Storia del sonetto italianoG. Principato, 1896 - 115 pages |
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ALBINO ZENATTI Alfieri allora alma alunni Amor antologie Arïanna assai ballatetta bel viso bella bellezza beltà Bembo Bojardo brindisi canto canzone CARLO INNOCENZO FRUGONI Cassiani cetra ch'io ché CHIABRERA chiome cielo Cino d'amore Dante degno diè divina dolce dolore ebbe Eustachio Manfredi Faustina Maratti fiori FRANCESCO PETRARCA FRANCESCO REDI Frugoni GABRIELLO CHIABRERA genti giammai Gian Giorgio Trissino giovani GIOVANNI DELLA CASA gira GIUSEPPE PARINI gloria gran graziosamente GUIDO GUINIZELLI GUITTONE imitato innamorato l'Italia l'una e l'altra lascia leggiadro lieta lode Maratti MESSINA metri lirici Michelangelo Buonarroti mira mondo morto neve nobile occhi onore Parini patria pensier petto piè Pindemonte poesia poeta pregi ricorda rima risorto riva santo scuole SECOLO sento Signor söave SONETTO ITALIANO sospira stella stile STORIA DEL SONETTO suona terra torni troppo UGO FOSCOLO Vedi VERONICA GAMBARA verso vide virtú Vittorio Vittorio Alfieri Zappi
Popular passages
Page 104 - Silvia, rimembri ancora Quel tempo della tua vita mortale, Quando beltà splendea Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, E tu, lieta e pensosa, il limitare Di gioventù salivi? Sonavan le quiete Stanze, e le vie dintorno, Al tuo perpetuo canto, Allor che all'opre femminili intenta Sedevi, assai contenta Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Page 85 - Chiare, fresche e dolci acque, ove le belle membra pose colei che sola a me par donna; gentil ramo ove piacque (con sospir mi rimembra) a lei di fare al bel fianco colonna; erba e fior che la gonna leggiadra ricoverse co l'angelico seno; aere sacro sereno ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse: date udìenzia insieme a le dolenti mie parole estreme.
Page 37 - ... tuoi gentili anni caduto. La madre or sol, suo dì tardo traendo, parla di me col tuo cenere muto: ma io deluse a voi le palme tendo; e se da lunge i miei tetti saluto, sento gli avversi Numi, e le secrete cure che al viver tuo furon tempesta, e prego anch'io nel tuo porto quiete.
Page 104 - Sonavan le quiete Stanze, e le vie dintorno, Al tuo perpetuo canto, Allor che all'opre femminili intenta Sedevi, assai contenta Di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso: e tu solevi Così menare il giorno.
Page 105 - ... d'in su i veroni del paterno ostello porgea gli orecchi al suon della tua voce, ed alla man veloce che percorrea la faticosa tela. Mirava il ciel sereno, le vie dorate e gli orti, e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Page 107 - II terror dell' inimico , II promesso Vincitor. Ai mirabili Veggenti , Che narrarono il futuro , Come il padre ai figli intenti Narra i casi che già furo , Si mostrò quel sommo Sole , Che parlando in lor parole , Alla terra Iddio giurò : Quando Aggeo , quando Isaia Mallevaro al mondo intero Che il Bramato un dì verria ; Quando assorto in suo pensiero Lesse i giorni numerati , E degli anni ancor non nati Daniel si ricordò. Era l' alba , e , molli il viso , Maddalena e l...
Page 102 - Io quando il monumento 155 vidi ove posa il corpo di quel grande che temprando lo scettro a' regnatori gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela di che lagrime grondi e di che sangue; e l'arca di colui che nuovo Olimpo 160 alzò in Roma a' Celesti; e di chi vide sotto l'etereo padiglion rotarsi più mondi, e il Sole irradiarli immoto, onde all'Anglo che tanta ala vi stese sgombrò primo le vie del firmamento: 165 — Te beata, gridai, per le felici aure pregne di vita, e pe' lavacri che da' suoi...
Page 110 - NELL'ANNUALE DELLA FONDAZIONE DI ROMA Te redimito di fior purpurei april te vide su '1 colle emergere dal solco di Romolo torva riguardante su i selvaggi piani : te dopo tanta forza di secoli aprile irraggia, sublime, massima, e il sole e l'Italia saluta te, Flora di nostra gente, o Roma.
Page 83 - Donna mia, Che per sua cortesia Ti farà molto onore . Tu porterai novelle di sospiri Piene di doglia, e di molta paura: Ma guarda, che persona non ti miri, Che sia...
Page 59 - Sol, gli occhi al pianto, e, nato a pena, va prigionier fra le tenaci fasce. Fanciullo, poi che non più latte il pasce, sotto rigida sferza i giorni mena; indi, in età più ferma e più serena, tra Fortuna ed Amor more e rinasce. Quante poscia sostien, tristo e mendico, fatiche e morti, infin che curvo e lasso appoggia a debil legno il fianco antico?