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Facendo i lor canali freddi e molli, Sempre mi stanno innanzi, e non indarno; Chè l'imagine lor via più m' asciuga, Che 'l male ond' io nel volto mi discarno. La rigida giustizia che mi fruga,

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66. CANALI FREDDI E MOLLI. Se qui s'intendono per canali gli alvei pe' quali corre l'acqua, i due epiteti di freddi e molli vi stanno come in questo luogo del Tasso (Gerus. liber. XI, 34):

Non era il fosso di palustre limo (Che nol consente il loco) o d'acqua molle. e, C. XV, st. 56, ov'è imitato e parafrasato il luogo Dantesco co' seguenti versi: Ma tutta insieme poi tra verdi sponde In profondo canal l'acqua s'aduna: E sotto l'ombra di perpetue fronde, Mormorando sen va gelida e bruna; Ma trasparente si, che non asconde De l'imo letto suo vaghezza alcuna: E sovra le sue rive alta s'estolle

L'erbetta, e vi fa seggio fresco e molle. che se le acque stesse correnti, sono benanche a queste appropriati; perocchè e dal Tasso fu detta l' acqua (XIV, 38) licor molle, e in Virgilio, per non dir degli altri, leggiamo (Georg. I, 290): lentus humor. (Ivi v. 417): coeli mobilis humor. (Georg. II, 331): tener humor. (Georg. III, 364): humida vina. Preso poi molle in sentimento di dolce, soave, gralo ai sensi è frequentissimo ne' poeti. Il Tasso (XVII, 61):

Signor non sotto l'ombra in piaggia molle Tra fonti e fior, tra Ninfe e tra Sirene; Ma in cima all'erto e faticoso colle De la virtù riposto è il nostro bene. E Virgilio (Georg. I, 312): mollior aestas.-(II, 384): mollibus in pralis.(II, 470): mollesque sub arbore somni.(Georg. III, 293); molli clivo. prattutto, Georg. I, 340 seq.: Extremae sub casum hyemis, jam vere sereno. Tunc pingues agni, et tunc mollissima vina (a), Tunc somni dulces, densaeque in montibus um

. E so

(brae.

(a) Lo stesso verbo mollire per render sapo roso e soave è adoperato dallo stesso Virgilio (Georg. II, 36):

Quare agite o proprios generatim discite cultus, Agricolae, fructusque feros mollite colendo.

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FREDDI:gelidi,freschi. Virgilio (Georg. III, 336 seq.);

Solis ad occasum; quum frigidus aëra vesper
Temperat, et saltus reficit jam roscida luna.
Nell'Egloga I, 52 seq.:

Fortunate senex! hic inter flumina nota.
Et fontes sacros frigus captabis opacum.
Nell'Egloga V, 24 seq :

Non ulli pastos illis egere diebus
Frigida, Daphni, boves ad flumina...
E nell'Egloga X, 42 seq.:

Hic gelidi fontes, hic mollia prata...

67-69. NON INDARNO ec. Cioè, non come vani fantasmi e nulla più, che sarebbe poco male, ma come cagione di più duro tormento; perocchè la immagine delle chiare, fresche e dolci acque, le quali piovean dentro la fantasia del silibondo dannato,faceano contrario effetto di vieppiù asciugarlo.

Orazio assomiglia l'avaro all'idropico; poichè in quello, ch'è quasi lupa:

Che dopo il pasto ha più fame che pria, cresce la brama dell'oro; siccome in questo l'acqua bevuta fa più ardente la sete (Lib. II, Od. 2):

Crescit indulgens sibi dirus hydrops
Nec sitim pellit, nisi causa morbi
Fugerit venis, et aquosus albo
Corpore languor.

Dante fa idropici i falsatori delle monete, e in loro la sete più duro supplizio che il male; perchè, moralmente, la cupidità più s'affanna a raunare la pecunia, che non usa fatica in ritenerla.

70. RIGIDA. Inflessibile, inesorabile, severa. Nel senso proprio, secondo Festo: Rigidum, et praeter modum frigidum significal, et durum. Dante nel salm. 7:

Non mi voler con la severitade

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Del tuo giudizio giusto giudicare, Ma con la consueta tua bontade. FRUGA: consuma. Bargigi. la. Land. Molesta e punge. Vellut.Frugare per pugnere, gastigare. VolMI FRUGA: mi punge, mi tormenla. Venturi. FRUGA val qui punge, gastiga. Lomb. Punge. Biag.

pi

MI

Tragge cagion del luogo ov' io peccai, A metter più gli miei sospiri in fuga.

