55 Con segno di vittoria incoronato. D'Abel suo figlio, e quella di Noè, Di Moisè legista ; e l'ubbidiente Israele col padre e co' suoi nati, E con Rachele, per cui tanto fe : E vo' che sappi, che dinanzi ad essi Spiriti umani non eran salvati. Ma passavam la selva tuttavia, 60 65 a visione che vide: In hoc signo vinces. 64. Al perchè di questo verso si dà il Segno poi è insegna (Inf. III, 52 not.), valore di sebbene ec. e al senso torna stendale, vessillo, gonfalone: Lat. Si- acconcio. Avvegnacchè la voce sia da cognum, o Vexillum dimin. di velum. Or si prendere in certi luoghi, non però ne Cristo disceso agl'inferi portava la Croce; sembra al postutto necessario che tal si perchè, com'è già detto, su quel legno prenda anche qui: dove, considerando il trionfò della morte,e compì la redenzione. verbo seguente (qual ne par essere ve Incoronato. Con tutto che Cristo si ramente come imperfetto congiuntivo chiamasse Rex gloriae, non è però da postovi per l'indicativo, a non ripeter credere, che apparisse agl'infernali in- due volte lo stesso modo: lasciavam..... coronato d'altro, che delle spine, le qua- diceva; e considerando altresì valer perli egli portò nella passione: e queste ac- chè, per ciò che, per questo che, l'esprescrescevangli nel trionfo più maestà, che sione viene naturalmente: Non lasciase oro finissimo e gemme le più preziose vam l'andare per questo ch' ei diceva. la divina fronte cinta gli avessero. Il cioè: Non per questo ch'ei diceva noi Beato Jacopone da Todi dice, che in die lasciavam l' andare ec. judici gli angeli stando da lato a Cristo: Di dicessi per dicesse Vedi Inf.IX, 59. Ne additeran le piaghe del costato, 65. Tuttavia. Io Provenz. Tota via val sempre.Quindi i nostri scrittori l'adoIl gran nemico delle umane genti perarono in tale significanza. (Tasso Gerus. liber. IV, 11) dice: Ristoro d'Arezzo, Lib. I, cap. 2: Eve demo slelle variate de coluri e vedemo Ei (Cristo) venne, e ruppe le tartarce porte E porre osò ne' regni nostri il piede, stelle che non se delonga l'una delle alE trarne l'alme a noi dovute in sorte, tre e stanno tuttavia in uno essere. E riportarne al ciel si ricche prede Vincitor trionfando, e, in nostro schemo, Cioè, sempre in uno stato ec. Egidio CoLe insegne ivi spiegar del vinto inferno. lonna, Del govern. de' princ., Lib. III, È della cristiana credenza, che il Fi- part. II, cap. XI: E così disse il tirangliuol dell'uomo verrà nel dì del finale no al fratello, non posso io essere lieto Giudizio: in nube cum potestate magna mi dotto (temo ec.) di morte per le gran nè fare bella cera, chè lullavia (sempre) (UN POSSENTE) et majestate (INCORONATO). A questa medesima podestà accenna ii villanie ch'ho falle al mio popolo ec. Poeta (Inf. VI, 96) con le parole: Bou. Giamb. Volg. Tesor. Lib. I, cap. Quando verrà la nemica podesta. XVI: Perciò fece Domeneddio l'uomo in Ed ecco: tal maniera, che la sua veduta isguaril Possente di tuttavia in alto, per significanza Con segno di vittoria incoronato. della sua nobilitade. Qui è chiaro che . 70 Non era lungi ancor la nostra via Di qua dal sommo, quand' io vidi un foco, Ch' emisperio di tenebre vincia. Ma non sì, ch' io non discernessi in parte, Ch' orrevol gente possedea quel loco : Questi chi son, ch' hanno cotanta orranza, 75 tuttavia vale sempre; altrimenti potreb- l'un de' canti egli e il suo Duca si trasbe lemersi non venisse tempo, in cui sero (v. 115): l'uomo nascesse per vivere con la testa In luogo aperto luminoso ed alto e col viso basso e inchinato alla terra, Si che veder si potén tutti quanti. come, per ispeciale privilegio, fanno i Di questi due versi il primo dipinge la grasliasanti e gli spigolistri. Ivi, Lib. II, stessa immagine dell'addotto: cap. XXXVI. Lo fuoco, ch'è in sopra, si Largior hic campos aether et lumine vestit ec. ha una stremilade, che tutlavia va in avvegnacchè Dante non ci dica se quella suso. Libro di Cato: Non credere tut- luce vi si diffonda da sole e da stelle, o tavia ciò che t' è detlo. Semprebene da vi si faccia splendere