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più principe, chiamare Dio giusto sire; e rammentare come Pesa il gran manto a chi dal fango'l guarda, Chè piuma sembran tutte l'altre some: che fa ripensare le cappe degl' ipo. criti; gravi tanto Che Federigo le metlea di paglia.

Splendido: eran già pieni Dell'allo di i giron' del sacro monte; e fa sentire la pena degli avari, pena più dell'anima che della spoglia corporea: con si alti sospiri Che la parola ap

pena s'intendea. E bellezza morale, non greca nè virgiliana, ma d'uomo ch'esce del medio evo: mostravami il ventre Quel mi svegliò col puzzo che ne usciva Degno di Virgilio: E volsi gli occhi agli occhi al signor mio; Ond'egli m'assenti con lieto cenno. É gentile da ultimo il cenno ad Alagia, che dai mali esempi della sua casa, quasi imagine da fondo scuro, risalta più bella.

AVARIZIA.

Nel giro dell' accidia non è maraviglia che Dante sia preso da sonno. E nel sonno vede una donna, la concupiscenza de' beni terreni. E' la personifica in una specie di Sirena: e nella Vita Nuova afferma lecito a' poeti personificare le cose inanimate e gli affetti. A simboleggiare i tre vizii in cui si distende la concupiscenza, egli fa quella femmina balba e guercia con pallore, e monca (1), nel primo adombrando forse la gola, nel terzo l'avarizia, la lussuria nel secondo. Il Poeta pur col guardarla le fa spedita la lingua e la raddrizza e colorisce d'amore, perchè, l'uomo col fermarsi a guardare i beni terreni fiacca sè stesso e però se li fa parere desiderabili di vili che sono. Nella donna che apparisce a respingere l'antica strega (che è molto più dire che vecchia), Pietro riconosce la virtù intellettuale; l'Ottimo, Ja ragione. Virgilio denuda la turpitudine della femmina; perchè basta a ciò la ragione, in quanto l'effetto conosciuto del male sveglia la coscienza.

L'avarizia che, bramando i beni materiali per farne strumento a tristi godimenti e del corpo e dello spirito, è quasi mezzo tra' peccati spirituali e carnali (2), e giustamente qui collocata dall' un lato tra ira e accidia, e dall'altro gola e lussuria, e più prossimamente tra accidia e gola, perch'à• varizia è fame di ricchezza, e cura sollecita insieme e inerte con dolore uggioso (3). L'avaro desidera ogni bene il cui prezzo si può misurare con moneta (4); onde questo è vizio che comprende in certo senso tutti i beni esteriori; ch'anzi Agostino vede avarizia in tutte quante le cose che smodatamente desideransi (5); perch'egli s' attiene all' origine della voce aveo, origine sbagliata da Isidoro (6); che fa avarus, aeris avidus.

Avarizia nasce da altri peccati, come brama di satollare l'ambizione o la gola (7). Avarizia nasce ora da orgoglio, or da timore (8), e timori fomenta. L'oro precipitò di molti nella libidine e in ogni altro vizio: per

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contrario, la povertà arrestò molti che correvano al male rapidamente (4). · Ma può un vizio capitale nascere da altri vizii, e dare poi ad altri vizii nascimento (2). A un vizio possono tendere colpe altresì d'altro genere (3). Avarizia è radice di tutti i mali (4), per sua natura (5) ordinaria, non sempre però; perchè siccome nelle cose naturali non si cerca quello che sempre avviene, ma quello che il più delle volte (essendochè le cose corruttibili possono essere impedite che non sempre operino nel modo medesimo); così e nelle cose morali considerasi ciocchè avviene per lo più, non ciocchè sempre, dacchè la volontà non ha necessarie le sue operazioni. Può dunque l'avarizia da altro male venire come da radice, e non per questo è men vero che ella sia il più spesso radice de' mali tutti (6).

