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34. Perchè la gente, che sua guida vede
Pur a quel ben ferire ond' ella è ghiotta,
Di quel si pasce, e più oltre non chiede.
35. Ben puoi veder che la mala condotta
È la cagion che'l mondo ha fatto reo,
E non natura che in voi sia corrotta.
36. Soleva Roma, che 'l buon mondo feo,

Due soli aver, che l'una e l'altra strada
Facén vedere, e del mondo, e di Deo.

partire il bene spirituale dal temporale, il maggiore dal meno. Agli Ebrei era vietato mangiare d'ani inali che non avessero l'unghie fesse, come porco o cammello (Lev., XI; Deut., XIV). Segneri: In altri le unghie sono intere, in altri sono bifide. Sono intere in quegli animali che sprovveduti di corna convien che de'piedi si valgano ancor per arme, come è ne' cavalli; sono bifide in quelli che de' lor piedi dovean puramente valersi per camminare, siccome i buoi, e per sostenersi pascendo in greppi scoscesi, come i cervi, le capre, le pecorelle. Som.: Erano conceduti in cibo gli animali ruminanti e aventi l'ugne fesse, perch' hanno gli umori ben digesti e sono di mezzana complessione tra il secco e l'umido. Gli animali ch'hanno l'ugna continua, cioè non fessa, eran proibiti per causa della loro terrestrità.

L'ugna fessa significa, tra l'altre cose, la discrezione del bene e del male; la ruminazione significa la meditazione delle Scritture e la sana loro intelligenza. Secondo questo senso varrebbe: il Pastore ha la dottrina buona, i costumi non ha: digerisce il precetto e lo mastica, non l'adempie. Altri intende: non ha le due facoltà distinte, la spirituale e l'umana, lo tengo la prima interpretazione ch'è in Pietro. Ezech., XXXIV, 5, 6: Si dispersero le mie pecore.. e falle pascolo a tutte le bestie del campo... Errarono le mie gregge per tutti i monti... e non era chi ne ricercasse; non era chi ne ricercasse, dico. Zach., X, 2: Si sviarono quasi gregge; saranno afflitti perché non hanno pastore.

34. (L) Perchè: onde. Ferire: tendere.

dano. quale.

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Ben monOnde: del

(F) Guida. Leone papa a Lodovico imperatore: Nos si incompetenter aliquid egimus, et in subditos justae legis tramitem non observavi. mus, vestro volumus emendari judicio. Quoniam si nos, qui aliena debe

mus corrigere peccata, pejora committimus, certe non veritatis discipuli, sed quod dolentes dicimus, erimus prae caeteris erroris magistri (Par., XXIX). Isai., LVI, 44: Ipsi pastores ignoraverunt intelligentiam: omnes in viam suam declinaverunt, unusquisque ad avaritiam suam, a summo usque ad novissimum. Jer., II, 8: Tenentes legem nescierunt me, et pastores praevaricati sunt in me; et prophetae prophetaverunt in Baal, et idola secuti sunt. - X, 20, 21: Stulle egerunt pastores, et Dominum non quaesierunt: propterea non intellexerunt, et omnis grex eorum dispersus est... L, 6: Grex perditus factus est populus meus; pastores eorum seduxerunt eos, fece runique vagari in montibus; de mon. te in collem transierunt; obliti sunt cubilis sui. Chiede. Osea, IV, 16: Sicut vacca lasciviens declinavit 1srael.

35. (F) Condotta. Gregorio, ne' decreli: Scire praelati debent quod si perversa unquam petierint, tot mortibus digni sunt quot ad subditos perditionis exempla transmittunt. Inf., XIX: La vostra avarizia il mondo attrista. Praelati valeva i superiori e ecclesiastici e secolari.- Corrotta. Som.: Natura corrotta per lo peccato.

56. (L) Buon. Ne' primi tempi cristiani.

(SL) Deo. Semint; Bocc.

(F) Soli. De Monarchia: Quaestio pendens, inter duo luminaria magna versatur, romanum scilicet pontificem et romanum principem... Regimen spirituale et temporale... sunt remedia contra infirmitatem peccati. Altrove: Opus fuit homini, duplici directivo, secundum duplicem finem: scilicet summo pontifice qui, secundum revelata, humanum genus perduceret ad vitam aeternam; et impe ratore, qui, secundum philosophica documenta, genus humanum ad temporalem felicitatem dirigeret.

