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(P) SENTENZA. Bern., de trans. S. Malach.: È definita ma non ancor promulgata la sentenza. 36. (L) DOGLIENZA : dolore.

(SL) [Più. S. Agost.: Quando seguirà la risurrezione della carne, e i gaudii de' buoni e i tormenti de' tristi saranno maggiori.]

(F) SCIENZA. Aristotile (de Anima) dice che l'anima in corpo più perfetto meglio conosce: in corpo cui alcuno organo manchi, manco è l'intendere. Greg., Dial., IV, 28.

37. (L) DI LÀ del giudizio; dopo.

(F) PERFEZION. Som.: La beatitudine è bene per

38. Noi aggirammo a tondo quella strada, Parlando più assai ch'io non ridico. Venimmo al punto dove si digrada: 39. Quivi trovammo Pluto, il gran nemico.

fetto, come è provato nel primo dell'Etica, il che non sarebbe se l'uomo non si perfezionasse per essa in tutte sue parti. L'anima senza corpo non ha perfezione di natura, essendo questo naturalmente parte dell'anima umana. - ASPETTA. Som.: Siccome tra beati sarà perfellissima carità, così tra'dannati perfettissimo odio. C'è anche nel male una certa perfezione, onde nella Somma: Perfezione dell' ira. E altrove: La beatitudine dell' anima ridonderà nel corpo si ch' anch'esso possegga la propria perfezione. - Del corpo è ultima perfezione congiungersi alla natura spirituale. - Ogni ente appelisce la propria perfezione, cioè il bene perfetto, che sia complemento dell' essere di lui. Della perfezione dopo il giudizio, vedi Som., Suppl., 8, 5. 38. (L) SI DIGRADA: si scende al quarto cerchio. (SL) AGGIRAMMO. Dopo parlato con Ciacco, non andarono per mezzo il cerchio, ma sull' orlo. GRAN. Æn., VI: Ditis magni.

39. (L) PLUTO: dio delle ricchezze.

La parte selvaggia.

Parte bianca è così chiamata anche da Giovanni Villani perchè comandata da Vieri de' Cerchi, venuto di Val di Nievole, il quale combatté in Campaldino con Dante nel 1289 (1), e fin dal 1291 era avverso ai Donati nobilissimi (2). La casa Cerchi, detta da Benvenuto rustica e proterva, venne dalla Pieve d'Acone: nobiltà nuova e disprezzata da Dante (3). Ricchissimi mercatanti, che la loro compagnia era delle maggiori del mondo; morbidi, salvatichi e ingrati, come gente venuta in picciol tempo in grande stato e potere. Corso Donati chiamava Vieri de' Cerchi l'asino di porta, perch' era uomo bellissimo, ma di poca malizia nè di bel parlare (4). Salvatico in antico chiamavasi ogni uomo nemico di civile uguaglianza. Salvatichi l'Ottimo chiama i tiranni.

Ma perchè meglio si comprenda la consonanza che è ne' concetti e nelle imagini e sin nelle parole di questo Poeta, consonanza tra loro e tra sè e con la tradizione e con la storia de' tempi, giova raccogliere da' luoghi varii del poema i significati che egli dà manifesti alle voci selva, deserto, villano, coltura, frutto, giardino; e ap

(1) G. Vill., VII, 131. —(2) G. Vill., VII, 146. —(3) Par., XVI. (4) Dino, p. 50.

parrà chiaro come sotto il velo de' versi suoi si nasconda non solo un'idea politica, ma e civile e morale che tutte sono dalla religiosa abbracciate.

Cammin silvestro (1) è a lui quel d'Inferno là sull'entrare, e là nella bolgia de' barattieri ove selva non è. Il mondo a lui appare deserto d'ogni virtù, e gravido di malizia; deserto aspro (2) abbisognante del ristoro della manna verace; e la vita una selva, e i viventi silvani (3); e una sola la città, la Roma celeste, della qual Cristo è romano. Tanto più maligno e silvestro il terreno dell'anima (4) col mal seme e non coltivato quant'egli da natura ha più di vigore. Italia gli appare come fiera indomita e selvaggia (5). Firenze trista selva (6) lasciata dal francese cacciatore in istato tale che mill'anni son poco a ben rinselvarla; Arno fiero fiume, come que' dell'Inferno vallon feri (7). Le donne florentine più sfacciate che le barbare e le saracine, men pudiche che quelle della Barbagia sarda (8). II secolo tutto in Italia selvaggio (9), e il drudo

