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CANTO XXIX.

Decima bolgia: i Falsificatori, e prima degli Alchimisti. Griffolino e Capocchio.

La molta gente e le diverse piaghe
Avean le luci mie sì inebriate,

Che dello stare a piangere eran vaghe:
Ma Virgilio mi disse: che pur guate?

In questo canto e nell'altro appresso si tratta de' Falsificatori, dannati nella decima e ultima bolgia (Vedi C. XVIII, 1, nota) per la ragione arrecata nel Canto XI. Falsità può commettersi nelle cose materiali, nella persona e nella parola. Vengon perciò prima gli alchimisti che falsarono l'oro, l'argento ec. e voglionsi da questo novero escludere coloro, i quali senza fine d'ingannare altrui, posero nell' Alchimia ogni loro studio senza buon successo. Più rei quelli che falsarono la moneta, offendendo in ciò la giustizia, e turbando la buona fede, che avvincola gli uomini nella civil società. Que' che commiser falso in atti privati o pubblici sotto mentito nome della persona legittima. Da ultimo i falsificatori della parola, ch'è quasi moneta preziosissima al consorzio degli spiriti, e loro alimento (a). In questi due canti, in somma, si dà luogo alla punizion di quella frode, che (C.XI, 53) l'uo

mo ebbe usato:

in quello che fidanza non imborsa. il qual modo, dice il Poeta, par che uccida soltanto il vincol d'amor che fa natura, cioè la natural legge, la quale vuol che tutti ci amiamo, e l'uno non faccia ingiuria all'altro: e poichè coteste frodi o falsità offendono direttamente il Vero, s'oppongono alla Giustizia, e più gravi e molteplici danni arrecano alla società umana ordinata da Dio; coloro che in questo fallarono vanno dannati nell'ultima, più profonda, e più penosa fossa di Malebolge.

2. INEBRIATE: pregne di lagrime per la compassione. Venturi, Biag., Blanc. Di lagrimal umore ripieni. Lomb. Empiute di lagrime. Volpi-Insuppate

(a) Tommaseo Illustraz. in fine del C. XIX.

di doloroso umore di lacrime accumulatesi per sentita compassione. Anche Catullo disse ebros ocellos, benchè là s'intenda d'altra ebbrezza che di lacrime. Bianchi. - I Toscani inebriato chi in un discorso o sentimento è rapito tutto. Tommaseo.

L'ebbrezza è figuratamente del piacere, del dolore ec. Il Poeta per questa voce significa altrove (Parad. XXVII,3-6) pienezza di godimento:

Si che m'inebriava il dolce canto. Ciò ch'io vedeva, mi sembrava un riso Dell'universo, perchè mia ebbrezza Entrava per l'udire e per lo viso. Simigliantemente si dica d'un forte dolore e ineffabile, che contende le lagrime, nelle quali chi è afflitto brama pur disfogarsi: onde il Petrarca (P. I, son. 70):

Io per me prego il mio acerbo dolore Non sien da lui le lagrime contese. Quelle genti dannate e le lor diverse piaghe aveano al Poeta inebriati gli occhi,cioè aggravati (Vellutello) e fatti rossi, simili (avvegna che per differente cagione)a quelli dell'ebbro.-Morg.magg.: L'Abate quando vide lagrimare Orlando, e diventar le ciglia rosse, E per pietà le luci imbambolare

ma mea.

E' domandava perchè questo fosse. La Bibbia prestò questi traslati a Dante. Ezech. XXIII: Ebrietate et dolore repleberis, calice moeroris et tristitiae ec. Is. XVI, 9: Inebriabo te lachryXXXIV, 5: Quoniam inebriatus est in coelo gladius meus. Ivi, v. 7: Et descendent unicornes cum eis, et lauri cum potentibus: inebriabitur terra eorum sanguine, et humus 99: paiono ebbre a Guido da Montefeltro eorum adipe pinguium ec. C. XXVII, le parole di Bonifazio.

