: alleluia. - Nuovo. La filosofia naturale e politica non fu mai posta finora così direttamente come grado alla divina.

31. (L) A CUI NOI SIAMO A PRUOVO: ci sia vicino e ci guidi.

(SL) PRUOVO. Nel trecento anche in prosa. Voce viva, dicono, in Lombardia. Da prope i Latini propi

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(SL) POPPA. Il Boccaccio (Tes., III): Si volse...

GUIDA.

IN

in su la poppa manca. Inf., XVII: Alla destra mammella. Giov., VII: Læva sub parte mammillæ. Lucano, di Nesso (Phars., VI): Teque per amnem Improbe Lernæas vector passure sagittas. Qui Nesso fa il mestier suo di tragittare: già sacltato, saetta. TOPPA. Perchè D'intorno al fosso vanno a mille a mille. Intoppare col quarto caso vive in Toscana. Nel celebre proverbio dal quale incominciò Farinata: Vassi capra zoppa, se lupo non la intoppa.

34. (L) DEL BOLLOR VERMIGLIO: del sangue.

(SL) BOLLOR. Stat., I: Obiecta vias torrentum incendia cludunt.

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36. (L) DANNI recati altrui.

(SL) ALESSANDRO. Nel Convivio è lodato per la liberalità, non per altro. Distrusse Tebe; uccise i prigioni di Persia, e Menandro, Efestione, Callistene, Clito. Altri intende Alessandro di Fera atrocissimo, che vestiva di pelli gli uomini per farli mangiare a' suoi cani. Contro Alessandro il Macedone declama Lucano. Di Dionisio, il Poeta trovava menzione in S. Agostino e in Boezio. Due sono i Dionisii, e due gli Alessandri. Celebri i sospetti tirannici di Dionisio e la fine di lui. — CICILIA per Sicilia il Boccaccio, sempre.

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(F) ESTI. Soffocato dal figlio, Guelfo rabbioso, crudele, rapace. Costui fece lega con Carlo d'Angiò nella conquista di Napoli; onde fu complice alla rovina sveva. Fu fatto, dice il Boccaccio, per la Chiesa marchese della Marca d'Ancona: nella quale fece un gran tesoro, e con quello e con l'aiuto de' suoi amici occupò la città di Ferrara, e cacciò di quella la famiglia de' Vinciguerra con altri seguaci di parte imperiale. Ma perchè il parricidio pare incredibile, Dante lo chiama figliastro, e dice per vero, perchè ne correva incerta la voce. 38. (L) FIGLIAstro di lui.

(SL) MONDO. Vuol indicare che la vita del corpo gli fu tolta dal figlio, quella dell'anima e' se la tolse da se. Onde nel I dell'Inferno: La seconda morte.

(F) VOLSI. Dante abborriva negli Estensi il seme guelfo. E però volgesi a Virgilio in atto d'ironica maraviglia. Dove trattasi di delitti, Virgilio non parla; lascia dire i dannati. Il Tasso, all'incontro, metteva tanta distanza dai Principi d'Este a lui, quanta dal Cielo alJ'Inferno.

39. (L) S'AFFISSE si fermò.

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dell' ostia, uccise d'una stoccata nel cuore Arrigo figliuol di Riccardo conte di Cornovaglia (divoto e buon giovine, dice il Boccaccio; semplice, dolce, e mansueto e angelico, dice l'Ottimo) per vendicare suo padre che nella battaglia d'Evesham, il 1265, combattendo contro Enrico III, fratel di Riccardo, fu ucciso, e il cadavere strascinato nel fango. Cosi fece Guido ad Arrigo: ucciso (dicesi con assenso di Carlo d'Angiò), lo strascinò fuor di chiesa. Il cuore di lui fu portato a Londra e posto in un calice d'oro in man d'una statua sul Tamigi: nella veste della statua è scritto: Cor gladio scissum do cui consanguineus sum (Vill., VII ). COLA. Cola sangue e grida vendetta; come il sangue d'Abele nella Genesi. [Vill., Ist., VII.]

PUR: Sol.

41. (L) CASSO : petto. 42. (L) A PIÙ A PIÙ: sempre più. (SL) Passo. Nesso lo prende in groppa: Virgilio, a guado, o per l'aria. Nesso anco nel mondo fece l'uffizio di portare. Ovid. Met., IX: Nessus. adit, membrisque valens scitusque vadorum. Nel sangue basso giaciono i rei di ferite, d' estorsioni.

(F) PIEDI. Ezech., XLVII, 3, 5, 6, 7: Mi condusse per l'acqua infino alle calcagna.......... infino alle reni.......... Gonfie eran l'acque del profondo torrente che non si può guadare. E disse a me: Hoi pur veduto, o figliuol dell'uomo. Emi condusse e mi volse alla ripa del torrente. E come io mi volsi, ecco sulla ripa del torrente legni di molti dall'una e dall'altra parte.

43. (SL) VEDI. Buc., I: Ut cernis. 44. (L) A PIÙ A PIÙ GIÙ PREMA IL FONDO...: quant' il fondo è più giù, tanto il sangue è più alto.

(SL) PREMA. Virgilio, d'un fiume (Æn., I): Pelago premit arva sonanti. Semint.: Premuto, per basso, depresso.

tetigit.

(F) RAGGIUNGE. Os., IV, 2: Sanguis sanguinem

45. (L) MUNGE: spreme.

(SL) PIRRO. Epirota; assalitore prima de' Romani, poi de' Greci; o il Neottolemo infesto a' Trojani (Æn., III), il quale fece sua donna Andromaca, sebbene sposa ad Ermione (Isid., Etym., X, citato da un contemporaneo di Dante ). Però doppiamente violento e tiranno. SESTO. Figliuol di Tarquinio; o il figliuol di Pompeo. Lucan., VI: Proles indigna parente.... Polluit æquoreos siculus pirata triumphos. — MUNGE, Purg., XIII: Per gli occhi fui di grave dolor munto. Il sangue bollente allarga quasi il varco alle lagrime: il gelo lo stringe (Inf., XXXII).

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