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15. Da poppa stava il celestial nocchiero,
Tal, che parea beato per iscritto:

E più di cento spirti entro sediero.
16. In exitu Israel de Egitto,

Cantavan tutti insieme ad una voce,

Con quanto di quel salmo è poi scritto.
17. Poi fece il segno, lor, di santa croce;
Ond' ei si gittâr tutti in sulla piaggia;
Ed el sen gío, come venne, veloce.
18. La turba che rimase lì, selvaggia
Parea del loco, rimirando intorno,
Come colui che nuove cose assaggia.
19. Da tutte parti saettava il giorno

Lo sol, ch'avea con le saette conte,
Di mezzo 'l ciel, cacciato il Capricorno;
20. Quando la nuova gente alzò la fronte
Vêr noi, dicendo a noi: Se vo' sapete,
Mostratene la via di gire al monte.

se ne va l'antica prora Dell' acqua più che non suol con altrui.

45. (L) Parea: gli si leggeva il beato in viso. Sediero: sedevano.

(SL) Iscritto. Ov. Met., VI: Sua quemque Deorum Inscribit facies.

Sediero. La r per la n; come fier per fieno Purg, VII. Ma si può intendere anco sederono.

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16. (F) Egitto. Per mondo. Par., XXV. - Aug. Confess., IX: L'eterna Gerusalemme a cui sospira il popolo pellegrinante. Som.: Celebrare la fase era segno della liberazione d'Egitto (e questa della libertà, dalla servitù della colpa). Psal CXIII 1. Ivi nel versetto 17: Non i morti loderanno le, o Signore, në quanti discendono nell'Inferno Conv.: In quel canto del Profeta che dice che nelP'uscita del popolo d'Israel d'Egitto, la Giudea è falla santa e libera: che avvegna essere vero secondo la lettera, non meno è vero quello che spiritualmente s'intende, cioè che nell' uscita dell'anima dal peccato essa sia falla santa e libera in sua potestade E nella lettera a Cane: Se riguardiamo il senso morale, per l'uscita d'Egitto significasi a noi la conversio ne dell'anima dal tutto e dalla miseria del peccato a stato di grazia; se l'anagogico, significasi

l'uscita dell'anima santa dalla servitù di questa corruzione all'eterna libertà della gloria,

47 (L) El: egli.

(SL) Croce. Paragonisi il passaggio dell' Angelo a quel di Caroote.

48. (L) Selvaggia: nuova. - Assaggia: comincia a provare.

(SL) Assaggia: Arios.: Per assaggiare i Paladin di Francia Davanz, Ann., 11, 4: Assaggiarono la signoria d'una donna. Risponde al πειρα γευσάμενος d' Eunapio.

49. (L) Da tutte parti: non solo d'Oriente: chè il sole era già alto. Conte: chiare.

(SL) Saettava. Lucr., 1, 148; II, 59: Lucida tela diei. Ov Met., V: Phoebeos ictus. Boet.: Emical et subito vibratus lumine Phoebus, Mirantes oculos radiis ferit. Conte. Inf., X, terz. 13: Parole... conte. Qui può anco valere: che fa conoscere con la sua luce le cose.

(F) Capricorno. Discosto dall'Ariete, dove allora era il sole, un quarto di circolo: ond' e' non può essere cacciate di mezzo il cielo se l'Ariete non sia già montato sull'orizzonte.

21. E Virgilio rispose: Voi credete

Forse, che siamo sperti d'esto loco:
Ma noi sem peregrin, come voi sete.
22. Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,
Per altra via, che fu sì aspra e forte
Che lo salire omai ne parrà giuoco.
23. L'anime, che si fur di me accorte,

Per lo spirar, ch'i' era ancora vivo,
Maravigliando diventaro smorte.
24. E come a messaggier che porta olivo,
Tragge la gente per udir novelle,
E di calcar nessun si mostra schivo;
25. Così al viso mio s'affisar quelle
Anime fortunate tutte quante,
Quasi obblïando d'ire a farsi belle.
26. I' vidi una di lor trarresi avante

Per abbracciarmi, con sì grande affetto
Che mosse me a far lo simigliante.
27. O ombre vane fuor che nell'aspetto!
Tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
E tante mi tornai con esse al petto.
28. Di maraviglia, credo, mi dipinsi :

Perchè l'Ombra sorrise, e si ritrasse;
Ed io, seguendo lei, oltre mi pinsi.
29. Soavemente disse ch'i' posasse:

Allor conobbi chi era; e pregai
Che, per parlarmi, un poco s'arrestasse.

