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Carlo Magno perde la santa gesta,

Non sono sì terribilmente Orlando.
Poco portai in là volta la testa,

no sarebbe fioco verso il suono del cor- morto: è il res gesta de' Lalini; complesno di Nembrotto; il corno d'Orlando non sivamente la frase ritrae molto dal loro ci parrebbe che ben s'attagliasse al para- male rem gerere, preso parzialmente per gone: se non ci fosse lecito pensare che un fallo d'arme rovinoso e infelice. il Poeta fu tratto a questo secondo con- Sporre il vocabolo per impresa, nol ci fronto dalla forza d'associazione per una consente la storia; perciocchè la santa certa similitudine tra il Paladino e il Gi- impresa, di liberare la Spagna dal giogo gante, e tra' suoni di pari stromento; sic- de' Mori, non venne però meno a Carlo. chè per noi quest'altra comparazione non Non sapremmo assegnare altra ragione,

ngrandisce il concetto, ma lo adorna per perchè il Cassinese sopra la voce gesta la novità delle idee che s'aprono innanzi apponga la postilla solielatem, e risolualla fantasia del lettore.

tamente nelle chiose marginali si dica: Anche il Tasso (Ger. C. IV) paragona dum... Rolandus... remansisset cum ail suono della tromba infernale con lo lia gesta idest sotielate ad custodiam stridere della folgore,e il tremore da es

cuiusdam contrate dicte roncivallis ec.

PERDERE LA SANTA GESTA non parve a so prodotto nel tartaro col terremoto: Chiama gli abitator dell'ombre eterne

quell'espositore poter altro significare, Il rauco suon della tartarea tromba: che la disfatta della santa schiera, che Treman le spaziose atre caverne,

pugnò per la fede di Cristo, e col suo E l'aer cieco a quel romor rimbomba. Nè si stridendo mai dalle superne

sangue sparso meritò corona di martirio. Regioni del cielo il folgor piomba;

SANTA GESTA. Di quei tempi erano santi Nè si scossa giammai trema la terra, anco gli eccidi che si facevano col fine o Quando i vapori in sen gravida serra.

col pretesto di propagare il nome criLa terzina di Dante è piena di pensie- stiano (a). ro, ed offre all'immaginativa un secolo;

GESTA. Vedi C. VII, 20, nota. Torquato dipinge cose di più lieve momento con suono di voci imitative della 19. IN LÀ: verso il luogo, onde veniva natura: sebbene quel verso Alligheriano: Non sono sì terribilmente Orlando.

(a) Ci piace al proposito qui arrecare i secome dopo l' Alfieri notò il Biagioli: colguérid versi del Pulci. Norg. LXVIII, 38 segg.:

che al tempo di que' paladini suo terribil suono spaventa.

Perchè la fede ampliasse di Cristo,

Sendo molto potenti i Saracini, 17. PERDÈ LA SANTA GESTA. Per noi Molte cose a buon fin permise Cristo; cotesta gesta è il conflitto, in cui furon Che se non fusse stato a'lor confini trucidati i trentamila cristiani e Orlando

Carlo a pugnar per la fede di Cristo,
Forse saremmo ognuno maumettisti:

Ergo, Carole, in tempore venisti. suo corno, e raccoltisi intorno a sè un cento sol- Parmi Carlo, e Domenico, e Francesco dati cristiani, rinnova arditamente l'assalto, uc- Abbin tanto operato per la fede, cide Marsilio con molti de' suoi, e mette gli al- Colle dottrine e col valor francesco, tri in fuga; ma egli ferito dalle lance nemiche, Ch'io dirò forse che per lor si crede: vedendosi presso a morire, dà novellamente fia- Chè il popol de' Cristiani stava fresco, to al corno, e di tanta forza che Carlo di lungi Se non che Iddio a' buon servi concede, olto niiglia n'ebbe udito il suono (*): bentosio Perchè ogni cosa è da lui preveduto, risaputo ogni cosa, si mosse a gran giornate a Sempre al tempo opportun debito aiuto. perseguitare i nemici; e raggiuntili non lungi Io mi confido ancor molto qui a Dante, da Saragozza diè loro sull'Ebro tal rotta, che Che non sanza cagion nel ciel si misse pose fine alla guerra di Spagna. Volle che il Carlo ed Orlando in quelle croce sante, perfido Gano venisse legato a quattro cavalli e Che come diligente intese e scrisse; squarciato in quarti.

