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23. Morti li morti, e i vivi parén vivi.
Non vide me' di me chi vide il vero,
Quant' io calcai finchè chinato givi.
24. Or superbite, e via col viso altero,

Figliuoli d' Eva; e non chinate 'l volto,
Sì che veggiate il vostro mal sentiero!
25. Più era già per noi del monte vôlto,

E del cammin del Sole assai più speso,
Che non stimava l'animo non sciolto;
26. Quando colui che sempre innanzi atteso
Andava, cominciò:
· Drizza la testa;

Non è più tempo da gir sì sospeso.
27. Vedi colà un Angel che s'appresta

Per venir verso noi: vedi che torna

Dal servigio del dì l'ancella sesta.
28. Di riverenza gli atti e 'l viso adorna,
Si che i diletti lo inviarci 'n suso.
Pensa che questo dì mai non raggiorna.

23. (L) Me': meglio. — Givi: andai. (SL) Vero. Ovid. Met, VI: Verum taurum, freta vera putares. — Chinato. Stanno le sculture sul suolo, perchè gl'incurvati dalla soma le guardino Givi Come audivi per udii (lof., XXVI, t. 26).

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24. (L) Superbite: insuperbite.

(SL) Superbite. Gloss. in Psal., XXXIII: Conira conditorem super bire. Via Ellissi della lingua parlata.

(F) Altero [C] Job, XV: Cucurrit adversus Deum erecto collo Eva. Lei nomina come più debole e soggetta più. Gen., III. Purg; XXIX: L'ardimento d'Eva... Non sofferse di star solo alcun velo [C] Tert. assomiglia il veto a giogo. In una prece la Chiesa: Exules filii H vae. Sentiero Semita nella Bibbia: cioè via dell'uomo nel bene e nel male.

25. (L) Più. : avevam più camminato e più tempo. Per: da. Sciolto d'attenzione.

(SL) Sciolto Purg., IV, t. 4.

(F) Speso [int] L'attenzione grande prestata dal Poeta prima a Öderisi, poi alle sculture molte, gli tolse l'accorgersi ch'egli aveva speso più tempo e fallo più giro di monte che non si aspeltasse. Ripete qui alquanto il pensiero che già più espres

samente esponeva nel IV di questa
Cantica. Quale poi fosse l'ora cor-
rente a questo punto lo dice poi.
26 (L) Colui: Virgilio. Alleso:
attento.

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(SL) Tempo. Eo, VI: Non hoc ista sibi tempus spectacula poscit. Sospeso. Par., XX, t. 29: In ammirar sospeso.

27. (L) Ancella: l'ora. Era più che mezzodì.

(SL) Ancella Ovid. Met., II: Jungere equos Tilan vélocibus imperat Horis. Jussa Deae celeres peragunt. En, I: Orbem medium nox horis acta subibat. Purg., XXII, t. 40: E già le quatro ancelle eran del giorno Rimase addietro; e la quinta era al temo.

(F) Angel Gli Angeli, dice Pietro, sono i giudizi della coscienza. Sesta [Ant.] L'ora sesta di sole, compita; giacchè dal servizio fatto ritorna. Ma il sole sorgeva in quel giorno al Purgatorio a sei ore e mezzo; dunque era passato il mez. zodi per più di mezz'ora

28. (L) : a lui Mai... miglior tempo non avrai d'espiare le colpe.

(SL) Adorna Petr.: E di lacrime oneste il viso adorna. - E d'onesta pietate ornata il νριιο.

29. I' era ben del suo ammonir uso,

Pur di non perder tempo; si che in quella
Materia non potea parlarmi chiuso.

30. A noi venía la creatura bella

Bianco-vestita, e nella faccia, quale
Par tremolando mattutina stella.

31. Le braccia aperse, e indi aperse l'ale:
Venite: qui son presso i gradi;

Disse :

E agevolemente omai si sale.

32. A questo annunzio vengon molto radi.
O gente umana, per volar su nata,
Perchè a poco vento così cadi?

33. Menocci ove la roccia era tagliata:
Quivi mi battèo l'ali per la fronte;
Poi mi promise sicura l'andata.
34. Come a man destra, per salire al monte
Dove siede la chiesa che soggioga
La ben' guidata, sopra Rubaconte,

29. (L) Chiuso: oscuro.

