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Tristi destini del Genio! Rarissimo dono del cielo, privilegiato di tanta potenza, quanta valga a sovvenire alla comune fralezza delle umane generazioni, raggiante di tanta luce, quanta sia necessaria a vincere le tenebre de' secoli, mentre intende a compiere l'opera della missione benefi ca a cui lo volle la Providenza sortito a far pieni i suoi alti destini, il più delle volte da' contemporanei altra mercede non ha che di non curanza, d' irrisione, di miseria, o di prigione, di esilio, di morte. Poi quando i frutti mirabili che n' uscirono ricordano il benefizio dell' opera sua, tutti i cuori a un tratto si commuovono a riconoscenza, e tutte le menti si levano in ammirazione: a gara le città si contendono il vanto d' avergli data la culla, e a gara s'adoprano a fregiarne di marmi e di corone la tomba.

Allora se ne cercano con infinito amore i preziosi volumi, e quasi a compenso dell'oblio in che mal furono lasciatí tanto tempo sepolti, ognuno si avvisa di derivarne più vivi raggi di luce, ognuno fa stima di scoprirvi più peregrine bellezze e più alte verità: mentre che il Genio, quasi come a vendetta, quanto gli venne più tarda dai posteri la riconoscenza, tanto tien loro più nascosto il suo volto e fa loro più arcana la sua parola.

Così interveniva al padre delle lettere greche; e per rendere la prima delle tante somiglianze che poi sorgere doveano fra i destini di Grecia e d'Italia, così incontrò similmente al padre della poesia italiana.

Omero nacque povero, visse errante, morì cicco, e le tenebre de' tempi copersero fin la memoria della sua culla e della sua tomba. Oscuri cantori pellegrinanti divulgarono d'una in altra contrada i suoi poemi, forse guadagnando per essi quell'obolo, che all'autore era stato negato. Indi vôlti più secoli, i legislatori di Sparta e di Atene li raccoglievano e li tramandavano ai posteri, e ben sette città volcano l'altissimo poeta loro cittadino, e gli oratori e i filosofi facevano tesoro del vero e del buono di sua sapienza, e i poeti e gli artisti ne derivavano alle lor creazioni gli esemplari del bello, intanto che gli aristarchi e gli scoliasti lo facevano segno alle loro speculazioni, a' loro vaneggiamenti.

Così Dante, infelice fin dalla gioventù per lo perduto amore, infelice nei servigi voluti rendere alla patria, sconosciuto da' concittadini, dannato al fuoco, vituperato di baratteria, perduti gli scritti, perseguitato per essi, interrotto negli studi, fuoruscito, errante, povero, forse mendico, solo, scherno di buffoni, trastullo di principi, spirò nell' afflizione quell' anima, che penetrando negli abissi dell' eterno dolore, ascendendo il monte dell' espiatrici speranze, poggiando alle sfere degl' immortali contenti, avea descritto fondo a tutto l'universo e creata la più dolce delle favelle e la più grande delle epopee de' secoli moderni. Poscia quando al merito più non giovano, gli si accumularono sulla tomba gli onori: e quante città pellegrino errante l'accolsero, e quante gli furono nemiche emularonsi a celebrarne coi monumenti la gloria: e pittori e poeti, com' egli Virgilio, così lui fecero lor duce e maestro: e del suo divino poema con assidua vicenda gli amanuensi moltiplicarono i codici, e la stampa riprodusse a più centinaja l'edizioni, e nobilissimi ingegni rinnovarono ad ogni tratto le illustrazioni e i commenti, quanto forse, tranne la Bibbia, a niun'opera nè antica nè moderna non fu fatto giammai per tutto il mondo incivilito (1).

Primi, lui morto appena, imprendevano a chiosare le arcane sue cantiche i propri famigliari; indi Giovanni Boccaccio e Benvenuto Rambaldi da Imola e Filippo Villani e Francesco Filelfo, a ciò stipendiati dalla repubblica, lò venivano sponendo al popolo nella chiesa di santo Stefano in Firenze; siccome Francesco da Buti in Pisa, Filippo da Reggio in Piacenza ed altri il leggevano o commentavano

in altre città, tutti nello stesso secolo decimo quarto. Ma crederemo noi che abbiano essi potuto sporre aperta al tutto ed intera la sentenza del fiero Ghibellino, quando era affatto spento ancora ogni lume di critica, e ancor ferveano quelle medesime ire di parte, e ancor vivea quella medesima generazione, che lo aveva perseguitato, e che egli aveva dannata a perpetua infamia?

