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51. E, quando il carro a me fu a rimpetto, Un tuon s'udì. E quelle genti degne

Parvero aver l'andar più interdetto; Fermandos' ivi con le prime insegne,

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Le memorie d'Ippocrate e di Scipione africano nel paradiso terrestre parranno meno strane di quella d'Augusto, che col suo carro bello rallegra Roma; e il cenno ai favolosi occhi d'Argo forse non tanto alieno da poesia quanto la circonlocuzione scentifica dell'oggetto comune, e del discorso ammannato alla ragione; e questa stessa uscita, meno inopportuna della digressione, più lunga che calda, contro la madre del genere umano. Il Poeta chiama ajuto alle Muse, perchè le cose da mettere in versi sente difficili anco a pensare: ma di più difficili ne aveva già dette, e ne dirà, più spedito. Qui egli s' impaccia nelle citazioni dell'Apocalisse é d' Ezechiele, e nel segnare le diffe renze tra le due visioni; avvertendo non, ch' egli sta coll' apostolo Giovanni, ma Giovanni con lui. Non è dunque da stupire che cotesta processione la quale egli divisa, misurando la distanza che, pèr suo avviso, correva tra candelabro e candelabro, diventi i per trattato nodo; perchè veramente la poesia simbolica, quando è trattazione d'arte, e non attinta per diretto alla rivelazione o alta tradizione di quella, si fa nodo a sè slessa e viluppo.

Ma, trasportati da Dante nella regione del simbolo, forza è seguirlo, e vedere un animale mezzo leone e mezzo uccello, con le membra d'oro là dove é volante, il resto vermiglie e bianche; vedere una donna con tre occhi, e una dalle carni e dalle ossa verdi; e notare come, in virtù dell' idea e dello stile, da siffatta pillura sparisca la mostruosità e la sconcezza. Ch' anzi l'istinto italiano del bello ne fa ad ora ad ora riuscire bellezza elegante, che non deirae all'ideale sopra natura. Cosi Giurato avria poco lontano aspetto Che tulli ardesser di sopra da cigli, denota che que' fiori non erano cosa terrena, erano l'ardore stesso della carità sfavillante da' capi sacri. Per simile: E tal candor giammai di qua non fici; che illustra e fa più risaltare il

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vermiglio de' fiori, e rammenta quel delle ale del mostro d'Inferno: vele di mar non vidi io mai cotati; per il contrapposto guidandoci a misurare di quanto spazio sia con la mente salito il Poeta I soichi lucenti che lasciano, distinti di varii colori candelabri nell'aria lontano, si distendono tanto che l'occhio non li misura; ma le ale del mistico uccello che non toccano quelle strisce di fiamma, salgono pur tanto sovr esse, che tanto lo sguardo non sale. Cotesta non è imagine che si possa dipingere in tela ma simbolo e visione. Simbolo più accostevole al senso è là dove il fiume, quasi persona, da volta verso levante, come per rincontrare la schiera celeste che di là deve giungere. Altra imagine sensibile e gentile è quella dell' acqua, che, non riflette ii sinistro lato di Dante lunghesso la riva, ma glielo rende. Le primizie dell'eterno piacere è d'altro genere, ma non men bello che in Virgilio: Primitiae juvenis miserae L' aria che si ta come fuoco sotto i verdi rami, presenta al vivo il contrapposto de' due colori, e dell'ardore sereno con la fresca verdu ra; e la melodia dolce che corre per l'aere luminoso, la ripensare il princinio: Cantando come donna innamo• rata. Al qual verso non pare ponesse mente chi vede in Matelda una donna tedesca nella cui visioni è qualcosa di simile alle visione di Dante. Ma di somiglianze tali i libri ascetici e tutto il medio evo è pieno Morale bellezza è che Matelda chiami Dante fratello; e che alla spada di Paolo, la quale a lui fa paura, succedano quattro in umile aspetto, e ultimo un vecchio assorto in visione, con la faccia non stupida ma si arguta La paura di Dante non e della spada che lo ferisca di dolore, ma si di rimprovero del non sapere approfittare per sè di quella potente parola, del non saper degnamente imitare l'apostolo nella caritatevole severità e nello zelo se.

reno.