4. CHE PUR GUATE: a che fine, perchè ancora attentamente guardi ? Altri in

Perchè la vista tua pur si soffolge Laggiù tra l'ombre triste smozzicate? Tu non hai fatto sì all' altre bolge:

Pensa, se tu annoverar le credi, Che miglia ventiduo la valle volge; E già la luna è sotto i nostri piedi:

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5. SI SOFFOLGE: s'appoggia, si posa, s'appunta, s'affissa. Il Petrarca disse:

E pur col ciglio il ciel governa e folce. quasi che l'occhio sostenga la volta azzurra del cielo fin dove si leva la potenza visiva. Dante per l'opposto dice della VISTA che SI SOFFOLGE; perocchè guardando in giù si appuntava essa, e quasi appoggiavasi negli spiriti che andavano per la sottoposta bolgia.-SOFFOLGE per Soffolce dal lat. Suffulcire che vale appoggiare, sostenere, puntellare. L'Ariosto, Orl. fur. XIV, 50:

La qual, soffolta dall'antico piede
D'un frassino silvestre, si dolea ec.
Ivi XXVII, 84:

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il sottil ladrone

Ch'in un alto pensier l'aveva colto,
La sella su quattr'aste gli suffolse,
E di sotto il destrier nudo gli tolse.
E XIII, 77:

L'alte colonne, e i capitelli d'oro

Da che i gemmati palchi eran soffulti. Ma Dante adopera la voce figuratamente com'è detto, in senso quasi simile a quello, che portano le parole Virgiliane (C. XXVIII, 28, nota):

obtutuque haeret defixus in uno. Stava da tante maraviglie ad una Sola vista ristretto, attento e fisso. Caro. PERCHÈ... si soFFOLGE ec.: perchè si ficca la tua vista pure laggiù ec. Bargigi. Il Poeta ne fa egli medesimo la più chiara sposizione con le altre parole (v. 18, seg.):

dentro a quella cava,

Dov'io teneva or gli occhi si a posta ec.

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Nel Parad. XXIII, 130 segg.: Che quanta è l'ubertà che si soffolce In quell'arche ricchissime, che foro A seminar quaggiù buone bobolce. 9. VOLGE: s'estende in giro, gira.MıGLIA VENTIDUO...VOLGE: ha ventidue miglia di circuito. C. XXX, 86.

10. E GIÀ LA LUNA ec. La luna piena sorge al tramonto del sole: quando adunque era questo nel meridiano, dovea quella nell' emisfero inferiore toccare l'antimeridiano. Nel secondo giorno, dopo il plenilunio, essa ritarda la sua levata di 48' min. » 46"; laonde nell'ora del mezzodì abbisogna ancora di questo tempo per raggiungere il predetto antimeridiano: ovvero, quando essa trovasi nel dì seguente a toccare l'antimeridiano, il sole avrà già valico il meridiano per 48' » 46". Così dopo due giorni, mentre la luna è sotto l'antimeridiano, il sole avrà oltrepassato il meriggio per due volte 48′ 46′′, cioè di 1 or. » 37′ » 32′′. Noi abbiamo calcolato vari punti di tempo relativi all'itinerario dantesco, secondo i dati fornitici dalle parole del Poeta (C. XX, 127 e C. XXI, 112-114). Avendo egli cominciato il viaggio per l'Inferno la sera della domenica delle olive, mentr' era la luna tonda, addì 3 aprile 1300; vedemmo che il dì 5, martedì Poeti nella V bolgia, alle ore sette antisanto, il diavolo Malacoda parlava ai no ch'è il secondo de' due già passati, meridiane. Ora in questo medesimo giorla luna che trovasi sotto i piedi dei Poeti, cioè nel meridiano dell' emisfero inferiore, ci assenna che il punto determinato del tempo diurno era quello del mezzodì più 1 oг. » 37′ » 32′′: e come nel 5 aprile il mezzogiorno accade a 18 ore d'Italia; così il momento significato dal Poeta son 19 or. » 37' » 32′′: val dire che 6 ore » 37′ » 32′′ fu il tempo che i Poeti misero a giugnere dalla V, a que

Lo tempo è poco omai che n'è concesso,
Ed altro è da veder che tu non vedi.
Se tu avessi, rispos'io appresso,