FRUGA, mi castiga, ovvero mi ricerca severa, mi persegue. Bianchi— FRUGA: mi ricerca le vene con tormento di sete. Tommas. Il Poggiali: «< Fruga è, a dir vero, espressione alquanto bassa ed abietta, ma è da perdonarsi a un sì grande antico Scrittore.»-La voce frugare è dal Poeta usata in sentimento di pungere, stimolare, spronare (Purg. III, 3; XIV, 39; XV, 137; XVIII, 4). Nel

Malmantile X, 19:

Perciò, fatta al ronzin la sella porre,

Vi monta sopra, e poi lo zompa e fruga. Lo stesso Lippi, nel C. VII, 88-89, adoperava la voce in significato di cercare: E come un bracco va per quel deserto Tutti quanti quei luoghi a uno a uno Cercando, s'ei vi scuopre o sente alcuno. Quel della cella del romito è il primo,

Ove trovando il passo e porto franco, Intana drento,e non vi scorge nimo (niuno); Fruga e rifruga in qua e in là, nè anco: Sgomina ciò che v'è da sommo ad imo ec. Dalla nozione primitiva del vocabolo si venne facile il traslato di pungere per punire e di cercare, rifrustare ec. Il Nostro potè bene applicare al suo fatto l'una e l'altra significazione, e forse la seconda più volentieri; perocchè la rigida giustizia che fruga, in quel che cerca non fa che punire: e qui ci pare che Dante usi la voce per fare intendere principalmente quel medesimo che leggesi nelle scritture sante. Prov. XX, 27: Lucerna Domini spiraculum hominis, quae INVESTIGAT omnia secrelaventris.Ecclesiastico XXXIX: Opera omnis carnis coram illo,el non est quicquam absconditum ab oculis eius. A seculo usque in seculum respicit... Non est dicere, Quid est hoc, aut quid est istud? omnia enim IN TEMPORE SUO QUAERENTUR.

71. TRAGGE CAGION ec. Prende occasione. Blanc Prende, ricava motivo. Lomb. CAGION: strumento. Vent. In sent.: La cagione che produce l'effetto de' miei sospiri poteva essere una qualunque, ma la rigida giustizia la trae da' ruscelletti del Casentino, su'gioghi del quale è Romena, luogo Dov' 10 PECCAI, cioè falsai la moneta fiorentina. E in questo (C. XIV, 6):

Si vede di giustizia orribil'arte.

Sap. XI, 12 seq.: Absentes enim et praesentes similiter torquebantur. Duplex enim illos acceperat taedium, et gemitus cum memoria praeteritorum. (Ivi 17) Ut scirent quia per quae peccat quis, per haec et torquetur.

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72. A METTER PIÙ GLI MIEI SOSPIRI IN FUGA: A metler più li miei desideri in disperazione, non veggendo forma di poterli conseguire. Vellut.-Mettere in FUGA I SOSPIRI, cioè, sospirare con affanno. Volpi.-IN FUGA: In affanno col farmi sospirar più spesso, più a fretta. Vent. A farmi più sospirare... E il sospirare chiama l'autore mettere in fuga i sospiri, conciosiachè sospiro non è altro che un fiato mandato con impeto fuori del cuore offeso da tristizia per desiderio di cosa che non ha; onde, parendo dal cuore fuggire quello spirito, dice qui maestro Adamo, che la giustizia divina fa, che la memoria del luogo dov' ei peccò, nel qual luogo avea egli assai di ciò che voleva, ora gli mette i sospiri fuora del cuore. Bargigi

Il Blanc dice che in questo luogo la voce Fuga « sembra che abbia presso a poco il signif. di Foga» che deriva da fuga o meglio da Focus; e secondo tale accettazione la frase varrebbe come mandare infuocati sospiri ec.— Il Lombardi gli vuole anch' egli veementi; il Biagioli e il Bianchi frequenti. Poteano esser dell'una maniera e dell'altra. Il Tommaseo fa ch' ei camminino come quelli che il Petrarca spediva caldi a Madonna Laura:

Ite caldi sospiri al freddo core. E noi siamo fatti ancor più certi che i sospiri di Mastro Adamo potessero essere molto affollati e correnti, da' seguenti versi di Dante (Vit. nuov. p. 45):

Amor, che nella mente la (Beatrice) sentia
S'era svegliato nel distrutto core:
E diceva a' sospiri: andate fore;
Perchè ciascun dolente sen partia.
Piangendo uscivan fuori del mio petto,
Con una voce che sovente mena
Le lagrime dogliose agli occhi tristi.
Ma quegli, che n'uscian con maggior pena
Venien dicendo: o nobile intelletto,

Oggi fa l'anno che nel ciel salisti.

