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gli enti appetiscono il bene (4). Siccome il colorato è l'oggetto della vista, così il bene è della volontà (2). Il buono è l'oggetto della dilettazione, e per conseguente è il principio di quella e le dà forma. Il bene è primo, come oggetto del desiderio, ma il vero in sè è prima del bene (3).

L'anima non s'inganna nel desiderio del bene, ma nel posporre il maggiore al minore. Di picciol bene in pria sente sapore; Quivi s'inganna (4). Dico che il naturale desiderio del bene, per piccolo che sia, non la inganna di per sè. L'ente non appetisce che il simile a sè; or ogni natura in quant'è, è buona (5), perchè l'essere stesso è un bene (6).

Per riparare o prevenire l'inganno degli uomini nella scelta del bene, è data la legge umana. Lex est constitutio populi, secundum quam majores natu simul cum plebibus aliquid sanxerunt (7). Nel popolo al quale si dà la legge contengonsi due generi d'uomini; altri proni al male che sono da frenare (8) coi precetti della legge; altri aventi inclinazione al bene dalla natura, dalla consuetudine, e eziandio dalla Grazia; e tali sono da istruire col precetto della legge e da promuovere in meglio (9). La legge è un'arte dell'istruire l'umana vita e dell'ordinaria (10). La legge è una regola o misurà delle azioni secondo cui l'uomo è indotto a operare, o dall'operare è ritratto (11). Sono intendimenti della legge comandare, vietare, permettere, punire (12). Onde non forse così propriamente come al solito, la Somma: Premiare può chicchessia, ma punire non s'appartiene che al ministro della legge; e però premiare non si pone come alto della legge, ma punire soltanto (43). Perchè non concedere alla legge la licenza del premio? La legge divina ha ella forse tutto pene e minacce ? Nè vero pare quel che affermasi nella questione stessa, indifferenti alla legge umana gli atti poco buoni o poco cattivi; ma al più può dirsi che per la sua imperfezione e grossezza essa legge non possa ben cogliere questi nè quelli.

Il legislatore deve tendere a fare gli uomini buoni (14). — Siccome nessuna verità speculativa è fermamente certa se non si riduca a primi principii indimostrabili perchè di suprema evidenza, così nessuna verità pratica è appurata se non in quanto s'ordini all'ultimo fine che è il bene comune (15). La legge, in quant'è conforme a ragione retta, si deriva dalla legge elerna; in quanto se ne discosta, non è legge ma violenza (46). "

E non è vero che la legge comandi tutti gli atti virtuosi (17); che tanto la

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i moti irrazionali: segnatamente ai
moti dell' ira si contrappone l'imagine
dell'agnello: onde qui gl' iracondi per
purgarsi cantano tutti d'accordo Agnus
Dei, la medesima parola nel tono mede-
simo, a fin d'ammendare le antiche ire
discordanti. Imparate da me, dice Cri-
sto, che sono mite. E tra gli esempii
contrarii all'ira Dante rammenta Pi-
sistrato, che risponde benigno e mite.
(12) Som., 2, 2, 92.
(13) Som., 2, 2, 92.
(14) Arist. Eth., I.
(15) Som., 2, 1,890.
(16) Som., 2, 2. 93.
(17) Arist, Eth., V.

legge umana nè può nè sa: ma Aristotele e parecchi de' filosofi antichi dicono sovente quel che dovrebb'essere, anzichè quello che è, e così si sforzano d'innalzare l'umano pensiero; al contrario di certi moderni che pigliano il reale meno eletto e più basso per ideale supremo, se pure con la fantasia perversa non idealizzano il peggio. Poi, legge agli antichi, o di proposito deliberato o per equivocazione di provvido istinto, suonava insieme la divina e l'umana, che mai trattavansi separate. Il Cristianesimo le distinse, com'era dovere, per non abbassare la legge divina alle umane fralezze ma sublimando l'umana alla divina sua origine: la moderna filosofia le slacco, le fece nemiche: e gli effetti noi li vediamo.

La ragione pratica riguarda gli operabili che sono parziali e contingenti, non i necessari, come la ragione speculativa; però le leggi umane non possono avere quella infallibilità che hanno le dimostrazioni della scienza: ně c'è di bisogno che ogni misura sia infallibile, ma che sia opportuna in quel che spetta al genere suo (1). Però l'Aquinate con sapiente intelligenza ammelte la relativa bontà delle leggi e fin nelle leggi cattive trova il suo buono Certa bontà trovasi anco nei cattivi: onde dicesi buon ladro perchè opera convenientemente al suo fine (2). E comportando le leggi imperfette, senza però lodarle e volerle perpetue, il filosofo cristiano comporta anco la non perfetta osservanza di quelle. Non sempre l'uomo obbedisce alla legge per bontà di virtù compiuta, ma talvolta o per timore della pena o per dettame della ragione che è un principio di virtù (3). L'uomo cominciando assuefarsi alla fuga del male e all'eseguimento del bene per timor della pena, talvolta è condotto a farlo con piacere di liberissima volontà.