(SL) Ammonir. Æn., VI: Sed comes admonuit.. Nox ruit... nos flendo ducimus horas. — Materia Scende a dicitura più piana per meglio rilevarsi ne' versi seguenti.

(F) Tempo Purg., III, t. 26; Inf, XIII. · Coov.: Tutte le nostre brighe, se bene venimo a cercare li loro principii, procedono quasi dal non conoscere l'uso del tempo.

50. (L) La l'angelo.

(SL) Tremolando. En., VII: Splendet tremulo sub lumine pontus. Un antico Cristiano: Stellas tremulo radiantes lumine. Stella Horat. Carm, III, 9: Sidere pulchrior En., VIII: Qualis ubi Oceani perfusus Lucifer unda... Extulit os sacrum coelo.

(F) Bianco. Matth., XXVI, 3: Era l'aspetto suo come folgore, e le sue vestimenta siccome neve [C.] Job. XX Vidit duos angelos in albis.

Stella. [Ant] Questa celestiale similitudine accenna al fatto che le stelle più brillanti quando sorgono sopra un orizzonte poco prima dell'alba, appariscono splendenti di maggior luce per la maggior purez. za dell'aria in quell'ora, e scintil

lanti con molta vivacità à cagione dell' aura messaggiera dell' aurora, che suol destarsi e spirare dall' oriente. L'aria è più pura, perchè nel raffreddamento notturno si sgrava di molti vapori, che condensati, cadono in rugiada o brina; e da quel vento leggero venendo agitata, rompe e frastaglia i delicati raggi di. quelle purissime luci, che quindi appariscono tremule e fiammeggianti.

32 (F) Radi. Matth., XXII 14: Pochi gli eletti. Dante, Rime: Saranno radi Color che ua ragione intendan bene. 53 (L) Tagliata per salire.

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34 (L) Chiesa: San Miniato a Monte. Soggioga: sovrasta a Firenze.

(SL Soggioga. Per sovrastare. Par, XII, t 48: Soggiace il leone e soggioga [Goghi le sommità delle rupi, förse perche dominano le campagne soggette ] Guidata Simile ironia nel Canto VI, t. 43 del Purgatorio. - Rubaconte. Ponte su Arno fabbricato da Rubaconte da Mandello milanese, potestà di Firenze; nel 1237 (Vill., III, 27). ora Ponte alle Grazie. Varchi: La via che va da Firenze a S. Miniato si chiama costa ovvero erta.

35. Si rompe del montar l'ardita foga
Per le scalée, che si fero ad etade
Ch'era sicuro il quaderno e la doga;
36. Così s'allenta la ripa, che cade

Quivi ben ratta dall'altro girone:

Ma quinci e quindi l'alta pietra rade..
37. Noi, volgend' ivi le nostre persone,
Beati pauperes spiritu, voci

Cantaron sì che nol diria sermone.
38. Ahi quanto son diverse quelle foci
Dalle infernali! chè quivi per canti
S'entra, e laggiù per lamenti feroci.
39. Già montavam su per li scaglion' santi;
Ed esser mi parea troppo più lieve
Che per lo pian non mi parea davanti.
40. Ond' io: Maestro, di', qual cosa greve

Levata s'è da me? che nulla quasi
Per me fatica andando si riceve.

41. Rispose:- Quando i P, che son rimasi
Ancor nel volto tuo, presso che stinti,
Saranno, come l'un,

35. (L) Foga: ripida.

