O tu che con le dita ti dismaglie, 85 Cominciò 'l Duca mio a un di loro, E che fai d'esse tal volta tanaglie, Che son quinc'entro, se l'unghia ti basti migliori codici che dice il sig. Zachero- Il Nostro in diversi luoghi del Poema ni. Di scardova leggiam noi col cod. adopra allelte, fide, gride, pense, tocCassinese, col Landino, Venturi, Volpi, che, note, immolle, schiante, gelte, Lombardi, Biagioli; con G. B. Niccoli- muse, guate, peste ec. come qui dismani ec. col Bianchi, col Tommaseo ec.; e glie; nè gli fu mestieri ricorrere alle licon tutti coloro, ai quali non è ardua cenze, dove l'indole della lingua e l'uso cosa il vedere come la struttura de due comune de' poeti e de' prosatori gli daversi rifiuti cotesta lettera, la quale ne va pieno dritto di farlo. menerebbe a una sentenza che vaga fuo- La var. dimaglie hanno le antiche ri del senso comune. ediz. di Napoli, di Jesi, e il Cod.Filipp. 85. TI DISMAGLIE: ti scortichi, ti la- 86. A UN DI LORO: cioè de'due accenceri, ti scrosli. DISMAGLIARE propr. è nati al v. 73. Altra lez. A l'un è del corompere, disunire, o disfar le maglie. dice Filippino (sec. XIV), dell'edizioni Il verbo è usato per figura tolta da' gia- di Foligno, di Mantova,di Jesi (an.1472), chi, o dalle corazze, che si fanno di cer di Napoli (1474); e la prescelta dal Witchielli, piastrelle, maglie di ferro o d'al- te. Il testo Bargigi: all' un di loro; il tro metallo; e s'intessono l'una sopra ed cod. Cassin. alun di loro. appresso l'altra, come sono disposte le scaglie sul dorso de' pesci. Il traslato è 87. Fal... Tanaglie: adopri (le dita) tanto più spontaneo, quanto che la pelle a mo' di tenaglia ad istrapparti la pellé è quasi una cotta che veste e difende le e levar le croste per la rabbia del pizziparti più dilicate dell'organismo umano core. Il Buonarroti imitando Dante scrisse: dalle impressioni dell'aria ec.; e il mi N'ho una gran pietà di quel meschino croscopio la ci mostra come un tessuto Che fa dell'ugne pettini da lino. che può assimigliarsi a quello delle lo Sospettiamo che la voce TANAGLIE sia riche ec. DISMAGLIE per dismagli; non qui del numero singolare; chè con le diin forza della rima,come ci han ricanta- la d'una mano più d'una tanaglia far to i comentatori. Albertano nel Lib. del ch. Bianchi) la carne tra il pollice e non si puote stringendo (come chiosa il Dire e del Tacere, Cap. I: Da escusare l'indice. Chi la voglia del plurale, im. : non se' tu che giudiche, e di quello l'indice. Chi la voglia del plurale, imgiudiche altrui condanne te medesi- maginerà che ambe le mani que' miseri mo ec. Cap. III. Guardali d'intorno vi adoperassero. Ma il nostro sospetto quando parle ec. Cap. V. E quando tu non è senza fondamento. Il Poeta disse alcuna cosa lode e vitupere. E infiniti anche (Purg. XXIX, 109): Ed esso tendea su l'una e l'altr'ale. altri esempi. (Vedi C. XXVIII, 43, not. E ivi XVII, 3: e XXV, 6, not.). Alla seconda persona Non altrimenti che per pelle talpe. del presente dimostrativo usarono gli Così s'invengono in altri scrittori: una antichi la desinenza in E in tutte le coniugazioni. Nella prima, Brunello Latini, tempre, la persone, la scorte, nella bra ge, della lebbre ec. V.C.XXVII, 94,nota. , Tesorello, Cap. VI: Di tutte creature 88. Latino: italiano. C. XXII, 65 T'ho detto, se ne cure. XXVII, 33. 