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17. Ed io: Buon duca, andiamo a maggior fretta;

18.

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Chè già non m'affatico come dianzi:

E vedi omai che il poggio l'ombra getta.

Noi anderem con questo giorno innanzi (Rispose), quanto più potremo omai:

Ma il fatto è d'altra forma che non stanzî.
19. Prima che sii lassù, tornar vedrai

Colui che già si cuopre della costa,
Si che i suo' raggi tu romper non fai.
20. Ma vedi là un'anima che, a posta,
Sola soletta, verso noi riguarda:
Quella ne insegnerà la via più tosta.
21. Venimmo a lei. O anima lombarda,
Come ti stavi altera e disdegnosa,

E nel muover degli occhi onesta e tarda !
22. Ella non ci diceva alcuna cosa,

Ma lasciavane gir; solo guardando,
A guisa di leon quando si posa.
23. Pur Virgilio si trasse a lei, pregando
Che ne mostrasse la miglior salita:
E quella non rispose al suo dimando,
24. Ma di nostro paese e della vita

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C'inchiese. E il dolce duca incominciava :

Mantova. E l'ombra, tutta in sè romita,
25. Surse vèr lui del luogo ove pria stava,
Dicendo: O Mantovano, io son Sordello
Della tua terra.

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E l'un l'altro abbracciava.

IV: Os terris ostendit honestum. Tarda! Petr.: L'alto mansuelo, umile e tardo.

22 (SL) Guardando. Malespini, d'un leone: Guatò e ristettesi. Plinio, de' leoni: Nec limis intuentur oculis; aspicique simili modo volunt, Cosi Solino. Posa [C] Gen, XLIX, 9: Requiescens accubuisti ut leo.

(F) Diceva. Senera: Niuna cosa fa tanto pro all'anima come posare, e pochissimo con altrui parlare e molto con seco

24 (L) Inchiese: domandò. mita: raccolta.

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(SL) Romita, Peir.; In sè rac colta e si romita.

26. Ahi serva Italia, di dolore ostello;

Nave senza nocchiero, in gran tempesta;
Non donna di provincie, ma bordello!
27. Quell'anima gentil fu così presta,

Sol per lo dolce suon della sua terra,
Di fare al cittadin suo quivi festa;
28. E ora in te non stanno senza guerra
Li vivi tuoi; e l'un l'altro si rode,
Di quei ch' un muro e una fossa serra.
29. Cerca, misera, intorno dalle prode

Le tue marine, e poi ti guarda in seno,
Se alcuna parte in te di pace gode.
30. Che val, perchè ti racconciasse il freno
Giustiniano, se la sella è vôta?

Senz' esso, fora la vergogna meno.
31. Ahi gente, che dovresti esser devota,
E lasciar seder Cesar nella sella,

Se bene intendi ciò che Dio ti nota; 32. Guarda com'esta fiera è fatta fella

Per non esser corretta dagli sproni,
Poi che ponesti mano alla predella.
33. Oh Alberto Tedesco, che abbandoni

Costei, ch'è fatta indomita e selvaggia,
E dovresti inforcar li suoi arcioni;

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34. (L) Gente : Guelfi.

38. (L) Corretta: guidata.

(SL) Feila. Inf, VIII, t. 6. [Sproni Del correggere persona o Stato i poeti e prosatori usano l'allegoria del cavallo - Predella. La parte della briglia che va alla guancia del cavallo sopra il morso, per la quale suul pigliare il cavallo chi non cavalca, o per condurlo o per arrestarlo. Or i Guelfi avevano preso per la predella il cavallo, e volevano Cosi guidarlo non permettendo che il cavaliere montasse. Trat. II, Comper. Cav: Lo pigha per la predella del freno, e ragguardalo negli occhi

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33. (L) Inforcar: montare.

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(SL) Tedesco. Vill, VIII, 62, 94. Indomita. Hor. Epist., 1, 3: Indomita cervice feros.

34. Giusto giudizio dalle stelle caggia

Sovra il tuo sangue: e sia nuovo e aperto,
Tal che 'l tuo successor temenza n'aggia.
35. Ch'avete, tu e 'l tuo padre, sofferto,
Per cupidigia di costà distretti,

Che 'l giardin dell' imperio sia diserto.
36. Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippeschi, uom senza cura;
Color già tristi, e costor con sospetti.
37. Vien', crudel, vieni, e vedi la pressura
De' tuoi Gentili; e cura lor magagne:
E vedrai Santafior, com'è sicura.