(4) Inf., XXI. —(2) Purg., XI. — (3) Conv., e Purg., XXXII. —(4) Purg., XXX. — (5) Purg., VI. — (6) Purg., XIV. — (7) Inf., XXIII, — (8) Purg., XXIII. — (9) Purgat., XVI.

feroce (1), che contamina de' suoi baci la mistica donna, trarre il carro e lei per la selva, e nasconderla al doloroso desiderio del Poeta.

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Alle quali imagini fanno contrapposto quelle della cortesia e del valore (2) rimpianti nella Firenze d'un tempo, e che più non si trovavano nel paese irrigato dall'Adige e dal Po (3), e quelle dell'amore e della cortesia che ispiravano a nobili affanni e ad agi non vili le donne ei cavalieri della immalvagita Romagna (4). Cortesia e valore fa il Poeta essere rimprovero del secolo selvaggio; e siccome nel XVI del Purgatorio egli dice rimasti per saggio della gente spenta tre vecchi, così nel VI dell'Inferno, appunto laddove è parola di Parte selvaggia, dice essere in Firenze due giusti, ma non intesi. Non è da tacere che in Virgilio la coltura della terra è più volte rappresentata con figure che concernono l'umana civiltà: Æn., IX: Rastris terram domat. Georg., II: Cogende in sulcum ac multa mercede domandæ. Georg., I: Imperat arvis. - Georg., II: Dura exerce imperia, et ramos compesce fluentes.... mansuescit arando. E Orazio (Ep., I, 2): Incultæ pacantur vomere silvæ. Ep., II, 2: Silvestrem flammis et ferro mitiget agrum. Ed in Virgilio (Georg., II): mitis vindemia vale matura, e fa contrapposto ai lazzi sorbi (Inf., XV). A cortesia, nel linguaggio del Poeta, opponsi villania (5). Che se in più luoghi villano ha sensi a lui puri di biasimo (6), più sovente queste voci hanno senso non buono, come quando dipinge il montanaro che stupido si turba entrando a città rozzo e salvatico (7); il che rammenta l'ardito modo gente selvaggia del luogo (8) per dire nuova ed ignara ; e dà a vedere come la parte selvaggia a lui fosse la gente nuova (9), ignorante del civile governo. Alla quale accenna il proverbio: giri il villan la sua marra (10). Perché a Dante doleva vedere misti alla pura cittadinanza florentina il villano d'Aguglione e il villano da Signa (11), non tanto perchè di plebea origine, quanto perchè barattieri e ingranditi per guadagni subiti, che nella gente nuova generarono orgogli intemperanti, e fecero più che mai manifesta in Firenze quella vena fiesolana di monte e macigno che è il contrapposto del gentil seme di Roma (12). Në in Firenze soltanto e' piangeva codesta confusione, ma per Italia tutta, piena di tiranni, perchè ci diventa un Marcello ogni villano che vien parteggiando (13).

(1) Purg., XXXII. (2) Inf., XVI. - (3) Purg., XVI. (4) Purg., XIV. — (5) Inf., XXXIII. - (6) Inf., XXVI: Quante il villan... vede lucciole. Purg., IV: Maggiore aperta.. impruna... L'uom della villa quando l'uva imbruna. Inf., XXXII: Quando sogna Di spigolar sovente la villana, Inf., XXIV: Lo villanello... vede la campagna Biancheggiar tutta. (7) Purg., XXVI. (8) Purg., II. (9) Inf., XVI. (10) Inf., XV. (41) Par., XVI. —(12) Inf., XV e XXVI. (15) Purg., VI.

