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Quante il villan, ch' al poggio si riposa,
Nel tempo che colui che 'l mondo schiara
La faccia sua a noi tien meno ascosa,
Come la mosca cede alla zanzara,

Vede lucciole giù per la vallea,
Forse colà dove vendemmia ed ara :
Di tante fiamme tutta risplendea

L'ottava bolgia, sì com' io m' accorsi,
Tosto che fui là 've 'l fondo parea.
E qual colui che si vengiò con gli orsi
Videl carro d' Elia al dipartire,

25-42. QUANTE IL VILLAN ec. Di qui comincia il Poeta a descrivere ciò che pertiene all' ottava bolgia. Dice in sentenza: Quando io fui giunto sul colmo del ponte, che sovrastava a questa bolgia, vidi tanto gran moltitudine di fiamme separate l'una dall'altra muoversi per la gola del fosso; quante zanzare vede nelle sere di state svolazzare per la vallata il villano che abita sul dosso del

monte. E come Eliseo mirò Elia tanto alto levarsi sul carro di fuoco, ch' egli più non discerneva, fuorchè una fiamma, che a guisa di nuovoletta salivasene al cielo: così altro che fiamme io non vedea, abbenchè ciascuna di quelle chiudesse in sè uno spirito dannato.

25. QUANTE riferito a LUCCIOLE (v.29). AL POGGIO SI RIPOSA: che abita sul dosso d'un monte, e quivi torna a pigliare riposo dopo la giornaliera fatica. 26-27. NEL TEMPO CHE ec. si dinota perifrasticamente la state, ch'è il tempo, nel quale COLUI CHE IL MONDO schiara, cioè il Sole, LA FACCIA SUA A NOI TIEN MENO ASCOSA: dura più sull'orizzonte a noi visibile; il che avviene propriamente nel solstizio estivo. Qui s'intende non un sol giorno, ma tutta la stagione.

28. COME: quando, non appena (è il simul ac de' latini) ec. LA MOSCA CEDE ALLA ZANZARA: cioè, le mosche si riducono a posare, e le zanzare vanno a cerca: in un motto: nell'ora della pri

ma sera.

29. GIÙ PER LA VALLEA: guardando giù a valle, per la vallala. VALLEA: vedi v. 13, nota.

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30. Dove VENDEMMIA ED ARA: dove ha sue vigne e campi. È ciò detto oziosa mente? No. L'uom di villa stanco del lavoro diurno andrebbe difilato al riposo, nè volgerebbesi alla vallea, ove nol movesse pensiero delle possessioni che vi tiene.

31. RISPLENDEA: luceva, Dell'incendio

funereo, in cui erano combusti i corpi
de' morti Latini, per tutto lucevano le
Cetera, confusaeque ingentem caedis acervum,
campagne. En. XI, 207 seg.:
Nec numero nec honore cremant: tunc undique
Certatim crebris collucent ignibus agri. (vasti

33. LÀ: sull'arco del ponte― IL FONDo di essa bolgia PAREA: appariva.

34. COLUI CHe si vengiò con gli orsi: il profeta Eliseo, di cui, Reg. IV, II, 23: Ascendit autem inde in Beth-el: cumque ascenderet per viam, pueri parvi egressi sunt de civitate, et illudebant ei dicentes: Ascende calve, ascende calve. Qui cum respexissel, vidit eos, et

maledixit eis in nomine Domini: egressique sunt duo ursi de sallu, et laceraverunt ex eis quadraginta duos pueros.

SI VENGIÒ: si vendicò. C. IX, 54,nota.

35. VIDE IL CARRO D' ELIA. Lo spirito d'Elia si raddoppiava in Eliseo, se questi, non il solo carro, ma scorto avesse in alto anche il Maestro. Ecco ond' egli lo seguiva con gli occhi, e dovea dolergli di non vedere che la sola fiamma. Reg. IV, II, 11: Cumque pergerent, et incedentes sermocinarentur, ecce currus igneus, et equi ignei diviserunt utrumque: el ascendit Elias per turbinem in

Quando i cavalli al cielo erti levorsi;
Chè nol potea sì con gli occhi seguire,
Che vedesse altro che la fiamma sola,
Sì come nuvoletta, in su salire :
Tal si movea ciascuna per la gola
Del fosso, che nessuna mostra il furto,
Ed ogni fiamma un peccatore invola.

coelum, Eliseus aulem videbat, et cla-
mabat, Pater mi, pater mi, currus
Israël et auriga eius. Et non vidit eum
amplius. V. v. 37, nota.

