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E a sua proporzione eran l'altr' ossa:
Sì che la ripa, ch'era perizoma

Dal mezzo in giù, ne mostrava ben tanto
Di sopra, che di giungere alla chioma
Tre Frison s' averian dato mal vanto;
Perocch' io ne vedea trenta gran palmi
Dal loco in giù, dov'uom s' affibbia 'l manto.

surse molti anni dopo la morte dell' Ali-
ghieri) commettono un anacronismo.Nel-
le Dichiarazioni all'Album Dantesco di
Lord Vernon si legge che: Questa Pina
trovasi a Roma nel Vaticano nel giar-
dino delto: della Pigna. Secondo alcu-
ni archeologi era anticamente sulla
vetta del Panteon. Dopo l'anno 366 Da-
maso papa fece nell'atrio della Basilica
Vaticana una fonte per uso de' pelle-
grini, alla quale dopo l'anno 498 papa
Simmaco fece un copertoio di metallo
e vi sovrapose la detia Pina di bronzo.
Dante l'ha veduta sopra la fonte, d'on
de fu tolla al tempo di papa Giulio II.
60. A sua propORZION ec.: in propor-
zione della faccia erano grandi le altre
membra del corpo: per le quali il Poeta
dice LE ALTRE OSSA, perchè ne sono la
parte solida della struttura. Il Landino
sottilizzando instituisce codesta propor-
zione; dalla quale deduce le dimensioni
dell'immane corporatura de' giganti: Se-
condo questi versi (58-60) sarà l'allez
za della testa di questo Gigante di brac
oia Fiorentine cinque e due quinti,
perchè così sappiamo che è la già det
ta pina di bronzo a Roma. Dicono
pittori dotti in simmetria, che l'uomo
bene proporzionato è tanto lungo quan-
to sono otto teste delle sue. Adunque
questo Gigante sarebbe braccia quaran-
tatrè o più (a). Il Poeta ne lascia indo-
vinare la dimensione da' vv. 65, 66; on-
de parrebbe a noi che quel Gigante si
fingesse avere la lunghezza di meglio
che 80 palmi. (Vedi not. 65) — Il cod.
Bartoliniano ha: Ed a sua proporzion
tutte l'altr'ossa.

i

61. LA RIPA V. 32; detta sponda v. 38, e proda. v. 42.

(a) Land. Sito, forma... dell' Inferno e misura de' Giganti ec.

60

65

PERIZOMA: cintura; propriamente vestimento che cuopre le parti pudende. E voce derivata dal gr. epiZwux ch'è dal verbo TepiZwvvvμ circumcingo, praecingo.-Genes. III, 7: Cum cognovissent se esse nudos, consuerunt folia ficus, et fecerunt sibi perizomata. Il Poeta con questo nome significa le roccie del pozzo, che cingono e cuoprono dal mezzo in giù la persona de' giganti.

63-64. DI GIUGNERE ALLA CHIOMA TRE

FRISON ec.: Tre Frisoni posti uno sul capo dell'altro sarebbero, tutto che alti, rete, che sulla proda del pozzo torreggiastati al di sotto de' capelli di quel giganva dall'ombelico in su: cioè sei grandi Frisoni non aggiungerebbero l'intera lunghezza della statura gigantesca. FRISONI: uomini di Frisia (regione dell' Europa settentrionale, al mar del nord,tra le foci del Reno e del Wesero) i quali soglion essere di ben alta statura.

trenta palmi vantaggiati, abbondanti, 65. Trenta gran PALMI (b): come dire arditi. Secondo il computo del P. G. Antonelli si trova che Nembrotte sarebbe alto metri ventisei, e millimetri 806, cioè palmi 101 ed un terzo (c). (Vedi not. 60).

66. DAL LUOGO ec. Costr. e int.: DAL LUOGO Dov'uom s'affibbiA IL MANTO, cioè dalla clavicola, dalla gola, dalla forcella del pello, IN GIÙ: alla cintura.-Al. lez. Dal collo - Dove s'affibbia, nelle Varior. del Witte; e Dov' uomo affibbia ediz. del Burgofr., Ven.1529, e la 2a delle Rovelliane, Lion. 1551 ec.