Atteso alla cagion perch' io guardava,
Forse m'avresti ancor lo star dimesso.
Parte sen gìa, ed io retro gli andava,
Lo Duca, già facendo la risposta,

sta X bolgia; e che del martedì santo a-
vanzavano solo 4 or. 22' » 28" del dì a
poter giugnere là dove è detto (C.XXXI,
10) che volgendo le spalle alla 10a bolgia:
Quivi era men che notte e men che giorno.
11. LO TEMPO È Poco ec. quello, cioè,
che ne avanza per ciò che ci resta a
vedere di tutto l'Inferno. Noi lo calco-
leremo, e in fine di questa prima Canti-
ca porremo i tempi in corrispondenza
degli spazi, che il Poeta percorse in que-
sto suo viaggio infernale (V. nota prec.).
En. VI, 535 seq.:

Hac vice sermonum roseis aurora quadrigis
Jam medium aetherio cursu trajecerat axem;
Et fors omne datum traherent per talia tempus;
Sed comes admonuit, breviterque affata Sibylla
Nox ruit, Enea,nos flendo ducimus horas. (est:
Mentre il Nostro imita il suo Maestro,
ne porge il dato per misurare quasi i
suoi passi con l'orologio alla mano, met-
tendoci nella necessità di tenere presen-
ti i primi istanti del suo viaggio, e di
tener fisso lo sguardo all' emisfero infe-
riore del mondo, sopra il cui colmo do-
vremo tra poco vederlo riuscire.

12. E ALTRO È da veder che ec.Altro di più mirabile e nuovo devi tu vedere, che qui or non vedi. Molte edizioni hanno credi, che sarebbe ripetuto dopo il v. 8. Leggiamo vedi con la Nidobeat. co' codici Pucciani, e co' Ricciardini 1004, 1024, 1025, 1027; col Magliab.; co' MSS. Frullani e Caetani, col cod. Bartolin., col Vatic. 3199, coi quattro Patavini, col Cassinese, collo Stuardiano e con più di trenta tra quelli veduti dagli Accademici. Vedi legge il cod. Filippino (sec. XIV). Lezione prescelta dal Witte pel suo testo, e dall'Alfieri giudicata migliore.

13. APPRESSO: dopo. C.XXII,98,nota. 15. ANCOR LO STAR: lo slar d' avvantaggio, lo stare o il soffermarmi più

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tempo. DIMESSO: permesso, concesso. Lat. Dimittere, e miltere, lasciare, dar licenza d'andare; aliquid missum facere, non pensare, o passar sopra ad alcuna cosa. Insomma non ci fa d'uopo ricorrere al dimittere della bassa latinità per invenire il significato che s'appartiene alla voce qui usata dal nostro Poeta.

16-17. PARTE sen gìa ec. intanto se n'andava ec. Il postillatore del cod. Cassinese spiega parte per la voce latina interim. Il Venturi intende che: Virgilio parte andava e parte si fermava per ascoltare Dante; o,come chiosa il Bargigi: PARTE SEN GIA: Cominciava a partire; o come il Vellutello: A lento passo già se n'andava; perchè quello il qual si mette in via per caminare, non caminava al principio con quella velocità, che fa poi, quando è dirotto ne l'andare. Adunque non va tutto, ma PARTE. O veramente, che più mi piace, Virg. parte andava, parte l'ascoltava. Il Biagioli vi scorge un modo ellittico, spiegando parte com' elemento di da una parte o da sua parle;e dice ch'essa voce: Usasi a far cenno di due diverse azioni fatte da una o più persone, a un' ora stessa, o quasi ad un tempo. Comunque poi egli si assottigli e sentenzi contro il Lombardi, il Cinonio, la Crusca, il Vellutello, il Daniello, il Venturi ec.; sta il fatto che in mille simiglianti esempi cotesta parte va acconciamente intesa per intanto,in questo mezzo, siccome l'avea chiosato il Landino,e come si ha da intendere nel Canto XXI, 19 del Purgatorio:

Come! diss'egli (e parte andavan forte) ec.
E nel Petrarca, P. II. Canz. IV, st. III:
Ma sì com'uom talor che piange, e parte
Vede cosa, che gli occhi, e 'l cor' alletta.
Ivi st. IV:

Tien pur gli occhi, com'aquila, in quel Sole:
Parte då orecchi a queste mie parole.