IL CARRO E I SENIORI.

Lungo sarebbe pur toccare le cose tutte alle quali pare che possano far cenno le imagini di questi e de' Canti seguenti; ma il principale intendimento n'è il figurare la Chiesa nel suo più ampio concello, comprendente cioè la congregazione morale e civile degli uomini e delle nazioni, e la storia passata e le condizioni presenti, e le sorti avvenire. Qui toccansi dunque i vincoli dell'anima solitaria con lo spirito sociale, della moralità con la civiltà, della scienza con l'opera, della religione con lo stato, della terra col cielo. Beatrice, la donna bella e innocente amata da Dante con amore che gli era avviamento a meditazione e a virtù, diventa la scienza della verità rivelata in quanto la scienza si fa maestra a bontà e a dignità. Al canto soave di Matelda, alla luce che corre mista con dolce melodia, il Poeta infra Ja gioia si sente percosso da desiderio amaro de' beni dall'umanità perduti per la colpa prima. Medio de fonte leporum Surgit amari aliquid, quod in ipsis floribus angat (1) Mentre che vanno egli e Matilde per la lieta riva del fiume, una luce subita come di baleno trascorre per la grande foresta; ma non fuggevole come baleno; ch'anzi durava e veniva crescendo; e una dolce

(1) Lucret., IV. - Buon zelo Mi fe' riprender l'ardimento d'Eva (Terz. 8). Adam non est seductus, mulier autem seducla in praevaricationem fuit (Ad Tim., I, II, 14), Eva in majorem elationem ericta (Som., 2, 2, 163). On d'ebbe maggior pena che l'uomo (Som., 1. c.). Che, là dove ubbidia la terra c'l cielo (Terz. 9). Inobbedienza, nel l'Apostolo, il peccato de' primi padri. Femmina sola, e pur testè formata (Terz. 9). Il peccato de' primi parenti ebbe massima gra ità, per la perle zione dello stato loro (Som..., 2, 2, 163).

Non sofferse di star sott'alcun velo (Terz. 9). Nello stato d'innocenza non era oscurità di colpa o di pena. Ma era nell' intelletto dell'uomo certa oscurità naturale in quanto ogni creatura è tenebre, comparata all'immensità del

lume divino (Som., 2, 2, 5). Sotto ' qual se divota fosse stata (Terz. 10). Grande fu nel peccare la reità dove tanta era del non peccare l'agevolezza (Aug, de Civ. Dei, XIV). Avrei quelle ineffabili delizie Sentite prima e poi lunga fiata (Terz. 10). - Gen, II, 15: In paradiso voluptatis. - Per l'amenità del luogo dimostrasi la benignite di Dio all'uomo, e quanto l'uomo abbia, peccando, perduto (Som., 1, 102). Il luogo benchè non serva all'uomo in uso, serve in documento a conoscere che per il peccato egli ne va privato (Som., 2, 2, 164). Insomma, il severo uomo anco nella gioia del paradiso terrestre trova fiato da riprendere quella povera donna, egli che tra poco riceverà dalla donna sua una tanto solenne lavata di capo.

melodia correva insieme per l'aria luminosa, la quale si fa come fuoco acceso sotto il verde de' rami: e appariscono in lontananza sette come alberi d'oro, i quali, appressatisi appajono candelabri (1). Sutto le fiammelle lun

(1) In più luoghi del poema il verso misura la distanza e ritrae con dotta evidenza le apparenze dei corpi portate da quella nell'impressione de' sensi. Il passo che qui accenna a questo, richiede interpretazione diflusa: Ma quando 'fui si presso di lor fatto, Che l'obbietto comun che 'l senso inganna, Non perdea, per distanza, alcun suo allo; La virtù che a ragion discorso ammanna, Si com'egli eran candelabri, apprese, E, nelle voci del cantare Osanna (Terz. 16 e 17). L'obbietro. Ciascun senso giudica del proprio oggetto (Som., 1. 78). L'uomo, la bestia, la pianta, convengono nella ragione del colore che è l'oggetto della vista (Som., 1, 1). L'obbietto comun - Ne sensibili altro è proprio a riaschedun senso, altro comune a tutti. Sul proprio non può fursi sbaglio: comuni sono il moto, il ro il numero, la figura, la grandezza (Arist.... de An, II; Sem., 1,78). Le comuni qualità de' corpi l'occhio sente per via de' colori (Arist, de Sens., I, 2). Non ricererebbero speciali cognizioni delle cose, ma una certa comunità e confusione (Som.. 1. 1, 89) De' sensibili comuni per occidente piò essere un giudizio falso anche nel senso retiam nte disposto, perchè il senso non direttamente si rife isce a quegli ogget• ti, ma per accidente. La fulsità non è propria del senso, perchè il senso won s'inganna circa l'oggetto proprio (Sʊm., 1, 1, 17). L'obbietto comun, che 'l senso inganna. - La verità non è nel senso in modo che il senso di per sè conosca la verità (Som., 1, 47). Quando dalle cose inferio i vogl amo ascendere alle più alte, primo er si fa innanzi il senso, poi l'imaginazione, poi la ragione, poi l'intelletto (Arist, de Spir. An.). Conoscere la natura delle qualità sensibili non è del senso, ma dell'intelletto (Som.. 1, 78). Non perdea per distanza alcun suo atto. Actus habent species ex objecto (Som., 2, 2, 7). Il viso (la vista) or vede in alto ora no...

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Secondo l'oggetto è specificato l'atto del vedere (Som., 1, 29) Gli abiti conosconsi per gli atți, e gli atti per gli oggetti (Som., 2, 2, 4). La virtù, che a ragion discorso ammanna. - Non ogni cosa intendere in un allo, ma d'una in altra passare, è la scienza discorsiva propria dell'uomo. Per essa si va dalla causa all' effetto, e dall'effetto alla causa Onde il discorso è successione, e va dal noto all'ignoto (Som., 1, 1, 14). Se gli uomini subito nella cognizione stessa d'un principio noto vedessero, come note, tutte le conclusioni che ne conseguono, von avrebbe luogo in essi discorso (Som., 1, 58) In Dio è giudizio certo della verità senza verun discorso, per semplice intuito ; e però la scienza divina non è discorsiva o di raziocino, ma assoluta e semplice (Som, 2, 2, 9). Il discorso dell'intelletto è in ciò: che una cosa conoscrsi per via dell'altra (Som., 1, 58; 2, 2, 8). La cognizione sperimentale è discorsiva, perchè di molte imembranze si fa un'esperienza (Som., 1, 58; Arist. Met., Post. fin). Quindi dal discorso l'invenzione (Sem, 1. 79) La voce rimase nella lingua assai tempo; ed danno che sia ita in disuso. - Il natu role d scorso (Bartoli). Dotato di perfetto discorso (Pallavicin).- La nature le soutenant au défaut du discours (Pascal, Pensées. II). - A region discurso ammanna Irazionali procedono per discorso (Dion., Div. nom., VII) L'uomo non conosce semplicemente la verità, che è propria dell'intelletto; ma per via discorsiva, che è proprio della ragione (Dion., I. c.) Intendere è sem plicemente apprendere la verità ; ragionore è procedere d'una cosa intesa in altra per conoscere la verità (Som., 1, 79). Conoscere negli effetti le cagioni (Som., 1, 58). Sillogizzare dalle cause agli effetti e dagli effetti alle cause (Som., 1. c.). Ragionare è ad intendere, come muoversi a pɔsare, e cercare a possedere (Som., 1, 79). Intelletto del

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BRITISH

17 AP 1902

MUSEUM

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