Ivi è Romena, là dov' io falsai

La lega suggellata del Batista,
Perch' io l corpo suso arso lasciai.
Ma s'io vedessi qui l'anima trista

Anche il poeta nostro lo dice, che i sospiri nascon de'pensier che son nel core. Alcuna fiata invitò altrui:

Venite a intender li sospiri miei. alcun' altra il suo pensiero è nominato per nome d'alcuno suo effetto, qual'è il sospiro; ed è sì veloce, che passa:

Oltre la spera che più larga gira.

E vorremmo or noi maravigliarci che i sospiri del monetiere fuggissero con tanta furia? o questi nostri sommessi e lenti agguagliare a quelli che in antico ebbero sì gran valore?

Or ecco in che modo intenderemmo noi questo passo. La rigida giustizia mette in fuga i sospiri del reo, come un'oste poderosa fa volgere le spalle alle schiere nemiche. In quello che i desideri di mastro Adamo si lanciano alle acque gelide e molli del Casentino, ove egli peccò, e questa terra gli respinge e mette in fuga con la forza che seco porta la funesta rimembranza d' un luogo, al quale si rattacca la causa della sua perdizione. Così due contrari affetti cozzano perennemente nell' animo del dannato: quinci l' amore che lo tira all' obietto ch'ei brama; quindi l'odio che da esso il repelle: quei sospiri, o desideri, che volano al refrigerio sulle ali della fantasia, gli tornano tramutate in avversione ed orrore. Forte amare e odiare

simultaneamente la stessa cosa accende nello spirito il fuoco d'una discordia in fernale; e questa pena immensurabile sa darla soltanto quella rigida giustizia che dice il Poeta; dovecchè ordinaria cosa sarebbe il fatto d'una semplice riproduzione. Non sarà poi chi dica troppo ardito il traslato: i testè addotti esempi risponderanno per noi. Questa interpretazione ci viene insinuata dalla proprietà della frase, e ci apre un concetto vero, sublime e degno del divino Alighieri.

73. ROMENA castello situato nel Valdarno superiore: in questo luogo mastro Adamo coniò le monete false.

73-74. FALSAI LA LEGA ec. Falsificai

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(così mastro Adamo) la composizione metallica de' fiorini d'oro « Ch' avean tre carati di mondiglia » (v. 90). — LEGA SUGGELLATA è tanto, quanto dir moneta. LEGA SUGGELLATA DEL BATISTA: il fiorin d'oro fiorentino. SUGGELLATA

DEL BATISTA: che avea da una faccia l'impronta di S. Giovanni, patrono di Firenze; dall'altra un fiore, simbolo della città che ha nome da' fiori; e dal quale si nominò fiorino la stessa moneta.

75. PERCHÈ: per la qual cosa. IL CORPO SUSO ARSO LASCIAI. Imperocchè fu arso al dirimpetto di Romena in su la strada che viene dal borgo alla collina, dove ancora oggi si vede un monte di sassi. E i paesani che al presente vi sono, affermano, che i loro antichi, avevano udito dagli antichi loro predecessori così essere. Landino Mastro Adamo fu preso e bruciato da' Fiorentini nel 1280, dicono altri, in Firenze.

76-90. In sentenza: L'odio che porto a Guido, Alessandro e Anghinolfo Conti di Romena, i quali m'indussero a falsare che, con tutta la sele ardente che mi i fiorini, onde son io qui dannato, è tale si a questa pena, che aver mia,se mi fosmartora, scerrei meglio veder loro messe dato, una limpida fontana dove mi potessi rinfrescare e attutar questa arsu

ra. Già un d'essi odo che sia cascato in

questa bolgia; ma che mi vale s' io nol vedo, nè posso ire in cerca di lui, per il male che tiemmi legato le membra e fersi pur dare ogni mille anni un sol passo, mo sempre in un luogo? Che s'io potesquesta bolgia; con tutto ha essa undici mi sarei già messo in giro a trovarlo per miglia di circuito e più forse che mezzo miglio di larghezza (a); e però arrisicherei d'aver camminato per moltissimi secoli prima che fosse pago il mio desiderio.

(a) Un ch'è dannato a star sempre fermo in un luogo, non potrebbe saperlo, che a detta degli altri spiriti, i quali si volgono per la X bolgia.