AL DIPARTIRE può bene intendersi all'avere abbandonata la terra; e meglio in rapporto alle parole: equi ignei diviserunt utrumque del passo allegato.

36. Le terze plurali del perfetto in tutte le coniugazioni si formarono dalle terze singolari aggiugnendovi ro e rono; onde da amò e amà vennero amòro e amorono, amàro e amarono; da temè, temèro e temerono; da sentì, sentiro e sentirono ec. Questa forma in aro, ero, iro tuttochè regolare, il Cinonio la dice propria dell'idioma fiorentino.

Da levare, dunque vien regolarmente levoro e levorono e quindi levor-si troncando il verbo per unirvi l'affisso, e non dire levòrosi.

Così Dante stesso, Inf. XXXIII, 60:
E que' credendo che 'l fessi per voglia
Di manicar di subito levorsi.

E Purg. V, 32 ec. mandaro, restaro. IX. dimostraro, andaro. XII. gillaro, lasciaro. XXII. appressaro. XXVI.giuraro. XXVIII. poetaro, sognaro. XXX. cantaro, passaro. XXXI. mostraro, for

maro. XXXII. assonnaro. Parad. VI. passaro, trionfaro. XII. militaro.XVII. levaro. XXII e XXXIII. dimostraro. XXVIII. sfavillaro. XXXIII. drizzaro. Ciò pe' verbi di prima congiugazione. Per quelli della seconda. Purg. II. sediero (V. Purg. II, 45). Della terza: Inf. XII. dipartiro. XVI. partiro. XXVIII. udiro. Purg. I. sentiro. IX. dipartiro. XII. fuggiro. XXII. forniro. Parad. IV e VIII. appariro. XI. seguiro. XIV.soffriro. XVIII. moriro. XXV.saliro.XXXI e XXXII. sortiro.

Vedi ora arbitrio dell'uso! da levare, amare ec. fu da' primordi della lingua

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che si disse levà, amà ec. per levò, amò ec. e, tutto fossero per sè omai viete quelle uscite, sono più compatibili col nostro genio leva-ro ed ama-ro, levárono e amà-rono, che non levoro e levòrono, amò-ro ed amò-rono.

Pure in antico, e prima e dopo Dante, non è raro trovarle.

Il B.Jacopone, Lib. III, Od. VIII, 29:
Inginocchiorsi in quella
Davanti alla polzella.
Lib. V, C. XXXIV, 26:

Già tirorno quattro venti
Che turborno la mia mente.
Nel Dittam. Lib. III, Cap. V:
Che in sulla Parma con gran riverenza
Alcuna volta festeggiorno il toro.
Il Pulci, nel Morg. C. XXV, 54:
E caloron le lance ambo giù basse.
ivi 90:

Pensa quel di se menoron la coda.

37. CON GLI Occhi seguire: tenere di vista, rimirare. Virg. En. VIII, 592 seg.: Stant pavidae in muris matres, oculisque se(quuntur Pulveream nubem, et fulgentes aere catervas.

Reg. IV, II, 9: Dixitque Eliseus: Obsecro ut fiat in me duplex spiritus tuus. Qui respondit si videris me, quando tollar a le, erit tibi quod pelisti: si autem non videris, non erit. V. v. 35 nota.

40-42. CIASCUNA, fiamma.-GOLA DEL NESSUNA Fosso; C. XXIV, 23, nota. MOSTRA IL FURTO, cioè, lo spirito dannato che intra sè tiene ascoso.-E OGNI FIAMMA ec. eppure tra sì grande moltitudine di fiamme non ve n' era alcuna, entro cui non si nascondesse un peccatore. Nel C. XXV, 127 cotesto fuoco è detto furo; perchè cela le anime che tormenta.