Seguiti poscia i tempi della cieca credenza e de' superstiziosi vaneggiamenti, quando il giurare nelle parole del maestro era il canone primo della critica, quando il dissentire dalla sentenza de' padri era dannabile empietà, poteva il vindice poema dell' esule infelice sortire commenti più conformi alla ragione ed al vero? Certo e il Landino è il Sansovino e il Vellutello e il Daniello e gli altri di que' tempi ebbero sui primi spositori ben lieve vantaggio: nè maggiore averne poterono il Volpi ed il Venturi vissuti nell'età che vide recata al divino Allighieri l'onta invereconda delle Lettere Virgiliane.

Lo spirito analitico e indagatore che negli ultimi tempi seguì a riscuotere e raddirizzare le menti, insegnò alfine una critica più sagace e più sana: e della splendida luce, a cui per esso risorsero gli studi scientifici e letterari, fu tra' primi e più mirabili frutti il risorgimento del culto di Dante, la rivendicazione del vero e del buono e del bello riposto nel suo poema divino.

Da quando il Pelli recava nella vita di lui il lume di nuove ricerche, e il Dionisi toglievasi ad illustrare in esso la virtù dell'uomo, e il Gozzi la sapienza del poeta, e il Napione la scienza del teologo, e il Ferroni quella del fisico, e il Perticari l'amor patrio del cittadino, e il Cesari le grazie dello scrittore; da quando il Varano, l'Alfieri ed il Monti resuscitavano tra le canore arcadiche ciance le severe ed altissime armonie della sua musa, tutta Italia divenne tempio delle glorie di lui.

Ne v'ebbe quasi città che non adornasse il suo divino poema di nuova veste, e quasi ad ogni anno furono veduti ingegni egregi recargli il tributo di nuovi studi. Il Lombardi, il Portirelli, il Poggiali, il Biagioli, il Rossetti, il Costa, il De-Romanis, il Brocchi, lo Scolari, il Federici, il Maffei, il Borghi, il Martini, il Tommaseo.... ne ajutavano la lettura con nuovi commenti. Il Marchetti adoperava a diciferare gli enimmi della Selva allegorica, e il Troya e l'Azzolino e il De-Cesare con bella gara intendevano alla interpretazione

del mistico Veltro. Il Rossetti s' avvisava di rivelare nel pocta il precursore della Riforma, l'Azzolino il debellator della barbaric, lo Scolari e lo Zinelli l'apostolo della religione. L' Arrivabene scopriva nel poema la storia del poeta e del suo secolo: il Foscolo ricercava nel poeta e nel suo secolo la storia del poema: e finalmente il Balbo, eletto il meglio di tutti, al magnifico monumento dall' età nostra consacrato in Italia all'altissimo poeta, colla sua lodatissima Vita poneva il colmo (2).

Nè minore è per Dante la riverenza negli stranieri.

La Francia a disdir la bestemmia del cinico di Ferney gli offerisce nei Ginguené, nei Merian, nei Fauriel, negli Ampére, nei Tarver, nei Lenormant, nei Villemain, nei Dreuille, nei Gourbillon, negli Aroux, nei Brizeu, nei Delecluze, negli Ozanam, negli Artaud, l' omaggio di valenti traduttori ed illustratori.

Alcuni gliene presenta fin la remota Bretagna: molti ed assai benemeriti gliene mostra la dotta ed operosa Germania in quei chiari ingegni dei Blanc, dei Kannegiesser, dei Strekfuss, dei Leo, dei Förster, dei Köpisch, dei Witte, emuli generosi di quel loro dottissimo principe, che mal velato sotto i nomi di Filalete e di Hell, accresce di nuovo splendore le glorie del sangue reale di Sassonia: e nelle università di Berlino, Bonna, Königsberg, Breslavia ed Halla il sacro poema riceve il culto della pubblica lettura e spo

sizione.

Se non che, dopo tante fatiche, possiamo noi dire_esaurito alla fine il campo della illustrazione di Dante? possiamo noi gloriarci d'avere una volta squarciato interamente quel velo onde lo sdegnoso suo genio si coperse? La stessa moltitudine de' nuovi sforzi che ne furono fatti e tuttogiorno si fanno, è argomento che forte ne induce a dubitarne.

II.

Di tutti i luoghi della Divina Commedia, dove in più lunghi studi esercitossi l'acume degli spositori, e dove ne occorrono tuttavolta a vedere più discordi le opinioni e più fallaci i giudizi e più necessaria l'opera di nuove investigazioni, il principale si è quello della Selva allegorica, che è a un tempo il fondamento e il vestibolo di tutto il mirabile edifizio.

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