L'avarizia essendo amore soverchio (7) d'avere, eccede in due versi. Eccede nel tenere (8), e di qui nasce la durezza del cuore, non mosso da compassione a sovvenire della ricchezza i necessitosi. Poi eccede nel pigliare; e guest' eccesso può essere nel desiderio; onde nasce inquietudine (9) e an. sietà soverchia; e può essere nel fatto, onde vengono negli acquisti, le violenze (10) e le frodi. La frode se è di semplice parola, è fallacia; se con giuramento, è spergiuro. Se il dolo è in fatti e se riguarda le cose, dicesi frode; se le persone, tradimento (11), come in Giuda che tradi per avarizia Cristo (12). Di qui si vede il come dall'avarizia germogli tutto l'Inferno di Dante. E Tommaso, dopo numerate le colpe che sono più propriamente figlie d'avarizia, numera con Aristotele quelle che sono più propriamente specie di lei. Primo grado dell' avarizia è il difetto nel dare, che chi poco dà chiamasi stretto; chi nulla, duro; chi con gran difficoltà, quasi venditor di cumino (13), cioè uomo a cui le cose leggiere paiono gravi. Chi cccede in pigliare, o lo fa con lucri turpi, o con esercitare opere abiette, o da atti viziosi traendo guadagno (14), o lucrando su quel che dovrebbesi dare gratuito, come fa l'usuraio (15), ovvero facendo forza altrui, siccome i ladroni; o spogliando i cadaveri, o togliendo agli amici, come i giuocatori fanno (16). Domandando a sè l'Aquinate se l'avarizia sia de' peccati il gravissimo, risponde con la solita sapienza: In doppio rispetto può riguardarsi la gravità delle colpe: in uno, dalla parte del bene che per la colpa dispregiasi o tentasi corrompere, il qual bene quant'è maggiore, tanto più grave è la colpa; in questo rispetto il peccato contro Dio, è più grave di tutti; e poi viene quello che offende l'uomo nella persona sua; poi quello che nelle cose

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(9) Inf., 1, t. 20: Bestia senza pace. - Terz. 33: Mai non empie la bramosa voglia.

(10) Inf., XII, t. 35: Che diêr nel sangue e nell'aver di piglio.

(11) In Malebolge la frode, il tradimento nel pozzo.

(12) Sʊm., 2, 2, 118.

(13) Notabile che questa imagine si rincontri e in Aristotele e in Gesù Cristo, ove parla de' Farisei avari. (14) Inf., XVIII, XXX.

(15) Inf., XVII.
(16) Som., 1. c.

all'uso degli uomini destinate (1): e qui cade avarizia. In altro rispetto i gradi delle colpe possonsi misurare dal bene al quale inordinatamente si sottomette l'umano appetito ; il qual bene quant'è minore, tanto il peccato è più deforme: dacchè più turpe cosa è soggiacere pravamente a bene dappoco che a bene grande. Ora, il bene delle cose esteriori è tra gli umani l'infimo, da meno che il bene del corpo; e questo è da meno che il bene dell' anima, e al bene dell'anima il bene divino sovrasta. In questo rispetto l'avarizia che si sottomette alle cose esteriori ha certa peggiore deformità. Ma perchè la privazione o la corruzione del bene è forma del peccato, e il desiderio inordinato del bene è materia di quello; però la gravità sua deve piuttosto misurarsi dal bene violato che dal malamente desiderato. E però l'avarizia non è assolutamente il gravissimo de' peccati (2); ma in questo, tra gli altri rispetti, è gravissimo che le ricchezze paiono essere bene per sè sufficiente, in quanto di loro ci serviamo come di mallevadori a ottenere gli altri beni tutti (3); ond' esse hanno una certa sembianza di felicità suprema (4). — Per le ricchezze l'uomo acquista la facoltà di commettere più mali e ne ha fomite a più mali, desiderare (5). — Nel desiderare le ricchezze, il concetto indeterminato de' mali che per mezzo d'esse speransi fare, può essere maggiore reità che la brama d' un male determinato (6).

Nello spiegare quello agli Efesii avarizia è servire a idoli (7), la Somma soggiunge: Avarizia si sottomette alle cose esteriori per utile, non per cullo che presti ad esse (8). Senonchè nell' avaro inviziato la brama del tenere e del prendere danaro diventa culto e superstizione fanatica; e tanto, in certo rispetto, più rea dell' idolatria che ogni muñeta, ogni picciolo di monela a lui si fa idolo (9), e che la sua passione gli dà più frequenti tentazioni a mal fare che non dia all' idolatra il suo culto, il quale può anch'essere di mera ignoranza e accompagnato con sensi di benevolenza ai fratelli; e può, oltre al materiale oggetto della venerazione, míráre più alto a una virtù ignota, maggiore della materia e ch'è il bisogno dell'anima : dove l'avarizia torce il pensiero dall' alte cose e lo rattrae in sè stesso e fa l'anima continuamente a sé e agli altri arida e dispietata.

La reità e la irragionevolezza insieme di questo vizio consiste in ciò, che le ricchezze, riguardando l'utile (10), e cercandosi da principio come mezzo d'altri godimenti (14), da ultimo diventano fine, e, come fine si giacciono inutili: il che adombrasi nella miseria di Mida (19); ed è notabile che colesta miseria ridicola, frutto d' avarizia, tocchi al re dagli orecchi asinini.

