Page images
PDF
EPUB

CANTO XXXII.

Cocito. I Traditori. Prima spera (Caina): Seconda spera (Antenòra): i Traditori della patria.

Nono Cerchio o il Fondo dell' Abisso. i Traditori dei propri parenti.

S'io avessi le rime aspre e chiocce,

Il fondo del pozzo (Canto prec.v.142) è una ghiaccia declive, e pende al centro del mondo come fan Malebolge (Inf. XXIV, 37 seg.) e tutte le balze superiori del cono infernale. E spartito in quattro gironi concentrici detti Caina (dal v. 16 al 72), Antenora (vv. 73-139 del canto XXXII al 90° del XXXIII), Tolommèa (XXXIII vv. 91-157) e Giudecca (XXXIV 10-67), distinti solo dal diverso modo della pena che vi portano coloro ch'ebber tradito o il sangue, o la patria, o gli amici, o i benefattori. Questi dannati usaron la frode contro chi ebbe ragione di porre fidanza in loro (Inf.XI, 61-66); ma i fratricidi son fatti men rei de' traditori della patria, questi di chi tradisce l'amico, e di tutti ancor più quelli che al benefizio risposero col tradimento. Altri computa con qualche diversità i gradi della colpa e della pena di cotesti frodolenti (a) sempre in modo

(a) Noi stimiamo util cosa riferire due principali opinioni che si possono riassumere nelle parole del Bargigi e del Tommaseo. « Quattro si possono assegnare le specie de' traditori, la prima de rompitori di fede verso i fratelli od altri parenti, fra i quali ha posto natura vincolo di amore,ed alquanta congiunzione di volontà, ancora senza nostra opera propria o deliberazione. La seconda de' traditori della patria, che in se abbraccia padre, fratelli, parenti, vicini, ed universalmente tutti i cittadini pertinenti alla stessa nazione, e per la qual patria... più dobbiamo fare, che per padre, per figli, o per moglie. La terza de' traditori rompitori di fede, proceduta da spontanea e volontaria congiunzione indotta per opera e compiacenza di alcun di loro. La quarta specie, quantunque ridurre si possa sotto la terza, nondimeno per la magnitudine del peccato merita special nome. Questa è di quelli che tradiscono i loro benefattori». Bargigi- «Nel pozzo profondo sono i traditori nel ghiaccio in quattro schiere: quei che tradirono fratelli o altri congiunti: que che tradirono la patria, ch' è parentela più intima come di madre; que' che tradirono i benefattori, che son da tenere più che padri; que'che tradirono o Dio o il re che, nel concetto di Dante, è l'imagine di Dio sulla terra. TommaseoQueste belle illustrazioni che l'egregio SabeniCese avea già fatte all'XI canto, discorrendo la

però, che la più grave sia di coloro che più s' avvicinano al punto dell' universo dov'è confitto Lucifero, e si paia come il maggior delitto più si congiunga alla superbia, ch'è principio d'ogni scelleraggine e d'ogni male. Questi tutti son posti nel ghiaccio, perchè non ebbero in vita segno d'amore e di pietà verso il prossimo ch'e' tradirono (b). L'ardore della carità approssima più a Dio i Serafini; l'odio, onde l'anima agghiada e intormentisce, sommerge i traditori ne' gelati guazzi di Cocito, più accosto al nemico dell'umana generazione.

De' nomi dati ai quattro accennati scompartimenti diremo a suo luogo. Il fondo del pozzo, ha due miglia di larghezza; e quindi poco più che 6 di circuito secondo il rapporto, che Archimede trovò, fra la circonferenza e il diametro (c).

1-12. Difficile e duro è al Poeta il ritrarre in parole del consueto linguaggio le cose strane ch' egli ebbe vedute nel nono cerchio. La favella si fa tutta di

Dottrina penale di Dante, le ribadisce ora in questo XXXII con le seguenti parole: «< Dal muro del pozzo si viene scendendo ancora più giù per diversi gradi, secondo il più grave misfatto de' traditori: chè primi vengono quegli che hanno tradito fratelli o altri congiunti nella Caina: poi, que' che la patria, nell' Antenòra; poi quei che i benefattori o gli ospiti, nella Tolomea;poi nella Giudecca quelli che Cristo, o Cesare,imagine, secondo Dante, dell' imperio del Cielo (Par. VI, 55 segg.). Nella giustizia di Dante è meno colpa tradire i congiunti che la patria, per quel ch'e' ne dice altrove (Inf. XI): che il vincolo sociale aggiunto a quel di natura, è più sacro in quanto che se ne crea la fede speciale, per libera elezione degli uomini. E però egli è ancor più misfatto tradire i benefattori, perchè questo è vincolo ancora più libero, e di più intima società ».