37. L'un l'altro ha spento; ed è giunta la spada
Col pasturale: e l'uno e l'altro insieme,

Per viva forza, mal convien che vada;
38. Però che, giunti, l'un l'altro non teme.
Se non mi credi, pon' mente alla spiga:
Ch'ogni erba si conosce per lo seme.
39. In sul paese ch'Adice e Po riga,
Solea valore e cortesia trovarsi
Prima che Federigo avesse briga:
40. Or può sicuramente indi passarsi

Per qualunque lasciasse, per vergogna,
Di ragionar co' buoni o d'appressarsi.
41. Ben v'èn tre vecchi ancora, in cui rampogna
L'antica età la nuova: e par lor tardo
Che Dio a miglior vita li ripogna:
42. Currado da Palazzo, e il buon Gherardo,
E Guido da Castel, che me' si noma
Francescamente il semplice Lombardo.

37. (L) Giunta: unita,

(SL) Spada. Olt.: Si dice di papa Bonifazio che si coronò e cinse la spada, e fecesi egli stesso imperadore. Un antico decreto citato da Pietro: Non sibi imperator pontificatum arripiat, nec pontifex nomen imperatoris.

38. (L) Spiga: effetto.

(F) Teme. Non è questa la ragione: non dal temersi delle due poTestà, ma dall'accordarsi risulta la pace delle anime. Seme. Matth., VII, 16: Li conoscerete a' frutti loro. [C] Æn., XIII: Cum crevisset herba, et fructum fecisset, tunc apparuerunt et zizania. Innocenzio III, in una decretale: Quod agitur a praelatis trahitur a subdilis in exemplum, juxta quod Deus ait Moysi in Levitico: Quum sacerdos, qui est unctus, peccaverit, faciens delinquere populum.

39.- (L) Paese: Lombardia, Venezia, parte di Romagna Federigo II. Briga: guerra dei Guelfi.

(SL) Adice e Po. Virgilio gli accoppia in un verso: Padi ripis, Athesim seu propter amoenum (Æn., IX). Valore. Inf., XVI: Cortesia e valor, di', se dimora Nella nostra città. Briga. Vill: Per cagione delle brighe e questioni della Chiesa e dell'imperio.

40. (L) Passarsi: può passarci qua

lunque. Lasciasse: tralasciasse. Buoni. Non ce n'è.

(SL) Appressarsi, Rincalza. Come nel famigliare linguaggio: Non gli si può parlare, è meno che dire: Non c'è da accostarglisi.

44. (L) En: sono.- In cui: nella cui virtù. -Antica. Primo caso. - Tardo: non vedono l'ora. Ripogna: riponga.

(SL) Tre. Cosi nel VI dell'Inferno accenna due giusti, e pare che ivi, come qui, egli abbia in mente due cittadini vivi, e la non sia una forma di dire simile a quella di Giovenale: vel duo vel nemo. Ripogna. Gen., XXV, 17: Appositus (est) ad populum suum. En., XI: Corpus... [eram tumulo, patriaeque reponam.

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(F) Tre. Ezech., XV, 14: Si fuerint tres viri isti in medio ejus... ipsi justitia sua liberabunt animas suas. Rampogna. Sap., IV, 16: Il giusto morto condanna i viventi iniqui. 42. (L) Me': meglio. Francescamente: alla francese.

(SL) Currado. Gentiluomo di Brescia. Olt: Dilettossi in bella famiglia, ed in vita polita, in governamenti di cittadi, dove acquistò molto pregio e fama. Gherardo da Camino, di Trevigi. Accolto da Cane a Verona, dove forse Dante l'avrà conosciuto (Novellino, XVI). Conv.: Chi

43. Di' oggimai, che la Chiesa di Roma, Per confondere in sè duo reggimenti,

44.

Cade nel fango, e sè, brutta e la soma.
O Marco mio (diss'io), bene argomenti.
E or discerno perchè dal retaggio

Li figli di Levi furono esenti.