89. SE: cost, che, particola apprecati- E questo modo credo che lor basti Per tutto il tempo che'l fuoco gli abbrucia. e 90 95 Eternalmente a cotesto lavoro. Qui ambodue, rispose l' un piangendo: Ma tu chi se', che di noi dimandasti? Con questo vivo giù di balzo in balzo, E di mostrar l'Inferno a lui intendo. E tremando ciascuno a me si volse Con altri che l'udiron di rimbalzo. Dicendo: di a lor ciò che tu vuoli. 100 90. A COTESTO LAVORO. È descritto nei sorpresa di vedere che un vivo aggiravv.76-85.In sent.Possa non mai venirti vasi per colà. 3. L'abituale rilassamento meno il morso dell'unghia (v. 79 seg.) de' nervi prodotto dall'arte loro. 4. II a trarli le crosle e graltarti la scabbia. rimorso della colpa. Vedi vv. 67-84, La deprecazione ha dell' acre; ma non nota. sarà stata così ai rognosi, i quali non 99. L'UDIrono: uirono Virgilio, o avean più soccorso (v. 81) alla rabbia ciò che Virgilio disse (vv. 94-96). Di perenne del pizzicore. RIMBALZO; poichè la parola fu volta ai 91. SEM: semo, siamo. C. XXVIII, due (vv. 73 e 91), non a questi altri, 40,nota.- III 16 e IV 41-Parad. VIII, che anche l'udirono, ma DI RIMBALZO: 39: e altrove. Fra Guittone, Lett. III: « indirettamente, quasi di ripercussioFuori sem noi levati di casa nostra. ne. Bargigi. Questa è la traslatione Lett. XXVI: Ove d'ogni parte semo as- di chi giuoca alla palla, che non le sagliti da forti uomini e dotti. Novelli- dando quando gli è mandata, le da no, LXXV: Fece tre parti de' danari.Il poi quando balza. Adunque udiron la giullare disse: Che fai? noi non semo voce, che non veniva di colla a loro. se non due. Da sere, antica configu- Landino.- « DI RIMBALZO in questo senrazione del verbo essere, si venne semo, so vive in Toscana ». Tommaseo. sele, suto, come da avere, avemo, ave 100. Tutto s' ACCOLSE: S' accostò inte, avuto ec. Ma semo ec., che oggi vi tende il Tommaseo col Vellulello, e col ve nel dialetto veneziano, non vuolsi a Biagioli.--Accogliersi per accostarsi bedoperare nelle scritture. ne. Volpi. Si rivoliò e tutto piegossi 97. SI RUPPE LO COMUN RINCALZO. I verso di me. Venturi. - (Accogliere per due che sedeano l'uno all'altro appog- accostare, unire insieme ec. C. XXX, giati (v. 73 seg.) si scostarono per mo- 146). — Altese con lutto l'animo a me; vimento prodotto dalla forte maraviglia, perchè poc'anzi altendeva eziandio alle in udir da Virgilio che Dante era con- anime a cui parlava. dotto vivo giù di balzo in balzo per l'Inferno (vv. 94-96). COMUN RINCALZO: vi- sente indic. ebbe secondo regola: volo, 101. Vuoli: vuoi. Da volere il precendevole sostegno, appoggio, puntello. voli, vole ec. di cui oggi è in uso vole 98. TREMANDO: « Per la vergogna di te. Albertano, Consol. e Consigl. Cap. I. essere tutti guasti ». Barg. - Per lo Tu voli perdere a fine pur con verra stupore. Land. e Vellut. Di cotesto (guerra) e baltallia. Ma sì per la facile tremore potettero esser più le cagioni. eufonica interposizione dell'u, come per 1. L'esser cessato il reciproco appoggio non confondere il significato di questo a questi spiriti languenti (v. 66). 2. La verbo con quel di volare, si disse più Ed io incominciai, poscia ch'ei volse: Nel primo mondo dall'umane menti, volentieri vuoli. Fr. Giord. 442: Se tu mi finito di dire: Di A LOR CIÒ CHE TU vuoli compire tutto.