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CANTO XIV.

ARGOMENTO.

Ugo da s. Vittore, posto in cielo da Dante, e citato da Pietro, dice: Superbia aufert mihi Deum, invidia proximum, ira me ipsum. Alla superbia dà il Poeta tre Canti, all'invidia due e mezzo, uno e mezzo all'ira. Qui trova due Romagnuoli illustri, e parla loro dei vizii delle toscane repubbliche; ed essi rammentano il declinare delle nobili schiatte romagnuole. Qui si vede più chiaro che altrove come la libertà voluta da Dante fosse una democrazia aristocratica, difesa e vendicata al bisogno dalla lontana monarchia. La politica alla morale qui s'innestano. Poesia vera la fine.

Nota le terzine 1, 2, 3, 5, 6, 7, 9, 11, 12, 13, 16; 19 alla 23; 25, 29, 35, 37, 38, 39; 41 alla 46; le due ultime.

1.

2.

Chi

è costui che il nostro monte cerchia
Prima che morte gli abbia dato il volo,
E apre gli occhi a sua voglia e coperchia?
Non so chi sia, ma so che non è solo.
Dimándal tu che più gli t'avvicini,
E dolcemente, sì che parli, accôlo.

1. (L) Cerchia: gira. Volo dalla carne. - Coperchia: chiude.

(SL) Nostro. Parla Rinieri a un altro Romagnuolo, volens demonstrare (dice il Codice Caetano) quod in Romandiola maxime regnabai invidia.

2. (L) Avvicini: sei vicino. Acco lo: lo accogli.

(SL) Solo. Purg., XIII, t. 47: Costui ch'è meco e non fa molto. ACcolo. Cole per coglile nel Sacchetti; cómi per coglimi nella Tancia; vuota per la vuoi nelle Fiorità d'Italia.

3. Così due spirti, l'uno all'altro chini,
Ragionavan di me ivi a man dritta;
Poi fêr li visi, per dirmi supini;

4. E disse l'uno:

O anima, che, fitta
Nel corpo ancora, invêr lo ciel ten' vai,
Per carità ne consola, e ne ditta
5. Onde vieni, e chi se': chè tu ne fai

Tanto maravigliar della tua grazia,
Quanto vuol cosa che non fu più mai.
6. Ed io: Per mezza Toscana si spazia
Un fiumicel che nasce in Falterona,
E cento miglia di corso nol sazia.
7. Di sovr' esso rech'io questa persona.
Dirvi chi sia, saria parlare indarno;
Chè 'l nome mio ancor molto non suona.
Se ben l'intendimento tuo accarno
Con lo 'ntelletto (allora mi rispose

8.

Quei che prima dicea), tu parli d'Arno. 9. E l'altro disse a lui: Perchè nascose

Questi 'I vocabol di quella riviera,

Pur com' uom fa delle orribili cose? 10. E l'Ombra che di ciò dimandata era,

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8. (L) Accarno: afferro e rendo. Quei: Guido.

(SL) Accarno. Il Petrarca disse incarnare col pensiero l'imagine di un bel viso. Vale non tanto dar carne, quanto dar vita nel proprio pensiero al pensiero altrui Nella Bibbia carne per vita Può anco intendersi penetro, che accarnare dicevasi l'entrare dell'arme nella carne viva. 9. (L) Altro: Rinieri.

10. (SL) Sdebitò Men bene l'Arios., XIX, 108: E si domandan l'un con l'altro il nome. E tal debito tosto si ragguaglia. Qui sdebitarsi suona amaro; come se le ingiurie che seguono fossero debite a Toscana tuttà.

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11. Chè, dal principio suo (dov'è sì pregno
L'alpestro monte ond' è tronco Pelóro,

Che in pochi luoghi passa oltra quel segno),
12. Infin là 've si rende per ristoro

Di quel che il ciel della marina asciuga (Ond' hanno i fiumi ciò che va con loro), 13. Virtù così per nimica si fuga

Da tutti, come biscia, o per sventura Del luogo, o per mal uso che li fruga. 14. Ond' hanno si mutata lor natura

Gli abitator' della misera valle,

Che par che Circe gli avesse in pastura.
15. Tra brutti porci, più degni di galle
Che d'altro cibo fatto in umano uso,
Dirizza prima il suo povero calle.