Il seme degli alti Fiorentini (1) è a lui il dolce fico (2), gli altri son sorbi lazzi; appunto come nel mal'orto di Frate Alberico crebbe quel fico di tradimento che gli si cambia laggiù con un dattero (3). Crescono dal letame delle bestie di Fiesole piante che non somigliano alla sunta sementa (4) di prima, dacchè il Mosca disse la parola che fu mal seme (5) a tutta Toscana (così come la parola del Sacerdote fu mala sementa per i Giudei (6)), e altri al Mosca successero seminatori di scandali e di divisioni (7). E già tutta Romagna era ripiena di sterpi venenosi, che tardi per coltivare sradicherebbersi (8); e in tutto il mondo il buon volere da prima fiorisce negli uomini, ma poi la pioggia continua fa imbozzacchire le susine pere (9). E nella Chiesa di Dio sono non solamente sterpi cretici (10), ma la vigna eletta anch'essa imbianca se il vignaiuolo è reo, e non lo punge l'ortica (11) del pentimento, e la vite diventa pruno (12). I chiostri già rendevano fertilmente al cielo, ma poi fecersi vani: e la muffa dov'era la gromma (13). Le Badie son fatte spelonche (14); le cocolle, sacca piene di farina ria. Aveva già detto Firenze piena d'invidia sicchè il sacco trabocca (15), e l'inferno il luogo che insacca il male di tutto l'universo (16).

Pistoia è degna tana di Fucci ladro di sagrestia (17). Le infernali son grotte (18) e foci (19). Esso Fucci piove di Toscana nella gola fera (20) de' ladri; e tutto l'inferno è un'ampia gola (21), una trista conca (22); e le sue bolge fosse (23); e il pozzo profondissimo tristo buco (24). Il passaggio dall'una all'altra bolgia è ruine alpestri (25): e l'imagine che ricorre sovente a dinotare l'abisso è quella di valle (26). Il Poeta si smarrisce in una valle selvosa (27), come il fondo d'Inferno, misero vallone (28), e gran parte di Toscana gli è misera valle (29); e valle il suo esilio (30): dalla quale egli innalza gli occhi al colle vestito di luce (31), così come in Paradiso gli leva a' monti ne' quali figuransi, secondo il linguaggio biblico, i sereni dell' ardua santità (32).

I santi si specchiano nella bellezza de❜loro compagni elegantemente ordinata sott' essi, come col

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(5) Inf., XXXIII, e nel XXIX il lusso vano di certi Senesi è sorto dove s' appicca mal seme. XXVIII. (8) Purg., XIV.

-

(4) Inf., XV. (5) Inf., (6) Inf., XXIII. (7) Inf., XXVIII.

-

· (9) Par., XXVII. (40) Par., XII. (11) Purg., XXXI. - (12) Par., XXIV. (15) Par., XII. − (44) Par., XXII. (15) Inf., VI. (16) Inf., VII. (17) Inf., XXIV. · (18) Inf., XXI. — (19) Inf., XII e XXIII; Purg., XII. (20) Inf., XXIV. (21) Purg., XXI. — (22) Inf., IX. — (23) Inf., XXIII. (24) Inf, XXXII. — (25) Inf., XII, e altrove. — (26) Inf., XII: Valle buia; Purg., I: Valle inferna; Purg., XXIV, Valle ove mai non si scolpa. — (27) Inf., I, XV. - (29) Purg., XIV. - (50) Par., XVII. (28) Inf., XXXI. I. (32) Par., XXIV.

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lina nell'acque correnti a'piè per vedersi quant'è rieca nel verde e ne' fiori (1). I santi veduti sul monte dell'espiazione si fan brolo al capo, quali di gigli, quali di rose ed altri fiori vermigli. I buoni sono fronde di cui s'infronda l'orto dell'eterno ortolano (2): Cristo è l'agricoltore che manda all'orto suo altri cultori per ajutarlo (3), e questi cultori combattono per il buon seme, dacche nel pensiero e nell'età di Dante le idee stesse di pace erano conciliate e intrecciate con quelle di guerra. Ma se la gloria celeste è un bel giardino che s' infiora sotto i raggi di Cristo (4),

l'Italia è il giardino dell' Imperio (1), diserto perchè non ci viene Alberto tedesco. Le palle dell'oro ne' tempi migliori fiorivano in Fiorenza (2), la gran villa sovra il bel fiume d'Arno (3): e l'esule pellegrinando per l'Inferno del mondo lontan da Firenze lasciava il fiele e cercava i dolci pomi (4). Le quali imagini cosi raccolte ed illustrano il concetto e ritraggono l'animo del Poeta, e fanno senza lunghi ragionamenti evidente quel che è d'imperfetto e nelle idee sue e talor anche in quel suo d' ordinario sì schietto e potente linguaggio.

