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Se disiassim' esser più superne,

foran discordi li nostri disiri

dal voler di Colui, che qui ne cerne: Che vedrai non caper in questi Giri, s'esser in Caritate è qui necesse ; et se la sua natura ben rimiri: Anzi è formale a questo Beato esse tenersi dentr' a la Divina voglia; perc' una fansi nostre voglie stesse. Si che, come noi sem di sollia in sollia: per questo Regno, a tutto 'l Regno piace; com' a lo Re, c'a su' voler ne 'nvoglia: Et la sua volontà è nostra pace:

ell' è quel Mare, al qual tutto si move, ciò ch' elli cria, o che Natura face. Chiaro mi fu allor, com' ogni dove

in Cielo è Paradiso; et sì la Gratia

del sommo Ben d'un modo non vi piove. Ma, sì com' elli avien, s' un cibo satia,

et d'un altro rimane ancor la gola ; che quel si chiere, et di quel si ringratia: Così fec' io con atto et con parola,

per apprender da lei qual fu la tela, onde non trasse insino a co' la spola. Perfetta vita, et alto merto Incela

Donna più su, mi disse: a la cui norma nel vostro Mondo giù si veste et vela;

;

Perche'nfin al morir, si vegghi et dorma con quello Sposo, c'ogni Voto accetta, che Caritate a su' piacer conforma. Dal Mondo, per seguirla, giovinetta fuggimmi; et nel su' abito mi ́chiusi et promisi la via de la sua Setta. Huomini poi, a mal più c'a ben usi, fuor mi rapiron de la dolce chiostra : Idio si sa, qual poi mia vita fusi. Et quest' altro Splendor, che ti si mostra da la mia destra parte; et che s'accende di tutto il lume de la Spera nostra ; Ciò, ch' i' dico di me, di sè intende: Sorella fu; et così le fu tolta

di capo l'ombra de le Sacre bende. Ma poi che pur al Mondo fu rivolta, contra su' grado, et contra buon' usanza; non fu dal vel del cor giammai disciolta. Quest' è la Luce de la gran Gostanza; che, del secondo vento di Soave, generò 'l terzo et l'ultima Possanza. Così parlommi: et poi cominciò, Ave, Maria, cantando; et cantando vanio: come per aqua cupa cosa grave. La vista mia, che tanto la seguio quanto possibil fu, poi che la perse, volses' al segno di magior disio :

Ed Beatrice tulta si converse:

ma quella fulgurò nel mio sguardo, sì, che da prima il viso non soferse: Et ciò mi fece a dimandar più tardo.

CANTO QUARTO.

INTRA due cibi, distanti, et moventi d'un modo; pria si morria di fame, che liber huomo l'un recasse ai denti. Sì, si starebe un agno, intra due brame di feri lupi, igualmente temendo;

sì, si starebe un cane intra due dame. Per che, s'i' mi tacea, me non riprendo, da li miei dubi d'un modo sospinto, (poi ch' era necessario), nè commendo. I' mi tacea: ma 'l mio disir dipinto

m'era nel viso, el dimandar con ello; più caldo assai, che per parlar distinto. Fèssi Beatrice, qual fe' Daniello; Nabuccodonosor levando d'ira, che l'avea fatto ingiustamente fello: Et disse: I'vegio ben come ti tira uno et altro disio; sì, che tua cura sestesso lega sì, che fuor non spira.

Tu argomenti: Se 'l buon voler dura, la violentia 'ltru', per qual ragione

di meritar mi scema la misura ? Ancor di dubitar ti dà cagione

parer tornarsi l'anime a le Stelle, secondo la sententia di Platone. Queste son le question, che nel tu' velle pontano igualemente: et però pria tratterò quella, che più à di felle. De' Serafin, colui che più s'India, Moisè, Samuel; et quel Giovanni, qual prender vuoi; i' dico, non Maria, Non anno in altro Cielo i loro scanni, che quelli Spirti, che mo t' appariro ; nè anno a l'esser lor più o men anni: Ma tutti fanno bello il primo Giro;

segno

et differentemente àn dolce svita, per sentir più et men l'eterno Spiro. Lì si mostraro, non perchè sortita sia questa Spera lor; ma per far de la Celestial, c'à men salita. Così parlar conviensi al vostro ingegno; però che solo da sensato apprende, ciò che fa poscia d'intellecto degno. Per questo la Scrittura condescende a vostra facultate; et piedi et mano attribuisce a Dio, et altro intende:

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