45. Ma qual Gherardo è quel che tu, per saggio, Di', ch'è rimaso, della gente spenta, In rimprovério del secol selvaggio?

46.

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O tuo parlar m'inganna, o e' mi tenta (Rispose a me): chè, parlandomi Tosco, Par che del buon Gherardo nulla senta. 47. Per altro soprannome i' nol conosco, S'io nol togliessi`da sua figlia Gaia. Dio sia con voi chè più non vegno vosco.

sarà oso dire che Gherardo da Camino fosse vile uomo? E chi non parlerà meco dicendo quello essere stato nobile? Out.: Si dilenò non in una, ma in tulle le cose di valore. - Guido. Di Reggio in Lombardia: di lui nel Convivio Francescam nie. Bembo. Asol, I Semplice. Purg., VII, 44: Re dalla semplice vita Lombardo. Tuttora a Parigi la Rue des Lombards, cioè Italiani. II Boccaccio fa dire a due Francesi, di Toscani parlando: Questi Lombardi cani. Qu: Per Francia di suo valore e Cortesia fu tanta fama che per eccel lenza li valenti uomini il chiamavano il semplice Lombardo... Studiò in onorare li valenti uomini che passuvano. e molti ne rimise in cavalli ed armi, che di Francia erano passati di qua; onorevolmente consumate loro facu tadi, tornavano meno ad arnesi che loro non si convenîa: a tutti diede, senza speranza di merito, cavalli, arme, danari

43 (L) Di': conchiudi tuale e temporale.

Duo: spiri

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(SL) Levi. L'accento sull'ultima non viene forse qui tanto dalla pronunzia francese quanto dall'ebraica.

(F) Esenti De Monarchia: Invenio sacerdotes primos a temporalium cura Dei praecepto remotos, ut patet per ea quae Christus ad discipulos. Le quarantotto ciuà date ai Leviti erano ad habitandum, non ad possi. dendum (Lirano). Ezech, XLIV, 28: Non erit... eis hereditas; ego heredi tas eorum: et possessionem non dabitis eis in Israel, ego enim possessio eorum. Num, XVIII, 20: In terra eorum nihil possidebitis, nec habebitis partem inter eos:· go pars el heredi las tua in medio filiorum Isrart, Josue XIII, 44. Sacrificia et victimae Domini Dei Israel, ipsa est ejus hereditas.

45 (SL) Spenta: buona. vėrio: rimprovero

Rimpro

(SI.) Rimprovėrio L'usano Albertano e il Villáni (IX, 74) — Selvaggio. Selvaggio in Dante vale incivile, contrario alle norme di buon governo, Out: Che vive ozios mente. 46 (L) Tosco: in Toscana Gherardo era cognito Senta: sappi. 47 (L) Vosco: con voi

(SL) Vosco. [C] Ruth, II: Dominus vobiscum. Gaia. L' Oltimo: Donna di tale reggimento circa le dilettazioni amorose, ch'era notorio il suo nome per tutta Italia. Pare più biasimo che lode. Ma altri l'intende di lode.

48. Vedi l'albór, che per lo fummo raia,
Già biancheggiare. E me convien partirmi -
L'Angelo è ivi - prima ch' e' si paia.
Così parlò: e più non volle udirmi.

48. (L) Albór: luce lontana, quasi di cielo che dopo le tenebre albeggi. Raia: raggia.. Me: a me. - Paia: apparisca

(SL) Raia. Par., XV, t. 19. - Me.

Per a me; come lui per a lui (Inf., I, t. 27, e altrove). Convien. Deifobo a Enea: Discedam... reddarque tenebris (Æn., VI). Parlo. Una variante di mons. Bernardi, Tornò,

Canto modesto; ma in pochi lo stile è più fermo é netto: lì dubbio, che a lui è rampollo nascente a pie del vero, anzi via per ascendere più e più alto, qui si presenta sotto specie d'ignoranza, che non può credersi in lui: ma dell'influsso delle stelle e' domanda se taccia violenza al libero arbitrio, come domanderà di Gherardo, il quale egli ben conosceva per altro che per Gaia sua figlia