Pera. Job, XVIII, 17: Memoria illius pereal de terra. Sap., IV, 19; Psal., IX, 7

44. (L) Suo: d'Arno.- Pregno:eminente. Monte... Appennino taglia l'Italia, va tino a Calabria. Oltra...: nella Campania l'Appennino è più alto.

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(SL) Pregno. Tumens vale alto; onde tumulus. En., VII: `Stipitis gravidi nodis: nocchi che fauno rilievo Tronco. Inf, XVIII. Il pozzo d'inferno tronca i ponticelli che finiscono in esso. - Peloro. Promontorio di Sicilia ora tronco dall'APpennino, e facente un tempo con lui tutto un monte, quando Sicilia era attaccata all'Italia. En, II: Haec loca, vi quondam.. Dissiluisse ferunt: cum protinus utraque tellus Una foret. Oltra, Lucan., II: Umbrosis mediam qua collibus Apenni nus Erigit Italiam, nullo qua vertice tellus Altius intumuit, propiusque accessit Olympo. Mons inter geminas medius se porrigit undas Inferni Superique maris; collesque coercent... - Colles Siculo cessere Peloro.

12. (L) Infin. : fino al mare dov'Arno restituisce quasi sè stesso per ritornare l'acqua salita dal mare in vapori Ond' i fiumi han l'acque

dal cielo.

(SL) Infin. Dirà poi (terz. 34) che tra il Po e l'Appennino e il Reno e't mare non è bene alcuno. Le due pitture geografica e politica si rincon

trano.

43. (L) Fuga: la virtù è persegui

gultata dalle sorgenti d'Arno alla foce. Fruga stimola

(SL) Uso. Hor., Sat, 1, 3: Num qua tibi vitiorum inseverit olim Naiura, aut etiam consuetudo mala.

(F) Luogo. Cic., de Leg. Agr.: Non sono i costumi degli uomini ingenerali tanto dalle schia:te, quanto da quelle cose che sono sommini straie dalla natura de' luoghi e dalle consuetudini della vita, onde ci alimentiamo e viviamo. I Cartaginesi frodolenti e mendaci, non di razza, ma per la natura del luogo. La sentenza, falsa in se, ha però qualche parte di vero E già Ipocrate, innanzi il Montesquieu, l'annunziava.

44. (SL) Circe. Inf., XXVI. Æn., VII: Quos. hominum ex facie, Dea saeva potentibus herbis Induerat Circe in vultus ac terga ferarum. Hor. Epist., 1, 2: Circes pocula.. quae si. bibissel... Vixisset canis immumdus, vel amica luto sus.

45. (L) Brutti: immondi. Arno. Povero d'acque.

Dirizza

(SL) Porci. I conti Guidi da Romena, denominati di Porciano: dali alla venere, dice Pietro. E forse intende tutto il Casentino Povero. La nota Ode del Testi: Povero d'acque, isti lambendo i sassi Calle. Somiglia nel modo e un po' nel senso a quel di Virgilio: Gelidusque per imas Quaerit iter valles, atque in mare conditur Ufens (En., VH).

(F) Porci Boel.: S' immerge in sozze libidini? La voluità di troia immonda lo alletta. Petr., II, 9, 29: Sus lota in volutabro luti.

16. Botoli trova poi, venendo giuso,

Ringhiosi più che non chiede lor possa,

E a lor, disdegnosa, torce 'l muso.
17. Vassi caggendo; e quanto ella più 'ngrossa,
Tanto più trova di can farsi lupi

La maledetta e sventurata fossa.
18. Discesa poi per più pelaghi cupi,
Trova le volpi sì piene di froda,

Che non temono ingegno che le occúpi.
19. Nè lascerò di dir perch'altri m'oda:

E buon sarà costui se ancor s'ammenta
Di ciò che vero spirto mi disnoda.
20. I' veggio tuo nipote, che diventa

Cacciator di que' lupi in su la riva
Del fiero fiume, e tutti gli sgomenta.
21. Vende la càrne loro essendo viva:
Poscia gli ancide come antica belva:
Molti di vita, e sè di pregio, priva.