OGNI FIAMMA Un peccatore INVOLA. MOralmente s'ha da intendere che i falsi e astuti consiglieri sono involti nel Fuoco FURO (quasi ladro di ladri); i quali per

Io stava sovra 'l ponte a veder surto,

Si che s' io non avessi un ronchion preso, Caduto sarei giù senza esser urto. El Duca, che mi vide tanto atteso,

Disse dentro dai fuochi son gli spirti : Ciascun si fascia di quel ch' egli è inceso. Maestro mio, risposi, per udirti

Son io più certo; ma già m' era avviso

aguati, così l'Anonimo, imbolarono altrui le cittadi e gli uomini, e qui da quesle fiamme sono imbolati ellino. Sono per la bolgia continuamente portati in fiamme di fuoco: siccome il loro sottile ingegno s'agitò senza posa, a trovare di che seguissero ruberie, uccisioni ed incendi. Posti in una bolgia più sotto del furto; poichè da' frodolenti consigli vengono molti e più gravi danni, che la semplice lesione del dritto sulle cose materiali. L'ingegno più alto e più viziato merita più pena; e sapientemente il Poeta pone accanto e al di sotto dei ladri, gente astuta ma vile, i malvagi consiglieri de' grandi.

43. SURTO cc. dritto levato; non più carponi come andato v'era per la salita (v. 18).

44-45. Sì CHE еc.: sì però che s' io non mi fossi tenuto per uno sterpo, vi sarei precipitato senza che nessuno mi urtasse. Si era dunque con la persona sporto un po' troppo dal ponte, per desiderio di vedere (v. 69) URTO: urtato, spinto RONCHION. Vedi C. XXIV, 28 e 62, note.

46. ATTESO: attento, come inteso per intento, fisso a guardare.

47. Dentro da' FUOCHI: dentro ai fuochi, dentro le fiamme (vv. 31, 42) DA' per ai, vedi v. 8, nota. DAI FUOCHI: nei fuochi. Lombardi.

48. CIASCUN SI FASCIA ec. Ciascuno di quelli spiriti è fasciato da quella fiamma che l'arde, sicchè ciascuno ha una fiamma, che il circonda, separata dalle altre. Bargigi.- DI QUEL,Suppl. fuoCo. CH'EGLI È INCESO: onde, da cui, in cui egli è inceso. INCESO, C. XVI, 11,

nota.

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FASCIA. Aug., de Civit. Dei: Anima ligalur igni, ut accipiat ab eo poenam. Greg. Dial., IV: Igni tenetur. Tommaseo.

49-51. Per udirti pres. indef. invece del passato: per averti udito. Così (Purgat. XXVI, 92 seg.):

Son Guido Guini celli, e già mi purgo Per ben dolermi prima che allo stremo. cioè: per essermi... doluto (V. questo luogo).

Così ancora (Inf. IV, 25):

Quivi, secondo che per ascoltare.

cioè: per avere ascoltato; e vale: come per avere ascollalo dall' avere ascoltato giudicar poteva ec. Altri dice: Secondo che ascoltando pareva. Sta bene in sentenza, ma non si risale alla ragione della frase, (vedi loc. cit.) come dee fare chi studia in Dante non per interpretare che dice, ma per intenderlo profondamente in tutte le movenze e le sfumature del pensiero: il che non ottiene se non chi ne comprende tutta la forza delle parole e delle locuzioni, che danno il suo colore al concetto del poeta.

Onde il luogo allegato di Dante deve intendersi drittamente così: Maestro mio...

dopo avere udilo te ben son io più certo; ma già m'era sembrato che così fosse ec.

M'ERA AVVISO. I comentatori non si sarebbero incagliati in questo luogo se avesser posto mente, che il verbo avvisare in significato di sembrare venne dagli antichi scrittori, e poi anche dagli altri adoperato.

Dante da Maiano, amico del nostro

Poeta:

Nè cosa altra gradita

Alla vostra beltate

Manca, donna, (scacciate) Che pietà: ciò m'avvisa.

Che così fusse, e già voleva dirti :
Chi è in quel foco, che vien sì diviso
Di sopra, che par surger della pira,
Dov' Eteòcle col fratel fu miso?

m'avvisa, cioè: mi sembra.

Brunetto Latini, Tesoretto:

Di negghienza m'avvisa (mi sembra) Che nasce convotisa (cupidigia). Eccone tra i molti un esempio anche del Tasso, (Gerus. liber. XVIII. 30): Rinaldo guata e di veder gli è avviso Le sembianze d'Armida e il dolce riso. gli è avviso, gli sembra.