Nella terzina medesima unisce Dante la legge e il re: Convenne legge per fren porre; Convenne rege aver. Questo era il principio della sua dottrina civile; e anche per questo gli piaceva Virgilio che nell'idea di regno mostra di compiacersi; e ragionando le lodi delle api: Praeterea regem non sic Egyptus, et ingens Lydia, nec populi Parthorum, aut Medus Hydaspes Observant (4). Ma agli İtaliani che uscivano dal medio evo, le voci re e imperatore suonavano altro dal senso moderno, e valevano quel che in Tommaso: presidente quo subdili gubernantur (5). Il re di Dante deve discernere almeno la torre, cioè il bene comune secondo la divina giustizia regolato (6). · La volontà dell'imperante dev'essere regolata da alcuna ragione: in questo modo intendesi che la volontà del principe abbia vigore di legge: altrimenti ella sarebbe iniquità piuttosto che legge (7). E intendesi che al governante anche buono, gli uomini bene subjiciantur (8), cioè senza servile timore (9). Dante, poela e cittadino commosso dalle altrui passioni e dai propri dolori, d'esser filosofo e teologo non si scorda. Se qui dice che le leggi non sono eseguite per colpa dei pastori, dei quali l'esempio svia la gente a pascersi di beni men degni, sua guida vede Pure a quel ben ferire ond'ella è ghiotta; confessa, però, che ne' popoli è la voglia del bene minore, cioè del male, la

(1) Som., 2, 2, 91.
(2) Som., 2, 2, 92. |
(3) Som., 2, 2, 92.
(4) Georg., IV.
(5) Som., 1. c.
(6) Som, ,1. c.

(7) Som., 2, 1, 9; e 2, 2, 92: Legge

tirannica non è legge, ma perversione
di legge. E Arist., Pol., III e IV: Il ti
ranno non intende a far buoni i sud-
diti, ma solo alla propria utilità.
(8) Som., 1. c.
(9) Aug. Enchir., CXXI.

qual seduce gli stessi Pastori, usciti anch'essi dal seno della nazione; e altrove ammonisce: siate, Cristiani, a muovervi più gravi... Avete il vecchio e il nuovo Testamento, E il Pastor della Chiesa, che vi guida: Questo vi basti a vostro salvamento (4). E intende che anco ai Pastori, nella vita loro non degni in tutto dell'alto ministero, dobbiamo dar retta allorchè ci annunziino quella legge eterna che deve guidare essi e noi, e che tutti dovrà giudicarci.

(1) Par., V.

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Contempla in visione esempi d'ira punita. Sempre queste visioni sono distinte in due parti: la bellezza della virtù, la pena del vizio; ambedue considerazioni necessarie al pentimento. Ma prima si ferma il Poeta nella bellezza della virtù, poichè da questa propriamente viene all'anima il disamore sincero e fruttuoso del male. Nel giro della superbia, prima Maria, poi Lucifero; dell'invidia, prima Maria, poi Cuino; dell'ira, prima Maria, poi Amano. Il primo sempre Maria. Nel giro della superbia, sculture; dell'invidia, voci; dell'ira, visioni. Or entrano nell'a 'accidia. E Virgilio spiega come l'amore o troppo di bene piccolo, o poco di bene grande, cagiona i vizii; come in ogni ente, bruto o ragionevole, è amore.

Nota le terzine 1, 2, 3, 6, 7, 9, 10, 12, 14, 15, 17, 20, 24, 29, 31, 34, 35, 42, 46.

1.

Ricorditi,

lettor, se mai nell' alpe
Ti colse nebbia, per la qual vedessi
Non altrimenti che per pelle talpe;
2. Come, quando i vapori umidi e spessi
A diradar cominciansi, la spera
Del Sol debilemente entra per essi;

1. (SL) Alpe. De' suoi viaggi nell'Alpe son cenni varii nel Poema (Inf., XII, XVI, XVIII e altri). Sacch.: Uomini d'alpe (di montagna). Talpe. Singolare nell'Alamanni.comjen

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(F) Nebbia. [Ant.] Non isfugge fenomeno ottico, astronomico o meteorologico al nostro osservatore. In questa bella similitudine, merita considerazione scientifica la definizione che il Poeta ci dà della nebbia, di

cendola, con tutta verità, un ammasso di vapori umidi e spessi, meno raro nell'interno che alle estreme sue parti; dovendosi riguardare la nebbia secca come un'eccezione, e forse d'altra natura. Pelle. Credetlero gli antichi coperto d'una pellicola l'occhio della talpa (Arist., Hist. an.. 1, 9): ora credesi quella pellicola non sia che la cornea.

