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Biblioteca Angilioan

COMMEDIA

DI

DANTE ALLIGHIERI

CON RAGIONAMENTI E NOTE

DI

NICCOLÒ TOMMASEO

Biblioteca
Angelica

MILANO

FRANCESCO PAGNONI, TIPOGRAFO EDITORE

1865

Biblioteca Angelica

PROEMIO.

Molto fu scritto intorno al secolo e al poema di Dante, molte nuove bellezze nel suo canto scoperte, molte preziose notizie ad illustrarlo raccolte; onde pare che nulla o poco rimanga a sapere più oltre di lui, del suo libro, dell' età nella quale egli visse. Ma cosiffatta è la natura delle cose grandi, che di quanta più luce si rischiarano intorno, più nuove appariscono, e più arcane; laddove i piccoli oggetti, le tenebre e il dubbio giovano a rinvolgerli di maestà. Più studiasi l'anima di Dante, e più varia riesce l'armonia degli elementi che ne costituiscono la grandezza: più studiasi quel secolo, irradiato da tanta luce di storia, di tradizioni, di poesia; e cresce il desiderio di penetrarvi più addentro, di riguardarlo da' lati men luminosi, che non sono i meno importanti, di cercare le cagioni d'effetti così singolari, e gli effetti di sì memorande cagioni. Quando l'erudizione e la scienza hanno investigato, meditato; allora sorgono, quasi rampolli appiè del vero, altri dubbi. Non è del nostro intendimento penetrare quanto ha di più

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recondito la natura d'uomo e di secolo così fecondi: ma non saranno qui forse inutili alcuni cenni a indicare con quale disposizione convenga leggere i libri di Dante. Nè le dichiarazioni storiche, nè le estetiche considerazioni, nè le note diligentissime basteranno a dare a conoscere l'anima dell' Allighieri, che è l'anima che agitava il suo secolo, se il lettore con la propria meditazione non se ne crea a poco a poco un concetto, e non sa collocarsi nel vero punto a contemplare l'uomo interprete de' dolori di un popolo.

Chi è egli dunque l'autore che, postosi accanto al soglio della giustizia sapientissima, sentenzia buoni e rei, gli uni esalta e beatifica, gli altri aggrava di tormento e d'infamia? Chi è egli il guerriero scienziato, l'amante teologo, il magistrato poeta, il giudice delle nazioni e dei re? Perchè tante contradizioni nella sua natura, nelle opere sue tanti toni diversi? Ora giusto come spirito più che umano, ora implacabile quasi demone, or tenero come amante? A conoscere que

st'uomo tutti gl' indizii son preziosi: dispersi, accrescono le contradizioni; raccolti, le vengono conciliando.

Leggiamogli parte del suo segreto nel volto. Miriamo quella fronte alta, pronta a contrarsi alla meditazione, a aggrottarsi allo sdegno; quelle guance alquanto incavate, quel mento sporgente, che dicono vigore e accensibilità: dall'aria altera della fisonomia non so che di posato, di raccolto, e (in profilo riguardandola) di malinconico e di pietoso. Non un pensiero solo, un affetto, da quel volto traspare: que' lineamenti che, leggermente considerati, o infedelmente ritratti, non spirano che la ferocia e la rabbia; la gravità, la sicurezza, il dolore, li modellano a espressione più varia e più profonda. Tu vi leggi un animo ardente, ma signore del proprio pensiero, ma rinchiuso in sè tanto da non lasciar prorompere invano scintilla del fuoco che lo divora; ma disposto a sentire in mezzo all'ira e all' orgoglio i più miti e nobili affetti; accessibile alla compassione che ama, al dolore ch'esalta l'anima, e la rende migliore. Ognuno avrà conosciuto fisonomie somiglianti a questa di Dante, e, nonchè impresse de' segni del rancore, informate a indulgenza e a pietà. Tale era l'amante di Beatrice negli anni più belli, quando il dolore di un affetto solitario e le cure della repubblica sole gli agitavano il cuore: nè, prima delle umiliazioni che avvelenarono lo scorato suo esilio, si svolse in lui quello sdegno feroce che poi pullulò sì robusto. E quando io riguardo attentamente que' lineamenti che mi si offrivano alterati dall'ira, riconosco in essi il cantore di Francesca, di Matilde, di Beatrice, tanto chiaramente

quanto il nemico di Filippo e di Bonifazio. Questa quasi commistione di due contrarii elementi, la sensibilità dell'ira e la sensibilità dell'amore, è come il fondo della natura di lui; le sono due corde dalle quali esce, or alterna e or unita, la potente armonia.

E l'attitudine che domina in quell'aspetto, che dà rilievo a tutte le qualità dell'uomo e del poeta, si è la fermezza: quella fermezza che, accoppiata all'amore, gl' ispirava nella grave età un lungo inno trionfale di gloria alla giovanetta del suo cuore, perduta negli anni più spensierati; quella fermezza che, accoppiata alla giustizia, lo costituiva giudice de'nemici e degli amici; che, accoppiata al dolore, gli faceva sotto alle mutate opinioni tenere nel fondo dell'anima i sensi stessi; che, accoppiata all' orgoglio, lo rispingeva dalle mura desiderate della terra natale, la qual egli sdegnava racquistare a prezzo di viltà; quella fermezza che, accoppiata all' amore di patria e di vendetta, non gli permise porre mai giù la speranza, lo spinse di provincia in provincia, di corte in corte; e, ributtatone, ve lo ricondusse non tanto per mendicarne un ricetto, quanto per arrotare la più possente delle armi, la parola armoniosa, che doveva echeggiare per tanta via di spazii e di tempi; quella fermezza che diede forme giganti all'edifizio della sua imaginazione, e tutte le parti sin dal primo ne predispose, e le architettò fortemente; e avventò rigido, intero, diritto, come saetta, quel verso variissimo, e nell'apparente negligenza sempre ponderato e sicuro.

Da questa dote un'altra gliene veniva, ch'è l'essenza dell'uomo onesto, così come

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