Un comentatore moderno e de'migliori: «M'era avviso, m'era accorto,o m'era immaginato. È il particip. tronco del verbo avvisarsi.V'ha chi prende avviso per nome, in senso di opinione.»-Primamente sembrare non si può confondere nè coll'immaginarsi,e nè tampoco con l'accorgersi. In questo luogo non è al proposito l'immaginazione e l'accorgimento. Dipoi c'insegna Dante stesso che avviso possa valere opinione o parere. Per mio avviso, quanto a mio avviso, secondo mio infallibile avviso, e simiglianti, sono frasi da lui usitate (Purg. XIII,41-XXIX,80-Parad. VII, 19 ec.) le quali equivalgono sotto sopra a quest' altra: come mi pare o mi sembra; perciocchè son locuzioni figliate dal latino videri. Ma quel verbo sustantivo, ingemmato a mo' che suol farsi con gli altri intransitivi passivi, avrebbe dovuto già fare accorti tanti valentuomini di quello che sopra è detto e non aprire un campo alle opinioni tra i dotti, ove la lingua ha sue leggi certe. (V.Par. VII, 4). Da ultimo Dante stesso ci dice qual debba essere il valore della detta locuzione. Inf. XXVII, 107:

La 've 'l tacer mi fu avviso il peggio. dove: mi fu avviso non è altro che mi sembrò, mi parve.

52. FUOCO, CHE VIEN... DIVISO. Uniti in una fiamma,come stati erano negli aguati, furono al Poeta visti Ulisse e Diomede.

Ma, la fiamma va divisa in due punte, siccome quella che arse i cadaveri de' due fratelli per il regno nemici; e questo perchè gli uomini acuti al male si dividono loslo o tardi in sè stessi, e, se forzali a star pure insieme, coleslo è

continuo tormento. Il corno della fiamma ove geme Ulisse è maggiore, perchè Diomede più violento partecipò a talune delle trame di quello; ma Ulisse, che da Virgilio è pur chiamato dirus e saevus, ordiva le trame: e altre ne ha di sue proprie ec. Tommaseo.

53-54. DI SOPRA: verso la sommità, in cima. Stat.: diviso vertice flammae.

PAR SURGER DELLA PIRA, OV'Eteocle ec. Conta la storia favolosa, come Eteocle e Polinice, morto Edippo re di Tebe, che gli avea ingenerati di nefando concubito con Giocasta, convennero di regnarvi alternatamente. Eteocle sendo il più grande prese per primo lo scettro,e primo atto fu di bandire il fratello. Questi venuto in Argo menò moglie Argia figliuola del re Adrasto; il quale dopo qualche tempo aiutò suo genero a portar guerra ad Eteocle (Vedi C.XIV, 68XX, 31, note) per rivendicargliene i dritti al trono. Dopo grande uccisione da ambe le parti vennero a singolar tenzone i due fratelli, nella quale l'usurpatore Eteocle cadde mortalmente ferito, e prima di morire trafisse Polinice e virestarono estinti entrambi. Antigone loro sorella, ed Argia moglie di Polinice avendo imposto sullo stesso rogo i cadaveri, è fama che la fiamma si dividesse in due parti, come segno dell'odio immortale che l'ambizione del regno alimentava negli animi di quei malnati fratelli (a). Lucan. I:

Scinditur in partes,geminoque cacumine surgit,
Thebanos imitata rogos.

Stazio XII, 429:

Ecce iterum fratres: primos ut contigit artus
Ignis edax,tremuere rogi,et novus advena bustis
Pellitur; exundant diviso vertice flammae.

Miso: messo, posto, collocato. Il Volpi lo credette adoperato in grazia della rima: il Lombardi lo trovò ne' versi di Pier dalle Vigne:

Non avea miso mente
Allo viso piacente.

(a) Questi fatti prestarono all'Alfieri materia per due tragedie, l'Antigone e il Polinice.

Risposemi là entro si martira

Ulisse e Diomede, e così insieme Alla vendetta vanno, com' all' ira : E dentro dalla lor fiamma si geme

Fra Guitt.:

E Monte Pulcian miso in sua forza.

