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bellezza, quand'è propriamente tale, è di sua natura rappresentazione non solo di quelle cose che stavano nel pensiero di chi l'ha colta, ma d'altre moltissime che si vengono per differente esperienza rivelando a' coetanei ed a' posteri. Nell' entrare al Purgatorio, è lavato al Poeta il viso con la rugiada mattutina; in cima al monte egli è tuffato nel fiume: prima terse le vestigia più sordide, poi levata fin la memoria della colpa (1). Le abluzioni erano rito di tutta l'antichità (2): onde all' esequie di Miseno: Ter socios pura circumtulit unda, Spargens rore levi et ramo felicis oliva (3). Hai qui fino il nome della rugiada che avrà data a Dante l' imagine di quella abluzione, la quale potevasi fare anco con acqua viva, potuta trovare alle falde: senonchè più bello è il detergere il sudiciume d' Inferno con l'umore che stilla dal cielo; com'è bello in Virgilio l'epiteto: aërii mellis cœlestia dona. Enea, nell'entrare all'Eliso, corpus recenti spargit aqua (4); e allorchè Giunone esce d'Inferno: quam cælum intrare parantem Roratis lustravit aquis Thaumantias Iris (5); e Mercurio nella Tebaide: Exsilit ad Superos; infernaque nubila vultu Discutit et vivis afflatibus ora serenat (6).

Il giunco, del quale è imposto che Dante si cinga, simboleggia, dice Pietro, l'umiltà semplice e paziente. Guido Cavalcanti: Quando con vento e con fiume contende Assai più si difende La mobil canna.... Che dura querce che non si dirende. Ne' Bollandisti (7): Inondando il fiume, l'erba che in lui cresce si china, e, senza lesione di quella, l'acqua inondante trapassa. Così noi talora conviene chinarci e umiliarci. E però Dante la dice da ultimo umile pianta: e chi sa non gli venisse insieme col giunco alla mente quella divina parola data come segno a riconoscere il salvatore vero: La canna scrollata egli non spezzerà?

Anco in Virgilio è un ramo che Enea deve corre dalla selva che mette all' Inferno, coglierlo perchè e' possa entrare all' Eliso: e parlasene lungamente, e pare che il Poeta ci voli intorno come le colombe che son guida all'eroe, e ci si fermi sopra invescato dalla sua propria eleganza. La cara imagine delle colombe avrà forse ispirato a

(1) Purg., XXXIII. (2) Æn., 11: Tu, genitor, cape sacra manu..... Me bello e tanto digressum et cæde recenti Attrectare nefas, donec me flumine vivo Abluero. VIII: Rite cavis undam de flumine palmis Sustulit, et tales effundit ad æthera voces. (3) Æn., VI. (4) Æn., VI. (5) Ov. Met., IV. (6) Stat., II. - Dolce color.... Che s'accoglieva nel sereno aspetto Dell'aer puro..... (terz. 5). (7) Vita di s. Elena.

Dante quella gentile similitudine che è nel Canto secondo, dacchè ne' tre mondi tre similitudini rincontriamo dalla colomba: qui le anime che fermate all'armonia di Casella, al rimprovero di Catone corrono verso la costa; in Inferno, i due amanti che volano all'affettuoso grido di Dante; in Paradiso, l' apostolo della speranza che si pone accanto all'apostolo della fede: Si come quando'l colombo si pone Presso al compagno, l'uno e l'altro pande, Girando e mormorando, l'affezione; Cosi vid' io l'un dall'altro grande Principe glorioso essere accolto Laudando il cibo che lassù si prande (1). E ognun sente come la similitudine nell'Inferno sia, quanto a dicitura, più delicatamente condotta; quella del Purgatorio più nuova e più semplice; in questa del Paradiso il grande principe e il cibo che si prande non bene si convengano co' colombi, e come i suoni stessi non abbiano la delicatezza che porta l'idea, s'altri forse non sentisse ne' suoni colombo, pone, affezione, quando, pande, girando, mormorando, la voce della colomba: come Virgilio, ma ben meglio, con due suoni soli alquanto cupi rende il gemito della tortora, e con gli altri che precedono più leggieri e più gai, ne rende l' affetto: Nec gemere aeria cessavit turtur ab ulmo (2).

