Storia del sonetto italiano

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G. Principato, 1896 - 115 pages
 

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Page 85 - Chiare, fresche e dolci acque, ove le belle membra pose colei che sola a me par donna; gentil ramo ove piacque (con sospir mi rimembra) a lei di fare al bel fianco colonna; erba e fior che la gonna leggiadra ricoverse co l'angelico seno; aere sacro sereno ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse: date udìenzia insieme a le dolenti mie parole estreme.
Page 104 - Silvia, rimembri ancora Quel tempo della tua vita mortale, Quando beltà splendea Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, E tu, lieta e pensosa, il limitare Di gioventù salivi? Sonavan le quiete Stanze, e le vie dintorno, Al tuo perpetuo canto, Allor che all'opre femminili intenta Sedevi, assai contenta Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Page 105 - Io gli studi leggiadri Talor lasciando e le sudate carte, Ove il tempo mio primo E di me si spendea la miglior parte D'in su i veroni del paterno ostello Porgea gli orecchi al suon della tua voce, Ed alla man veloce Che percorrea la faticosa tela.
Page 103 - Roma d'un velo candidissimo adornando, rendea nel grembo a Venere Celeste: ma più beata ché in un tempio accolte serbi l'Itale glorie, uniche forse da che le mal vietate Alpi e l'alterna onnipotenza delle umane sorti armi e sostanze t'invadeano ed are e patria e, tranne la memoria, tutto. Che ove speme di gloria agli animosi intelletti rifulga ed all'Italia quindi trarrem gli auspicj. E a questi marmi venne spesso Vittorio ad ispirarsi. Irato a...
Page 104 - Sonavan le quiete Stanze, e le vie dintorno, Al tuo perpetuo canto, Allor che all'opre femminili intenta Sedevi, assai contenta Di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso: e tu solevi Così menare il giorno.
Page 102 - Io quando il monumento 155 vidi ove posa il corpo di quel grande che temprando lo scettro a' regnatori gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela di che lagrime grondi e di che sangue; e l'arca di colui che nuovo Olimpo 160 alzò in Roma a' Celesti; e di chi vide sotto l'etereo padiglion rotarsi più mondi, e il Sole irradiarli immoto, onde all'Anglo che tanta ala vi stese sgombrò primo le vie del firmamento: 165 — Te beata, gridai, per le felici aure pregne di vita, e pe' lavacri che da' suoi...
Page 62 - Italia, Italia, o tu cui feo la sorte Dono infelice di bellezza, ond' hai Funesta dote d'infiniti guai Che in fronte scritti per gran doglia porte; Deh fossi tu men bella, o almen più forte, Onde assai più ti paventasse, o assai T'amasse men chi del tuo bello ai rai Par che si strugga, e pur ti sfida a morte!
Page 105 - ... d'in su i veroni del paterno ostello porgea gli orecchi al suon della tua voce, ed alla man veloce che percorrea la faticosa tela. Mirava il ciel sereno, le vie dorate e gli orti, e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Page 110 - NELL'ANNUALE DELLA FONDAZIONE DI ROMA Te redimito di fior purpurei april te vide su '1 colle emergere dal solco di Romolo torva riguardante su i selvaggi piani : te dopo tanta forza di secoli aprile irraggia, sublime, massima, e il sole e l'Italia saluta te, Flora di nostra gente, o Roma.
Page 83 - Donna mia, Che per sua cortesia Ti farà molto onore . Tu porterai novelle di sospiri Piene di doglia, e di molta paura: Ma guarda, che persona non ti miri, Che sia...

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