Ser Brun. Latini nel Tesoretto, Cap.VI:

Mantenente fu miso Fora del Paradiso.

Ne' composti si trova eziandio commiso, dimiso, promiso ec. per commesso, dimesso, promesso ec. Matt. Spinello, an. 1255: Che re Manfredi li havesse promiso di farele buoni trattamenti. Ne' nostri dialetti dura tuttavia tale desinenza. Di mettere ebbero gli antichi, oltre che messo, anche misso, meso e miso. Quest'ultimo è dal basso lat. misus. Capit. ad leges Alamann. c. 22: Si in clida misa non fuerit. Noi l'abbiamo invenuto tra le scritture degli antichi,e anche in prosa; ma oggi non si dà licenza di usar questa voce, che ai soli poeti: e parve incongruenza al Nannucci, quando sono in onore misi, mise ec.

55-56. SI MARTIRA ULISSE E DIOMEDE. Benchè si martira possa concordarsi con ciascuno de' due soggetti separatamente; pure nulla osta che qui sia stato messo il verbo nel singolare invece che nel plurale per si martirano, son martoriati ec. Il Poeta, Rim., in un sonetto a Cino da Pistoia, dice:

Sicchè s'accordi i fatti a' dolci detti.

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Guido Cavalcanti a Dante Alighieri: Solevati spiacer persone molte. Nel 2o salmo penitenziale, il Pocta: Ho fatto come quci, che teme il gelo Che stanno stretti, e nulla mai dicendo ec. Dove evidentemente teme è adoperato per lemono. Nel Convito, fol.94: Riluce in essa le intellettuali, e le morali virtù: riluce in essa le buone disposizioni da Natura date; riluce in essa le corporali bontadi. Il Crescenzio Lib. III, cap. 2: Si dee cercare il luogo, dove spiri i venti australi. Il Villa ni, cap. 12: al qual (nome imperiale) solea ubbidire tutte le nazioni. Fazio, Dittam. Lib. V,cap.5: Liso la nominò gli antichi. E lib. V, cap. 1: Sì nacque le prime genti di questo paese. Il

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Boccaccio, Fiamm. Lib. V, n. 131: Corsevi il caro marito, corsevi le sorelle (a) ed infiniti altri esempi di questa maniera così

da noi usitata come da' Greci e da' Lati

ni, appo i quali era detta Enallage come da' gramatici fu osservato. V. Č. XIX, 22 nota.

56-57. ULISSE E DIOMEDE famosi Greci destrissimi a ordir trame e porle in opera,massime contro i Troiani, v.52 nota.

INSIEME ALLA VENDETTA CORRON COME ALL'IRA: vanno uniti al tormento, siccome furono uniti a mal fare. VENDETTA: pena, castigo, da loro subìto, non dato. IRA, che gli mosse alle frodi e agli aguati contro i Troiani. L'ira prima delle passioni, che turbano la ragione, nella cui calma l'uomo non trascorre il confine dell'onesto e del giusto.

58. DENTRO DALLA LOR FIAMMA. Nel v. 47: dentro da' fuochi; nel v. 64: dentro da quelle faville ec. tanto è propria di nostra lingua cotesta locuzione. Può osservarsi qui adoperata la particella da invece di a; siccome incontra non rado vedere questa tener luogo di quella. C. V, 118 nota.

SI GEME: si piange. Si duole e sospire. Barg.-Gemere per deplorare. Volpi. Si sospira e piange. Venturi. Piangono quegl'infelici. Lombardi. Gemere lat. dal gr. 2ɛμw, onustus sum si dice proprio del suono dolente, che manda chi è oppresso da troppo peso: quindi per le lagrime e i sospiri che i dannati melton fuori. Il Poeta (C.XII,132):

Ove la tirannia convien che gema. Qui la divina Giustizia punge Ulisse e Diomede, e da' loro occhi munge le lagrime come il bollore disserrale a Rinier di Corneto ec. (Ivi v. 135 seg.): e quelle gocciano siccome dello slizzo verde,

(a) Su questa maniera di accordare in numeri diversi i nomi e i verbi, come se questi fossero presi assolutamente, veggasi il Bartoli, Tort. e Dritt. n. 108.

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