da Dio, che non la Bologna: nega alle anime sublimi. Non è in fortuna tuttavia lo Faro 74. Orranza, onoranza, onore; come E presso a notte viene giorno chiaro. orrevole Via vale anche piata, volta (a); onde per onorevole: tutlavia è lo stesso che tuttafata, tul Così il Poeta in questa cantica XXVI,6: E tu in grande onranza non ne sali. tavolta, ovvero ogni volta, ogni fiata È cioè sempre. Messer Polo: voce presa dal provenzale, che ha prettamente onranza nella medesima acLa gran nobilitate Che in voi, donna, ho trovata, cettazione. Romanz. di Flameca: E prega 'l fort que il faza on ranza. E pregal forte che gli faccia orranza. Gli antichi dissero eziandio orrato per 67 e segg. Anche l'Elisio de' pagani onorato e disorrato per disonorato. Fra era alluminato dal suo sole e da splen Guittone: denti stelle. Virgilio VI, 640: E chi più chier dovizia Più appo Dio è mendico e disorrato. Salvo poche eccezioni, abbiamo potuLe tenebre ai rei ; la luce, più bella nomi tratti da' verbi, secondo che questi to osservare che, appo i nostri antichi, i creatura di Dio, pensarono gli antichi fossero della prima, o della seconda, o ben si convenisse agli spiriti grandi, che della terza coniugazione,cadevano in andisnebbiarono il proprio intelletto, ed ornarono l'altrui mente di luminose dottri- za, enza, izione: come speranza, fidanne. Il nostro Poeta come vi fu entro ve za, sembianza, tardanza ec. da sperare de un prato di fresca verdura, dov'era- fidare ec.; temenza, polenza ec. da teno Platone, Aristotele, Omero ec. e dal-mere, potere ec. nutrizione, fruizione ec. no Platone, Aristotele, Omero ec. e dal- da nutrire, fruire. Talvolta ebbero l'una (a) Di qui è che in matematica s'usa 5 via 4 ec. e l'altra cadenza, secondo che si derivaper significare cinque volte quattro. Nè la voce rono dal verbo latino, o dall'italiano muvia è d'uso recente; chè Dante in dett' accetta- tato di una in altra coniugazione: come, zione la prese nella Vita Nuova: Siccome vede Confidenza da confidere e confidanza da mo manifestamente che tre via tre fa nove. (b) Trovare per poetare, comporre versi ec., confidare; parlenza da parlere per par. donde il nome di Trovadore. tire. 80 E quegli a me : l'onrata nominanza Che di lor suona su nella tua vita, Grazia acquista nel ciel, che si gli avanza. Onorate l' altissimo Poeta: L'ombra sua torna, ch'era dipartita. Vidi quattro grand' ombre a noi venire : Sembianza avevan nè trista, nè lieta. 83 Anticamente furono in uso fallanza, Quindi nominanza, per lode,rinomandottanza, oblianza, pesanza, beninan- za, fama. za, malenanza, gravanza, tempeslan- Virg.: zQ, allegranza, amanza, pietanza, a- Semper nomen tuum laudesque manebunt. dornanza, sicuranza, confidanza, ac- dove nomen... laudesque equivalgono a cordanza, disperanza e moltissimi altri laudatum nomen, l'onorata nominanza caduti in disuso; ma ognun vede che al- del nostro Dante. Ja loro stagione non ebbero coteste voci 78. Avanza. Avanzare è accrescere, meno titoli di correre per le buone scrit ingrandire, esaltare (a). ture, che si abbiano oggidi le altre tar Ranieri da Palermo (1230): danza, costumanza, usanza ec. V. la La vostra bella cera not. seguente. Se mi dona d'amore sembranti Sarò tra gli altri amanti più avanzato. 76. L'ONRATA ec. onrato e orrato per onorato dissero frequentemente i con- Perd, bella, temendo Voi laudo in mio cantare; temporanei di Dante e gli scrittori ante Chè certo credo che poco saria riori a lui. Pacino Angiolieri: Ciò, ch'io di ben dicendo, Ond’io orrato più ch'altri mi tegno. Potesse voi avanzare, Giovanni dall'Orto (1250): Vostro gran pregio v'avanza ed invia. Non mai avrò in oblio Nel Tesoro del Latini si accenna la Quant'ella m'ave onrato. Onrare per onorare. Ancora: preminenza, che de' cinque sensi l'uno Cui amor si altamente onrasse. ha sull'altro, avendo la natura collocato Fra Guittone scrivendo ad Onesto Bo- ciascuno di essi in quella sede che, selognese: condo il suo ufficio, più gli si conveniva. Vostro nome, Messere, è caro e onrato Lib. I, Cap. XV: E siccome l'uno avan Lo meo assai ontoso é vil. l'uno chiamavasi Onesto e l'altro Guittone. cosi avanza l' uno l'altro per virtude. za l'altro ed ha orranza di stallo (sede), Inf. XXVI, 6: Dante dall'ordine de' cinque sensi passò E tu in grande onranza non ne sali. Orrevol genle (v. 72) dice il Poeta a a quello de' cinque illustri poeti, ed egli Platone, Aristotile, Omero, Virgilio, Ce: fu sesto tra cotanto senno: sesto per priosare e simil fiore di uomini. Noi diamo rilà di tempo che gli altri ebbero sopra dell'onorevole a tulti!