E così incolpo il secolo ignorante, (*) Il Porlirelli dice che Orlando per aver sona.

Che mentre il nostro Carlo al mondo visse to si forte, scoppiò per lo ventre e morì. Anche il

Non ebbe un Livio,un Crispo,un Justin seco, chiosator Cassinese: Ipse Rolandus mortuus est

o famoso scrittor latino o greco. fraclis venis gucturis ila sonando forliler ul di.

Dante poi alloga in Paradiso (XVIII,43 segg.) e Carlo ed Orlando.

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clum est.

20

Che mi parve veder molte alte torri;

Ond' io: Maestro, di, che terra è questa ?
Ed egli a me: però che tu trascorri

Per le tenebre troppo dalla lungi,
Avvien che poi nel maginare aborri.

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il suono (v. 15). VOLTA LA TESTA. Al gi. Questa locuzione è secondo il BiagioPoggiali e al Monti piacque meglio que- li una forma ellittica equivalente a questa lezione della Nidobeatina, che non st'altra: dalla distanza ch'è lungi; ma l'altra alla la testa; poichè nel verso se- non sappiamo che volesse intendere il guente ricorre alte torri.Il Biagioli'ritie- sottile grammatico per una distanza ch'e ne alta, giovandogli a spiegare a modo lungi; come noi non intenderemmo, in suo l'allo corno del v. 12, e dice che il senso opposto, una vicinanza ch'è da Lombardi guasta davvero scrivendo qui presso:e quel dalla lasciato senza il noVOLTA LA TĘSTA, invece di ALTA LA TESTA; me può star egli solo per ellissi ? Degli come se quella lettera abbia la sola Ni- aggettivi nessuna disficoltà; un segnacadob. e non anche i codici Tempiano, so, una preposizione articolata senza il Pucciani, Riccardiani 1004, 1024, 1025, sustantivo sarebbe un assurdo gramma1026, 1027, i MSS. Poggiali, Frullani, ticale e ideologico; considerando che un il Bartoliniano, i Trivulziani 1, 2, i Pa- segno di rapporto non può aver luogo tavini 9, 67, 316, il Dante Antinori, il dove non sia espresso il termine di esso. cod. Cassinese, il testo Bargigi ec. G.B. Ma qui ogni difficoltà è levata, se rifletNiccolini, il Bianchi ec. adoitano questa tasi che dalla lungi è lo stesso che dallettera; alta legge il Tommaseo col Lan- la lunga, e che questo è sibbene anch'esdino, col Venturi, col Biagioli e con po- so un modo ellittico, ma in quanto vi è che altre edizioni di non alto pregio. sotlinteso il nome distanza, siccome nel21. TERRA: cillà. Così terra è detta

le locuzioni: ir per la corta o per la lunRavenna (Iof. V, 97), e altre città, come

ga, si supplisce via. E lungi qui non è Firenze, Mantova, Lucca, Forli, Rimi avverbio, ma vero aggettivo; non altri

, ni ec. in altri luoghi.

menti che quando diciamo: l'ora è tar

di, di chiarezza pari, scusa leggieri cc. 22-27. PERÒ CHE ec. In sent. Vedrai Il Petrarca: che non son torri, e che gli occhi tuoi

Sì profondo era, e sì di larga vena non hanno da lontano scorto il vero.