In Virgilio la Sibilla è che tiene il ramo d'oro nascoso sotto la veste e lo mostra a Caronte, ed Enea poi, come dono a Proserpina, l'appende alla soglia dell' Eliso. Più bello, in Dante, che questo color d'oro tenuto quasi in borsa dalla vecchia, il giunco che incorona al Poeta le tempie e gli è ghirlanda più degna dell' alloro sperato nel suo bel San Giovanni (3). In Virgilio, del ramo fatale è detto in prima: Ipse volens facilisque sequetur, Si te fata vocant: aliter, non viribus ullis Vincere, nec duro poteris convellere ferro (4). Poi d' Enea che lo coglie: Avidusque refringit Cunctantem (5), che par contradire al già detto dalla Sibilla in Virgilio. Primo avulso, non deficit alter Aureus et simili frondescit virga metallo (6). E in Dante il simile; ma con intenzione simbolica, perchè, nota il Poggiali, i mezzi dell'espiazione sono sempre alla mano, chi pure li voglia, e perchè nell'anima che si pente è messa dalla Grazia una forza rigeneratrice che rinnova ed amplifica il miracolo della creazione.

(1) Par., XXV. (2) Buc., I. (3) Inf., XIX; Par., XXV. - (4) Æn., VI. - (5) In Ovidio, che imita da Virgilio: Et auro Fulgentem ramum silva Junonis averne Monstravit, jussitque suo divellere trunco (Met., XIV). (6) Æn., VI.

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CANTO II.

Argomento.

Appare un Angelo che conduce su leggiera barchetta le anime nuove. Il Poeta riconosce Casella; questi gli canta. Le anime si arrestano alla dolcezza del canto; ma Catone sgridando le spinge al monte.

Qui cominciano le apparizioni degli Angeli; e si badi alle varie pitture che il Poeta ne fa; si badi ai varii modi di raffigurare gli oggetti veduti da più o men grande distanza. Inf., IV, V, VIII, IX, XII, XV, XVII, XXI, XXIII, XXVI, XXXI, XXXIV. E sempre d'ora in poi si ponga mente a quest'arte di varietà. Poi s'osservi nell' Inferno il graduar delle tenebre e del gelo e del fuoco; nel Purgatorio il graduar della luce; nel Paradiso, dello splendore e dell' armonia.

Nota le terzine 2, 4; 6 alla 9; 11 alla 16; 18, 19, 23, 24; 26 alla 30; 33, 37, 38, 42; le ultime tre.

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l'una delle due scodelle, sarà l'emisfero della detta pal-luogo. Onde ciascun orizzonte non ha per suo meridiano

lottola, cioè della terra nostra; l'altra scodella, cioè l'altra mezza concavità, sarà l'altro emisfero dell'altra metà della pallottola stessa. Or s'imagini un circolo per lo mezzo dell' una delle due scodelle, cioè da settentrione a mezzogiorno: e sotto il colmo di detto cerchio, cioè nel più alto punto della pallottola, Gerusalemme. Nel punto opposto della terra è il monte del Purgatorio: or se in Gerusalemme era la prima ora del giorno, nel monte dovev' essere un'ora di notte: il sole in Ariete, la notte in Libra. E come il sole in equinozio sorge alla foce del Gange, il qual corre di contro al moto del sole, onde Lucano canto: Ganges, toto qui solus in orbe Ostia nascenti contraria solvere Phœbo Audet, et adversum fluctus impellit in Eurum (Phars., III); così per contrario la notte nasceva in Libra. Poichè il Poeta disse nell'altro Canto che nell'oriente si velavano i Pesci (nell'oriente di laggiù ch'è a noi l' occidente), cid mostra essere già passate due ore, dacchè ciascun segno dello zo