—Provenz. Onrar. di lui, ma non ultimo rispetto ai sublimi Fra Guittone scrisse disorrato per diso- voli del suo genio immortale che poetiznorato: za come amor gli spira nell'intimo senE chi più chier divizia so della coscienza. Da senso a senno, Più appo Dio è mendico e disorrato. che in antico valser tutt'uno, fu agevole Nominanza. Nominare per lodare, de- il trapasso. V. Inf. VIII, 7. cantare ec. Loffo Bonaguidi: Mostra ragion, come non è possente (a) Avanzare per innalzare, aggrandire, leNomar vostre bellezze ad uomo nato; vare a cielo ec. Lat. laudibus efferre ec. Con Chè Iddio vi formò pensatamente quali lodi potremoti noi avanzare? Brun. LatiOltre a natura, e oltre a uman pensato. ni, Oraz. per M. Marcello. 90 Mira colui con quella spada in mano, Che vien dinanzi a' tre, sì come Sire. L'altro è Orazio satiro, che viene, Ovidio è 'l terzo, e l'ultimo è Lucano. Nel nome, che sono la voce sola, Fannomi onore; e di ciò fanno bene. Di quel Signor dell' altissimo canto, 95 87. Già Lucrezio Caro (III, 1049) avea ron titoli comuni ai principi ed ai condetto di lui: dottieri degli eserciti (a). Adde Heliconiadum comites, quorum unus Ho- Qui dunque si chiama Omero princiSceptra potitus. (merus pe dell'epopea e duce che va a capo di Orazio Lib. IV, od. IX, 5: quanti dopo lui dieder fialo all' epica Priores Moconius tenet tromba; re de' poeti epici. Sedes Homerus. Ora, che Signore vaglia nel nostro linDante, che certo non lesse Omero nel guaggio e Re e Principe e Duce, eccone, lesto greco, potè chiamarlo Sire e Signore fra i molti che addur potremmo, i sedell' altissimo canto, nè temer d'errare, guenti esempi (V. anche Purgat. XI, 98 francheggiato dal giudizio di questi due not.). Bono Giamb. Slor. Paol. Oros., autori latini, per non dir degli altri. Lib. II, cap. X: Uno barone del re chia94. Non è da intendere de' soli cinque (a) Sallust.Catil. II: Igitur initio reges (nam in di maggior nomanza, e dopo i quali fu terris nomen imperii id primum fuit) pars ec. sesto il nostro Poeta. Stazio (Purgat. (V. Purgat. VI, 76 not.). "Cornel. Nep., Pausan. XXII, 97) dimanda Virgilio: II: Pausanias dur Spartae ec. Ed era titolo che egli si dava scrivendo a Serse con la pretensioDimmi dov'è Terenzio, nostro antico, ne di menar donna la figliuola di lui. Poco apCecilio, Plauto e Varro, se lo sai: presso (III): Huc ut venit (Pausanias) ab EphoDimmi se son dannati ed in qual vico. ris in vincula publica coniectus est. Licet enim e quegli: legibus eorum cuivis ephoro hoc facere regi. stessa persona che poco inCostoro, e Persio, ed io, ed altri assai, nanzi fu appellato dux. Se Signore valse re, se siam con quel Greco te furon detti terrarum dominos... deos, o con Che le Muse lattar più ch'altro mai, Plauto (Casin.) humani Joves; Omero fu per Nel primo cinghio del carcere cieco. Dante il signore, il re, il duce, il nume dell'epiSpesse fiate ragioniam del monte, ca pocsia. Iosonima Dante non foce che tradurCh'ha le nutrici nostre sempre seco. re il secondo verso dell'ode del libro primo d'O. Euripide p'è nosco, e Anacreonte, razio: Simonide, Agatone, ed altri piue Regina longum Calliope melos (dic) ec. Greci, che già di lauro ornar la fronte. se non che il Nostro pose Omero in luogo di Tratto veramente di mano maestra, Calliope e recò in sua favella le parole longum onde Dante pare abbia voluto ivi quasi melos per altissimo canto: quasi dicesse: Longi melos rex Homerus. Calliope v'è chiamata regiammendarsi, del non aver qui nomi