Il pianger mió, e si lungi la riva,

Ch'io v'aggiungeva col pensiero appena. 22-24. TRASCORRI coll' imaginazione più che l'occhio non tira.Tomm.- Il tra

dove lungi è lunga per lontana. La quascorso è qui chiaramente addebitato non

le uscita ritenendosi nel plurale, vien che all' imaginazione, ma agli occhi, che si sia detto (Vit. S. Mar. Madd. 103): spingendosi troppo lungi attraverso le

Molli infermi ci sono abbondali e da tenebre, forando l' äer grossa e scura lungi (lunghe, lontane) parti venuti. (v. 37), non possono trarre a sè, riceve- DALLA LUNGI, adunque vuol qui dire Virre chiara e distinta l'imagine degli obiet- gilio, dalla lunga, cioè, dalla lontana li; e lo spirito erra, se giudica dalla sen

distanza onde Dante guardava. sazione alla cosa reale. Insomma, posto 24.MAGINARE « per imaginare è una di tale impedimento, non può l'uomo ap: quelle aféresi usata talvolta dagli antiprendere e formare in sè la vera idea, od chi, la quale, tuttochè non

isdegnala, imagine di ciò che vede. E questo ne come qui si è veduto, da un Dante, niupare che sia: NEL MAGINARE ABORRI: pa- no oggidì s'ardirebbe d'adoperare, il role che accennano proprio l'istante, in quale avesse fior di giudizio » (a). Imacui la percezione è idea, ma d'una vaga e confusa obiettività.

(a) Gherardini, Voci e maniere di dire ital.ec.,

Milano ec. 1840.Voc. Dalla lungi o Dalla lunge, 23. DALLA LUNGI: da lontano, da lun- Vol. II, pag. 358, S VII,

e

2

25

Tu vedrai ben, se tu là ti congiungi,

Quanto 'l senso s'inganna di lontano:

Però alquanto più te stesso pungi.
Poi caramente mi prese per mano,

E disse: pria che noi siam più avanti,
Acciocchè 'l fatto men ti paia strano,

30

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ginare è qui nel sentimento suo proprio 25. SE TU LÀ TI CONGIUNGI: Se tu t'acdi fare le imagini, rappresentarsele se- cosli, e unisci ove ti par aver veducondo la forza del vocabolo latino da cui to la terra, della qual tu domandi.Velil verbo è tralto, non mica nell'accetta- lut. Intendendo Virgilio parlare delzione filosofica di riprodurre i fanta- l'avvicinarsi alla proda che il pozzo cirsmi. — Gr. Eixoviçw. Or vedano i dotti conda (v. 42), usò bene il verbo conse qui Dante abbia voluto usare un'afe- giungere, come i Latini dissero appelresi, piuttosto che tenere alla radice lere, applicare, accostare, attaccare, del stessa onde si trasse la voce magi, che naviglio che giunge a riva. Congiungere primitivamente si disser gli uomini me- poi vale legare e appressare, come il suo dilabondi e occupati nella cognizione contrario disgiungere importa e sciorre, delle cose: tanto più che anche Dante e allontanare. sapeva bene come l'errore stesse nel giu

26. Il senso: cioè, della visla. dizio non mica nella sensazione. E se così fosse, noi, contro l'avviso del Gherar- siderio di tosto veder quello che di qui

27. TE STESSO PUNGI: affrellati; il dedini, diremmo questa voce maginare valer tant'oro, come vocabolo necessario

non ben discerni, ti sia stimolo a cam

minare. alla scienza psicologica. ABORRI per ABERRI: vai lungi dal ve

Nel Convit. Tratt. IV, Cap. XXVI. E To -- li sbagli. Bargigi, che legge ab- questo sprone si chiama fortezza... la borri. Tutti gli altri testi col Cod. Cas- quale verlule mostra lo loco ove è da sin. vi hanno il b scempio.