38. Vieni a veder la tua Roma, che piagne,
Vedova, sola; e di e notte chiama:
<< Cesare mio, perchè non m'accompagne? »
39. Vieni a veder, la gente quanto s'ama.
E, se nulla di noi pietà ti muove,
A vergognar ti vien' della tua fama.
40. E (se licito m'è), o sommo Giove,

Che fosti in terra per noi crucifisso,
Son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?

34. (L) Caggia. Cada. Aggia. Abbia.

(SL) Giudicio. [C] Psal. LXXV, 9: De coelo auditum fecisti judicium. Caggia. Alberto fu morto dal suo nipote nel 1508. 11 Poeta qui gli augura la morte seguita già, e ne trae augurio di spavento al suo su ccessore, o non ancora eletto, o eletto di poco. Questo Canto dunque fu scritto tra il 4308 e il 4309. Alberto figlio di Rodolfo gli successe nel 1298: ma solo nel 1303 Bonifazio gli diede la bolla d'imperatore. Mai non volle venire in Italia, ma ne voleva l'omaggio. Dante nol numera nè anco fra gl'imperatori romani. Nel 1303 invase Boemia (Par., XIX).

35. (L) Distretti: rattenuti. — Giardin: Italia.

(SL) Avete Da sessant'anni gli imperatori germanici non erano calati in Italia quand'Arrigo ci venne. - Cupidigia Vill., VII, 445: Rodolfo sempre intese ad accrescere suo stato e signoria in Alemagna, lasciando le imprese d'Italia, per accrescere terra e podere a figliuoli. Distretti. Liv.: Distretta dentro i confini dell'Africa. 56. (L) Montecchi e Cappelletti: Ghibellini nobili di Verona,

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naldi e Filippeschi: Ghibellini d'Or. vieto. Costor. 1 Veronesi oppressi

da' Guelfi.

37. (L) Gentili: nobili.

(SL) Pressura. [C.] Modo biblico. Luc., XXI, 25: Pressura gentium. Cura. In Virgilio securus ha senso di non curante. — Santafior. Contea nel Senese: i quali conti erano ricchi in Maremma: ma il paese tutto infestato di ladrocinii.

38. (SL) Piagne. Jer. Thren, 1, 2: Plorans ploravit in nocte, et lacrimae ejus in maxillis ejus: non est qui consoletur eam ex omnibus charis ejus. Vedova. Baruch, IV, 42: Nemo gaudeat super me viduam et desolatam: a multis derelicta sum propter peccata filiorum meorum. — Sola. Jer Thren., 1.1: Quomodo sedet sola civitas ?.... Facta est vidua. — Chiama Luc., XVIII, 7: Clamantium ad se die ac nocte.

39. (L) Nulla: nessuna.

(SL) Muove. En., IV: Neque enim specie famave movetur. E IX: Non infelicis patriae, veterumque deorum..... segnes miseretque pudetque?

40. (L) Licito: lecito dire. - Giove: Gesù Cristo.

41. O è preparazion che nell'abisso

Del tuo consiglio fai, per alcun bene,
In tutto, dall' accorger nostro scisso?
42. Chè le terre d'Italia tutte piene

Son di tiranni; e un Marcel diventa
Ogni villan che parteggiando viene.
43. Fiorenza mia, ben puoi esser contenta
Di questa digression, che non ti tocca,
Mercè del popol tuo che si argomenta!
44. Molti han giustizia in cor; ma tardi scocca,
Per non venir senza consiglio all'arco;
Ma 'l popol tuo l'ha in sommo della bocca.
45. Molti rifiutan lo comune incarco;

Ma 'l popol tuo sollecito risponde
Senza chiamare; e grida: « I' mi sobbarco. >>
46. Or ti fa lieta; chè tu hai ben onde:
Tu ricca, tu con pace, tu con senno:
S' io dico ver, l'effetto nol nasconde.

47. Atene e Lacedemona, che fenno

Le antiche leggi, e furon sì civili,
Fecero al viver bene un picciol cenno

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(SL) Se. [C.] Atti XXI, 57: Si licet mihi loqui aliquid ad te. Licito. Semint.: E se m'è licito. Sommo En., 1: Jove summo. Petr. a Dio vivo Glove (Son. 208). - Eterno Giove (Son 433). Consuona con Jeova.

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Occhi. [C] Is., 1, 15: Avertam oculos meos a vobis. Psal, XXI, 25: Nec aver tit faciem suam a me.

