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Mi diparti' da Circe, che sottrasse
Me più d'un anno là presso a Gaeta,
Prima che si Enea la nominasse ;
Nè dolcezza di figlio, nè la pieta
Del vecchio padre, nè 'l debito amore,
Lo qual dovea Penelope far lieta,

Tras

91. CIRCE, maga sì bella, che la dicevano figlia del Sole, faceva con bevande e malie pigliar figura e voce di bestie a quanti si lasciavano tirare alle sue lusinghe. Ulisse adoperò che i mal capitati suoi compagni tornassero nella forma umana; ma colto egli stesso nella pania amorosa,si tenne con essolei più che un anno (a). V. La Circe del Gelli;del Gozzi. SOTTRASSE ME ec. quasi furò me a me medesimo, la comune degli espositori.Mi tenne nascosto, intendono col Volpi, il Lombardi e il Bianchi. SOTTRASSE ME ai miei destini.Tommaseo. se me fuori di me stesso, e mi distolse dalla mia navigazione. Venturi. - Me sottrasse dal mio viaggio. Bargigi. SOTTRARRE COstando di due elementi sub e trahere può pel primo significare le arti secrete della Maga, e pel secondo le attrattive di lei. Trahere fra gli altri sensi ha quelli di cogere, impellere, incilare, capere, remorari, retinere; nonchè poi di terere e consumere. Per lo manco dir vorrebbe: seco ritennemi ec. 92. Là presso a GAETA: dov'è Monte Circeio o Circello (b), ne' tempi antichi Isola prossima alla terra ferma, dipoi promontorio ch'è tra Capo d'Anzio e Gae

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mile,considerando che i Germani (Tac. de morib. German.) tenevano anticamente che Ulisse fosse per mare capitato in quelle parti, e vi avesse fondata la città di Ascisburgo: il che pur si tiene di Lisbona, perciò detta Ulysbona, secondo Strabone. Claudiano, nel primo libro contro Ruffino, accenna un'isola dell' Oceano, la quale era albergo delle anime de' morti, dove Ulisse capitò navigando:

Est locus, extremum pandit qua Gallia littus,
Oceani praetentus aquis, quo fertur Ulysses
Sanguine libato populum movisse silentum.
Vedi il Tassoni, Consid. sul Petrarca.
(a) Horat. Epod. XVII:
Setosa duris exuere pellibus
Laboriosi remiges Ulyssei,

Volente Circe, membra: tunc mens, et sonus
Relatus, atqué notus in vultus honor.

(b) Si vuole così appellato dal nome di Circe.

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ta. Vedi Virg. En. VII, 1-20. La Maga abitava in un antro, del quale dura tuttavia tant'orrore nel popolo, che il Bonstetten (c) non potè indurre, neanche col danaro, persona ad andarvi con lui.

93.PRIMA CHE ec. Dicono ch'Enea fece

il nome a Gaeta dalla nutrice di lui quivi sepolta. Virg. En. VII: Tu quoque litoribus nostris, Eneia nutrix, Eternam moriens famam, Cajeta, dedisti ec.

Dunque gli errori d'Ulisse precedettero quelli d' Enea. Questi per favore dei Numi non cadde co' suoi Troiani nelle trappole dell'Incantatrice. Virg. En. VII, 23 seg.:

Neptunus ventis implevit vela secundis,
Atque fugam dedit,et praeter vada fervida vexit.

94-102. In sentenza: Il desiderio ch'io ebbi a divenire esperto del mondo superò ogn'altro affetto, anche l'amore ch'io portava a Telemaco mio figlio, al vecchio mio padre Laerte, ed a mia moglie Penelope. Combattuto da due forti pensieri, o di star tra i miei cari, o di lasciarli per la cagione che detta è, quest'ultimo vinse il partito, e misimi alla ventura ec.

94-96. DOLCEZZA DI FIGLIO. Al. lez. del figlio. In questi versi il Poeta filosofo distingue i santi affetti di natura per la proprietà delle voci onde vengono significati. Dolcezza di figlio. — En. II, 137:

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LA PIETA DEL VECCHIO PADRE. PIÈTA: compassione reverente. Tommaseo. Cic. pro Planc.: Quid est pietas, nisi voluntas grata in parentes? Virgilio chiama pio Enea, perchè si recò sugli

(c) Voyage dans le Latium.

(d) Dulces natos: il contento de cari figli, Caro.