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palmi: il romano, che fu il minore, era di brac-
(b) In Italia v'ebbe quattro specie almeno di

cia Fiorentine 0,3828; l' architettonico, che fu
il massimo, era di braccia Fiorentine 0,5104.
(c) V. Tommaseo, Inf. XXXIV, pag. 513.
Mil., Pagn., 1865.

Rafel mai amech zabi almi,

Cominciò a gridar la fiera bocca,

67. Questo verso si legge con qualche varietà ne' diversi codici, come segue: Il Venturi, Lomb., Biag., G. B. Niccol., Tommaseo ec. hanno:

Rafel mai amech zabì almi.

Il Bargigi:

Raphel bai amech zabì Almi.

Il Landino:

Raphel mai amech zabi almi.
Il Codice Cassinese:

Raphel mai amec zabi almi.

La Nidobeatina:

Raphegi mai amèch izabi almi.
Il Bianchi:

Rafèl mai amèch zabi almi (a).

« Questo verso, perchè torni alla misura dell'endecasillabo, bisogna aiutarlo con un'accorta pronunzia, e meglio dando alla voce almi l'aspirazione araba che equivale al raddoppiamento dell'a, aàlmi. »

L'ab. Lanci in un discorso stampato in Roma l'anno 1819 intese dimostrare che

queste parole di Nembrotto sono dell'idioma arabo: che il verso abbiasi a distinguere così:

Raphe Imai amec hza bialmi. e che significhi: Esalta lo splendor mio nell'abisso, siccome rifolgorò per lo mondo.- L'ab. Gius. Venturi Veronese, leggendo con l'interpunzione e varietà:

Raphèl Mài Hamech ?... Zàbi... Hà mi, ne cava questa sentenza: Poter di Dio! perchè io in questo profondo?... Torna indietro,.. nasconditi. Pretende che il motto Nembrottiano sia un misto dell'ebraico e suoi dialetti nati nella confusione di Babel. Pare impossibile che si accozzino a caso tante parole d'una lingua ignota, da poterne cavare, come questi dotti fecero, un senso qualunque. Gli antichi credettero che qui il Poeta introducesse quel Gigante a parlare in suo linguaggio da nessuno inteso, e che per ciò abbia finto coteste parole come a lui piacque. Parole, così il Tommaseo, senza senso...; ond'è vano spiegarle come siriache o arabiche. Ma forse son prese da più lingue d'Oriente. Anche il Monti tenne questo, come il parlar di Pluto, non essere italiano ma diabolico. Dan

(a) Le antiche edizioni di Foligno, di Jesi e di Napoli hanno et almi.

te (b) mette... in bocca non parole ma urli, ma rauche voci di bestia, e lascia che al rimanente supplisca la libera fantasia del lettore. Egli crea in somma a bello studio un linguaggio tullo diabolico (c), accozzando insieme diversi suoni stranissimi di desinenza greca, latina ed ebraica, senza veruna connessione tra loro, e tutti fuori della capacità del nostro intelletto. Bene adunque osserva Fm. Torricelli, che: << Mentre il Poeta dice che tal linguaggio (v. 81):

a nullo è noto ·

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non era nolo à chi lo profferiva, ed a chi l'ascoltava. (Studi sul Dante, Vol. I, pag. 759. Nap. Tipogr. del Diogine, 1850).

68.FIERA BOCCA: superba,e crudele come di colui che mandava voci non intese, e bestiali. Inf. VII, 15, Pluto è chiamato fiera crudele; Inf. XII, 76, fiere snelle i Centauri posti a guardia del settimo cerchio; Inf. XVII, 1, 114, fiera Gerione, figura della frode; nel Purg. VI, 94, fiera indomila e selvaggia l'Italia non corretta dagli sproni cesarei ; Purgat. XXXI, 112 ed ivi XXXII, 97, doppia e biforme fiera il Grifone dalle due nature; Inf. XXIV, 123, gola fiera la settima bolgia, ove si trasmutano i ladri in ser

(b) Così egli nella Proposta.

comprendere nel suo altissimo Canto il tema (c) Il Torricelli pensa che Dante, volendo dell'immensa monarchia di Dio, creasse a bello studio questo linguaggio, che non altrove suola lingua provenzale, sua nativa, usa Arnaldo na che nell'Inferno (Vol. I. pag. 759): siccome Daniello nel Purgatorio (C. XXVI), la latina Cacciaguida nel Paradiso (C. XV), e le preghiere della Chiesa militante risuonano nella pursimo poi S. Bernardo adopra la lingua italiana, gante e nella trionfante: nell' Empireo eccelsissciogliendo alla Madonna l'inno magnifico: Vergine Madre ec. Il divino vate verrebbe così a cantare di que' tre regni, che son come tre provincie di quella monarchia, non solamente la topografia, gli ordini, gli abitatori, la religione, il Sovrano, le forze; ma ancora i costumi e le lingue. Op. cit. Vol. I pag. 100-104.