44. (L) Accorger: vedere e giudicare. Scisso: diviso.

(SL) Scisso. Psal. LXXVI, 9: Misericordiam suam abscindet. Aristotele (Fis., III): Scisso per separato.

(F) Preparazion. Psal LXXXVIII, 45: Justitia et judicium praeparatio sedis tuae. Som.: Preparazione al fine.- Abisso. Psal. XXXV, 7: Judicia tua abyssus multa.

42. (SL) Tiranni. Anco la democrazia, nola Pietro, può tornare in tirannide. Marcel. Vincitore de' Cartaginesi e de'Galli. En., VI: Insiqnis spoliis Marcellus opimis. O forse dire: Ogni villano si reputa forte per contrastare all'impero. Ott.: Marcello.... avea tanto l'animo infiam

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48. Verso di te, che fai tanto sottili

Provvedimenti, ch'a mezzo novembre Non giunge quel che tu d'ottobre fili. 49. Quante volte, del tempo che rimembre, Legge, moneta, e uficii, e costume Hai tu mutato, e rinnovato membre! 50. E, se ben ti ricorda e vedi lume,

Vedrai te simigliante a quella inferma Che non può trovar posa in sulle piume, Ma con dar vôlta suo dolore scherma.

48. (L) Verso: a paragone.

49 (SL) Membre! L'usa in prosa Guidotto da Bologna. Inf., XXIV; Pi❤ stoia in pria di neri si dimagra; Poi Fiorenza rinnova genti e modi.

50. (L) Scherma: schermisce, crede ingannare.

(SL) Vedi lume. Vive in Toscana. [Inferma. Ha questa similitudine lo Schmit nel primo capo della Legislazione universale Ceu lectum peragrat membris languentibus aeger,

In latus alterne laevum dextrumque recumbens: Nec jurat: inde oculos tollit resupinus in altum: Nusquam inventa quies; semper quaesita: quod illi Primum in deliciis fuerat, inox torquel el angit; Nec morbum sanal, nec fallit taedia morbi. Polignac, Anti-Lucret., 1, 4047] - Trovar. Jer. Thr., 1, 3: Nec invenit requiem.

Dar. Bocc.: Dar tali volte per lo letto. En., 11; Fessum..... mutet latus.

La similitudine degli accattatori attorno a chi vince il giuoco, dipinge con evidenza la brama e la pressa; ma non a tutti non parrà bene appro priata al desiderio del premio celestiale, nè alla condizione di Dante, il quale si trovava Tuttavia nei forte del duro giuoco in questo povero mondo.

Sciogliesi l'obbiezione che certe menti volgari ripetono contro la credenza del Purgatorio; e notasi come da essa sia conciliata la giustizia con la misericordia di Dio, invigorita la speranza de' viventi e de' morti, data una vir'ù liberatrice al prego degli uomini, resa più intima la comunione de' meriti, più sereno il consorzio della visibile coll' invisibile società L'elocuzione non ha l'usala evidenza; ma cima di giudicio, e fuoco d'amor che compie in un punto, sono espressioni potenti.

Al nome di Beatrice il Poeta si sente rinvigorito dal desiderio, e già ascende coll' anima le altezze del monte; perchè il desiderio di vedere lei si confonde col bisogno di cono scere la verità. Virgilio gli addiia un'anima che sta e guarda. I due

poeli di due secoli così diversi, si sentono attratti l'un verso l'altro; Sordello con lo sguardo intento lo chiama a sè; e siccome uomo che dal molto osservare gli uomini e le cose è fatto sempre più voglioso di conoscere uomini e cose degne prima di rispondere, interroga. Nessun'altra città che Mantova, non la sua stessa Firenze e non Roma, avrebbe a Dante ispirato il concetto di questo Canto, che può dirsi dettato dalla voce di Virgilio viva Virgillo non avrebbe trovata la pittura di Sordello, nè il verso: A guisa di leon quando si posa; ma Virgilio, Cristiano, avrebbe dato al proprio dolore e allo sdegno un accento di più mite, e però più potente, pietà.

Tanto più notabili, tra la ruvida indegnazione, le schiette parole della terzina: Quell'anima gentil, a me più bella dell'altra che la precede: Ani serva Italia Ma poi il Ghibellino tre e quattro volte grida al Tedesco, vieni, tra l'altre cose, a veder la pressura de' tuoi gentili. Tulia la storia d'Italia è in quel tuot. I gentiluomini italiani, salvo i Veneti, o erano razza germanica; o

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