(b) Il Petrarca, Part. I, son. 119: Ite caldi sospiri al freddo core

Rompete il ghiaccio che pietà contende. (c) Vedi le dimensioni di Malebolge e del Pozzo sottilmente computate dal P. Antonelli e riportate dal Tommasco a pag. 473 seg. delle illustrazioni a questo canto.

Come si converrebbe al tristo buco,

[blocks in formation]

Omai sarà più corta mia favella,

Pure a quel ch'io ricordo, che d'un fante Che bagni ancor la lingua alla mammella. Qui poi invoca egli le muse che ispirarono Anfione; quivi (Par. 1, 22 segg.) la somma luce divina, che gli avvalori la virtù poetica (Par. XXXIII, 67 segg.). Le invocazioni e i preamboli, più che in Virgilio e in altri, abbondano in Dante: e non è artifizio di scuola, ma si modestia dell'ingegno, che nella coscienza della propria forza e della terribile potenza del vero, sente quel che gli manca. Tommaseo.

[blocks in formation]

Non posso e non ho più si dolce lima, Rime aspre e fosche far soavi e chiaré. Dante le desidererebbe più aspre e fosche di quelle che ripuliva il Petrarca. Le rime di questo canto, le più, sono aspre, dice il Tommaseo; ma non però quali il Poeta voleva che fossero: lo dice

egli stesso: 'non l'abbo (v. 5); e non isperando poterle avere, si volge alle muse d'Anfione, che non si sa che dettasser mai rime aspre e chiocce. CHIOCCE: di suono aspro e cupo, roco o rauco, qual della chioccia.Inf. VII: Pape Satan ec.

Cominciò Pluto con la voce chioccia. Ci piace sporre il significato delle rime aspre e chiocce quasi con le stesse parole del Poeta.

Nel Convito, ai versi (Canz. Le dolci rime ec.):

Disporrò giù lo mio soave stile

egli

Ch'i' ho tenuto nel trattar d'Amore,
E dirò del valore

Per lo qual veramente uomo è gentile,
Con rime aspre e sottile.

comenta: « E prometto trattare di questa materia con RIMA SOTTILE E Aspra. Perchè saper si conviene, che rima si può doppiamente considerare, cioè lar

gamente e strettamente. Stretta s' intende pur (sol) quella concordanza, che nell'ultima e penultima sillaba far si suole: quando largamente, s'intende per tutto quello parlare, che, numeri e tempo regolato, in rimate consonanze cade ec. però dice ASPRO, quanto al suono del deltato, che a tanta materia non conviene essere leno: e dice sottile, quanto alla sentenzia delle parole, che soltilmente argomentando e disputando procedono. Non è dunque retta la distinzione su addotta dal Biagioli. Ora noi argomentiamo così: l'aspro secondo Dante sta nel suono: di Pluto ei dice chioccia la voce: dunque son qui significati per l'aspro e pel chioccio due modi del suono stesso; in quanto quel suono delle rime convenienti al tristo buco, dovevano essere sì bene aspre, ma di quella cotale asprezza diabolica, che simiglia alla rochezza della gallina che chioccia.

2. COME SI CONVERREBBE ec. La voce del Poeta non deve sonare in parole leggiadre e care, là dov' egli dipinge le orribili condizioni del più basso Inferno. Assennatamente il Landino: La vera lode del Poeta è che il verso sia accomote si appartiene a lui a narrare; ma dalo alla maleria,perchè non solamendebbe quasi dipingere con le parole la cosa, in forma che la facci apparire agli occhi della mente, come quelle cose, che si veggono con gli occhi corporali, onde molli han diffinito la poesia essere una vana pittura che parli. Il che massimamente si conosce in Virgilio.Per la qual cosa, poi che ha a trattar delle cose orrende e terribili e aspre, che sono in quest'ultimo cerchio; conosce che si richiede rime,cioè versi aspri

Sovra 'l qual pontan tutte l'altre rocce,
I' premerei di mio concetto il suco
Più pienamente; ma perch' io non l'abbo,

e chiocci cioè rochi, pe' quali si dimo-
stra merore e tristizia, chè così si con-
viene al tristo buco, a questo ultimo
cerchio ch'è un buco nel centro della
terra. Questo rispondersi delle parole ai
fatti mostra eziandio volere il Nostro, do-
ve (Canz. IV) comincia:

Così nel mio parlar voglio esser aspro,
Com'è negli atti questa bella pietra;
La quale ogn'ora impetra

[ocr errors]

