Questa, privata del primo marito, Mille cent' anni e più dispetta e scura Fino a costui si stette senza invito ; Nè valse udir che la trovò sicura Con Amiclate, al suon della sua voce, Colui ch' a tutto il mondo fe paura ; Nè valse esser costante, nè feroce, Sì che, dove Maria rimase giuso, Ella con Cristo pianse in sulla croce. Ma perch' io non proceda troppo chiuso, Francesco e Povertà per questi amanti Prendi oramai nel mio parlar diffuso. La lor concordia e i lor lieti sembianti, Amore e maraviglia e dolce sguardo Facean esser cagion di pensier santi; Tanto che il venerabile Bernardo Si scalzò prima, e dietro a tanta pace Corse, e correndo gli parv' esser tardo. O ignota ricchezza, o ben ferace! Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro, Dietro allo sposo; sì la sposa piace. Indi sen va quel padre e quel maestro Con la sua donna, e con quella famiglia Che già legava l' umile capestro ; Nè gli gravò viltà di cor le ciglia, Per esser fi' di Pietro Bernardone, Nè per parer dispetto a maraviglia. Ma regalmente sua dura intenzione Ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe Primo sigillo a sua religione. Poi che la gente poverella crebbe Dietro a costui, la cui mirabil vita Meglio in gloria del ciel si canterebbe, Di seconda corona redimita Fu per Onorio dall' eterno spiro La santa voglia d' esto archimandrita : E poi che, per la sete del martiro, Nella presenza del Soldan superba Predicò Cristo e gli altri che il seguiro, E per trovare a conversione acerba Troppo la gente, per non stare indarno, Reddissi al frutto dell' italica erba ; Nel crudo sasso, intra Tevero ed Arno Da Cristo prese l' ultimo sigillo, Che le sue membra due anni portarno. Quando a colui ch' a tanto ben sortillo, Piacque di trarlo suso alla mercede, Ch' ei meritò nel suo farsi pusillo, Ai frati suoi, sì com' a giuste erede, Raccomandò la sua donna più cara, E comandò che l' amassero a fede; E del suo grembo l' anima preclara Mover si volle, tornando al suo regno, Ed al suo corpo non volle altra bara. Pensa oramai qual fu colui, che degno Collega fu a mantener la barca Di Pietro in alto mar per dritto segno! E questi fu il nostro patriarca ; Per che qual segue lui, com' ei comanda, E vagabonde più da esso vanno, Ben son di quelle che temono il danno, Or, se le mie parole non son fioche, Se la tua audienza è stata attenta, Se ciò ch' ho detto alla mente rivoche, In parte fia la tua voglia contenta, Perchè vedrai la pianta onde si scheggia, E vedrai il coreggier che argomenta U' ben s' impingua, se non si vaneggia. CANTO XII. Si tosto come l' ultima parola Prima ch' un' altra di cerchio la chiuse, Volgeansi circa noi le due ghirlande, E sì l'estrema all' ultima rispose. Poichè il tripudio e l' alta festa grande, Sì del cantare e sì del fiammeggiarsi, Luce con luce gaudiose e blande, Insieme a punto ed a voler quetarsi, Pur come gli occhi ch' al piacer che i move Conviene insieme chiudere e levarsi, Del cor dell' una delle luci nuove Si mosse voce, che l' ago alla stella E cominciò: L'amor che mi fa bella Costò a riarmar, dietro all' insegna In quella parte, ove surge ad aprire Lo sol tal volta ad ogni uom si nasconde, Siede la fortunata Calaroga, Sotto la protezion del grande scudo, In che soggiace il leone, e soggioga. Dentro vi nacque l' amoroso drudo Della fede cristiana, il santo atleta, Benigno ai suoi, ed ai nemici crudo ; E come fu creata, fu repleta Sì la sua mente di viva virtute, Che nella madre lei fece profeta. Poichè le sponsalizie fur compiute Al sacro fonte intra lui e la fede, U' si dotar di mutua salute; |