(SL) Foga. Buti: Foga è andamento senza trattenersi, e operamento senza tramezzare riposo. Quaderno Nel 1999 per molte baratterie fu deposto e carcerato M. Monfiorito da Padova, podestà di Firenze; e M. Niccola Accialuoli, allora priore, col consenso di Baldo d'Aguglione giudice sagacissimo e suo avvocato (di cui nel XVI del Par.!, mandò pel libro della camera del Comune, e ne trasse un foglio dove trovavasi un fatto ingiusto del quale egli era complice. Il che fu confessato da M. Monflorito; onde tutti e tre furono condannali (Dino, pag. 45). Ott.: Essendo un ser Durante de' Chermonesi doganiere e camerlingo della camera del sale del Comune di Firenze, trasse... una doga dello stalo, applicando a se tutto il sale ovvero pecunia che di detto avanzamento perveniva. Par., XVI, L. 35: Quci ch'arrossan per lo staio.

36. (L) S'allenta: men ardua; altrove rapida. Altro: superiore. Rade: qui la via è stretta; non come a San Miniato.

del tutto rasi;

(SL) Cade. Inf., XIX: Scoglio... Che appunto sovra 'l mezzo fosso piomba. Rade. En, V: Inter navemque Gyae scopulosque sonantes Radit i ter laevum interior. · III: Allas cautes projectaque saxa Pachyni Radimus.

37. (L) Voci d'angelf o d'anime.

(F) [Pauperes. S. Ambros., de Serm Dom. in monte, 1: Recte hic intelliguntur pauperes spiritu, humiles.] [C.] Cost anche Agostino.

38. (SL) Foci. Georg., IV: Taenarias... fauces. En., VI: Fauces.... Averni. Lamenti. Inf., III, 1. 8, e V, t. 12.

39 (L) Davanti: prima.

(SL) Scaglion. Di chiesa, dice il Buti. Pian. Purg., 1, t. 40.

40. (L) Nulla nessuna.. - Per: da. (SL) Riceve. Inf, XX, L. 59: Inganno ricevesse. Cic.: Dolorem accipere.

44. (L) Stinti: privi di colore o spent!. L'un dal batter dell'ala, (SL) Rasi. Conc. Trid., Sess. V: Radere il peccato

(F) Stinti. La superbia è fonte d'ogni peccato; quella tolta. gli altri

42. Fien li tuo' pie' dal buon voler sì vinti,
Che non pur non fatica sentiranno,

Ma fia diletto loro esser su pinti.
43. Allor fec' io come color che vanno

Con cosa in capo non da lor saputa,
Se non che i cenni altrui sospecciar fanno;
44. Perchè, la mano ad accertar s'aiuta,

E cerca, e trova, e quell'ufficio adempie
Che non si può fornir per la veduta:
45. E con le dita della destra scempie

Trovai pur sei le lettere che incise
Quel dalle chiavi a me sovra le tempie.
A che guardando, il mio duca sorrise.

quasi se ne vanno. E nel Poeta la superbia era difetto dominante; e lo dice nel Canto XIII, t. 45.

49. (SL) Diletto. Purg., XXVII. 43. (L) Sospecciar: sospettar.

(SL) Allor. Bella similitudine, ma più lunga che in Dante non so

gliano. Tulle belle le similitudini di
questo Canto.
Per: da.

44. (L) Perchè: onde..
45. (L) Scempie: scoste. Pur:
solo. Quel l'angelo. A che alla
qual cosa.

(SL) Quel. Purg., IX, t. 38 e 39.

Non senza perchè s'assomiglia anch'egli a bue che va sotto il giogo, per mansuefare la superbia, madre di quella incivile salvatichezza, a lui stesso tanto dolorosamente molesta. Ma quando chiama pedagogo Virgilio, non voleva egli al certo notare in questo suo Canto le ammonizioni frequenti e dell'andare a vela e a remi, e del guardare a terra, e del non perdere tempo; e il sorridere d'esso Virgilio all'atto di Dante che cerca con mano il segno cancellatogli dalla fronte. Troppe a taluno parranno le esclamazioni: E via col viso altero! 0 Ilion-0 gente umana!

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Ahi quanto son diverse quelle focil Ma a chi queste paressero difetti, e non si rammentasse le tante esclamazioni in cui prorompe senza proposito fin la prosa moderna; sarebbero compensate pur dalla bellezza del verso: Di riverenza gli atti e il viso adorna.