che quello il quale col suo più alto punto copre esso luogo: sicchè dire l'orizzonte di Gerusalemme è il medesimo che dire l'orizzonte il cui cerchio meridiano copre col suo punto più alto Gerusalemme. Dice il Poeta la notte uscia di Gange, perchè, secondo la geografia de' suoi tempi (Rog. Bacon., Opus Majus, dist. 10), l'orizzonte orientale di Gerusalemme credevasi un meridiano dell'Indie Orientali, distante, dice Solino, dalla Palestina, quanto n'è distante la Francia. Ma le distanze dagli antichi date a' meridiani de' luoghi son troppo maggiori delle reali. Dante fa i due meridiani del Gange e dell'Ibero distanti per gradi cent' ottanta, e fa il meridiano di Gerusalemme equidistante da que'due: doppio sbaglio anco secondo la geografia tolemaica. Veggansi alla fine del volume le dotte osservazioni del P. Antonelli.

2. (L) SOVERCHIA: cresce.

(SL) BILANCE. Georg., I: Libra die somnique pares (F) MARTE. Conv.: Marte dissecca e arde le cose, perchè il suo calore è simile a quello del foco; e questo è quello perch' esso appare affocato di colore, quando più e quando meno, secondo la spessezza e rarità delli vapori che'l seguono; li quali per loro medesimi molte (SL) VASELLO. Inf., XXVIII, t. 27. - SNELLO dice volte s'accendono, siccome nel primo della Meteora (d'A- | la forma e il ratto moto; Leggiero il non toccar le acque ristotele) è determinato.

3. Sì che le bianche e le vermiglie guance, Là dov' i' era, della bella Aurora Per troppa etate divenivan rance. 4. Noi eravam lunghesso il mare ancora, Come gente che pensa suo cammino, Che va col cuore, e col corpo dimora. 5. Ed ecco, qual, sul presso del mattino, Per li grossi vapor Marte rosseggia Giù nel ponente sopra 'l suol marino; 6. Cotal m'apparve (s'i' ancor lo veggia!) Un lume per lo mar venir sì ratto, Che 'l mover suo nessun volar pareggia.

7. Dal qual com'i'un poco ebbi ritratto L'occhio, per dimandar lo duca mio, Rividil, più lucente e maggior fatto. 8. Poi, d'ogni lato ad esso, m'appario Un, non sapëa che, bianco; e di sotto, A poco a poco, un altro, a lui, n' uscío.

9. Lo mio maestro ancor non fece motto Mentre che i primi bianchi apparser ali: Allor che ben conobbe il galeotto,

10. Gridò:

Fa fa che le ginocchia cali.
Ecco l'angel di Dio: piega le mani:
Oma' vedrai di sì fatti ufficiali.

11. Vedi che sdegna gli argomenti umani,
Sì che remo non vuol, nè altro velo
Che l'ale sue, tra liti si lontani.
12. Vedi come le ha dritte verso 'l cielo,
Trattando l'aere con l'eterne penne
Che non si mutan come mortal pelo. —

13. Poi, come più e più verso noi venne L'uccel divino, più chiaro appariva: Perchè l'occhio dappresso nol sostenne; 14. Ma china' 'l giuso. E quei sen venne a riva Con un vasello snelletto, e leggiero Tanto, che l'acqua nulla ne 'nghiottiva.

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9. (L) MENTRE: fin che. PRIMI: i primi eran l'ali, l'altro la veste. GALEOTTO: reggitor della barca. (SL) APPARSER. Altri legge aperser, cioè il primo bianco ch'io aveva visto, si scoperse esser l'ali dell'Angelo. Questo modo avrebbe dichiarazione dal virgiliano: Leucatæ nimbosa cacumina montis, Et formidatus nautis aperitur Apollo (Æn., III). E nel VI: Aperit ramum qui veste latebat. Ma l'altra lezione mi pare più schietta. 10. (L) CALI a terra. PIEGA: giungi. - UFFICIALI: ministri: non più demonii.