Di Guido, o d' Alessandro, o di lor frate, Per fonte Branda non darei la vista. Dentro c'è l' una già, se l'arrabbiate Ombre che vanno intorno dicon vero:

Odio più crudele, nè spirito di vendetta più infernale di questa non è concepibile da mente umana. Questo è un di quei tratti non radi, ove rifulge la potenza dell' ingegno e dell' arte Alligheriana.

77. GUIDO, Conte di Romena, con cui Dante avea combattuto per rientrare in Firenze; ma essendosi in ciò mostrato non sai dire se più dappoco o traditore; il Poeta forse sì per questo, come per essere quegli dedito a fabbricar falso, lo appella (v. 76) anima trista, che tanto qui vale quanto malvagio. Nel 1300, tempo della visione, era già cotestui piovuto in Inferno (v. 79)! Vedi v. 90, nota.

78. PER FONTE BRANDA ec. Non darei la vista di Guido ec. per fonte Branda: cioè, S'io vedessi qui l'anima trista di Guido (v. 76) ec. questa vista (veduta), il piacere di pascere i miei occhi veggendo in pene chi fu causa della mia perdizione, non darei (quasi nol venderei) io per Fonte Branda; tuttochè di sì alto valore per chi arde di sete in Inferno. Per un dannato il pregio della vendetta è molto maggiore del proprio refrigerio; essendo per lui il più gran refrigerio lo stesso sfogo della vendetta. FONTE BRANDA. « I comentatori tutti hanno creduto che qui s'accenni a Fonte Branda di Siena; ma il monetiere intende certamente d' un' altra Fonte Branda ch'era dentro il castello di Romena, e la cui immagine, come di cosa notissima sta sempre innanzi al pensiero di lui che arde di sete ». Bianchi- Qui mastro Adamo non intende forse parlare di quella Fonte come immagine di riproduzione fantastica, chè se fosse stato questo il suo intento, avrebbe tolto a termine di paragone (64-66):

Li ruscelletti, che de' verdi colli

Del Casentin discendon giuso in Arno, Facendo i lor canali freddi e molli. nè per tale riproduzione era necessario che quella Fonte fosse notissima, bastava pure gli fosse nota. Intanto (vedi, let

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tore, l'ingegno del sommo Poeta) il monetiere, quando trattasi di valore e di prezzo, pone al paragone una Fonte famigerata, qual fu quella di Siena (a), piuttosto che un' altra Branda (se pure stata fosse nel castello, ov'ei falsò i fiorin fiorentini (b)) notissima a lui solo. E questa fonte non dovea essere quella di Remena, perchè dal luogo ov' ei peccò (v. 71 seg.) rifuggiva il suo pensiere (vedi la nota superiore 70-72); e avrebbe in confronto messo cosa odiata e di poco rilievo a contrappesare il preferito consuolo della vendetta. Sicchè noi stiamo con tutti gli altri comentatori; maggiormente che il Tommaseo non se n'è discostato, chiosando anch' egli FONTE BRANDA: limpida fonte di Siena. Le ragioni che abbiamo toccate potranno, per

avventura fare che non abbiano ad in

sorgere due schiere partigiane quale dall'una, e qual dall'altra Branda.

79-80. DENTRO C'È. Il Biagioli preferisce la variante ee, che Dante usò in rima, e potè certamente ciò fare anche nel mezzo del verso (C. XXIV, 90, no

(a) Di Branda bellissima fontana nella piazza di Siena, e dell'etimologia di questa fonte vedi (così il Volpi) a carte 125 del Tomo 2 de' Discorsi Accademici di Anton Maria Salvini - Fontebranda di Siena è memorata anche dal Boccaccio nel suo libro De Fontibus.

(b) « Recentemente alcuni dotti Italiani hanno trovata una fonte del medesimo nome nel Casentino in Valdarno di sopra, e pretendono che a questa e non a quella di Siena si riferiscano le parole di D. È da avvertire in favor di questa opinione che Maestro Adamo falsificò appunto i fiorini di Firenze in Romena nel Casentino ov'è la detta fonte e l'immagine de' ruscelletti del qual paese lo tormenta. Nordime riamente ricordare una fonte per bellezza e co pia d'acque generalmente celebre, quale è quella di Siena e non una fonte appena nota nel suo proprio luogo (*) ». Blanc.-Le parole dell'egregio vocabolista Dante sco servono d'autorità e rincalzano la nostra opinione, che avevamo già scritta prima di consultarne il suo libro.

no io credo che il Poeta abbia dovuto necessa

(*) Merita sopra ciò esser consultata la dichiarazione della Tavola « Le tre Fontebranda » del bel Dante spiegato ed illustrato da Lord Vernon, vol.III.