fermarsi e da pungare. « Benchè questa voce (così il Gherar

28. Poi CARAMENTE ec. Vien questa dini op. cit.) non abbia finora trovato 0- dimostranza di affetto molto opportuna spizio ne' Vocabolari: ma sarà fatta un

a più rincorare l'alunno, dopo la redi ragione a' suoi diritti; giacchè lo Er- prensione (C. prec. v. 131 seg.); e a rasrare, che ad esso sostituisce la Crus., ne sicurarlo ora ch' è per dirgli (v. 31) lascia pur troppo desiderar l'opra di lui, Sappi che non son torri, ma giganti. come quello che in forza della prepositi- La ragione sa quando s'adiri, e quando va ab non pure esprime lo Errare, ma si abbia a far le sue care dimostranze. lo Errare dalla dirilta via per calcar- Nel primo ingresso dell' Inferno (C. ne la storia ec. » - E nel traslato vale III. 19

segg.): confondersi, come dal seguente passo

E poiché la sua mano alla mia pose del Diltam. 2, 31:

Con lieto volto, ond' io mi confortai,

Mi mise dentro alle secrete cose.
Maraviglia sarà se riguardando
La mente in tante cose non abborri.

Simile qui, che il Poeta è per vedere dove abborri per aberri è riferito alla de' mostri, e discendere alle più orrenmente quasi necessitata a confondersi de stanze infernali. nel riguardare le tante meraviglie di Ro- 30-31. IL Fatto: la realtà, cioè, che ma (che tale è il concetto di Fazio) es- non son torri, ma giganti. Il fatto e il sendo facile a comprendere, come s'ab- vero son la stessa cosa. Vico lo dimostra, bia a tenere per uomo che si sia confu- anche per argomenti filologici, nel libro: so, chi aberra o esce del diritto cammi- De anliquiss. italor. sapientia. Il Blanc no. ABORRI: erri dal vero. Il latino: qui interpreta 'l fatto, l' alto compito. a vero abhorrere. Tommaseo. - Vedi MEN TI PAIA STRANO: Int. Acciocchè il Inf, XXV, 143-144, nota.

vero, o il veder le cose nella loro figu

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a

Sappi che non son torri, ma giganti:

E son nel pozzo intorno dalla ripa
Dall' umbilico in giuso tutti quanti.

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ra, non abbia per la novità a spaurir- Dante adombra ne' giganti la superba ti troppo, se non avrai saputo che co- e incivile empietà (a). Anteo fu figlio di se son quelle che a te paion torri; io ti Nettuno. La fama gli dà quaranta cudico, innanzi che tu aggiunga, co- biti, e fu pure vinto da Ercole, mito della m' ei son giganti. « Tutte le cose che forza onesta soggiogatrice de' violenti. si preveggono, danno meno alterazione Questo gigante nato anch'esso della che quando vengono alla sproveduta. » Terra, benchè non fosse di quelli che Landino « Levalo del presente errore, fecero la scalata all'Olimpo, visse pure acciò che poi in un subito non abbia avverso ad ogni vita civile. Non fu notanto a temere. » Vellut.

vissima l'idea del Vico che stati vi fos32-33. SON NEL POZZO. S. Giov. Ev. sero, come più Faraoni, così più Ercoli vide (Apoc. IX.) cadere in terra dal cielo domatori d'idre, di leoni,di centauri,di una stella, a cui era data la chiave del arpie, di Gerione e di Caco ec. simboli pozzo d'abisso: aperto n'esala un fumo

tuiti della vita ferina e fuori ogni regola come di gran fornace; e di questo usci

di ragione. La Bibbia ricorda i trionfi ron sopra la terra delle locuste nocive della possanza divina contro i giganti, come gli scorpioni a coloro che non a

che con la superbia, con la forza e con vevano in fronte il segno di Dio. Erano la malizia assoggettaronsi le genti, e le come cavalli parati al combattere, con

oppressero: i poeti gli mettono in contesta incoronata, con capelli di donna e

flitto con Giove, mito della giustizia e con denti di leone. L'ill. Tommaseo,che dell'ordine. Cicerone (De Senect.): Nunin fine della prima cantica ha poste del- quid est aliud gigantum more bellare le preziose e peregrine osservazioni in

cum Diis, nisi naturae repugnare? torno ai Giganti, nota in questo luogo doctrinae in coetu gigantum commora