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20. (L) Tuo: parla Guido a Rinieri. Nipote Folcieri. — Lupi : Fiorenti. Fiume: Arno.

ni.

(SL) Veggio. Forma dl vatici nante. En, VI: Et Tybrim multo spumantem sanguine cerno. - VII: Externum cernimus.. Adventare virum. - Nipote. Potestà di Firenze nel 1305; vicario di Roberto poi; nel 4345 esiglio di nuovo il Poeta. Corrotto da' Neri, fece carcerare e uccidere parecchi Bianchi. Onde grande turbazione n'ebbe la cittade, e poi ne seguiro molti mali e scandali (G. Vill., Vill, 59). Fiero. Altrove chiama selvaggia la parte di Vieri. E di qui si conferma come l'idea delle fiere sia simbolo anche politico. 21. (L) Pregio: fama,

22. Sanguinoso esce della trista selva:
Lásciala tal, che di qui a mill' anni
Nello stato primaio non si rinselva.
23. Come all'annunzio de' futuri danni

Si turba 'l viso di colui che ascolta,
Da qualche parte il periglio l'assanni;
24. Così vid' io l'altr'anima, che volta

Stava a udir, turbarsi e farsi trista
Poi ch'ebbe la parola a sè raccolta.
25. Lo dir dell' una, e dell'altra la vista
Mi fe' voglioso di saper lor nomi;

E dimanda ne fei, con prieghi mista.
26. Perchè lo Spirto che di pria parlómi,

Ricominciò: Tu vuoi ch' io mi deduca
Nel fare a te ciò che tu far non vuômi.
27. Ma, da che Dio in te vuol che traluca

Tanto sua Grazia, non ti sarò scarso:
Però sappi ch'io son Guido del Duca.
28. Fu 'l sangue mio d'invidia sì riarso,'
Che, se veduto avessi uom farsi lieto,
Visto m'avresti di livore sparso.
29. Di mia semenza cotal paglia mieto.
O gente umana, perchè poni il core
Là 'v' è mestier di consorto divieto?

22. (SL) Rinselva. Guitt.: Giardino di pace, deserto di guerra... Che non sembrasse vostra terra deserto, che città sembri; e vol dragoni e orsi, che cittadini.

(F) Selva. [C] Leone chiama Roma pagana: Sylva frementium bestiarum.

23. (L) Da: che il periglio lo colga da...

(SL) Danni. Ovid. Met., V: Venturi nuntia luctus.

24. (L) Anima: Rinieri. compreso.

Ebbe:

(SL) Raccolta. Par., X, t. 27: Le nuove note hanno ricolle. Bocc.: La sua effigie raccolta, chi egli fosse.... mi ricordai.

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cisque bonis non secius uritur Herses, Quam cum spinosi signis supponitur herbis; Quae neque dant flammas, lenique tepore cremantur. — Lie10. Stat., II: Rebusque aegrèscere laetis. Vite ss. Padri: Quanto più quelli a cui si ha invidia, migliora, tanto più l'invidia s'accende. — Livore. Stat.: Livida tabes invidiae.

(F) Riarso. Albertano: L'invidia, colui che la porta seco, arde. Cypr.. de zel., el liv., 11: Livoris ignibus.

29. (L) Cotal: tal pena ho. - Là : in / beni che, a goderli, bisogna vietarne il consorzio con altri.

Masi.

(SL) Consorto. Dino, pag. 20, ediz.

(F) Mieto. Prov., XXII, 8: Chi semina iniquità, mieterà mali. Psal. CXXV, 5: Chi seminano in lagrime, in gioia mieteranno. Ad Gal., VI, $: Quel che seminerà l'uomo, quello altresi mietera. Eccli., VII, 3: Non seminare mali ne' solchi della ingiu

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