Maggior durezza, e più natura cruda. Buco: Così chiamando questo pozzo, rispetto ai cerchi che li sovrastano mollo, senza comparazione maggiori. Vellutello. Ma nè l'autorità del Vellutello, nè del Lombardi, e nè degli altri varrebbe a farne torre il sospetto che avesse il Poeta usato questa voce, non perchè di presente si trovava nel pozzo; ma perchè risovvenivasi d' essere stato già di là dal centro, dov' egli s' apprese (XXXIV, 108):

Al pel del vermo reo che il mondo fora. e sia pure ch'abbia egli significato il pozzo intero per la parte più terribile che v'era nel centro; o che preso il vocabolo secondo la nozione insita al lat. bucca, per buca, luogo cavo e profondo. Il Cassin. postilla: BUCO, idest puteo.

3. Sovra 'L QUAL PONTAN ec. sopra il qual buco premono, gravitano, s' appoggiano, come sul loro punto o centro comune, TUTTE L'ALTRE ROCCE, balzi, scogli e ripe quante ne sono per tutt'i cerchi superiori d'Inferno. Non pare dunque che qui s' intenda del: ferire e premere che fanno colle lor teste tutti gli scogli o ponti di Malebolge, contro la cerchia di questo ultimo pozzo nel quale sono entrati, siccome spone sari seguendo l'opinione che noi abbia mo altrove confutata (Inf.XXII, 134-135, nota).

il Ce

PONTAN, è da ponto per punto (a), centro; onde pontare è puntare, come ha il Cod. Cassinese. Significherebbe propriamente pigliar la mira a un pun

(a) Dante Rim. Canz. XVII: Perch'io aspetto pace

Da Lei sul ponto dello mio finire.

5

to; parlandosi poi di rocce e cose materiali val qui tendere, premere, poggiare, ferire al centro, cioè (XXXIV, 110 seg.) al:

punto

Al qual si traggon d'ogni parte i pesi. Altri trae pontare da punta; e stima che alla voce sia propria la nozione di applicare la punta della lancia (Purg. XX, 74): che quindi sia stata presa in sentimento di gravar sopra, nel significato fisico, come in questo luogo; e nel morale (Par. IV, 26).-PONTANO: s'appoggiano e premono. Landino e Vellut. Si vengono a fermare e terminare giù a quel buco. Bargigi- PONTARE è spingere ed aggravare in modo, che tutto lo sforzo si riduca a premere sopra d'un punto. Venturi e Volpi S'appuntano come a centro, declinano verso quello. Tommaseo-Varianti. Porta tutte il cod. Riccard. n. 1028; portan tutte l'ediz. di Jacob Burgofr., Ven. 1529; e la 2a delle Rovilliane, Lione 1551 ec.

4-5. PREMEREI DI MIO CONCETTO IL SUCO PIÙ PIENAMENTE: Dichiarerei la sen

[ocr errors]

tenza mia con maggior forza. Barg. Esprimerei più chiaramente il senso del mio concetto. Vellut. Spremerei il meglio del mio pensamento, e con più pienezza. Venturi. - Esprimerei, ritrarrei. Bianchi. — Esprimerei bene. Tommaseo.- << Prima che alcuno scriva, pensa sempre quello che vuol scrivere, e poi che ha fatto la sua invenzione, comincia a scriverla. Adunque la mente concepe in sè: come verbigrazia un'erba ha conceputo in sè il suo sugo. Dopo siccome è necessario, a voler che'l sugo esca di fuori, che premiamo l'erba: così quando con le parole manifestiam quello c'abbiam concetto nella mente, è quasi premere il sugo di quello c'abbiamo conceputo. La sentenza è: S'io avessi i versi convenienti alla materia, io esprimerei più pienamente il mio concetto ». Landino. Non v' ha dubbio che la voce Exprimere vaglia imitari, repraesentare, referre; come anche eloqui, exponere,declarare, oratione com

[ocr errors]

Non senza tema a dicer mi conduco:
Chè non è impresa da pigliare a gabbo
Descriver fondo a tutto l' Universo,