La creazione dell'anima è qui di così poetica bellezza perchè di filosofica e teologica verità; e rammenta le schiette e profonde e affettuose parole che dice a questo stesso proposito Caterina da Siena. E il Fioreniino e la Senese pongono, l'una la santità, l'altro la civiltà, anzi entrambi le due cose, nell'esercizio del libero arbitrio, che non sarebbe pieno se non temperato da legge A proposito di libertà morale, ragiona Dante dei re; e si contenta ch'e' vedano della civiltà vera almeno la torre. L'almeno, dice di molto. Se

nonchè più indulgente il Ghibellino ai re che a' papi. La briga che ha Federico, è un biasimo non di lui ma delle repubbliche che la davano a Jui. Quanto al pastore fatto ruminante, l'erudizione biblica non è una bellezza di stile. Senonchè dal sacerdozio, appunto perchè più potente nelle anime, più richiedesi; e perché gli abusi più gravi, però l'índignazione più acre: il che se non giustifica gli odi, ne dà la cagione.

Ma quando Dante, in genere, dice: Se il mondo presente disvia, In voi è la cagione, confessa che degli errori de' popoli non solo il re e il papa è la colpa. Senonchè quel prescegliere ch'egli fa nelle lodi, è in questo e nel Canto quattordicesimo é in altri, gli uomini di splendida liberalità, si riconosce non solo che la sua dottrina politica era ligia al mero patriziato, ma che della Civiltà non istava nella sua mente un concetto conforme ne all'altezza filosofica nè alla perfezione cristiana.

DANTE. Purgatorio.

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LA LEGGE.

In questo siccome in parecchi altri Canti, il Poeta per isciogliere una questione promossa da un semplice cenno, si rifà dai principii generalissimi e dalle origini delle cose; e sale a Dio per quindi scendere, con volo lirico insieme e metafisico, alle miserie della vita.

Marco Lombardo, veneziano che nel casato porta l'origine della Lombardia sorella, anzi il suggello della italianità, nel sangue veneziano purissima, (dacchè Lombardo valeva allora Italiano, strana e provvida commistione che i Longobardi confonde cogli antenati di Virgilio (1), come i Greci moderni chiamano la lingua loro romaica, essi che pur taluni vorrebbero far durare nemici eterni di Roma), Marco nel quale il Poeta ha forse inteso onorare Venezia tutta, della qual mai non proferisce parola di biasimo, egli a tutte le parti d'Italia severo. Marco dice: Quel valore amai Al quale ha or ciascun disieso l'arco. Di qui Dante gli muove domanda: onde viene la corruzione degli uomini? da influsso di stelle? Marco risponde: dalla vostra libera volontà, perchè liberi siete. E qui l'origine dell'anima umana, il suo istinto al bene, la legge che indirizza l'istinto, l'autorità che della legge è ministra, la potestà regia e la sacerdotale, che devono, al giudizio di lui, rimanersene separate. Da ultimo accenni storici ai mali presenti d'Italia, ai buoni esempi che tuttavia le sono rimprovero e conforto e indirizzo: e così pianamente il Canto ripiglia la sua via senza sforzo e senza stanchezza, come se divagato non si fosse, perchè veramente non s'è divagato. Rifacciamoci sui nostri passi, e seguiamo il Poeta con Aristotele e s. Tommaso alla mano, come il viaggiatore ora volge l'occhio al libro della Guida e ora al magnifico monumento.

L'anima mossa da lieto fattore (2) volentier torna a ciò che la trastulla (3). Perocchè Iddio è principio delle nostre anime e fattore di quelle, essa anima massimamente desidera tornare a quello (4). Di picciol bene in pria sente sapore. Perchè il termine dell'appetito è il bene (5). — Il bene in comune che ha ragione di fine è l'oggetto della volontà (6). — Il male non è voluto e tutti

(1) Inf., I: Eli parenti miei furon Lombardi.

(2) Par., II: Per la natura lieta onde deriva.

(3) S'è veduto nel Canto XIV (t. 31)

trastullo in senso d'ogni serio e degno diletto.

(4) Convivio.
(5) Som., 1, 16.
(6) Som., 2, 1, 9.

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