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2. (L) Spera: raggio.

3. E fia la tua imagine leggiera

In giungere a veder com' io rividi

Lo Sole in pria, che già nel corcare era.
4. Si, pareggiando i miei co' passi fidi

Del mio maestro, uscii fuor di tal nube
A' raggi, morti già ne' bassi lidi.
5. O imaginativa, che ne rube

Talvolta sì di fuor, ch' uom non s'accorge
Perchè d'intorno suonin mille tube;
6. Chi muove te, se 'l senso non ti porge?
Muoveti lume che nel ciel s' informa,
Per sè, o per voler che giù lo scorge.
7. Dell'empiezza di lei che mutò forma
Nell'uccel che a cantar più si diletta,
Nell' imagine mia apparve l'orma:

(SL) Spessi. Conv.: Spessezza de' vapori. E Par., V. Spera. Rime ant.: Spera d'un lume, E nell'uso toscano. 3. (L) Leggiera: imperfetta.

(SL) Imagine. Traduce alla lettera l'idea de' Grěci.

(F) Sole. [Ant.] Per prima cosa nell'uscire da quella nube di fumo, il Poeta rivide il sole presso al tramonto, il quale per conseguenza pare seguitasse a essergli in faccia: perciocchè procedendo per quella oscurità, appoggiato a Virgilio, è colpito da quell'imagine torba e sbiadita, che in principio ha descritto, nonostante che presso la ripa a sinistra stesse l'angelo, già visto biancheggiare da Marco lombardo e pareggiando i suoi co' passi fidi del maestro, nota i raggi del cadente sole esser già morti ai bassi lidi, cioè non cadere ormai più che sulla parte elevata del monte. Questa circostanza del trovarsi Poeti sempre diretti verso l'occaso, conferma quanto concludemmo sul fine del precedente Canto in ordine alla grande estensione che doveva attribuirsi al raggio di questa cornice, e molto più a quello delle due precedenti.

4. (L) St: così. Morti: nella valle non c'era più sole.

(SL) Pareggiando. Æn., II: Sequi tur... non passibus aequis. Morti. V. Purg., XV, t. 2. Purg., VIII, t. 2: Il giorno... che si muore.

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5. (L) Ne: ci rubi alle cose di fuori. Perchè.... per suonar che facciano trombe, o per gran rumore qualsiasi.

(SL) Rube. Purg., IV, t. 2. — ·Tube. Per dire strepito grande. 6. (L) Porge l'oggetto. Per...: influsso d'astři o dono divino. Voler umano o angelico.

(F) Senso. Som.: La visione imaginaria ha origine dal senso; perchè la fantasia è moto fatto dal senso in atto, come è detto nel III dell'anima.

Informa. Som.: La virtù conosciti va s'informa direttamente della similitudine delle cose. - Voler. Le imagini, dice, vengono alla mente o dal senso o da Dio. Se da Dio, o per grazia gratuita, o per merito d'umano volere che a sè la trae; o per volere di spiriti mediatori.

7. (L) Empiezza: crudeltà.-Uccel.... nel rusignuolo. — Imagine: idea. Orma: pensiero.

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(SL) Empiezza. Gio. Vill.: Empiezza di parti. Lei. (Ovid., Met., VI; Purg., IX, t. 5.) Filomela violata da Teseo suo cognato, uccide il figlio di lui, e glielo da da mangiare: mutasi in rusignuolo. Altri mutano in rusignuolo Progne, Filomela in rondine; ma Probo (ad VI Eccl. Virg.), Libanio (Exc. graec. soph., Narr. XII), Strabone (Nat. Cont. Myth., VIII, 40) fanno mutata in rusignuolo Filomela, non Progne. [Diletta. Si è conteso se il canto del rusignuolo fosse lieto o malinconico. Il Chiabrera taglia la questione: Non mai si stanca d'iterar le note O gioconde o dogliose, A sentir dilettose (Alcippo, atto I, sc. 1).1 Imagine. Semint.: Turbato per la imagine del nuovo fatto.

(F) Imagine. Som. Sup.: L'anima

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