E soggiungendo: dentro a quella cava,
Dov'io teneva gli occhi si a posta,

Credo ch'un spirto del mio sangue pianga
La colpa che laggiù cotanto costa.
Allor disse'l Maestro: non si franga
Lo tuo pensier da qui innanzi sovr'ello:

P. II, son. 75:

Ella contenta aver cangiato albergo,

Si paragona pur co' più perfetti,

E parte ad or ad or si volge a tergo Mirando s'io la seguo; e par ch'aspetti.

E simiglianti esempi, di cui alquanti raccolse il Cinonio,e non di rado incontra leggere negli autori.

sta ec.

Ordina: Parte sen gìa lo Duca, ed io retro gli andava già facendo la rispoQual miseria non sarebb'ella cotesta sinchisi, che il Poeta avria potuto lievemente schivare; s'egli per finezza dell'arte non avesse voluto dipingere, con la confusione dell' ordine naturale del discorso, lo stato dell' animo suo a esser divelto dalla vista de' miseri smozzicati; e il turbamento che lo tramescolò vedendo che Virgilio già partivasi, senza concedergli che stesse più tempo colà, dove avea buona ragione di tener gli occhi a posta? Questi due versi non si citino ad esempio d'una figura grammaticale, ma come argomento del più riposto magistero, onde la Poetica sa cogliere il punto, per operare il miracolo che la parola ti dipinga a vivi colori gli affetti e lo stato dell' animo di colui che favella. Così la lingua diviene l'interprete del pensiere; nè trovi assai che sappia

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no come Dante accordarla con l' ideolo

gia, e fare della poesia la pittura dello spirito umano.

18. CAVA: intende la nona bolgia. Lat. Cavea, da Cavus, ricettacolo di fiere, grotta, fossa sotterranea ec. Fosse dette le bolge, C.XXIII, 56; e Fossi, C.XVIII, XIX, 9 XXIV, 65 XXVI, XXVII, 135 XXVIII, 53 XXXIII, 142.

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Studiosamente fisi ed attenti. VellutelAppostati ed affissi. Lombardi. Ma par certo al Biagioli che la formula avverbiale non risponde alla chiosa Lombardiana.

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20. DEL MIO SANGUE: della mia cognazione, stirpe; di mia parentela. SANGUE per generazione, prosapia. C. VII, 80XXX, 2- Purg. VI, 101. Ivi XI, 61 XIV, 91 XIX, 102 XX, 62 Parad. XVI, 1. Cacciaguida così al Poeta (Parad. XV, 28): O sanguis meus, o super infusa Gratia Dei! sicut tibi, cui Bis unquam coeli janua reclusa? Virgilio (Egl. VIII, 43 segg.): Aut Tmarus, aut Rhodope, aut extremi GaraNunc scio, quid sit Amor;duris in cotibus illum (mantes

Nec generis nostri puerum,nec sanguinis edunt.

21. LA COLPA: il peccato di seminar discordie, scismi, scandali. CHE LAGGiù: nella nona bolgia, onde or ora ci siam dipartiti. COTANTO COSTA: si paga col prezzo di cotanta pena, quanta ho veduta; è sì severamente punita.

22-23. NON SI FRANGA. Lo tuo penSIER... SOVR'esso: Non si stanchi il tuo

pensier sopra quel tuo parente, in pensare, s'e' sia là giù. Questa chiosa, ch'è del Poeta (v. 20), e quelle del suo Dudel Bargigi, fanno ragionevole le parole ca (v. 25). Il Landino: Non si rompa il tuo pensier sovr' ello, cioè non interrompere i pensieri, che tu hai delle altre cose, per pensare a costui, attendi ad altre cose ed egli si rimanga. Così il Vellutello e il Biagioli. Il Blanc intende che Dante dir voglia: « Non si arresti, per analogia delle onde che si fran

19. A POSTA: fissamente, fermati, di gono continuamente percotendo in ciò proposito. Purg. VI, 58:

Ma vedi là un'anima, che a posta
Sola soletta verso noi riguarda.

A POSTA: fissi; ed è translazione di chi pone la mira al berzaglio. Landino.