— 249: Quello che vuolr; le quali parole mi significavano tu vuoli non sempre ti viene fatto. Il la sua volontà. Dante vuole ciò che moNostro usa vuoli altre volte, come nel strò volere il suo Duca: Parad. XXXIII, 35 ec. Male però il Ven- Or va che un sol volere è d'amendue. luri: « Vuoli per vuoi ce l'ha tirato a Poscia che: dopo che. Se l' intendesforza la rima j - Nè bene il Volpi, che simo per poichè (quoniam), il Poeta par» ( nota: « Vuoli per vuoi; in rima.» Il lerebbe a quelle anime non per voler Biagioli: « Puoli, benchè meno irrego- suo, ma del Maestro ; e parebbeci qui lore che vuoi, non si usa fuor di rima ». spento, senza ragione, quel desiderio di Noi abbiam veduta codesta voce regola- andarle domandando, che ci appalesa rissima rell' età d'oro della lingua; ed pertutto. Ei voleva, ma non ardiva prima esser falso ch'essa non trovi luogo nelle che Virgilio volesse: questi volle, ed egli scritture, senza mestieri di licenza poe- non pose tempo in mezzo ad interrogare tica (a). gli spiriti. Per noi dunque il Poscia che 102. Volse: volle. Dall'antic. voglie- di questo luogo vale dopo che, da quanre vennero volsi, volse, volsero; sicco- do, da poi che ec.; significazione quasi me da togliere, scegliere ec. tolsi, tol- identica a quella che ha ne' seguenti se, tolsero; scelsi, scelse ec. L'antico versi (Dant. Rim. Canz. XV): Franc. voluit, voulsit da volsir. Mutata Posciachè al mondo bella donna nacque, poscia l's in zii nostri volgarissimi scris Nessuna mai non piacque Generalmente, quanto fa costei. sero volzi, volze ec. e gli ant. franc. volz.Nel contado calabro s'ode vozi, vo 103-104. Se particola apprecativa coze, vozero per volli, volle, vollero; sic- me nel v. 89; ripetuta anche nel v. 105 come in quel di Toscana voizi, voize, seguente.- LA VOSTRA MEMORIA; la mevoizero. moria di voi. MEMORIA per ricordamenIl Poeta usò volse da volgere (Inf.II, to come atto, non come facoltà. Non 116 XXII, 119 — Purg. VIII, 64 S'IMBOLI... DALLE UMANE MENTI: non si Parad. VI, 1 — XII, 4 ec.) e volse da perda, non isvanisca; gli uomini non si vogliere, volere. (Inf. II, 118 - Purg. scordino di voi. Come potenza dello VIII, 66 - Parad. XXII, 95 ec.). Non spirito, Bono Giamb. Lib. I, Cap. XVI. dismetterebbe leggermente volse per Memoria è tesoriera di tulle cose e volle, se non chi palisse difetto di senso guardatrice di tutto quello che l'uomo comune per distinguerne il significato. truova novellamente per sotligliezza Poscia ch'ei volse: da quando ebbe- d'ingegno, o che l'uomo imprende d'al trui... La memoria è comune agli uo(a) Del verbo volere l'uso riconfermo vuoi, mini ed agli altri animali ma intendinon già vuoli: al contrario di solere ritenné mento di ragione non è in neuno allro suoli lasciando suoi, che fu voce in onore appo animale che nell' uomo. Il Latini, nel i nostri antichi. Il Barberino: Come tu mi suoi dire. Tesoretto: Di dietro sta con gloria La valente memoria 11 Boccaccio, Ninf. st. 144: Che ricorda e ritene Dicendo: 0 santa Diva, la qual suoi Quello, che 'n essa vene. Ogni gran forza vincer. . . Ser Brunello riferisce la sentenza di Il Petrarca, son, 296: Già suo' tu far il mio sonno almen degno Secondo, filosofo vissuto sotto Trajano, Della tua vista. . che: Il celabro è guardia della meIl Pulci, Morg., III, 59: moria. Se la ragion tu di, che suoi difendere. L'arbitrio dell' uso, che rigettò poi cotesta E questo è perchè Dante usi imbolare; voce, non mancò pur di ragione. poscia che le nostre reminiscenze son 105 Ma s'ella viva sotto molti soli, La vostra sconcia e fastidiosa pena 203 seq.: 67 seg.: quasi sotto la custodia della forza men- proprietà del vocabolo sole ch'è solo (a). tale, siccome dice il Tasso: i Latini: A primo sole; sole