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38. Giunse quel mal Voler che pur mal chiede
Con lo 'ntelletto; e mosse il fumo e 'l vento
Per la virtù che sua natura diede.
39. Indi la valle, come 'l dì fu spento,

Da Pratomagno al gran giogo, coperse
Di nebbia; e il ciel di sopra fece intento
40. Sì, che 'l pregno aere in acqua si converse.
La pioggia cadde; e a' fossati venne,

Di lei, ciò che la terra non sofferse,
41. E come ai rivi grandi si convenne,
Vêr lo fiume real, tanto veloce

Si ruinò, che nulla la ritenne,

42. Lo corpo mio, gelato, in sulla foce

Trovò l'Archian rubesto; e quel sospinse
Nell'Arno, e sciolse al mio petto la croce
43. Ch'i' fei di me quando il dolor mi vinse:
Voltommi per le ripe e per lo fondo;
Poi di sua preda mi coperse e cinse.

44.

Deh quando tu sarai tornato al mondo,
E riposato della lunga via

(Seguitò terzo spirito al secondo),
45. Ricorditi di me, che son la Pia.

Siena mi fe'; disfecemi Maremma :
Salsi colui che innanellata pria,
Disposando, m'avea con la sua gemma, —

38. (L) Quel: I demonio. - Pur: sempre.

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Chiede cerea.

(SL) Diede. Georg., II: Hos naturą modos primum dedit.

(F) Natura. Aug., Quest. V. Gi spiriti peccatori sono relegati nel, l'aere caligineso, chiamato inferno per rispetto alla regione degli angeli,

59. (L) Pratomagno, Ora Pratovecchio; divide i Valdarno dal Casentino Giogo Apennino. - Intento: teso di nubi.

(SL) Coperse. Peal., CXLVI, 8: Operti coelum nubibus, et parat terrae pluviam. ❤ Intento. Georg, 1: Obtenia densantur nocte tenebræ.

n., XI: Toros obtentu frondis inumbrant. IV: Intenditque locum Berils. Lucan., IX: Pilaque contorsit violente spiritus actu: Intentusque tulit magni per inania coeli. Hor. Epod., XI: Tempestas coelum contrapit.

40, (L) Non softerse: perchè declive.

44. (L) Convenne l'acqua. Fiume: Arno.

(SL) Rivi. Seminl.: La valle era cava nella quale capitavano e' rivi dell'acqua che piovea. Real. Georg,, 1: Fluviorum rex. 42 (L) Rubesto: violento. - Quel corpo.

(SL) Sospinse. En., X: Saxa rotantia late Impulerat torrens, arbustaque diruta ripis Horat. Carm, III, 29: Fluminis... lapides adesos Stirpesque raptas, et pecus, et domos Volventis una, non sine montium Clamore, vicinaeque sylvae, Cum Fera diluvies quietos Irritat amnes. Sciolse, Stat., V: Solvit brachia collo,

48, (L) Di me: delle braccia. Preda: erbe e sassi.

45. (L) Fe; nacqui.

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Disfecemi:

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(SL) Ricorditi. Anche nella prosa d'allora. Pia. Moglie di Nello conte della Pietra, che la uccise, dicesi, per gelosia, quand' era rettore in Maremma, dov'aveva un castello. Ella Senese, del Tolomei; un comento inedito, dice de' Salimbeni. Soggiunge: La fece un di gittare a terra dalla torre, sedendo ella su una finestra Di ciò grave odio fra le due famiglie, dice il Postillatore Caetano. Della sua morte piange forse un sonetto di Muccio Piacenti. Il Tommasi nella storia di Siena vuole che Nello la facesse getlare dal servo per isposarsi colla

contessa Margherita di Santafiora: e la sposò, e n'ebbe un figlio, Banduccio; morto in Massa nel 1300. La morte della Pia fu nel 1995. L'Oltimo: Per alcuni falli che trovò in lei, sì la uccise; e seppelo fare si segretamente che non si seppe. Però dice: Salsi colui. - Disfecemi. Inf, VI: Tu fosti, prima ch'io disfatto, fatto. Quello è verso da Ciacco, questo da Pia. Innanellaia. En., IV: ille meos, primus qui me sibi junxit, amores Abstulit. Disposando. Nelle Vite de' ss. Padri e nella Vila Nuova, e nel Convivio (11, 9). Sua. Non per mandato, come il marito di France sca da Rimini.