Cui non si convenien più dolci salmi. El Duca mio ver lui: anima sciocca, Tienti col corno, e con quel ti disfoga, Quand' ira o altra passion ti tocca. Cercati al collo, e troverai la soga

penti; e Inf. XXXIII, 1, fiero pasto il capo dell'arcivescovo Ruggieri divorato dal Conte Ugolino.

69. SALMI: nole, cantilene, concenti ec. Quell'anima confusa (v. 74) non valea ad accordare la sintesi del pensiero con la debita forma delle parole; e gittava inconditi suoni, come lo moveva l'impeto di superbo e bestiale furore. Carmi più che mel dolci e favellar soave spirano le Muse agli animi gentili. Onde qui salmi son messi per contrapposto a un parlare inamabile e barbaro. Geremia (Thr. III,62, 63), per significare sè esser fatto segno agli opprobri e alla contumeliosa maldicenza degl'iniqui, scrisse: Labia insurgentium mihi, el meditationes eorum adversum me tota die... ego sum psalmus eorum.

70. ANIMA SCIOCCA: senza senno, Sciocco propr. vale insipido, senza sapore; e metaf. più che semplice, che pende nello stolto. Gherard.-Insipiente è chi nega Dio, e chi lo spregia.

no.

71. TIENTI COL CORNO: Quasi dica, non usar parole, poichè nessuno le intende, e usa il corno, suono conveniente alla tua ferità e bestialità. LandiAttienti al corno; piglia in mano il corno. Volpi. Prosiegui a intrattenerli, a passartela, come or facevi, col tuo corno, e lascia le non intese parole. Lomb. Te ne sta col tuo corno e con quello ec. Biag. Prosegui a trattenerti col tuo corno, piuttosto che parlare così insensatamente. Bianchi.

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TIENTI: sta contento. Cesari.-TIENTI stretto COL CORNO; fa che nol perda, poichè mancherebbeti lo strumento più proprio a disfogarti ec. E perchè, confuso e smemorato qual sei, non sai tu stesso trovartelo indosso, CERCATI AL COLLO ec. Non dovea a Nembrotte, che usò cacciar le fiere mentre visse, cader del collo il corno, eziandio nell' In

70

ferno. Genes. X, 8: Ipse coepit esse potens in terra, el erat robustus venator (a).

72. IRA O ALTRA PASSION. Chè dalle parole Raphel mai ec., quale affetto proprio il concitasse, conoscer non si potea.

Tocca: muove, punge, stimola ec., quasi come il pungolo fa alle bestie. (Inf. XXI, 100, nota). I latini usaron tangere anche per commuovere, perturbare ec.

73. CERCATI AL COLLO. Vedi nota 71, in fine. Da queste parole è lecito inferire che il gigante, dopo le vane parole proferte, non potendo altro, voglia dar fiato novellamente al suo corno, e non pur veda pendergli legato dinanzi dal petto. Gli si dice: Cercati al collo; ma come il poteva, se le braccia gli son giù per le coste ambo legate? (v. 48). E un morso acre. E quella soga che poi non dovea esser tanto discernibile allo scuro, sarà ella allusiva a catena, che il

tenesse avvinto come di Fialte si dice? (vv. 88 seg.) È un' altra puntura. Vedano i comentatori.

SOGA: Correggia di soatto. Land. Il Blanc opina questa voce venuta dall'all. ziehen. << In Toscana sogatto e sogattolo è correggiuola di cuoio; in altri dialetti soga corda. Tommaseo. Infatti nel Genov. Soga, corda, fune, e Soghér, cordaio; Parm. Soghet, capestro. I Calabresi hanno tuttavia Sàgula,

(a) La potenza di questa frase, che usa Virgilio a Nembrod, è per noi sì difficile a spiegare in parole; che al postutto riconosciam qui vera la sentenza del Ch. Tommaseo (Dante e la Bibbia, pag. 544): « Mi sia lecito dubitare se certe interpretazioni troppo spiattellate tornino necessarie a bene intendere, utili a ben sentire, la poesia;... se non giovi piuttosto lasciare a certe parole e imagini la loro indeterminatezza potente, nella quale è maggiore evidenza che in qualsiasi pedestre chiosa, e dalla quale l'intelletto insieme e l'imaginazione e l'affetto vengono salutarmente e con esultazione ineffabile esercitati ».