21. (L) Sperti: esperti.

93. (L) Spirar: respirare.

(SL) Spirar Non vedevano il fiato, come il Castelvetro vuole, ma l'atto della gola. Iof, XXIII CE mirabile fra quest'anime, che parlino, cantino, ridano, e non respirino]

Smorte. En., VI; Adrasti pallentis imago.

24 (L) Calcar: s'affollano.

(SL) Olivo. In S Caterina ulivo è tion sulo il segno di pace ma la pace stessa. Vettori: E quegli che andavano a dimandar pace e cercavano d'esser ricevuti per amici, portavano in mano un ramoscel d'o

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30. Risposemi:

31.

Così com' io t'amai

Nel mortal corpo, così t'amo sciolta:
Però m'arresto. Ma tu perchè vai?

Casella mio, per tornare altra volta
Là dove io son, fo io questo viaggio
(Diss' io). Ma a te come tant' ora è tolta?
32. Ed egli a me: Nessun m'è fatto oltraggio,
Se quei che leva e quando e cui gli piace,
Più volte m'ha negato esto passaggio:
33. Chè di giusto voler lo suo si face.

Veramente, da tre mesi egli ha tolto
Chi ha voluto entrar con tutta pace.
34. Ond' io, che era alla marina vôlto
Dove l'acqua di Tevere s'insala,
Benignamente fu' da lui ricolto
35. A quella foce ov' egli ha dritta l'ala:
Perocchè sempre quivi si ricoglie
Qual verso d'Acheronte non si cala.
36. Ed io: Se nuova legge non ti toglie
Memoria o uso all'amoroso canto
Che mi solea quetar tutte mie voglie;
37. Di ciò ti piaccia consolare alquanto

38.

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L'anima mia, che, con la sua persona,
Venendo qui, è affannata tanto.

Amor che nella mente mi ragiona,
Cominciò egli allor si dolcemente
Che la dolcezza ancor dentro mi suona.

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39. Lo mio maestro, ed io, e quella gente
Ch' eran con lui, parevan sì contenti

Come a nessun toccasse altro la mente.
40. Noi eravam tutti fissi e attenti

Alle sue note: ed ecco il veglio onesto
Gridando: Che è ciò, spiriti lenti?
41. Qual negligenzia, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
Ch'esser non lascia a voi Dio manifesto.
42. Come quando, cogliendo biada o loglio,
Gli colombi adunati alla pastura,

Queti, senza mostrar l'usato orgoglio;
43. Se cosa appare ond' egli abbian paura,
Subitamente lasciano star l'esca,
Perch' assaliti son da maggior cura;
44. Così vid' io quella masnada fresca

Lasciare il canto, e gire invêr la costa
Com' uom che va, nè sa dove riesca.
Nè la nostra partita fu men tosta.

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che prima discernonsene le giubbe e i petti sporgenti; poi, più presso alla proda, gli occhi e le lingue. Ma questo stesso riscontro ci dà animo a notare, nella bellezza della pittura di Dante, una certa, se è lecito dire, Sconvenienza; perchè troppo lungo, nelle molte parole, si fa il tragitto, più non è volo, molto men voló d'Angelo. I suoni però, qua e là cor

La lieta e docile maraviglia, o l'umile dubbio, per la novità delle cose, sono altresì molto convenientemente ritratti. Bello il riconoscere alla voce soave l'amico, il cantore; più semplicemente bello che il riConoscere alla voce Forese, trasfigurato dal penale digiuno. Se tolgasi un po' di lunghezza in qualche parlata (le brevi interrogazioni e ri

rono con bell'arte leggeri. Ed è ispi-sposte tra Casella e il Poeta ben me

razione di sapienza, più ch'arte, la parsimonia ch'egli usa in queste apparizioni degli Angeli per tutta la Cantica, facendoli operare col cenno, parlare poco, e il più, con parolé tolte da' libri'santi.

strano come egli sappia il maneggio del dialogo), il Canto ha freschezza di stile, degna dell'arte musicale e dell'amicizia.

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