na, sì perchè figlia di Giove, e si perchè i carmi nali gli altri antichi e gloriosi poeti. eroici, ai quali ella presedeva come la più anti ca e la prima delle Muse, sono ordinati alle lo95. Signor. Cino da Pistoia chiama la di de' re. Bene adunque Signore, re e quasi nuDivina Commedia libello, me dell'epopea si appella il cantore dell'Iliade e dell' Odissea: Nel y. 88, Virgilio lo addita Che mostra Dante Signor d'ogni rima. chiamandolo poeta sovrano, che (5.86 e 87), inRex, dux, imperator furono ab anti- nanzi ad Orazio, Ovidio e Lucano, veniva siccoco nomi di comando e di signoria. Re, me Sire con in'mano la spada, simbolo delle guerre da lui cantate e de' tempi eroici, che ci Doge o Duce, Imperatore e Signore fu- son dipinti dai divini suoi carmi. 100 Da ch' ebber ragionato ’nsieme alquanto, Volsersi a me con salutevol cenno : E'l mio Maestro sorrise di tanto : Ch'essi mi fecer della loro schiera, Si ch' io fui sesto tra cotanto senno. Parlando cose che 'l tacere è bello, 105 malo Mardonio veggendo il suo Signore Guido Guinicelli: Che non è donna ch'aggia in se beltade, Che a voi davanti non s'oscuri in cera. tradimento accusò Tissaferne dinanzi Arlaserse loro comune Signore. In que E Dante, Rim.: Dagli occhi suoi gittava una lumiera. sto luogo non guari dopo è chiamato In questo stesso significato è presa la Artaserse maggior siqnore per gran re voce della Divina Commedia. in corrispondenza col testo che dice: a Bonagg. Urbiciani: rege magno. Agamennone poi è detto il Tanto è lo suo splendore, re de' regi, cioè il primo fra lull'i duci. Che passa il Sole, di virtute spera, Signore per Duce. Ivi: Adunque Conone Estella e luna, ed ogni altra lumera. Autore incerto del sec. XIII.: per Farnabazo è chiamato e fallo Si Che già non ha splendore (la margherita) gnore della ballaglia del mare ec. (Am- Ned è virtudïosa miraglio, lat. Praefectus classis)... Del- Infia che la lumiera la quale oste Agesilao per consentimen Del Sol non l'ha ferita. E così di molti altri esempi. to di tulli fecero Signore ec. (duce, capitan generale ec. lat. dux, impera- Dipoi non pare che questo dov'era sia tor)... Rade volte due signori duci) l'ordinario modo con che s'adopera il vercosi pari di bontà (valore ec.) si rin- bo essere. Dante non era lì solo, ma con contrano in battaglia. Virgilio e con gli altri poeti, tra cui era Valga da ultimo quest'altro esempio,a sesto. Dippiù; se prima dice n'andamdimostrare che gli eccellenti capitani mo, parrebbe dovesse dire: dove erava. vennero in antico, e anche a' tempi del mo. Non è sembrato ai comentatori cotel' Alighieri, appellati col nome di re: In sto dov'era inteso senza che restasse alprima quelli di Teba (Tebe), avulo l'a- cun dubbio prendendolo per dov'io era. iuto da quelli d'Atena (Atene), i fediti All'incontro attribuendo ad Essere la sie cacciali di quelli di Lacedemonia e gnificazione di potere, o esser possibile, spaventati assaliro, prendendo grande esser lecito ec. siccome l'adoperarono i speranza per la grande virtù e sapere Lalini; l'espressione dantesca riesce più d'Epaminonda loro re, col quale agevo- chiara e più poetica, oltre dell'arricchire le parea loro lutta la signoria di Gre- la nostra favella di una locuzione, che cia pigliare. dai Greci tolsero i Latini, e da questi leDino Compagni, Intell.: gittimamente cadrebbe a noi. IntendeOr siam noi in altressì gran scomunaglia remmo adunque, se agli uomini di fino Com'Anibaldo re fu co Romani. giudizio paresse bene, il verso cosi: SicVirgilio (En. X, 655) chiama rex il come il parlare era (bello) colà dov'era duce Osinio, come distinto tra' primi. Il lecito, ovvero dove parlar si poteva. La Poeta appella Signore in questo senti- sentenza dantesca ci ricorderebbe le sbarmento il suo Dollore, Inf. II, 139-IV, 46. re che il pauroso dispotismo suol meltePurgat. IX, 44, ed altrove. re alla bocca de'soggetti, e la rara tem103. Primamente lumicra vale luce, porum felicitas che dice Tacito, nella non già luogo luminoso. quale non ti è vietato di scrivere e di |