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L'Ecclesiaste tradotto dall' Ottimɔ dice: Infermitàde pessima, la quale io vidi sotto il sole, cioè le ricchezze conservate in male dal loro signore (13); e poi Chi ama le ricchezze non avrà frutto da esse. Onde Dante nel Convi

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vio le chiama false meretrici, e ricchezze maledette (1). E perchè la cupidigia di ricchezza è tenebra all' anima (2), gli avari nel Purgatorio cantano per la notte gli esempi dell'avarizia odiosa e punita, nel dì chiaro quelli della liberalità virtuosa (3).

L'avarizia sempre cresce (4). L'appetito delle naturali ricchezze, come il cibo e il vestire e simili, non è infinito perchè in certa misura bastano alla natura: ma l'appetito delle ricchezze artificiali, come del danaro, è senza fine (5), perchè serve alla concupiscenza inordinata, la quale non ha modo, come dice il filosofo nel primo della Politica (6). Le ricchezze, in luogo di saziamento e refrigerio, danno e recano sete (7). 11 Grisostomo assomiglia l'avaro all'ossesso; e Dante (8) assomiglia a un ossesso il Fucci ladro; e l'avaro è ladro nel rispetto che Basilio notò: Pane del famelico è quello che tu ritieni, e veste dell' ignudo quella che tu rinchiudi; è argento dell' indigente quello che tu possiedi: onde tu fai ingiustizia a tanti a quanti potresti giovare (9). Avarizia è furto, quando l'uomo è tenuto per debito legale di distribuire il suo a' poveri, o perchè la necessità li metta in pericolo, o perchè egli posseda superfluo (30). La Somma accenna al debito morale e al legale che ha il ricco di soccorrere ai poveri; ma per legale io tengo che s' abbia a intendere quell' obbligazione morale più stretta che è imposta dalla legge divina nella società de' Cristiani, non già quella estrinseca legalità che lascia morir nella strada di freddo e di fame il figliuolo della vcdova intanto che il vescovo inglese circondato dalla moglie e da' figli sta, dopo un buon pranzo, leggendo la Bibbia.

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Ad avarizia è contrapposto da Paolo benedizione (11); ed è un principio d'avarizia, cioè una maledizione incoata, il dare poco, e del dato dolersi (19). Nulla dimostra tanto angusto animo e piccolo quanto amare danari (13). · Vecchiaia, e tutta sorte impotenza, fa gli uomini avari (14), Più l'uomo è debole e più s' appoggia sui beni di fuori (15). E però Dante fa nel Purgatorio gli avari cogli occhi alla terra, e co' diretri al cielo, e questa parola mette in bocca d'un papa (46); e' mette in tale atto un papa genovese; e li fa legati piedi e mani (17), a significare l'inerzia e fiacchezza volontaria degli avari.

(1) Purg., XX, t. 4: Maladetta sie tu, antica lupa. E di qui vedesi la corrispondenza della lupa nel primo dell'Inferno con la donna del XIX dell' Inferno e del XXXII del Purgatorio.

(2) Chrys. Hom. – Purg, XX, t. 3: Tutto 'l mondo occupa.

(3) Psal., XCI, 3: Ad annuntiandum mane misericordiam tuam, et veritatem tuam per noctem. - Verità ne' libri sacri sovente suona giustizia.

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(4) Seneca. Iuf, I, t. 33: Dopo 'l pasto ha più fame che pria.

(5) Purg., XX, t. 4: Fame, senza fine cupa.

(6) Som., 2, 1, 2.

(7) Conv. e Cic. tradotto nel Convito: In nullo tempo si empie nè si sazia la sete della cupidità. Înf., I, t. 33: Ed ha natura si malvagia e rià Che mai

non empic la bramosa voglia. Dove
malvagia potrebbe voler indicare il
male del danno, ria il male di colpa.
(8) Inf., XXIV.

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(9) Basil., Serm. in Evang.
(10) Som., 2, 2, 118. Ma con la
solita equità il Cristiano soggiunge:
L'avarizia come il furto può essere
peccato veniale.

(11) Ad Cor., II, IX, 5.
(12) Glos. a quel passo.
(13) Cic., de Off., I.
(14) Arist. Eth., IV.
(15) Som., 2, 2, 118.

(16) Altra famigliarità d'esso papa: Drizza le gambe e lévati su, frate (Purg., XIX, t. 45). così forse nel francese Capeto giuggia per giudica, ed altre forme, sono usate apposta.

(17) Matth., XXII, 43: Ligatis mani

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