Che'l tien legato, o anima confusa,
E vedi lui che 'l gran petto ti doga.

per funicella, cordella; Tedesc. Seil, fu-
ne, corda, canapo; Seiler, funaiuolo;
Seillänzer, funambolo. Sogae iuncto-
riae si dicono da Rotari que' correggiuo-
li onde si ferma il giogo ai buoi. Soga
adhuc apud rusticos nostros in usu ha-
belur, scrive il Muratori (a).

74. ANIMA CONFUSA. Confusa, perchè Dio confondendo le lingue di coloro che levavano la superba torre, confuse, e ne fe vano l'ardito disegno: confusa, perchè le manca il linguaggio, ch'è necessario, se non alla genesi delle idee, alle funzioni del pensiero. L'edifizio della scienza salirebbe senza segni e favella assai meno alto, che non s'erse la babelica mole. Genes. XI, 7. Descendamus, et confundamus ibi linguam eorum, ut non audiat unusquisque vocem proximi sui Il peccato è poi per se stesso «< Amb., disordine e confusione. de Poen., XI, 6: Peccati dies confusionis appellatur: confusio est enim quando appellatur: confusio est enim quando Christus negatur. Tommaseo.- Ezech. XXXII. 30. Ibi principes Aquilonis omnes et universi venatores.............. in sua fortitudine confusi.

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-

75

gran petto pendendoti dal collo. — Il Volpi. DoGARE: fasciare a somiglianza di doga o lista. Ti fascia, anche il Biagioli. Ti segna e friga il gran petto, come fa la doga il fondo della botte. Vellut. Il Postill. dell'Ang. sopra doga scrisse signat. Il Cassinese: idest plicat,flectit. Colla sua curvità s'adalla al tuo petto, come a botte doga: se non forse come doga adoprasi per lista, adopera qui Dante DOGARE per listare; che certamente doveva quel corno pendente avanti il petto del gigante fargli come una lista di color diverso. Lomb. Ti lista, decisamente il, Bianchi. DOGA: Fascia o piuttosto solca. Blanc. TI DOGA: ti cigne; a modo che la doga il tino. Questo DOGARE che è tanto più basso di CIGNERE, fa più a proposito. Portavalo ad armacollo. Cesari DOGA: quasi doga da botte curvo e lunghissimo. Doga. Perchè curvo. Inf. XXVIII, il corpo di Maometto è simile a una botte senza una doga: qui un corno è doga. Tommasco. -Questo valent'uomo assimiglia il corno di Nembrod a quello di Aletto (En, VII, 512 seq.):

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de culmine summo Pastorale canit signum, cornuque recurvo Contremuit nemus, et silvae intonuere profun Tartaream intendit vocem: qua protenus omne Audiit et Triviae longe lacus ec. (dae.

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Posto che dogare sia da doga, vediamo i significati di questa voce. DOGA, doche. Gr. Joxa: quae capacitali alicuius parata sunt, et capacitates ipsae vel mensurae diclae. Matthiae Martini Lexic. philolog. DoGA etiam canalis est quo aqua rejicitur. Pitisci Lexic. antiq. rom. Il Menagio fa dogue, cane, dall'ingl. tacken che val capere. Dict. etimol. DOGA italis est fascia, lim- Nel Vocabolario del bus. Du Fresne Tramater, tra i cui compilatori fu principalissimo P. Borrelli, si legge: DOGARE: porre o rimettere le doghe; (figurat.) cignere, fasciare o piuttosto listare. non con altro esempio, che questo di Dante. E nel dizionario del Cardinali corretto per lo stesso Borrelli: DOGA lat. fascia. Per similitudine lista, fregio.

