1 INFERNO CANTO I ARGOMENTO Mentre fra l'ombre d' una selva oscura Temer lo fa di tre Fere la vista: Ma Virgilio v' accorre e gli promette Nel mezzo del cammin di nostra vita Ahi quanto a dir qual era è cosa dura 1. Secondo le dottrine poste dall'Alighieri nel suo Convito, il mezzo della vita debbe intendersi che sia l'anno trentesimo quinto. Come poi il Poeta accenna in più luoghi ch'egli finge accaduto questo suo viaggio nel 1300, così conferma l'opinione di coloro i qua 3 6 li lo dissero nato l'anno 1265. 2. Selva oscura. In questa selva credono i più che l'Alighieri metaforicamente rappresentasse la folla delle passioni e dei vizii umani. Il Conte Marchetti crede invece che sia in essa simboleggiato l'esilio a cui il Poeta soggiacque. Tanto è amara, che poco è più morte; Tant' era pien di sonno in su quel punto, Ma po' ch'io fui al piè d'un colle giunto, Vestite già de' raggi del pianeta, 7. Tanto è amara ec. Gl' interpreti non ben si accordano se queste parole debbansi riferire alla selva, o all'impresa di descriverla, od alla paura che pensando a lei, si rinnova. Noi crediamo di dover adottare la seconda. 8. Del ben, ch' i' vi trovai, cioè, dell' utilità che gli recò il consiglio e il soccorso di Virgilio. 11. Sonno: l'offuscamento della mente cagionato dalle passioni; ovvero l'inganno in cui era circa le cagioni del suo esilio. 12. Verace via: la via della virtù; o forse la vita privata che l' Alighieri abbandonò per darsi alle pubbliche faccende, donde poi gli venne l'esilio. Questa seconda interpretazione seguita l'allegoria del Marchetti. 9 12 15 18 13. Un colle. Quelli che nella selva credono simboleggiate le passioni ed i vizii, intendono che questo colle sia la stanza della virtù. Quelli poi che sotto l'immagine della selva stimano sia rappresentato l'esilio colle sue amarezze interpretano questo colle siccome il ritorno alla patria, colle felicità che il conseguono. 17-18. Pianeta, Che mena dritto ec., che mostra la diritta via. Intende il Sole. Allude secondo il Biagioli, alla scienza che, in ogni tempo, stato e luogo, addita la verità a chi giunge a possederla. 20. Lago del cor: così appella Dante quella cavità del cuore, ch'è ricettacolo del sangue, e che da Harveio con somigliante frase è La notte, ch' i' passai con tanta pièta. Uscito fuor del pelago alla riva, Si volse 'ndietro a rimirar lo passo, 21 24 27 Sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso: 30 detta sanguinis promptuarium et giammai persona viva cisterna. 21. La notte ec.: il tempo dello smarrimento nella selva Pièta vale affanno, dolore. 26-27. Lo passo, Che non lasciò giammai persona viva secondo alcuni è la selva dei vizii, perchè la vera vita sta nella virtù: secondo altri è l'esilio, il quale è cagione che l'uomo civilmente muoja. Il celebre Perticari scrisse a questo luogo la seguente osservazione. "Non è a pensare solamente al senso allegorico ove il senso proprio è piano ed aperto. Dante è entrato nella piaggia diserta, v. 29, in luogo ove non è uom vivo, e la sola ombra di Virgilio gli si presenta. Questo è dunque il primo verso col quale egli ci avvisa che penetrò nella terra de' morti: passò cioè quella selva, quel gran diserto, che divide il mortale dall'eterno. Odd' egli il chiama benissilo passo, Che non lasciò mo . poichè veramente nessuno vi giunge e il varca che non sia prima morto. In questo luogo il grande imitatore di Virgilio ebbe in mente quel passo dell'Eneide Libro VI Lucos Stygios, regna invia vivis, aspicies". 30. Si che'l piè fermo ec. Su questo passo, cagione di tanti contrasti, dirò io pure alcune parole. E innanzi tratto dimando: che è piaggia? propriamente salita di monte poco repente, risponde il Vocabolario e ch' egli risponda bene me lo assicura il Boccaccio (g. 6 verso la fine); Le piaggie delle quali montagnette così degradando giù verso il piano discendevano. La piaggia è dunque un piano dolcemente inclinato. Figurati ora di essere Dante che prende la via per questa piaggia: spicca il piede dal piano orizzontale, e comincia a salire l'inclinato. Ad ogni passo che fai, non è egli vero visibilmente Ed ecco, quasi al cominciar dell' erta, E'l Sol montava in su con quelle stelle, che il piè che si muove andando all'insù, necessariamente viene ad essere il più alto? La testimonianza dell'occhio, se non basta quella del raziocinio, te l'assicura. Dunque per inversa ragione se il più alto è sempre il piè che si muove all'insù, di viva forza bisogna che il più basso sia sempre quello che resta fermo, mentre l'altro salisce. Per lo contrario se dall' insù verrai all'ingiù, il piede che si ferma resterà sempre il più alto, e il piè che discende, diverrà alternativamente sempre il più basso. Se questa non è evidenza manifestissima, io non so più dove trovarla. E mi pare che Dante volendo in maniera tutta nuova e tutta sua, indicarci che quella via da lui presa era in declive, in salita, e dicendo: si che 'l piè fermo sempre era 'l più basso, non potesse meglio dipingere all'occhio del lettore il suo ingegnoso concetto MONTI. Per maggior chiarezza di questo |