Ma che mi val, ch'ho le membra legate?
S'io fossi pur di tanto ancor leggiero,

Ch'i' potessi in cent'anni andare un' oncia,
Io sarei messo già per lo sentiero,
Cercando lui tra questa gente sconcia,

ta); e infatti è lezione del codice Filippi-
no e segnata tra le Variorum del Witte.
Ma noi leggiamo c'è secondo non solo
la Nidobeatina, ma eziandio il cod. Cas-
sin., che ha cie, i Pucciani, i Riccardia-
ni 1004, 1024, 1025, 1027, il Dante
Antinori ed altre antiche edizioni. G. B.
Niccolini: Nè forse andrebbe lungi dal
vero chi pensasse che sia nato l'errore
dall'essersi falta da qualche amanuen-
se la C così male che apparisse una E.-
Nella nota citata abbiamo dimostrato che
non sarebbe un errore. Bisogna perciò
tenersi ai codici di maggiore autorità
per avere la lettera più probabilmente
vera. Dovea pur dirsi: Dentro c'è, che
vale: Qui dentro, Dentro da questa bol-
gia è ec.

L'UNA... l'anima trista di Guido (v. 77)- L'ARRABBIATE OMBRE CHE VANNO IN GIRO: cioè di Gianni Schicchi, di Mirra (vv. 32, 38) e d'altri, che accese in furia corrono per la bolgia mordendo i rei alchimisti (vv. 25-30) ec.

81. LEGATE: intormentite e fatte dal l'idrope inabili al moto. V. la nota seg. Comenta bene Mastro Adamo (v. 106 seg.):

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Ancor che mi sia tolto

Lo muover, per le membra che son gravi.
82. PUR... ANCOR: pur anche. Tmesi.
LEGGIERO: agile, spedito, veloce ec.
Il Petrarca P. I, son. V:

E da' lacci d'Amor leggiera e sciolta
Vola dinanzi al lento correr mio.
Il Tassoni dice questa voce venutaci
dal Provenz. lezers.

Petr. P. II, son. LI:

I di miei più leggier, che nessun cervo
Fuggir com'ombra.

-

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E P. II, Canz. IV, st. IV: Più leggiera che il vento Trionf. del Tempo, I: Vidi il tempo andar leggiero, e simili. 83. UN'ONCIA: un pollice, dodicesima parte del braccio, o del piede, nome di misura. Il Poeta altrove l' adopera qual

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nome di peso per la dodicesima parte d'una libbra (Parad. IX, 57):

E stanco chi'l pesasse a oncia a oncia. ANDARE UN' ONCIA è modo latino già nostro, e vale avanzarsi tanto in camminando, quanto è sì piccola misura.

84. SAREI MESSO: mi sarei messo (in cammino). Mettere ha qui la nozione di avventurare, arrischiare. SENTIERO può significare via in genere. Lat. SeSalm. XIV. Perfice gressus meos in semita. L'antico franc. volge quel v. 5 del mitis tuis ec. Sostien mes pas en tes sentes: e il Boccaccio, Com. Dant. al v.

Che da nessun sentiero era segnato. nota: « Chiamansi sentieri certi viottoli i quali sono per i luoghi salvatichi, per antifrasi, quasi dica sentiere, cioè pieno di spine e di stecchi, i quali in latino sono chiamati sentes, conciossiacosachè in essi sentieri alcuno stecco non sia, o vogliam pur dire, che si chiamin sentieri dirittamente, perciocchè in essi sieno stecchi e pruni, conciossiacosachè tra i

luoghi spinosi sieno e non paia quelli

potere essere senza stecchi e spine »>.

85. SCONCIA. Piglisi cotesto aggiunto nel sentimento d'immonda, di vile, di vergognosa, di scellerata, o per disforme, sconciata, sproporzionala nelle membra. Quest'ultima significazione s'accomoda meglio al concetto del Poeta; 1° perchè allusiva a coloro che, fatti a guisa di liuto, son sì dall'idropisia dispaiati (vv. 49 segg.):

Che il viso non risponde alla ventraia. e che lasciano di sì strana apparenza ai nostri occhi più viva impressione: 2° perchè il monetiere intende trovar Guibondi, ma tra i rei della stessa sua pena, do non tra gli spiriti che corrono furirebbe d' uopo ch' ei si mettesse per lo i quali stando fissi in un luogo, gli sasentiero a cercar di lui: 3o in tal guisa mastro Adamo vien quasi a gittar la colpa sua sopra il Conte di Romena, o per

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