11. (L) ARGOMENTI: mezzi. VELO: vela.

(SL) ARGOMENTI. Per istrumenti è nel Boccaccio e nel Casa. VELO. [C.] In monete greche, il Genio della città è figurato, sopra una nave, avere il proprio manto per vela.

(F) UMANI. Arist., de Incess. anim.: Negli animali che usano di parti come di strumento al moto, cioè di piedi o d'ali.

12. (SL) TRATTANDO. Ariosto, men felice: Tratta l'aure a volo.

13. (SL) UCCEL. Mercurio è detto da Stazio Volucer Tegeaticus; impiger ales (Silv., I, 2, 102; Theb., I).- SoSTENNE. Lucan., IX: Lumine recto Sustinuere diem cæli.

(F) VENNE. Nel Convivio dipinge l'apparenza contraria: Come chi guarda col viso per una retta linea, che prima vede le cose chiaramente; poi, procedendo, lo viso disgiunto nulla vede.

6. (L) S'r'! Così torn'io dopo morte a vederlo, nè sia dannato! VOLAR. Regge il verbo.

14. (L) VASELLO: vascello.

8. (L) SOTTто a lui un altro non so che bianco.

tuttochè tanti fossero i naviganti sovra essa. NULLA. Contrapposto a quel dell' VIII dell' Inferno: Segando se ne va l'antica prora Dell'acqua più che non suol con altrui.

15. Da poppa stava il celestial nocchiero,
Tal, che parea beato per iscritto:
E più di cento spirti entro sediero.
16. In exitu Isräel de Egitto,

Cantavan tutti insieme ad una voce,
Con quanto di quel salmo è poï scritto.

17. Poi fece il segno, lor, di santa croce;
Ond' ei si gittâr tutti in sulla piaggia :
Ed el sen gío, come venne, veloce.
18. La turba che rimase lì, selvaggia
Parea del loco, rimirando intorno,
Come colui che nuove cose assaggia.

19. Da tutte parti saettava il giorno Lo sol, ch' avea con le saette conte, Di mezzo 'l ciel, cacciato il Capricorno;

15. (L) PAREA: gli si leggeva il beato in viso. SEDIERO: Sedevano.

(SL) ISCRITTO. Ov. Met., VI: Sua quemque Deorum Inscribit facies. SEDIERO. La r per lan; come fier per fieno. Purg., VII. Ma si può intendere anco sederono.

16. (F) EGITTO. Per mondo. Par., XXV. - Aug. Confess., IX: L'eterna Gerusalemme a cui sospira il polo pellegrinante. Som.: Celebrare la fase era segno della liberazione d' Egitto (e questa della libertà, dalla servitù della colpa). Psal. CXIII, 1. Ivi, nel versetto 17: Non i morti loderanno te, o Signore, nè quanti discendono nell' Inferno. Conv.: In quel canto del Profeta che dice che nell'uscita del popolo d'Israel d'Egitto, la Giudea è fatta santa e libera: che avvegna essere vero secondo la lettera, non meno è vero quello che spiritualmente s'intende, cioè che nell'uscita dell'anima dal peсcato essa sia fatta santa e libera in sua potestade. E nella lettera a Cane: Se riguardiamo il senso morale, per l'uscita d'Egitto significasi a noi la conversione dell'anima dal lutto e dalla miseria del peccato a stato di grazia; se l'anagogico, significasi l'uscita dell' anima santa dalla servitù di questa corruzione all'eterna libertà della gloria.

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21. E Virgilio rispose: - Voi credete Forse, che siamo sperti d'esto loco: Ma noi sem peregrin, come voi sete. 22. Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco, Per altra via, che fu si aspra e forte Che lo salire omai ne parrà giuoco.

23. L'anime, che si fur di me accorte,

Per lo spirar, ch'i' era ancora vivo,
Maravigliando diventaro smorte.