Vincer potero dentro a me l' ardore,
Ch' io ebbi a divenir del mondo esperto,
E degli vizi umani, e del valore ;
Ma misimi per l'alto mare aperto

Omeri il padre Anchise, e lo salvò dalle fiamme con amore non meno grande dello zelo onde seco portò gli Dei Penati (a). Vedi ora come T. Tasso si allargò imitando questo luogo di Dante. (Gerus. lib. VIII, 6):

Sveno, del re de' Dani unico figlio, Gloria e sostegno alla cadente etade, Esser tra quei bramò che, il tuo consiglio Seguendo, han cinto per Gesù le spade: Ne timor di fatica, o di periglio, Nè vaghezza del regno, nè pietade Del vecchio genitor, si degno affetto Intepidir nel generoso petto. DEBITO AMORE: non naturale com'è quello che si porta al padre ed al figlio; ma coniugale, dovuto cioè alla moglie per l'obbligo che impone la legge del matrimonio. Lo QUAL DOVEA PENELOPE FAR LIETA; anzichè lasciarla trista per ben venti anni che andò egli ramingo, ed esposta ai pericoli di perdere la sua castità; la qual nondimeno sepp' ella virtuosamente guardare in mezzo ai Proci; e col fare e disfare la lunga tela tenne a bada coloro che la dimandavano in isposa. DEBITO. Ovid. Her., I: Tres sumus imbelles numero: sine viribus uxor, Laerlesque senex, Telemachusque puer.

È notevole che Ulisse recita i nomi di figlio, padre e moglie secondo il grado di amore che va dal primo all'ultimo decrescendo. Così Enea appo Virgilio (II, 666):

Ascanium, patremque meum, juxtaque Creu (sam ec. (b). 97. Ardore: vivo desiderio, ardente brama.

Al. lez. Vincer poter dentro da me ec. ma potero dentro a ec. è de' codici più autorevoli.

98. DEL MONDO ESPERTO. Esperto: fatto conoscitore e pratico per esperienza, ch'è dirittura di giudizio acquisita dietro le osservazioni delle cose sensibili. (v. 114 segg.).

(a) Vedi come Dante stesso spieghi la proprietà della voce pieta, Inf. XVIII, 22, nota. (b) Non però tiene lo stesso ordine ivi vv. 560-563, e 596 598.

100

99. E DEGLI VIZI UMANI E del valore: dei vizi e delle virtù degli uomini, dei rei e de'buoni costumi. Qui pare si debba prender valore in sentimento opposto a vizio: perciocchè di Ulisse dicesi (Horat. in Arte):

Qui mores hominum multorum vidit et urbes. Il Nostro poi coerentemente al senso che lega al vocabolo valore in molti luoghi del Poema, come in quello dell' Inf. XVI, 67:

Cortesia e valor di se dimora

Nella nostra città siccome suole ec.

chiosando quel passo d' una sua Canzone (c):

E dirò del valore

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Per lo qual veramente uomo è gentile ec. dice: E avvegnacchè valore intender si possa per più modi, qui si prende valore quasi polenzia di natura, ovvero bontà da quella dala ec. Ulisse volle conoscere i vizi umani per cansarli, le virtù per seguirle: secondo che poco appresso (v. 120) dice gli uomini non fatti per esser bruti:

e

Ma per seguir virtute e conoscenza. lore qui sia quella stessa virtù, della quaNulla però può togliere che questo vale Orazio loda Omero d' averci proposto Ulisse come splendido esempio. Lib. I, Epist. II:

Rursus quid virtus, et quid sapientia possit,
Utile proposuit nobis exemplar Ulyssem:
Qui domitor Trojae, multorum providus urbes,
El mores hominum inspexit, latumque per aequor
Dum sibi,dum sociis reditum parat,aspera multa
Pertulit, adversis rerum immersabilis undis.
Sirenum voces et Circes pocula nosti:
Quae si cum sociis stultus, cupidusque bibisset,
Sub domina meretrice fuisset turpis, et excors:
Vixisset canis immundus, vel amica luto sus ec.

100. ALTO MARE APERTO.In Virgilio (En.
V, 211 seg.) Mnesteo dice:
Agmine remorum celeri, ventisque vocatis
Prona petit maria, et pelago decurit aperto.

Ne' versi di Orazio su addolli: latumque per aequor (d).

(c) Le dolci rime d'Amor ch'i' solia. Conv. pag. 155 ec.