plecti ec.; e che questo verbo non sia che un composto di Premere. Ma il semplice ha esso gl' identici significati? Figuratamente dirà tutt' uno il Poeta; ma non senza qualche varietà, che è bene si noti a rilevarne la bellezza e il germano valore della frase. Ci avvisa ch'ei voglia qui dire, che avendo le rime aspre e chiocce, sarebbe il suo eloquio più breve e più pieno, cioè più perfetto; chè userebb'egli parole simili alle cose, e in pochi tratti ci porrebbe innanzi agli occhi una viva pittura. Premere infatti è anche stringere, e pressus fu preso per ristretto, sottile, breve. Cicerone (in Hort.): Quis te autem est, aut fuit unquam in partiundis rebus, in definiendis, et explicandis sententiis pressior? Or della brevità dipintrice a niuno meglio che a Dante è dovuta la lode. Per succo poi s'intende ancora bene la sostanza di checchessia, e, nel dire, la forza, la pienezza e la copia delle sentenze; che non si viene dalle molte circollocuzioni e lungaggini delle frasi, ma da' motti, che, quasi monete di prezioso metallo, hanno in poco il molto valore. Cic. Att. lib. 4: Amisimus, mi Pomponi, non omnem modo succum, et sanguinem, sed etiam colorem et speciem pristinam civitatis. Questo ch'è detto propriamente della persona, trasferitelo al pregio dello stile, e non si ha da ricorrere col Landino al traslato dell'erba. Cic., 2 de Or.: Omnes etiam tum retinebant illum Periclis succum, sed erant paulo uberiore filo. E nel Bruto: Succus ille, et sanguis incorruptus usque ad hanc aetatem Oralorum fuit, in qua naturalis inesset, non fucatus nilor. La pressura del sugo che dice Dante non pare tampoco s'abbia rapporto all'espressione Virgiliana (Georg. II, 244): Ad plenum calcentur notala dal Tommaseo; e per verità ci avvisa che lo strettoio e le gabbie, onde l'agricoltore prova la qualità del terreno, non abbian troppo che fare col torchio del cervello Dantesco.

latini si legge sucus ove oggi si ha succus. Il Wangerio vuole questa voce col C scempio nel verso Virgiliano (Ecl.III): Et succus pecori et lac subducitur agnis. Questo notiamo, acciocchè non sia chi sospetti, il Nostro aver detto suco in forza della rima.

ABBO: ho (Inf. XV, 86, nota).

6. NON SENZA TEMA еc. Nessuno studio quanto il nostro Poeta di accomodare al concetto la forma più conveniente. Spesso, nonchè nella Divina Commedia, ma nella Vita Nuova e nel Convito, riconosce nelle sue parole l'impotenza di significare il suo pensiero. Nel Convito scrive: Perchè è da vedere che a rispetto della verità poco sia quello che dirò ec.:

[ocr errors]

Di ciò si biasmi il debole intelletto
E il parlar nostro, che non ha valore
Di ritrar tutto ciò che dice Amore.

Ancora di Beatrice. E se così è mirabile questa creatura; certo non pur colle parole è da temere di trattare di sue condizioni; ma eziandio col pensiero... Io adunque... temorosamente non sicuro comincio, intendendo, se non appieno, almeno alcuna cosa di tanto nodo disnodare.

In un sonetto a Dante da Maiano scrive: Qual che voi siate, amico, vostro manto Di scienza parmi tal, che non è gioco; Sicchè per non saver, d'ira mi coco, Non che laudarvi, soddisfarvi tanto. 7-9. CHE NON È IMPRESA ec. Si accennano due difficoltà; una è dell'argomento grave, e per sè arduo a trattare; l'altra è della lingua, che non vi si presta quanto si converrebbe. L'altissimo lavoro «Al quale ha posto mano e cielo e terra» ha fatto il Poeta per più anni macro (Par. XXV, 3).

7. A GABBO: in ischerzo, per baia, per giuoco.

8. DESCRIVER FONDO ec. Descrivere il

cerchio minore (Inf. XI, 64, seg.): ov'è 'l punto Dell'Universo, in su che Dite siede ec. È il fondo che divora Lucifero con Suco. Ne' pregiati codici di scrittori Giuda (C. prec. v. 142 seg.), ovvero il

[ocr errors]

Nè da lingua che chiami mamma e babbo.

centro della terra e di tutt'i cieli. Il Poe-
ta teneva il sistema tolemaico (a). Il mez-
zo della terra gli è al narrare sì difficile,
come a dir qual'era gli fu cosa dura la
selva, nel cui mezzo, in basso loco, ei
si trovò caduto. E questo dritto mezzo
del cammin di vita è quello appunto,
che risponde al vertice del Cono, e da
cui, come da punto cardinale, s'iniziano
le parole del sacro poema.

Anche nel sermone latino avea egli
cominciato:

Ultima Regna canam fluido contermina mundo.
Il centro è punto di relazione alla sua
circonferenza. Descriver fondo a tutto
l'Universo è accennare il disegno, che
ha da rappresentarci tutt'intera la descri-
zione della Monarchia di Dio. Ond'è che
altrove (Inf. IX, 28 seg.) è detto:

Quell'è il più basso loco e il più oscuro,
E il più lontan dal ciel che tutto gira.