Il cominciamento del Canto è tirato un po' dalla lunga, per farsi da Virgilio consigliare la noncuranza delle dicerie: consiglio che non pare cadesse qui per l'appunto. Ma almeno l'esule, nojato più forse dalle dicerie che dalle calunnie, se lo fa porgere con parole efficaci.

La similitudine delle nuvole d'Agosto non è cosi schietta e spedita come in lui sogliono, e come il luogo portava; ma il correre e il ricorrere de' due messaggi è bello a vedere. La morte di quel di Fano non cosi potentemente narrata come l'altra di quello da Montefeltro. Nè senza intenzione forse e fa alla battaglia di Campaldino, dove assaggio anch'egli il sangue, seguitare un'operazione diabolica. La piena del fume è dipinta come una battaglia; e il verso: Poi di sua preda mi co

perse e cinse, richiama, anche nell'empito de' suoni: illiditque vadis atque aggere cingit arenae. Ma a Virgilio, anima affettuosa pur tanto, non era dato pensare quest'altro, ispirato veramente da Dio: Che del desio di sè veder ne accora. Il giuro: per quella pace Ch'io credo che per voi tutti s'aspetti, ricorda la riconoscente parola della donna dannala: Se fosse amico il re dell'universo, Noi pregheremmo lui per la tua pace; ricorda la risposta di Dante a frate llario: pace; ricorda il detto di Cacciaguida: E venni dal martirio a questa pace; ricorda l'esclamazione negli altissimi del Paradiso: Oh vita intera d'amore e di pace! Ma il lungo Oh in cui prorompono le anime purganti non è così roco, che non ci si senta della celestialé armonia.

LE POTENZE DELL'ARIA.

Dicono che alla poesia cristiana manchi quel mirabile, che 1 facitori di precetti nel poema e nel dramma chiamano macchina; e dicono bene: chè alla poesia cristiana manca il mirabile-macchina, ma quel maraviglioso che viene dal sublime e dall'ampio dell' idea, non le manca. Senonchè a lei non è lecito perdersi in amplificazioni di questo mirabile, e, idoleggiandolo e facendolo materiale, snaturarlo: felice impotenza che provvede alla dignità dell'arte e all'efficacia sua vera. Ecco, qui in pochi versi abbiamo uno di que' concetti ove il soprannaturale penetra per il naturale; penetra ma non amplificato e quasi rarefatto come in Omero, o in Virgilio, il quale in elò segue Omero, ma con intenzioni più pensate che nel Tasso, paganeggiante, per imitazione e di questo e di quello.

L'angelo d' Inferno che vorrebbe l'anima di Buonconte, e, per essergli tolta, si vendica sul cadavere facendo tempesta e travolgendolo nel torrente; tuttoché paia imaginazione strana, è fondata in tradizioni religiose, che del resto credenze non sono Dante chiama il demonio quel mal Voler che pur mal chiede Con l'intelletto (4); accennando alla dottrina della Somma, che dimostra, negli angeli, santi o perduti, essere volontà. L'appetito negli spiriti, buoni o no, non si distingue in irascibile o concupiscibile; ma rimane indiviso e chiamasi volontà (2). Ne' demonii non è alcuna volontà buona deliberata (3); ma sempre (4) ostinati nella malizia persistono (5). E quasi per iscusare la vendetta che piglia questo demonio dantesco contro un cadavere, mettendo a soqquadro cielo e terra, l'autore de' libri attribuiti all'Areopagita, viene e dice: Ne' demoníi è furore irrazionale e concupiscenza forsennata (6); e la Somma dichiara: Furore e concupiscenza figuratamente diconsi essere in quelli (7).,

A illustrare quell'altre parole mal chiede con l'intelletto viene l'autorità della Somma che insegna come nell'uomo sia la ragione procedente per discorso, cioè deduzione e induzione; nell'angelo l'intelletto dotato d'intuito, non già neppur esso dell'intuito diretto di Dio per natura, come taluno affermava della povera ragione umana, ma dell'intuito della verità, alla

(1) Terz. 38.