(d) Si vede onde fu presa la locuzione aligheriana e qual ne sia il valore. Il Landino intende mare aperto il Jonio. Il Bianchi dice che

Sol con un legno, e con quella compagna
Picciola, dalla qual non fui deserto.
L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna,

Fin nel Marrocco, e l'isola de' Sardi,
E l'altre, che quel mare intorno bagna.
Io e i compagni eravam vecchi e tardi,
Quando venimmo a quella foce stretta,

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101.COMPAGNA: Compagnia.- Folgore da San Gemignano: sonetto: Vi do d'Aprile la gentil campagna Tutta fiorita di bell'erba fresca; Fontane d'acqua, che non vi rincresca, Donne e donzelle per vostra compagna.

Nel Purg. XXIII, 127:

Tanto dice di farmi sua compagna,
Ch'io sarò là dove fia Beatrice.

In tutti questi luoghi, compagna per compagnia nella medesima accettazione che il Poeta disse, Inf. IV, 148:

La sesta compagnia in duo si scema. (V. Parad. XXVIII, 103).

Non crediamo fuori proposito notare che nella via lunga fatta dal Poeta, pare, fra gli altri, abbia egli tenuto conto del consiglio dato dal Beato Jacopone; che chi imprende lungo viaggio debbe procurarsi una buona compagnia:

Procura buon compagno
Se dèi far lunga via:
Sii dolce ed amorevole
Alla sua compagnia ec.

105

Tobia mandando suo figlio nella Media, gli dice: Inquire tibi aliquem fidelem virum, qui eat tecum ec. Trova un uomo certo che venga teco.

Che dove Dante (Purg. III, 3) dice: Io mi ristrinsi alla fida compagna. il vocabolo compagna dee prendersi più propriamente per compagno o scorta, secondo questo luogo di Ser Brunetto Latini; Tesoretto:

Ed io presi compagna
Ed andai in Ispagna
E feci l'ambasciata

Che mi fu comandata. 102. Deserto: abbandonato. Par. XV, 120. È dal lat. deserere.

103-104. L'UN LITO ec. Intendo così: VIDI da man drilla L'UN LITO, cioè l'Europeo INSIN LA SPAGNA, dov'essa confina con l'Atlantico: E L'ALTRO lito, cioè l'Africano, da man manca, FIN NEl MarROCCO; perchè dipoi mi misi per lo strello di Gibilterra ed entrai nell' 0ceano.

104-105. E L'ISOLA DE' SARDI ec. e (vidi) la Sardegna, e le altre isole, che il mare bagna intorno a questa, ch'è la più grande; la Corsica, la Sicilia,le Baleari ec. perciocchè molto fui per quel mare errabondo, e vago di cercare quei a luoghi mediterranei. Al, lez. di Sardi.

Ulisse: Accenna il Mediterraneo, più spazioso generalmente del mare Jonio, per cui avrebbe dovuto navigare tornando in Grecia. Il Lombardi: Io direi piuttosto che intenda dell'oceano. Cosi avea spiegato pure il Bargigi. Ma contro il Lombardi e il Bargigi osserviamo che Ulisse dice essersi già messo per lo mare aperto appena dipartito da Circe,e però molti anni prima di giungere alle colonne di Ercole, dove pervenne già vecchio. 11 pelago aperto virgilia no è riferito al mare di Sicilia, e proprio quello spazio, per lo quale Mnesteo corse colla sua nave ne' giuochi fatti in onore del morto Anchise. Dante vuol, dunque,dire,che Ulisse si ingolfò, prese alto mare, cioè lontano dal lido: l'andar costeggiando par che sia l'opposto del mettersi per l'alto mare aperto. Vedete poi contro il Landino, che potè Ulisse pigliar mare aperto anche fuori del Jonio.Contro il Bianchi si potrebbe dire che il Mediterraneo come tutto è sempre maggiore della sua parte ch'è il Jonio;e che Ulisse valicando il Jonio per tornare ad Itaca si sarebbe anche trovato nel Mediterraneo cioè (secondo il dotto espositore) nel mare aperto.

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106. VECCHI di età; TARDI negli atli per effetto della vecchiezza. Più ardita l'impresa! - Orazio (Epist. ad Pison.): Mulla senem circumveniunt incommoda:vel quod Quaerit, et inventis miser abstinet, ac timet uti: Vel quod res omnes timide,gelideque ministrat, Dilator, spe longus, iners, avidusque futuri, Difficilis, querulus, laudator temporis acti Se puero, censor, castigatorque minorum.

107. FOCE STRETTA ec. per perifrasi : lo strello di Gibilterra. FocE, V.C.XXIII,

Ov' Ercole segnò li suoi riguardi,
Acciocchè l' uom più oltre non si metta.