«Dante ci si dipinse al principio
della sua divina Epopèa nell' atto che
nel mezzo dell' UNIVERSO apriva l'ala
per innalzar il volo ALLA CIMA DEL-
L'UNIVERSO.Aprendo il Poeta l'os ma-
gnum sonaturum col dirci. « Nel mezzo
dell'asse del Mondo », pare un Giove:

Che fa solo due passi, e al terzo arriva, mentre con tre punti segna il centro e

(a) Nel Convito leggiamo: « Platone fu... d'opinione, e scrisse... che la terra col mare era bene il mezzo di tutto; ma che il suo tondo tutto si girava attorno al suo centro, seguendo il primo movimento del Cielo ec. Queste opinioni sono riprovate per false... da quel glorioso Filosofo, al quale la Natura più aperse li suoi segreti: e per lui quivi è provato, questo mondo, cioè la terra stare in se stabile e fissa in sempi. terno... E le sue ragioni; che Aristotile dice, a rompere costoro, e affermare la verità, non è mia intenzione qui narrare; perchè assai basta... sapere che questa terra è fissa e non si gira: e che essa col mare è centro del Cielo. Questo Cielo si gira intorno a questo centro continovamente ec.»-Invero non gli si girò mai dal primo di della creazione! Ma, locato il sole sopra immobile trono, e cacciata la terra a muoversegli attorno, acquistò tanto poetico splendore il tabernacolo di Dio, quanto ne perdette lo sgabello de' piedi suoi. L'edificio Dantesco ebbe dal Galilei gran guasto; perciocchè il mondo de' cosmografi non è or più quello dei mistici; e noi ad intendere la Divina Commedia dovremo essere ben chiari d'un sistema,che sebbene dimostrato falso, tenne per trenta secoli le menti de' dotti e del volgo; ed il cristianesimo alimentò secondo quello la pietosa fantasia, che tanto favori la celeste inusa dell'Alighieri..

l'una e l'altra cima dell' Universo (b). Ora essendo egli caduto nel fondo della Selva, e per questo essendogli stato necessario il discender giù nell'Inferno sino al cerchio di Giuda; come vi fu giunto,risente il morso della colpa d'aver tradito Beatrice, simbolo della Sapienza; e quando poi si pone a ritrarre quel tristo luogo, gli vien manco la parola:

Nè senza tema a dicer mi conduco.

Ecco l'importanza di questo luogo, ch'è FONDO A TUTTO L'UNIVERSO, e che ricorda al viaggiator penitente il grave suo caso, e il principio del difficile rinnalzamento (c).

9. NE DA LINGUA CHE CHIAMI MAMMA E BABBO. Nè da putti, e piccioli fanciulli, che per non potere esprimere l'erre, in luogo di madre dicono mamma, e in luogo di padre, babbo. Vellut. - Non è impresa da fanciullino che alla madre dica mamma, ed al padre dica babsia ben scienziato ed eloquente. Barg.— bo. Non è impresa da uomo che non

LINGUA CHE еc. cioè di bambino: cum (D. Hieronymus) infantes necdum ad plenum possint verba formare; ovvero come nel Parad. XXXIII:

d'infante

Che bagni ancor la lingua alla mammella. Così il Biagioli. Di bambolo. Venturi.- Lingua di bimbo. Tommaseo.E Dante non vuol certo significarci che fosse in mente sua la pretensione di trat

(b) Torricelli, Studi sul Dante, Vol. 2, pag. 131, 132. Nap. 1853.

(c) Descriver fondo a tutto l'universo ec. Il Landino chiosa: FONDO, cioè oscuramente A TUTTO L'UNIVERSO, a tutti gli uomini, E dopo perchè la lingua Fiorentina nella qual egli scrive, difficilmente è intesa fuor d'Italia, dove si dice babbo, o mamma; però aggiugne, NÈ DI LINGUA CHE CHIAMI MAMMA O BABBO, cioè la lingua Italiana ec.!!-Se cosi Dante avesse inteso dire, niente gli sarebbe stato più facile, che parlare oscuro a tutto l' universo. Il Vellutello: Perchè descriver fondo, Descriver poetando oscuro a tutto l'universo, Non è impresa da pigliare a gabbo, Da prendere a giuoco. Dovendo scrivere in forma da esser da tutto l'universo inteso. Ma non pare che il Poeta pigliar volesse l'impresa di scrivere oscuro; nè che pure con l'aiuto di tutte le Muse potesse pretendere di scrivere chiaro a tutto l'universo. Questo luogo venne franteso da' due antichi e famosi comentatori.

« PreviousContinue »