24. E come a messaggier che porta olivo,
Tragge la gente per udir novelle,
E di calcar nessun si mostra schivo;

25. Così al viso mio s'affisar quelle
Anime fortunate tutte quante,
Quasi obblïando d'ire a farsi belle.

26. I' vidi una di lor trarresi avante
Per abbracciarmi, con sì grande affetto
Che mosse me a far lo simigliante.

subito vibratus lumine Phœbus, Mirantes oculos radiis ferit. - CONTE. Inf., X, terz. 13: Parole... conte. Qui può anco valere: che fa conoscere con la sua luce le

cose.

(F) CAPRICORNO. Discosto dall'Ariete, dove allora era il sole, un quarto di circolo: ond'e' non può essere cacciato di mezzo il cielo se l'Aricte non sia già montato sull'orizzonte.

21. (L) SPERTI: esperti. 23. (L) SPIRAR: respirare.

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25. (SL) OBBLIANDO. Inf., XXVIII. Per maraviglia

obbliando il martiro.

26. (SL) FAR. Bocc.: Facevano il somigliante.

1

27. O ombre vane fuor che nell' aspetto! Tre volte dietro a lei le mani avvinsi, E tante mi tornai con esse al petto.

28. Di maraviglia, credo, mi dipinsi :

Perchè l' Ombra sorrise, e si ritrasse; E io, seguendo lei, oltre mi pinsi. 29. Soavemente disse ch'i' posasse: Allor conobbi chi era; e pregai Che, per parlarmi, un poco s'arrestasse.

31.

30. Risposemi : Così com' io t'amai Nel mortal corpo, così t'amo sciolta: Però m' arresto. Ma tu perchè vai? Casella mio, per tornare altra volta Là dove io son, fo io questo viaggio (Diss'io). Ma a te come tant' ora è tolta?32. Ed egli a me: - Nessun m'è fatto oltraggio, Se quei che leva e quando e cui gli piace, Più volte m'ha negato esto passaggio:

33. Chè di giusto voler lo suo si face.

Veramente, da tre mesi egli ha tolto
Chi ha voluto entrar con tutta pace.

34. Ond'io, che era alla marina vôlto
Dove l'acqua di Tevere s'insala,
Benignamente fu' da lui ricolto

35. A quella foce ov'egli ha dritta l'ala: Perocchè sempre quivi si ricoglie Qual verso d'Acheronte non si cala.

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Præpetis omina penne.

36. (SL) QUETAR. Vita Nuova, pag. 23. 37. (L) PERSONA: corpo.

(SL) PERSONA. Bocc.: Non solo l'avere ci ruberanno, ma ci torranno oltre ciò le persone.

38. (SL) AMOR. Canzone di Dante comentata da lui nel Convivio.

39. (SL) CONTENTI. Georg., IV: At cantu commotœ... TOCCASSE. Æn., 1: Mentem...

(SL) TOLTA. Contrario del datum... tempus di Umbræ ibant tenues. Virgilio (Æn., VI).

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34. (SL) RICOLTO. Bocc.: Fatto il corpo della donna ricoglier di mare.

35. (L) QUAL: chi. I non dannati.

tangunt.

40. (L) VEGLIO: Catone.

(SL) GRIDANDO. Lucano, di Catone: Duræ... virtutis amator (Phars., IX). 41. (L) ScOGLIO: scorza.

(SL) QUAL. Æn., XII: Quæ nunc deinde mora est? - II: Festinate, viri; nam quæ tam sera moratur Segnities? - SCOGLIO. Da spolium. - Scoglio del serpente disse l'Ariosto (XVII, 11). Crescenzio, V, 3: Le avellane manifestano la loro maturitade quando de' loro scogli si partono.

(F) SCOGLIO. Ad Coloss., III, 9: Exspoliantes vos veterem hominem cum actibus suis. 42. (L) ORGOGLIO: lieta vivacità.

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