Ne' Prov.: Vir qui erraverit a veritate che: Ne' drammi francesi l'Inferno era bilur. E S. Agostino: si videris homifiguralo in un pozzo di pietre nere. Non inutile erudizione; ma Dante tolse,

nem fecisse iniquitalem, mersus est in a nostro credere, il concetto del pozzó puteum. Della mente disordinata, che si infernale intorniato da' giganti, dalle aggiunge alla stragrande forza di questi sacre scritture, che vedono in quelli gli mostruosi figliuoli della Terra, è argo

, uomini, che al mal volere e alla forza mento che i poeti gli finsero dal mezzo brutale congiunsero l'astuzia per ingan- in giù serpenti

, significando che cotenare, signoreggiare ed opprimere alirui. storo non si alzano sulla terra, nè cam

camIn Ezech.XXXII,23: Quorum data sunt minano, se pon istrisciandosi tortuosasepulcra in novissimis lacis : et facta l'altezza,

la storia di questi giganti, non

mente. Quale che fosse la generazione, est multitudo ejus per gyrum sepulcri è difficile comprendere che genia di uoejus : universi interfecti, cadentesque mini venisse significata sotto questo nogladio, qui dederunt quondam formidinem in terra viventium. Ne'Prov.

me. Nella più infelice delle età, Ovidio IX, 18: Et ignoravit quod ibi sint gi- (Met. I, 151 seg.) ci narra la pugna dei gantes, et in profundis inferni convi- superbi mortali contro il Cielo: vae ejus. - Job. XXVI, 5: Ecce gigan- Neve foret terris securior arduus ether, tes gemunt sub aquis et qui habitant Altuque congestos strucisse ad sidera montes.

Affectasse ferunt regnum coeleste Gigantes; cum eis. Virgilio stesso avea già (Æn. Tum Paler omnipotens misso perfregit Olympum VI. 577 seg.) cantato:

Fulmine, et esccussit subjectum Pelion Ossae. Tum Tartarus ipse (bras,

Obruta mole sua cum corpora dira jacerent, Bis patet in praeceps tantum,tenditque sub um? Perfusam multo natorum sanguine Tertam Quantum ad uetherium coeli suspectus Olympum. Immaduisse ferunt, calidumque animasse cruoHic genus antiquum terrae, titania pubes,

(rem: Fulmine dejecti, fundo volvuntur in imo. (a) Tommaseo, lof. pag. 459.

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Come, quando la nebbia si dissipa,

Lo sguardo a poco a poco raffigura

35

Et,ne nulla ferae stirpis monumenta manerent, Medusa nel sesto, il Minotauro, i CenIn faciem vertisse hominum; sed et illa propago tauri e le Arpie in diversi luoghi del setContemptrix Superum, saevaeque avidissima

(caedis, timo, Gerione all'entrata del cerchio otEt violenta fuit: scires e sanguine natam. tavo: qui alla discesa del nono ci si mo

La favola ci narra che Tifeo fece fug- strano i Giganti; i quali perchè superbi gire gli Dei spauriti in Egitto, dove si son più vicini a Lucifero, e come più frotrasformarono in bestie: il che forse vor- dolenti oppressori degli uomini stanno rà dirci in simbolo, che la forza prepo- fitti intorno al pozzo de' traditori. (V. tente delle belve umane potè alcuna vol. Inf. XI, 61-66.). Non è a dubitare qual la turbare gli ordini civili,e corrompere genia d' uomini si abbiano ad intendere le religioni. Ovidio stesso (Met. V, 321 per cotesti Giganti. Nel Purg. XXXII. seg.):

152, e XXXIII. 45, è probabile che il Emissumque imâ de sede Typhoea terrae gigante introdotto dal Poeta sia figura Coelitibus fecisse metum; cunctosque dedisse di Filippo il Bello, re di Francia; e che Terga fugae: donec fessos Ægyptia tellus Ceperit, et septem discretus in ostia Nilus.