Delle sculture le meno potentemente accennate, sempre però con qualche parola degna di lui, sono Satana e Saul e Roboamo e Sennacherib, Erifile, e le rovine di Troja, e Tamiri. Meglio Nembrotte e Briaréo,

Niobe e Aragne: e notabile, nella rolta sotto Betulia, quel verso che pare negletto, ma fá intravvedere un gran quadro per ampia campagna: E anche le reliquie del martiró. Se men felice del solito pare la similitudine delle sepolture à terra; se troppo ritornasi sulla vivezza delle figure intagliate; l'angelo è apparizione di cielo e poche sono nel Paradiso le terzine più belle. Ma non men bello di quella è l'aprire che l'angelo affettuosamente fa prima le braccia e poi l'ale; e il togliergli dalla fronte la lettera incisa col ferro, quella che altrove dice piagu, togliergliela pur col lieve scuotere delle piùme: che significa la potente soavità della misericordia e dell'amore.

Non celestiale, ma più mesta che amara, è la parola ch' e' volge a Firenze senza pur nominarla, non per disdegno ma per compassione: la ben quidata. L'onesta anima geme delle carte e delle misure pubbliche forzate con frode a dire menzogna. Ma più amaro di questo gli è il cenno del Paradiso: E di Fiorenza in popol giusto e sano.

SUPERBIA.

Superbia nominasi da questo che l'uomo col desiderio tende al disopra di quel ch'egli è (1) La retta ragione vuole che il desiderio di ciascheduno si porti a cose proporzionate all'essere suo: e però la superbia ha manifestamente qualcosa di contrario alla ragione retta. Or il male dell'anima è passare il termine di ragione (2). Superbia é appetito d'altezza perversa (3). Il súperbo simula fortezza e ardimɛnto (4) Le quali autorità e sacre e profane comentano l'altro bel detto d'Agostino (5); Superbia celsitudinem imitatur, che vale superbia essere insieme menzogna e pedanteria, cioè imitazione del vero falsa e fiacca.

Radice di superbia è il non si assoggettare a Dio e alle norme di lui (6) Superbia è l'ultimo peccato per chi ritorna a Dio, il primo per chi se ne scosta (7). E però nel Purgatorio la superbia sta più lontana dalla cima del monte. Perchè superbia è detta peccató massimo (8), universale (9), radice di tutti (40), di tutti inizio (41). Senza titolo di superbia non troverai peccato veruno (12). Nessun peccato può nè polette essere senza superbia, nè potrà (43). Ell'è dunque dall' un lato peccato distinto, dall'altro origine degli altri, in due. modi: perchè gli altri mali possonsi volgere a fine di superbia (44), e perchè l'uomo superbo, abituandosi a sprezzare ogni norma di moderazione, si rende più facile, ogni maniera di caduta: chè quantunque possa l'uomo per dispregio orgoglioso infrangere tutta sorta precetti, non è già che sempre l'infranga per questo, ma lo può anche per ignoranza o infermità (45). A convincere della gravità della superbia, Dio punisce taluni permettendo che cadano in falli di concupiscenza, i quali benchè siano meno gravi, portano

seg.

(1) Som, 2, 2, 162; Isidoro, Et., X. (2) Dyon., de Div. Nom., IV.

(3) Aug., de Civ. Dei, XIV.

(4) Arist. Eth., III.

(5) Confess., II.

(13) Prosp., de Vit. cont.

(14) Som., 2, 2, 132.

(15) Som., 2, 2, 162. Aug., de Nat. et Gr, XXIX: Multa perperam fiunt, quae non funt superbe. Nel medesimo luogo

(6) Sum., 2, 2, 162; Eccli., X, 18 e la Somma: Superbia è il più grave de'

(7) Glos. in Psal. XVIII. (8) Glos. in Psal. CXVIII. (9) Glos. in Psal VII. (10) Som., 2, 1. (11) Eceli., X.

(12) Aug., de Nat. et Gr.

peccati, in quanto accresce agli altri peccati gravità, che per essa il peccato slesso del non credere si fa più grave se venga da dispregio superbo, che se pro. ceda da ignoranza o da infermità, e il simile dicasi del disperare e degli altri mali.

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