Così vid' io quella masnada fresca Lasciar lo canto, e gire in ver la costa, Come uom che va, nè sa dove riesca : Nè la nostra partita fu men tosta. CANTO III. AVVEGNACHÈ la subitana fuga Dispergesse color per la campagna, Come t' è picciol fallo amaro morso! E diedi il viso mio incontro al poggio, Che inverso il ciel più alto si dislaga. Lo sol, che retro fiammeggiava roggio, Rotto m' era dinanzi, alla figura Ch' aveva in me dei suoi raggi l' appoggio. Io mi volsi dallato con paura D' esser abbandonato, quand' io vidi Non credi tu me teco, e ch' io ti guidi? Lo corpo, dentro al quale io facea ombra : Napoli l' ha, e da Brandizio è tolto. Ora, se innanzi a me nulla s' adombra, Non ti maravigliar più che dei cieli, Che l'uno all' altro raggio non ingombra. A sofferir tormenti caldi e gieli Che, come fa, non vuol che a noi si sveli. Che tiene una sustanzia in tre persone. Tai, che sarebbe lor disio quetato, E di molti altri. E qui chinò la fronte ; Esaminando del cammin la mente, Ed io mirava suso intorno al sasso, Da man sinistra m' apparì una gente passo, D' anime, che movieno i piè ver noi, E non parevan, sì venivan lente. Leva, diss' io, Maestro, gli occhi tuoi : Ecco di qua chi ne darà consiglio, Se tu da te medesmo aver nol puoi. Guardò a loro, e con libero piglio Rispose: Andiamo in là, ch'ei vegnon piano, E tu ferma la speme, dolce figlio. Ancora era quel popol di lontano, Dico, dopo li nostri mille passi, Quanto un buon gittator trarria con mano, Virgilio incominciò, per quella pace Sì che possibil sia l' andare in suso ; Ad una, a due, a tre, e l' altre stanno Timidette atterrando l'occhio e il muso; E ciò che fa la prima, e l' altre fanno, Addossandosi a lei s' ella s' arresta, Semplici e quete, e lo imperchè non sanno : Sì vid' io movere a venir la testa Di quella mandria fortunata allotta, Pudica in faccia, e nell' andare onesta. Come color dinanzi vider rotta La luce in terra dal mio destro canto, Sì che l'ombra era da me alla grotta, Restaro, e trasser sè in retro alquanto, E tutti gli altri che venieno appresso, Non sapendo il perchè, fenno altrettanto. Senza vostra domanda io vi confesso, Che questo è corpo uman che voi vedete, Non vi maravigliate; ma credete, Che non senza virtù che dal ciel vegna, Biondo era e bello, e di gentile aspetto; D' averlo visto mai, ei disse: Or vedi : E mostrommi una piaga a sommo il petto. Poi sorridendo disse: Io son Manfredi, Nepote di Constanza Imperadrice: Ond' io ti prego che quando tu riedi, Vadi a mia bella figlia, genitrice Dell' onor di Sicilia e d' Aragona, Ma la bontà infinita ha sì gran braccia, In co del ponte presso a Benevento, |