65 Ch'io mi sia tardi al soccorso levata, Per quel, ch'i' ho di lui nel cielo udito. E con ciò che ha mestieri al suo campare, all'idea d'un danno o pericolo che crcde Cavalcanti; salvo ch'egli non intendesse soprastargli. dire, come spiega Vinc. Nannucci: « Io Onde il Pocta, di Sordello, che intese « t'ho per modo piena di filosofia, e di lui esser ito vivo in Purgatorio, dice: << ragioni e dimostramenti naturali... e Purgal. VIII, 61: ( con sì bello e dotto ordine proposta e E come fu la mia risposta udita, Sordello ed egli indietro si raccolse, « provata in te ogni mia conclusione, Come gente di subito smarrita. ( che tu puoi andar sicuramente ove ti Vive tullodì tra i nostri contadini la « piace ». Beatrice direste che favelvoce Smarrare per Assolligliare un le- lasse a Virgilio come il trobador alla sua gno o altro simile. Eppure Smarrare è Chansons: ma Dante invero, acuto nello stesso Smarrire volto dalla terza alla l'invenzione, seppe dalla sdolcinata moprima conjugazione, come di mille altri notonia dello sdilinquito favellare dei verbi si è fallo. poeti vagheggini, trarre freschi e vivi coSi dice ancora tra il popolazzo Fare lori, e la gravità delle sentenze abbellire un marrone ed Ammarrunare per dare con la vaghezza e con la spontanea legin errore o in uno sbaglio, onde ne vien giadria dello stile.. danno e perdita della fatica e de' mezzi, Non è però da intendere che la parola che ad un proposto fine si erano ordinati. del Poeta Mantovano fosse ornata come Jacopo da Lentino: quella del Cavalcanti; ch'egli non si saEstando gaio divento smarruto. rebbe leggermente tratto dietro il Fiocioè tristo. rentino, per le spaventose bolge del TarDel resto smarrito, tolta la fig. da co- taro; e nemmanco gli avrebbe porto esemlui che perde la via, nè sa per dove muo- pio del bello stile che gli ha fatto onore. vere i passi, vale anche confuso. Muovi detto elegantemente senza l'afRistoro d' Arezzo, che fiorì verso il fisso. 1282, scrivendo (Distinz. 8, cap. 4) dei Muovere n. è partirsi d'un luogo. Ser mirabili antichi vasi aretini: En (in) li Brun. Latini Rettor. Tull. Le quali cose quali se (si) trovavano scolpite, e desi- lutte convengono muovere dalla costiunate tutte le generazioni delle plante tuzione. