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CONSIDERAZIONI DEL CH. P. G. ANTONELLI.

"Si come quando i primi raggi vibra. »

Nell'annunziarci che il giorno se ne va, mentre sulla sponda alla cornice, su cui camminava, comparve un Angelo (distinto da quello che poi trovano dall'altra parte a piè dell'ultima scala); il Poéta vuole anche darci la posizione che in quel momento aveva il sole rispetto all'orizzonte attuale dei tre Poeti, e dice che questa posizione era quale ivi doveva essere nell'istante in cui dal sole stesso vibravansi i primi raggi, là dove Cristo Signore fu crocifisso, cioè a Gerusalemme; e tal rapporto non qual'è in una stagione qualunque, ma in quella in cui l'ardore meridiano riscalda le acque del Gange, cioè dell'estremo oriente, nel tempo medesimo che la sommità o il mezzo della costellazione della Libra sovrasta all'Ibero, vale a dire all'estremo occidente; il che appunto avveniva allora verso la metà del mese d'aprile. Questo luogo riscontra col principio del II di questa Cantica, ma con baratto di parti, essendo adesso il sole ove là suppone la notte: e il Poeta lo ha fatto anche per non ripetere direttamente la notizia, che il sole era nella costellaz one di Ariete. Ma qui deve sorgere una difficoltà in ogni attento lettore. Il Poeta avendoci detto e ripetuto che la nostra montagna e Gerusalemme avevano comunanza d'orizzonte, par chiaro che se in questo mo. mento il sole vibrava i primi raggi sul Sion, avesse dovuto incominciare coll'inferiore suo lembo a discendere sotto il piano dell'orizzonte rispetto al Purgatorio; e che perciò non potessero quivi rimanere che circa due minuti di giorno propriamente delto. E pure prima che tramonti il sole e che quindi manchi ai nostri viaggiatori la possa del salire (terz, 25), intervengono i fatti seguenti. Il venir de' Poet: all'Angelo che cantava Beati mundo corde, e ch'e' dovevano aver visto da lungi, come dal contesto rilevasi; le parole dell'Angelo; lo spavento e l'esilazione del nostro Poela; la non breve esortazione di Virgilio, e la resistenza dell'impaurito mortalę; il cammino per l'ardentissima fornace, il qual deve essere stato non breve, a bene espiare ogni macelia del senso, se Virgilio andava ragionando di Beatrice, e conveniva stare attenti alla voce che li guidava, per uscire a luogo opportuno; il cominciamento della salita su per la scala, dove il Poeta vedeva ancora l'ombra sua dinnanzi a sè, che gli attestava essere il sole presente tuttavia. Ora per compire questi fatti con dignità, quanta ne richiedeva quel Virgilio che si rimorse della subitanea fuga al comparir di Catone mentre Casella cantava, e quanta ne ri. chiedevano le circostanze attuali; sembra evidente che ci volesse non meno

di un terzo d'ora. Come dunque conciliasi questo soprappiù di tempo, con quello che pare concesso dalla descrizione astronomica? La risposta a questa domanda farà stupire anche i più caldi ammiratori del divino ingegno del nostro Poeta. Egli ha qui probabilmente tenuto conto del fenomeno delle rifrazioni atmosferiche, e certamente ha computato il fatto della depressione dell'orizzonte. Anche con quest'ultimo solo, si spiega il caso che il Poeta ha manifestamente supposto, in virtù dell'altezza a cui egli era giunto, e dalla quale procede la detta depressione, non essendo ella altro che l'angolo, fatto nel punto da cui si osserva, tra la visuale tangente alla superficie terrestre e la retta parallela all'orizzonte. E non solo risolvesi il quesito, che con grand'arte ci ha proposto l'astronomo nostro, ma col richiamare al fatto geometrico e semplicissimo che a quella soluzione ci guida, egli è venuto anche a somministrarci i dati per calcolare la elevazione, che all'ideato monte del Purgatorio è da lui data a un dipresso! Il come e il quanto, lo serbiamo a discorrerne in nota da sè sopra le dimensioni di questa maravigliosa montagna.

Per ritornare al problema offertoci dal Poeta, cioè che il sole era per af. facciarsi all'orizzonte di Gerusalemme, e quindi per toccare quello del Purgatorio, che era tutt'uno coll'altro; e tuttavia i nostri viaggiatori lo vede vano ancora elevato sull'orlo limitare del dì e della notte; osservisi che alia terzina 21 è detto: lo sol sen va, mentre prima delle varie avventure incontrate, aveva detto che il giorno sen giva, onde mostra che ora, e non prima, il sole era per nascondersi dietro la gibbosità della terra, quindi allorchè fu visto il primo Angelo su questo girone, l'astro del di cominciava a spuntare per Gerusalemme, ma non era ancora al tramonto per i nostri Poeti.

DANTE. Purgatorio.

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I SUFFRAGI.

Questa Cantica è tutta fondata nella credenza al valore dei suffragi, sottintesa come verità dimostrabile anco per ragion naturale, e accennata sovente con forme che inchiudono una profonda dottrina sotto il velo di un'imagine luminosa. Qui rammenteremo talune delle autorità che comprovano e la ragionevolezza e l'antichità di questa credenza,

Le anime de' defunti prosciolgonsi (1) o per le offerte de' sacerdoti, o per le elemosine de' loro cari, o per le preci de' buoni (2) o per i digiuni de' congiunti (3). — Il merito s'appoggia alla giustizia L'orazione alla misericordia (4) - Togliere ad alcuno quello che gli si deve ripugna a giustizia, dargli quello che non gli si deve non è contrario a giustizia, ma passa i limili di quella e diventa liberalità (5).

I meriti altrui possono all' uomo comunicarsi e per la carità (6) che di molti fa uno, e per l'intenzione che gli atti altrui applica a me. Anco nella giustizia civile l'uno può soddisfare per l'altro (7) La carità che è il vincolo che unisce i membri della Chiesa, non si stende solo a' vivi, ma anche a' defunti che muoiono nella carità; perchè la carità è la vita dell'anima. Siccome l'anima è la vita del corpo, e non ha fine nel sepolcro; similmente i morti vivono nella m moria degli uomini viventi: e però l'intenzione de' viventi si può indirizzare ad essi (8).

Santo e salutare pensiero è orare per i morti, acciocchè da' peccati siano

(1) Purg., III, v. ult.: Chè qui per quei di là molto s'avanza.

(2) Purg, XIII, t. 42-43: Ancar non sarebbe Lo mio dover per penilenzia scemo, Se ciò non fosse, ch'a memoria m'ebbe Pier Pettinagno in sue sante orazioni.

(3) Greg. Decr., XIII, 9. 2. Purg., XXIII, t. 29: Si tosto m'ha condotto A ber lo dolce assenzio de' martiri La Nella mia col suo pianger dirotto. Con suo' prieghi devuti e con sospiri Trallo m' ha...

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(5) Sum. Sup., I. c. Purg., VI, t. 13: Chè cima di giudizio non s'avvalla, Perchè foco d'amor compia in un punto Ciò che dec soddisfar chỉ qui s'astalla.

(6) Purg., XIII, t. 43: A cui di me per caritate increbbe.

(7) Som. Sup., 1. c.: E l'un uoro può da' merii dell'altro essere giovalo: quod deest uni, alter suppleat; e l'ef ficacia del merito e della soddisfazione passa d'uno in altro.

(8) Som, Sup, 71.

prosciolti (4). Il sacerdote divino ôra per quelli che piamente vissero e non· dimeno ebbero alcune macchie (2) contratte per umana infermità (3). Il sacramento dell'Eucaristia principalmente appartiene alla carità; essendo sacramento d'unione, per contenere in sè Cristo, in cui tutta la Chiesa si unisce e consolida; onde l'Eucaristia è quasi origine e vincolo di carità (4). Non piccola è l'autorità dell' universa Chiesa, che nelle preci del sacerdote all'al· tare abbia luogo anche la raccomandazione de' morti (5). Dionigi (6) commemora il rito delle orazioni pe' morti nella Chiesa primitiva. Posero i discepoli del Salvatore e gli apostoli che nei tremendi e vivificí misteri facessesi memoria di quelli che nella fede morirono (7).

I suffragi per uno, è dottrina della Chiesa che glovino a tutti altresì, sebbene più specialmente a quello per cui sono diretti; e giovano a tutti perchè la società cristiana è tutt'un corpo che dal Capo comune ha la vita E là bellezza e grandezza di questa dottrina basterebbe di per sè a dimostrarne la verità. Quanto a quelli che muoiono in colpa grave, siccome è detto che i peccatori Dio non ascolta (8), così non valgono le preghiere fatte per essi da' vivi,i quali li rappresentano in terra per quella virtù sociale che, come è delto, i meriti dell'un'anima comunica alle altre. Ma, non potendo l'uomo sapere l'intrinseca gravità delle colpe altrui, nè se da ultimo il morente le abbia col desiderio, se non cancellate, attenuate tanto da farsi non immeritevole di misericordia, di qui segue che noi dobbiamo orare con fede pe morti tutti; che già, se non a loro, giova ad altri e a noi la preghiera. E cosi dell'efficacia de' suffragi fatti da' non degni risolvesi piamente: Avendo i Sacramenti un valore intrinseco, qualunque sia l'uomo che li celebri o amministri, in questo rispetio non può nuocere al suffragio l'indegnità del l'uomo offerente. L'indegno, di per sè, non può veramente giovare nè aư altrui nè a sè stesso; ma può in quanto rappresenta l'intenzione altrui, ciać o di chi gli ordina di pregare, o della Chiesa tufta, nel cui nome, siccome sacerdote, egli adora (9). Così chi adempie, quasi come strumento, 18 volere altrui, l'opera in questo modo falta acquista valore dall'intenzione di chi commelte di farla; qual sarebbe un'opera di misericordia eseguita in nome del padrone da servitore non degno Se il buono atto è compiuto con animo buono, naturalmente acquista doppio valore: ma anco i non degni sono in certo rispetto esauditi da Dio quando chieduno cosa che gli sia accetta: chè Dio non a' giusti soltanto, ma anco ai peccatori i suoi beni distribuisce (40).

Nelle seguenti sentenze la dottrina de' suffragi è ancor meglio determinata e conchiusa: Il defunto è da' suffragi giovato, secondochè vivendo me

(1) Machab.. II, XII, 46.

(2) Purg., XI, t. 12: Ben si de' loro atar lavar le note Che portâr quinci, si che mondi e lirvi Possano uscire alle stellate ruote.

(3) Dion., de Hier. Ecc., VII.
(4) Som Sup., I. c.

(5) Aut., de Cur. pro mort, I.
Ilier., cult.

Dam, Serm. de suffr. mort. Joan., IX, 31. Purg, IV: Se orazione in prima non m'aita Che surga

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ritò esser giovato dopo la morte (1). Non direttamente meritarono quel giovamento; ma pe' meriti precedenti si abilitarono a ricevere, i frutti d'essi suffragi (2). I suffragi giovano a que' che sono mezzanamente tra buoni e cattivi (3). — Anche a quelli pe' quali non furono fatti i suffragi, giovamento ne viene se ne abbisognino (4).

In Virgilio, al sentire dal padre che le anime de' defunti ritorneranno agli uffizii della vita, Enea esclama: 0 Pater, anne aliquas, ad coelum hinc irè putandum est Sublimes animas, iterumque ad tarda reverti Corpora? Quae lucis miseris tam, dira cupido? Esclamazione tremenda che esce da anima troppo conscia e delle angosce profonde e delle altezze vertiginose della vila. Il padre risponde che ritorneranno nel mondo purgate dalle antiche macchie, e dopo bevuto in Lete il lungo oblio delle cure: altra speranza piena di dolore e di disperazione, che mette la dimenticanza come stimolo al corso arduo della vita. Il Poeta cristiano fa scorrere anch'egli l'acque di Lete ove le animè depongono la memoria delle colpe (5; ma dal medesimo capo deriva l'acqua d'Eunoè, dalla quale è resa la memoria de' beni operati. E ha un non so che ripugnante all'ampia indulgenza del Cristianesimo l'opinione che nega una virtù espiatrice di là dai termini della vita Dai passi recati raccogliesi che la dottrina cattolica ha fondamento non solo neile prime tradizioni cristiane e giudaiche (alle quali potrebbersi aggiungere i riti stessi pagani che non avrebbero celebrate commemorazioni funebri senza una confusa fiducia che queste consolassero i trapassati); non solo nelle tradizioni, dicevo, ma nella ragione stessa Posta da un lato la purità della giustizia dell'Ente che è il fine ultimo dell'umanità, posta dall'altro l'imperfezione dell'uomo e la possente volontà di quell'Ente; ne segue che, per pura che un'animá sia, non può essere fatta di ́subito degna del pieno godimento di lui, e che una prova di aspettazione più o men do. lorosa (nè imaginare tormenti dati per mezzo della materia è di fede; e i predicatori farebbero bene a non ci calcare tanto) concilia i due grandi attributi della giustizia e della bontà, e salva l'uomo dalle rovine della speranza superba e della superba disperazione, e gli rende meno affannosa la morte, e diffonde il pensiero de' cari suoi, quasi luce avvivatrice, tra le tenebre del sepolcro, e così conforta i viventi e li rende migliori; ed esercitando l'affetto sì nel passato e si nel tempo avvenire, lo amplia e lo innalza; e fa del mondo visibile e dell' invisibile una vita, e de' viventi e de' morti una sola operosa e cospirante famiglia. I Greci, che pure pregano pe' defunti, e se non credono all'espiazione, non si sa perchè preghino; non è da pensare che tutti e sul serio accolgano per buono argomento contrario quel che la Chiesa insegna del giudizio finale, come se già fin dal punto che la prova mortale è cessata, non sia determinato alle anime il suo destino; come se quel giudizio non s'abbia a intendere per la rivelazione suprema che si farà della storia e de' destini dell'umanità tuttaquanta. Certo è-ch'anco filosoficamente considerato il principio della espiazione (e ognun sa che il danaro delle elemosine non è condizione essenziale al principio) è umano e sociale, dimostra qual potenza sia data alla volontà e all'amore dell'uomo che per fede si faccia cooperante alla potenza e all'amore di Dio.

(1) Aug., Enchir.
(2) Som. Sup., 71.
Aug., Cath.

(4) Dam., Serm. de dorm.

(5) Jaf, XIV; e Purg., XXVIII XXXIII.

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