Anteo, nel senso arguto degli versi straMa della perversa natura de' giganti

, Guido dell'Antella vissuto nel 1300 (a).

ni, adombri un Nero di Firenze a nome della lor forza e malizia domata da Giove, della moralità che se n'abbia a trar

I tiranni oppressori de' popoli, i prepore, Orazio ne fa il più splendido quadro, tenti

, e cotali altri fantonacci che fanno nelle seguenti parole (Lib. III. Od. IV.): dacia alla bestiale fazione del corpo,so

altrui paura, e sogliono aver pari l'au-
Scimus ut impios
Titanas, immanemque turmam no per Dante i Giganti. Isaia, XXVI.
Fulmine sustulerit caduco,

13 seq.: Domine Deus noster, possedeQui terram inertem, qui mare temperat Ventorum, et urbes, regnaque tristia,

runt nos domini absque te.... MorienDivosque, mortalesque turbas

tes non vivant, gigantes non resurgant: Imperio regit unus aequo.

propterea visilasti et contrivisti eos, el Mugnum illa terrorem intulerat Jovi,

perdidisti omnem memoriam eorum. Fidens, juventus horrida brachiis, Fratresque tendentes opaco

L' Ottimo chiosa secondo un tal concetPelion imposuisse Olympo,

to: Questi giganti hanno a significare Sed quid Typhoeus, et validus Mimas, quelle persone le quali, per propria inAut quid minaci Porphyrion statu, Quid Rhoecus, evulsisque truncis

dustria, potenzia e seguilo, vogliono Enceladus jaculator audax,

nel mondo operare oltre il termine un Contra sonantem Palladis Ægida mano... Li poeli.., metlonli combaltiPossent ruentes? Hinc avidus stetit

tori con gli Dei; il quale detto ha a siVulcanus, hinc matrona Juno, et Nunquam humeris positurus afcum,

gnificare che tali abiti sono contra a Qui rore puro Castaliae lavit

Dio, non solo a disordinare loro medeCrines solutos, qui Lyciae tenet

simi, ma eziandio in mettere disordiDumeta, natalemque sylvam Delius, et Patareus Apollo.

ne tra le creature (b). Vis consilii erpers mole ruit sua; Vim temperatum dii quoque provehunt

(a) Torricelli, Studi sul Dante, Vol. I. pag. In majus: iidem odere vires

278. Nap. 1850. Omne nefas animo moventes.

(b) Armannino Giudice di Bologna, nella Non senza rispetto d' alcuna moral Fiorità, opera scritta nel 1325,crea un Inferno,

che sebbene ritragga dalle pitture Virgiliane rappresentazione, il Poeta colloca in luo

e Dantesche, è singolare per la novità de' supgo a lor convenevole Caron dimonio al plizi. Noi arrechiamo quel tratto, dove tocca fiume Acheronte, Minosse all'entrata del egli del luogo, delle pene e della natura dei secondo cerchio, Cerbero che latra nel maggiore, che l'abisso si chiama, ove tormen

Giganti: Questo è il settimo giro del Tartaro terzo sopra i golosi, Pluto nel quarto, tati sono gli maggiori peccatori, i quali per loove sono puniti i prodighi e gli avari, ro superbia vollero pareggiare il loro CreatoFlegias che nel quinto per la morta gora ni peccatori; ma solamente quegli infortunati

re... In questo non vanno i minori ne i mezza. traghetta gli spiriti a Dite, le tre Furie e che per niente ebbero il loro Signore, e che a

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