novo, per Mente degli anni e dell'obblio nemica, significare il primo sorgere e la levata Delle cose custode e dispensiera. del sole. Metonimicamente sole pe' suoi Lapo Gianni, vissuto verso la metà del splendori, e per gli ardori estivi; e quinsecolo XIII, chiama col nome di casse- di per giorno, o anno intero. Æn. III, ro, (dall'arabo chassiron o chassaron, che vale fortilizio o recinto di mura) la Tres adeo incertos coeca caligine Soles testa; per sì ardita metafora volendo si- Erramus pelago: totidem sine sidere noctes. gnificare che in quella sta lo spirito, co Quarto terra die primum se attollere tandem Visa, aperire procul montes, ac volvere fumum. me in guardia di ogni sua facoltà: E il Caro: Poi quando l'alma fu rinvigorita, Tre Soli interi senza luce errammo, Chiamava 'l cor gridando: or se' tu morto, Tre notti senza stelle. Il quarto giorno Ch'io non ti sento nel tuo loco stare? Vedemmo al fin, quasi dal mar risorta, La terra aprirne i monti e gittar fumo. Sole per un giro ch' esso fa intorno Poi appresso convien che questa caggia N'andaro al loco, ond'ei fur pinti fuore. Infra tre Soli, e che l'altra sormonti ec. NON S'IMBOLI è dunque non si sottrag- Nel Purgatorio, C. XXI 100 segg.: ga, non evada ec. e propriamente non E per esser vivuto di là quando Visse Virgilio, assentirei un sole isvanisca, non perisca, non si dile Più ch'i' non deggio al mio uscir di bando. gui ec. Imboli per involi disser gli an Per giorno va poi inteso laddove (Inf. fichi per lo facile scambio delle leltere xxxii, 54) dice: bev. Gianni Alfano: Infin che l'altro Sol nel mondo uscio. Ed hai veduta quella che m'imbola che son propriamente i raggi del nuovo La vita, star pur dura. giorno. Così fiebole, affiebolito e mille altri di È poi notevole differenza tra questo simiglianti esempi. modo: viva sotto molli soli, e quello NEL PRIMO MONDO, cioè dove l'uomo che Beatrice usa con Virgilio: vive vita mortale; l' altro mondo è dove Di cui la fama ancor nel mondo dura si va dopo la morte. Dante non lenne E durerà quanto il mondo lontana. che ce ne fosse uno, siccome fanno co- 106. Genti: città, o popoli ilaliani, loro: in questo luogo; poichè Dante avea già Che l'anima col corpo morta fanno. prima (v. 91) udito: 105. Viva. Bel traslato! La memoria Latin sem noi, che tu vedi si guasti. resta superstite ai trapassati ed è sorella e quegli risponde (v.109):I'fui d'Arezzo. della fama che trionfa della morte,e che: Trae l'uom del sepolcro, e 'n vita il serba. 107-108. LA VOSTRA SCONCIA... PENA, SOTTO MOLTI soli: molti anni, lun- che v' ha si guasti (v. 91); FASTIDIOSA, gamente. Sotto la luna dice altrove (C. che voi rende languidi e noiosi a voi VII, 64) il Poeta, per significare in questo mondo sublunare; con allusione alle alcun che di singolare. Apollo, nome dato al nu (a) Germ. Son che val sole è voce che nota vicissitudini della Fortuna che s'assimi me simboleggiato nel sole, si vuole anche fatto gliano alle fasi di quest' astro notturno. dall'a. privativo e non us.Cicerone De nat.Deor. Qui si dice sotto il sole; poichè si ha ri. Lib. 3: Cum Sol dictus sil, vel quia solus ex spetto alla misura del tempo labile sulla omnibus est tantus, vel quia cum est exortus, obscuratis omnibus, solus apparet. Cumque terra. Molti soli fa bel contrasto con la tu Solem, quia solus esset, appellatum esse dicas. 