(2) Som., 1, 59.

(3) Ivi, 2, 2, 5.

(4) Il sempre è reso dal pur di Dante.

(5) Som., 1, 64.

(6) Dionys., de Div. nom., IV. (7) Som., 1, 59.

qual vedere non gli bisogna serie di raziocinii. In Dio solo la volontà e l'intelletto son uno, cioè l'essenza sua stessa Gli angeli anche buoni coll'intelletlo conoscono il bene e il male, ma vogliono il bene (4).

Angeli anco nel Vangelo sono detti i demonii (2): e alla lotta de' non buoni co' buoni angeli per la sorte delle anime umane accenna questo passo di un Padre tra gli altri: Viene l'avarizia e dice: tu se parte mia lo l'ho mio soggetto; a me vendesti te stesso in quell'oro Non dice il traditore: Cristo è la parte mia; perchè subito lo invade ta requizia del male, e dice: Signore Gesù, costui ti inganna: egli è mio (3).

La divina giustizia richiede che per mezzo de' demonii alcune cose facciansi o a punizione de' cattivi o ad esercizio de' buoni (4). Tommaso aggiunge che per esercizio appunto dell'uomo, e acciocchè la virtù data in origine alle potenze angeliche sull'ordine mondiale non sia inoperosa (5), nè anco dopo la loro caduta, è concessa a' demonii sopra quest'ordine una certa influenza; non già ch'eglino possano fare ad arbitrio (6), ma si muovere certe forze per ottenere tale o tale effetto, al modo che (io reco queste due similitudini del filosofo perchè ambedue sono in Dante), al modo che i cuochi usano il fuoco per cuocere le carni, e il fabbro l'usa per ammollire la durezza del ferro (7).

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Più prossime ancora alle imagini di questo Canto sono le aut orità che rechiamo nel testo latino per tema di punto alterarle. Est nobis colluctatio... adversus principes et potestates, adversus mundi rectores tenebrarum harum, contra spiritualia nequitiae in coelestibus (8). Daemones ubique vagentur orbe toto et celeritate nimia ubique praesentes sint (9).· Possibile est quod daemones animas ad loca poenarum deducant: et etiam ipsi daemones qui de poenis hominum laetuntur, eos comitantur, et assistunt purgandis: tum ut eorum poenis salientur, tum ut in eorum exitu a corporc aliquid suum ibi reperiant (10).

In quest'ultimo voi vedete la fantasia del Poeta quasi condotta per mano all' imagine del presente Canto; vedete ogni passo di lui posare sopra le tradizioni come sopra saldo terreno È eziandio tradizione, anzi domma, che nel mondo umano il mondo degli spiriti dolenti e promotori di corporeo e moral dolore possa continuamente, non però più degli spiriti che fruiscono di Dio e a' quali è gioia la gioia e la perfezione nostra. Della prima parte di questa credenza sono testimonianza quei passi del Vangelo ne' quali e forze malefiche pregano non essere fuor della sfera umana scacciati (44). Della seconda, le parole d'Ambrogio tra gli altri: Chi innalza gli occhi della mente, vedrà

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trasgressori serva questa materia delle cose visibili, ma a Di› solo. Som., 1, 110: Gli angeli possono fare alcune cose oltre all'ordi e della natura corporea, non però p. ssono fare cosa oltre alle leggi di tuo il creato.

(7) Som., 1, 110; luf., XXI; Par., II.

(8) Ad Epb., VI, 12.
(9) flier., lib. cont. vigil.
(10) Som. Sup.