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che incontrano; ovvero, come dicevasi nel medio evo frangere sibi caput super, e ora comunemente in Italia rompersi il capo. »> Al Lombardi piacque la chiosa Bargigiana, e più letteralmen

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Attendi ad altro, ed ei là si rimanga;

te spone la voce Frangere per: « Far parte di sè, come se detto fosse: non faccia il tuo pensiero da qui innanzi di sè parte, non estendasi - SOVR' ELLO, sopra lui ». — Il Volpi e il Venturi aveano già data al verbo Frangere, in questo luogo, la significazione d'Intenerire: e anche il Monti sostenne che in cotesto Non si franga, nel sentimento di Non s'impietosisca, è il fondamento di quella bellezza poetica, la qual ci si offre nella scena, in cui Virgilio, spirito mansuetissimo, si mostra riprensore della compassione di Dante verso il suo consanguineo Geri del Bello; e dove spicca il mirabile contrapposto della pietà di Dante colle severe sentenze del suo teologo condullore.E certo a chiunque abbia aperte le porte dell' anima alla pietà non dovrà dispiacere che questa volta il Poeta siasi dimenticato della lezione fattagli nel C. XX: essendo pel debole nostro comprendimento troppo ardua cosa il concepire così sublime dottrina (a). Sotto altro aspetto bellissima parve l'espressione dantesca al Bianchi: In quanto che dipinge il pensiero della mente, che quasi un raggio percote sull' obielto, donde poi SI RIPIEGA Sopra l'agente. Ed è perciò d'opinione che significhi: Non ritorni il tuo pensiere a lui. Quest'operazione del rifrangere è per lui tutt'uno col riflettere, massime ove si consideri che gli antichi, parlando di luce, confondevano il riflettere col rifrangere. « Un modo simile l'abbiam veduto al Canto XX, v. 105:

Che solo a ciò la mia mente RIFIEDE. >> Il Ch. Tommaseo nota: FRANGA di pietà. Riferma questa chiosa sopra il valore della forma latina Frangi misericordia (Cic. ad Att. VII, 12); sulla locuzione biblica (Reg. II, XI, 25): Non te frangat ista res;e sulla Somma: Frangi dicitur aliquid, quando a suo sensu divellitur ec. - Egli adunque ne rimena alle interpretazioni del Volpi, del Venturi e del Monti. E frangi fu invero inteso da' Latini per debilitari, vilesce

(a) Proposta; in Frangere.

re, succumbere; onde si disse Frangi dolore, metu,pudore ec. in senso di esser vinto dal dolore ec. ch'è locuzione usitatissima dal nostro Dante. Così pare che Virgilio dir volesse: Il tuo pensiero, cioè, l'anima tua, non sia vinta dalla pietà per cotesto Geri meritamente punito. Con tutto ciò il diligente lettore resterà forse più fluttuante tra tante considerazioni, che non frangeva il pensiere del Poeta sopra la miseria delle ombre triste smozzicate. Noi ci siam fatto il debito di presentare l'opinione de' dotti comentatori, perchè possa ciascuno giudicare a suo senno. Ma pure chi ben riflette vedrà, che Virgilio non vieta qui a Dante di commiserare lo spirito del consanguineo; ma sì, ch'egli non abbia in processo del cammino a dividere la sua mente pensando parte a Geri, e parte alle altre cose, ch'erano per richiedere tutta intera l'attenzione di lui.Questa interpretazione ci è insinuata dalle parole stesse del Poeta (vv. 22-24); perciocchè dice:

Non si franga

Lo tuo pensier da qui'nnanzi sovr'ello:
Attendi ad altro, ed ei là si rimanga.

La tua attenzione non sia quind'innanzi distratta dal pensare a lui.

Così la voce frangere, presa nel suo proprio significato, spiegherebbe più facilmente la sentenza dell' autore, e la si vedrebbe conforme a quell' altra, che detta la Filosofia: Pluribus intentus minor est ad singula sensus. La causa poi perchè il Poeta dovea venir distratto della sua attenzione si è questa: ch'egli sapeva come quel suo parente, sendo stato seminatore di scandoli, aveva a trovarsi in questa bolgia, e pure nè il vide, nè venne da lui chiamato: laonde, a torlo di cotal dubbioso pensiero, Virgilio soggiunge le parole seguenti (vv.25-30). Questo artifizio poetico non è poi senza ragione. A Dante parlano e son mostrati sol coloro, che furono al mondo maggiormente famosi (Parad. XVII, 138); tra i quali egli, come poeta dell'equità e della rettitudine, non credette che noverar si potesse Geri del Bello. A noi sembra però che Dante, ravvivando la me

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