110 l' fui d'Arezzo, ed Albero da Siena, Rispose l'un, mi fe mettere al fuoco ; Ma quel perch'io mori' qui non mi mena. Io mi saprei levar per l'aere a volo: e . stessi, e fa che siate spiacevoli altrui per metter ali, deluso e crucciato riferì tutto la spurcizia della rogna e per la nausea al Vescovo di Siena suo parente ; e quedel puzzo che gittate (v. 50 segg. ). - sli volle che Griffolino fosse arso qual Fastidioso per nauseoso. C. III. 69. mago. DI PALESARVI... NON VI SPAVENTI: non 109. ALBERO hanno il cod. Cassin., il vi ritenga che voi non vi appalesiate a me, pensando il modo della pena che zioni. Albero per Alberto si legge nel testo Barg. e quasi la più parte dell'ediportate non abbia forse ad indurre gli altri a disprezzo di voi. Il Fucci (XXIV, 4,1, 12, nel Magliab., ne' Riccard. 1025, Villani. Alberto ne' codici Pucciani 2, 3, 140 seg.): 4,7,12 1026, 1027, 1028; nel cod. Caet. e in Ma perchè di tal vista tu non godi, Se mai sarai di fuor de' luoghi bui. altri veduti dagli Accademici della Cru Spaventi qui facciam noi che abbia lo sca e dal Vellutello. Questa lezione prestesso valore del lat. Deterrere per de- scelse il De Romanis pel suo testo (Rom. hortari, svolgere, dissuadere. Tema di 1822). L'altra sembrò corrotta a G. B. sorta, o spavento altro da questo, non Niccolini, Cino Capponi, Giuseppe Bor , v'essendo, che potesse tener chiuse ghi e Fruttuoso Becchi e ritennero Alquelle ombre e farle restie a manifestar- berlo per la loro edizione (Fir. 1846, si. Anche nel C. XVI, 28 e 52, Jacopo Tip. del Vulcano). Rusticucci mostra dubitare non il Poeta 110. METTERE AL FUOCO: ardere. Ci disdegni lui e suoi consorti. E spaven- sembra che questa locuzione ritragga tare usarono altri nel significato che re- dalla biblica: Mittere in ignem aeterputiamo debbe qui attribuirsegli.Il Salv. num o in gehennam ignis. Griffolino, avv. « Gli scrittori del volgar nostro dal se così fosse, vorrebbe la baia di Monsilo studio e dall'uso della latina lingua gnore, che lo dannava alle fiamme in cerchiamo di spaventare » cioè svolgere, questo mondo giudicandolo degno delle rimuovere ec. Con che capiamo ezian- infernali; mentre poi per la colpa appodio, che il Poeta vede già in quelli due stagli non sarebbe caduto laggiù. Inteso la disposizione di appalesarsi, ma la ver in tal modo questo verso, ci riesce di gogna insieme che li rattiene; onde con più efficacia il seguente, e tutto il trinaquesto non vi spavenli gl' incuora e fa rio 118-120, massime il motto: a cui più pronti (a). fallir non lece, che pare contrapporre al 109-110. I'ful D'Arezzo ec. Costui falso giudizio del vescovo sanese la seche qui si finge parlare fu un alchimista vera ma diritta condanna di Minosse. d'Arezzo nomato Griffolino, il quale ad 111. QUEL PERCH'10 mori' ec.: altra Albero, o Alberto, sanense, avendo per colpa da quella che m'imputavano mi ischerzo detto ch' ei sapea l'arte del vo- ha condotto in questa bolgia: fui arso lare, seppegliela dar sì facilmente a be- come negromante, e pur non son messo re, che invoglið il giovine sciocco ad tra gl' indovini e maliosi incantatori (IV imprendere come potesse anch' egli le- bolgia). varsi a volo. Il falso malioso lo tenne 112. A Giuoco: per ischerzo. lungo tempo in parole e ne trasse dana 114. VAGHEZZA: vanità assai. Bargiro; ma l'alunno, che non si vide mai gi - Vana cupidità. Landino--- Voglia (a) II Venturi tenne la voce spaventare esser assai. Vellut. — Era molto voglioso ma qui usata nel sentimento del latino Deterrere. giudizioso poco; nè VAGHEZZA significa . |