Poi disse a me: egli stesso s'accusa;
Questi è Nembrotto, per lo cui mal coto

Adunque se doga valse, fra gli altri significati, misura, fascia, fregio, è chiaro che l'espressione di Dante può significare: ti misura, ti fascia, ti fregia. E noi, ammettendo pure le altrui interpretazioni, massime quelle del Lombardi, del Bianchi e del Tommaseo, non saremmo alieni dal credere che TI DOGA possa esser detto dal Poeta in sentimento di Ti fregia; che sarebbe amara ironia. Nel dialetto Piacentino (Vedi il Biondelli) Dogä è assettare, ordinare, che forse sarà stata la nozione primitiva della voce; ed assettare per acconciare; assetto add. per acconcio, furono vocaboli de' primi padri di nostra favella (a). Sdogare è vocabolo vivo nel dialetto caJabro, in sentimento di rompere, guastare checchessia, nonchè di scommettere o scomporre le doghe d' una botte, d'un bigonciuolo ec. Sdogato per senza doghe registrano i Vocabolaristi; ma questa voce non esisterebbe, se stato non fosse il dogare, che pure non porta, quanto ci sappiamo, altr'autorità, che di Dante, e deve stare per comporre e acconciare,in senso opposto del suo contrario. Or dalla soga pendeva il corno al petto del gigante; legàmi, comunque meno aspri, che quelli di Fialte (vv. 8594), glielo assettavano al gran petto, come doccia alla parete d' un muro soprastante ad un pozzo, o come i cerchi tengono strette le commesse doghe. Imagine non oziosa! Il poeta non avea egli detto (v.48), o fatto intendere, che quel cotale era legato le braccia? e come potea dunque pigliare la sua trombetta ed appressarla alla bocca per darvi fiato? O che portasse il corno ad armacollo, o che in altra guisa, ci sarà forza pensare ch' ei lo tenesse legato con quelle ritorte per modo, che senz'uopo delle mani e delle braccia bastassegli, a sonarlo, abbassarsi un tantino; chè gli era sempre fermo sul petto come doga nel corpo d'una botte. Se atto sì leggieri non fa egli, nè sa pure trovare il suo corno, tut

(a) Nannucci, Anal. crit. Verb.— Fir. Le M. 1843, pag. 178.

tochè gli stia sempre fisso a una parte; è questa la più forte pruova della sua smemorataggine e dello sbigottimento cagionatogli dalla vista de' poeti viaggiatori. Ecco due sensi della voce dogare in questo luogo: l'uno ha rapporto con quel che superiormente (v. 71) sta detto a Nembrod: Tienti col corno; l'altro che al gran petto del superbo gigante appicca una sì degna decorazione.

no.

76. EGLI STESSo s'accusa: si manifesta, dassi a conoscere da se stesso, nel suo confuso parlare, negli atti che lo mostrano smemorato,e nel sonar il cor- Il Buonarr. Descriz. Noz. 24: Per se medesima accusò sè essere la Poesia. Il Giamb., Giard. Consol. Part. II, cap. XI: Lo accusare è le cose occulNon solamente la falsa accusa, ma la te scoprire, e le cose segrete revelare. vera dispiace a Dio.

77. Coro, pensiero. Il Landino legge volo; e mal volo (b) spiega: per lo calli

vo desiderio di volersi ribellare da Dio. Il Buti nell'inedito suo comento seguendo la stessa lettera, interpreta: PER LO CUI MAL VOTO: cioè, mal desiderio; chè desiderava di fare quella torre per contrastare alla potenza di Dio. Il Bargigi: MAL VOTO: mal desio, che ebbe di fa

re una torre ec.Dove il Zacheroni: « Tutto ciò ch'è stato detto da' chiosatori di Dante per spiegare questo mal coto non vale a persuadere nè quanto alla sua derivazione, nè quanto al suo significato. Io sono d'avviso, che mal coto sia errore de' copisti, e che la vera lezione sia quella del Bargigi che rende chiarissimo il concetto Dantesco ». - Altri s' avvisa che voto non solo rende piano il luogo astruso, ma sostituisce una voce chiara e italiana a un' altra, ad intender la quale converrebbe si derivasse dall' Arabo (c). Torquato Tasso, che postillò la Divina Commedia, nel testo stampato per Pietro

(b) Nel testo pubblicato l'an. 1481; coto in quello dell'an.1578. La sposizione vi è identica.

(c) Nella lingua araba coto risponde al vis de latini: e mal coto significa mala potenza. L'Ab. Lanci.

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