Dalla man destra mi lasciai Sibilia,
Dall' altra già m' avea lasciata Setta.
O frati, dissi, che per cento milia
Perigli siete giunti all' occidente,
A questa tanto piccola vigilia

129,nota.-STRETTA rispetto all'ampiez-
za dell'Oceano e del Mare che congiun-
ge; ma è larga circa dieci miglia. Foce
angusta è anche chiamata dal Tasso lo
stretto Gaditano, Gerus. liber. XV, 22.

108. ERCOLE Segnò li suoi riguardi, Calpe in Europa, ed Abila in. Africa,dette le colonne o i segni d'Ercole, che col mollo Non plus ultra avvertivano i naviganti di non mettersi più oltre di quel luogo. Il Tasso (Gerus. liber. XV, 25): Ercole, poi ch'uccisi i mostri Ebbe di Libia, é del paese ispano, E tutti scorsi, e vinti i lidi vostri, Non osò di tentar l'alto oceano: Segnò le mete, e 'n troppo brevi chiostri, L'ardir ristrinse dell'ingegno umano; Ma quei segni sprezzò, ch' egli prescrisse, Di veder vago, e di sapere Ulisse (a). RIGUARDI appellò mete e divieti il Tasso (XV, 25 e 31). Riguardi dicono i Romagnuoli ai termini che dividono i campi, ai pali e alle colonne lungo le vie, perchè segnano come un limite o una linea che non è lecito di oltrepassare. A noi sembra esservi alcuna relazione tra

il significato di questi riguardi e di quel che abbiamo letto nell'XI. 12 di questa Cantica; dove riguardo vale accortezza, avviso,circospezione,caulela (V.ivi n.). 110-111. SIBILIA: Siviglia, C. XX, 126. SETTA, lat. Septa; oggi Ceuta, città d' Africa, situata nel labbro dello Stretto dalla parte di Barbaria più verso levante. Siviglia è sotto un meridiano più occidentale; laonde dice il Poeta che quando passò la linea di questa città avea già, mollo, prima oltrepassata quella di Setta, valicando la foce Gaditana. 112 segg. O FRATI fratelli, amici, compagni. Volpi. Teucro, appo Orazio (Lib. I, Od. 7) con parole imitate da

(a) Il Tasso seguitò Dante nella sua poetica finzione del viaggio di Ulisse. Vedi l'ottava che ne addurremo in fine di questo canto.

110

quelle che Omero mette in bocca di Ulis-
se (Odiss. XII) dice:
Quo nos cumque feret melior fortuna parente
Ibimus, o socii, comitesque.

Virgilio, En. I, 198 segg.:

O socii,neque enim ignari sumus ante malorum,
O passi graviora,dabit Deus his quoque finem ec.
Il Tasso, Gerus. liber. V, 90:

O per mille perigli e mille affanni ec.
CENTO MILIA I Boiardo Lib.I, C.IV,28:
Cento cinquanta milia combattenti.
MILIA, dal lat. millia, dissero gli an-
tichi, anche in prosa. Cavale. Att. Apost.
113: Menasti leco nel deserto ben quat-
tro milia malandrini armati.
SS. PP.: Ragunarono più che diece mi-
lia tra uomini e femmine e fanciulli ec.
Nel Provenzale e nel Catalano milia. In

Vit.

Matt. Spinello: Li dellero due millia augustali. Nelle stor. Pistolesi: Cento miglia fiorini. Il Nostro scrisse milia per miglia. Parad. XXVI, 78.

113. ALL'OCCIDENTE, partiti di Grecia, ch'è all'oriente, e pervenuti all'estremo occidente del nostro emisfero.

114-117. Ordina: Non vogliate negare a questa tanto piccola vigilia dei vostri sensi, ch'è del rimanente, l'esperienza del mondo senza gente, diretro al Sol. Ch'è come dire: Per questi pochi anni di vita che vi avanzano vogliale pur cercare e aver notizia dei luoghi che sono nell'altro emisfero vuoto d'abitatori. Così fu creduto!

VIGILIA DE' SENSI: la vita sensitiva che consiste nella potenza passiva, in cui è l'uomo vivente, di ricevere in atto le impressioni del mondo esterno, quando i sensi son quasi vigili, svegli e desti. Nell' esercizio di questi atti sta L' ESPERIENZA (v. 116), la quale è fondamento della conoscenza, ch'è propria della vita intellettiva (b).