(11) Matth., VIII. Lue.,

VIII.

essere pieno ogni cosa d'angeli; l'aria, la terra... (4). Ed Origene: Gli angeli presiedono alla natività degli animali, e alle piantagioni, e agl' incrementi di tutte le cose (2).

Ma perchè l'operazione di quel mal-Volere che qui abbiamo dinnanzi è segnalamente nell'aria; qui cade il noto passo di Paolo: Il principe della polestà di quest'aere (3); cade il detto d'Agostino: Aer caliginosus est quasi carcer demonum usque ad tempus judicii (4).

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Non a caso dice il Poeta che il mal-Volere dell'angelo reo mosse il vento per la virtù che sua natura diede. Perchè l'angelo muove gli oggetti corporali siccome causa superiore (5). In questo mondo visibile nulla può essere disposto se non per mezzo di creatura invisibile (6). Le cose corporali hanno azioni determinate: ma tali azioni esse non esercitano, se non in quanto son mosse: e però la creatura corporale dalla spirituale dee essere mossa (7). · L'angelo ha virtù di maggiore espansione che l'anima; perchè la virtù motrice dell'anima è raccolta nel corpo unito ad essa, mediante il quale ella può muovere altri corpi : ma la virtù dell'angelo non è contratta in un corpo onde può muovere da luogo a luogo i corpi a let non congiunti. Agostino: Spargere altius quaslibet aquas difficile daemonibus non est... et aerem vitiando morbidum reddere (8). Omnis transformatio corporalium rerum quae fieri potest per aliquam virtutem rationalem, per daemonem fieri potest (9). E la Somma: L'ordine della divina provvidenza non solo negli angeli ma in tutto eziandio l'universo si è che le cose inferiori siano amministrate per le superiori. Ma da quest'ordine nelle cose corporali alcune volte per divina permissione si fa eccezione, secondo un più alto ordine... Anco gli angeli buoni e i non buoni possono nei corpi inferiori operare oltre all'azione dei corpi celesti, condensando le nuvole in pioggia e altre simili cose facendo (10). Gli spiriti mali per invidia si sforzano impedire il bene degli uomini, e per superbia usurparsi sembianza della divina potestà, deputando tra loro ministri determinati a impugnazione degli uomini, come e gli angeli ministrano a Dio per la salute degli uomini in certi uffizii determinati. (14).

La morte di Buonconte gli rammenta la battaglia di Campaldino; e que'

(1) Ambr., in Psal. CXVIII.
(2) Orig., in Num. XXII.
(3) Ad Eph., 11, 2,

(4) Aug., in Gen, III. Agostino li
pone nell'aria più bassa. Girolamo (in
Eph., III, 12) dice l'aria piena contra-
riis fortitudinibus. V. Chris. in Eph.;
Greg., Mor., XIII, 17; Beda in Pet., II,
I; Som. Sup., 69. Quest' aere caligi
noso non è assegnato a' demonii quasi
luogo dove riceva: o la retribuzione
degli atti loro, ma quasi competente
all'uffizio loro in quanto sono deputati
a esercitare noi uomini. - Del turbine
suscitato per provare la virtù di Giob-
be, così spiega la Somma (1, 114).
(5) Som., 1, 110.
(6) Greg., Dial., IV.

(7) Som., 1, 110.

(8) Aug., de Civ. Dei, XVII. (9) Ivi, VIII. Greg., Mor., II: Etsi beatitudinem perdidit, naturam tamen angelis similem non amixit. V. Alb. Magn., de Pot. daem. Ne' Bollandisti, 1, 555: Il demonio suscita una tempesta per impedire la conversione di Lorenzo Giustiniani.

(10) Som., 1, 112. - Ivi, 1, 114, 4: Gli spiriti buoni e i mali non possono trasmulare la materia d'una in altra forma (qui forma vale l'intima virtù), ma possono adoperare certi germi che trovansi negli elementi del creato, come dice Agostino (De Trin., III). (11) Som., 1, 114, 4.

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