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CANTO VII.

Argomento.

Vinta, con la risposta di Virgilio, l'ira di Pluto, discendono: dico discendono, perchè Pluto stava sul pendio tra 'l terzo cerchio ed il quarto. Quivi puniti insieme i prodighi e gli avari, e rotolano pesi col petto, e si dicono villania. Di qui viene il Poeta a parlare della Fortuna, genio motore dei beni terreni. Poi scendono al quarto cerchio lungo l'acqua di Stige che s'impaluda ad accogliere gl'iracondi per invidia, per superbia, o per altro; che tra loro si percotono o marciscon nel fango.

Il supplizio degli avari e de' prodighi, difficile a dipingere, è reso con rara evidenza.
Nota le terzine 4, 5, 6; 8 alla 12; 18, 19, 22, 26, 28, 30, 32, 35, 38, 40, 42, 43.

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(SL) Turro. Inf., IV: O tu ch' onori ogni scienza e arte. Virgilio è simbolo dell'umano sapere. Enea alla Sibilla: Potes... omnia (Æn., VI).

(F) PAPE. Pietro di Dante, o quell' altro antico coetaneo, che non lo poteva facilmente imaginare di suo, spiega: PAPE, esclamazione latina; SATAN Aleppe, principe de' demonii. Jo., XII, 51 : Il principe di questo mondo. Ad Eph., VI, 12: delle tenebre. - II, 2: Il principe della potestà di quest'aere. Ivi egli parla d'infernali principati, potenze e virtù. E Matth., XII, 24; Luc., XI, 15: Belzebi principe de' demonii. ALEPPE. Aleph, in senso simile all' Ego sum alpha (Apoc., XXII, 15). Le parole di Pluto sono di maraviglia, e un volgersi a Satana, suo capo, per chiedere riparo contro l'invasione d'un vivo ne' regni della morte.

2. (L) TERRA: vieterà.

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4. (L) VENDETTA: pena. lione degli Angeli.

STRUPO: stupro, ribel

(SL) CUPO. Corrisponde all''Atons de' Greci e all'amfa de' Tonchinesi che val buio; e così chiaman essi l'Inferno. VUOLSI. Ripete la risposta data a Caronte (Inf., III, t. 32), e a Minosse (Inf., V, t. 8).

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(F) MICHELE. Dan., X, 15: Michele, uno de' primi principi; 21: principe vostro. Risponde all' Aleppe, capo e principio. La Chiesa: Michael princeps militiæ angelorum. Non le assorba il Tartaro; ma il vessillifero santo Michele le rappresenti nella luce santa. — STRUPO. Usato dagli antichi anco in prosa. È fornicazione della creatura il volger la mente ad altri che a Dio. Altri intende strupo per moltitudine. Ma far la vendetta d'una moltitudine non ha senso. Sap., XIV, 12: Principio della fornicazione è la ricerca degl'idoli. Os., I, 2: Fornicherà dal Signore la terra. Aggiungi che nel libro d'Enoch gli angeli mali stuprano le donne e Michele li lega.

5. (L) FIACCA: è rotto dal vento.

(SL) GONFIATE. Æn., III: Inflatur carbasus austro.CAGGIONO. Bocc.: Il forte albero rotto da... venti, con le vele ravviluppate. 6. (L) LACCA: valle.

PRENDENDO CO' passi.

(SL) PRENDENDO. Georg., III: Campum Corripuere. En., VI: Corripiunt spatium medium. Georg, IV: Tenuemque magis, magis aera carpunt. Lor. Med., meno elegante: Quand' hanno poi di campo preso un pezzo.

7. Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa Nuove travaglie e pene, quante i' viddi? E perchè nostra colpa si ne scipa? 8. Come fa l'onda là sovra Cariddi,

Che si frange con quella in cui s'intoppa; Cosi convien che qui la gente riddi. 9. Qui vid' io gente, più ch'altrove, troppa, E d'una parte e d'altra, con grand' urli Voltando pesi per forza di poppa. 10. Percotevansi incontro: e poscia pur li

Si rivolgea ciascun, voltando a retro, Gridando:- Perchè tieni? e: Perchè burli? 41. Cosi tornavan per lo cerchio tetro

Da ogni mano all'opposito punto, Gridandosi anche loro ontoso metro. 12. Poi si volgea ciascun, quand'era giunto Per lo suo mezzo cerchio, all'altra giostra. Ed io, ch' avea lo cor quasi compunto,

7. (L) CHI, se non tu ? - STIPA: affolla. -SCIPA: dissipa, sciupa.

(SL) STIPA. Æn., I e Georg., IV: Mella stipant. En., III: Stipat... carinis... argentum. -TRAVAGLIE. E nel Villani e nel Davanzati. --SCIPA. Dav., Ann., III, 54.

(F) PERCHÈ. Perchè siam noi tanto stoltamente rei e cupidi di rovinoso guadagno? Lo stipar delle pene si contrappone all' ammucchiare dell' oro; e lo sciupo che fa la colpa, alle ricchezze avare da prodighi sciupate. 8. (L) RIDDI: balli. Ridda, ballo in tondo.

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(SL) CARIDDI. En., III: Implacata Charybdis. FRANGE. Æn., 1: Ab alto Frangitur, inque sinus scindit sese unda reductos, ONDA. Georg., II: Ingentem....... domus alta... vomit ædibus undam. RIDDI. Anch' in prosa. Ridda è ballo; e ballare e far ballare dicesi tuttavia in senso di dolore e di pena.

9. (L) D'UNA PARTE, prodighi. POPPA: petto.

D'ALTRA, avari.

(SL) VOLTANDO. En., I: Manibus subvolvere saxa. - PESI. En., XI: Tormento ponderis acti. Orazio, della ricchezza: Argenti pondus (Sat. I, 1). POPPA. Inf., XII; En., VI: Saxum ingens volvunt alii. Dovevano dunque rotolarlo carponi.

(F) TROPPA. L'avarizia più che tutte l'altre bestie ha preda (Purg., XX.) Æn., VI: Aut qui divitiis soli incubuêre repertis, Nec partem posuere suis, quæ ma

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CON MISURA:

- SPENDIO.

14. (L) IN LA VITA PRIMA¡A: al mondo. chi troppo chi poco. -FERCI: ci fecero. (SL) GUERCI. Buc., I: Mens... læva. È nel Sacchetti. 15. (L) Gli dispAIA: tornano a girare e a rincontrarsi.

(SL) ABBAIA. Hor. Ep., I, 18: Quod placet... Acriter elatrem. Boet.: Hæc ubi delatravi. Semint.: Abbaiasse cosa piagnevole.

16. (L) COPERCHIO: cherica. SOPERCHIO: eccesso. (SL) SOPERCHIO. Sostantivo. L'usa nel Convivio. (F) SOPERCHIO. Semint. Avarizia è appetito soverchio d' avere ricchezza. 17. (SL) COTALI. Col questi è nel Boccaccio. MALI. Per colpe è anco in Virgilio (En., VI). Ov. Met., I: Opes irritamenta malorum.

(F) ALCUNI. Rammentiamo che l'Inferno di Dante è l'imagine del mondo qual era a' suoi tempi, com'egli dice nella Lettera a Cane.

18. (L) ADUNI: fai. SCONOSCENTE: cieca. AD OGNI CONOSCENZA... GLI FA BRUNI : non si posson conoscere. (F) ADUNI. La memoria è l'atto di far uno nel pensiero il presente e il passato; e il pensiero stesso richiede e dimostra l' unità della mente. Som. Quello che noi separatamente intendiamo, dobbiamo ridurre in uno, componendo e dividendo a formare una enunziazione. Cogito da co-ago. Virgilio, in senso inverso: Quid cogitet... auster (Georg., I); Che vapori aduni. SCONOSCENTE. Senza conoscenza a cui seguire nasce l'uomo (Inf., XXVI). L'avaro e il prodigo disconoscono il valor delle cose.

19. (L) Due cozzi: a scontrarsi e rimproverarsi. QUESTI: gli avari. E QUESTI: e i prodighi.

(F) Cuuso. Diod. Sicul. La sinistra con le dita strette significa avarizia tenace. Eccl., IV, 56: Non sia distesa la mano tua a ricevere; e a dare, stretta. 20. (L) DARE: ricchezza. LO MONDO PULCRO il

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