(b) Nel Convito (pag: 121, Ven. Zatta): Onde la potenza vegetativa, per la quale si vive, è

De' vostri sensi, ch'è del rimanente,
Non vogliate negar la sperienza,

Diretro al Sol, del mondo senza gente. Considerate la vostra semenza :

Fatti non foste a viver come bruti,
Ma per seguir virtute e conoscenza.

CH'E DEL RIMANENTE: Che ci resta ancora per vivere. Bargigi. Che vi resta e sopravanza. Venturi. Che vi rimane. Lombardi, Bianchi ec. Lat. Quae de reliquo est-Reliqui est.-Noi sospetteremmo che questa locuzione dantesca fosse imitata dal quod superest ingemmato alcuna volta tra i versi Virgiliani. En. V, 691 seg.:

Vel tu, quod superest, infesto fulmine morti,
Si mereor demitte, tuaque hic obrue dextra.
E quivi, v. 796 seg.:

Quod superest, oro, liceat dare tuta per undas
Vela tibi liceat laurentem attingere Tibrim.

Diretro al Sol: navigando secondo il corso del sole, da oriente ad occidenSe poi si costruirà: DEL MONDO... DIRETRO AL SOL, Siccome fa il Bargigi,

te.

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allora il comento sarà: oltre a dove il sol cade, come chiosa il Tommaseo; ovvero come spiega quell' antico espositore: Andiamo a provare di vedere il mondo dell'altro emisperio, nel quale non è gente, ed a cui volendo noi andare, facendo nostra navigazione verso le parti meridionali in processo di cammino ne rimarrà il sole dietro alle

spalle sull'ora del mezzodi, mirando noi verso l'altra tramontana opposita a quella del mondo abitato. L' egregio Sabenicese fa buon viso all'una e all'altra interpretazione; sebbene la prima sembri più spontanea.

118. SEMENZA: stirpe, origine, digni

fondamento, sopra la quale si sente, cioè vede, ode, gusta, odora e tocca; e questa vegetativa potenzia per se può essere anima, siccome vedemo nelle piante tutte. La sensività sanza quella esser non può. Non si truova alcuna cosa che senta, che non viva; e questa sensitiva è fondamento_della 'ntellettiva, cioè della ragione; e però nelle cose animate mortali la ragionativa potenzia sanza la sensitiva non si truova; ma la sensitiva si truova sanza questa, siccome nelle bestie, e nelli uccelli, e nei pesci e in ogni animale bruto vedemo. E quel l'anima, che tutte queste potenzie comprende, è perfettissima di tutte l'altre.

115

120

là dell'umana natura. C. III, 104-105, nota. Dante (Conv. pag. 121 seg. Ven. Zatta): E l'anima umana, la qual'è colla nobiltà della potenzia ullima, cioè ragione,partecipa della divina natura, a guisa di sempiterna intelligenza; perocchè l'anima è tanto in quella sovrana potenzia nobilitata e dinudata da materia, che la divina luce, come in Angiolo raggia in quella; e però è l'uomo divino animale da' filosofi chiamato.

FATTI: creati. La Bibbia: Fial lux et facta est lux ec. BRUTI. Differenza naturale tra l'uomo e il bruto secondo i

filosofi, V. la nota al v. 114 (b), dove alleghiamo dal Convito un tratto, al quale fa seguito quest'altro qui sopra descritto.

119-120. Un illustre comentatore: per seguir virtute e conoscenza, per altendere all'acquisto delle virtù, e della conoscenza delle cose, ossia delle scienze.

Seguir virtute e conoscenza vuol dire tener dietro al valore e al senno, operare secondo la virtù e la saviezza, la quale distingue l'uomo dal bruto.

È Ulisse che parla, nel luogo allegato, ai suoi compagni. Egli viaggia il mondo per avere sperienza degli nomini; e conforta i suoi a fare il simigliante. Ora questo correre su e giù per mare e per terra, vi dà notizia de' vari costumi delle genti, vi fa essere esperto e pratico della vita; ma non mica divenire un Vico, un Kant ec. ec. Nè Ulisse intende dire che la sua ciurma debb'essere scienziata per non essere bestiale. E forse egli stesso se era ben pratico delle cose di quaggiù, astuto e valoroso se si vuole; ma Omero non ne fa un eroe per la scienza. Questa conoscenza, o saviezza, o senno che dir si voglia, può forse meglio che dallo studio delle dottrine scientifiche, acquistarsi pe' consigli degli uomini prudenti, e per gli ammaestramenti dell'esperienza ec.

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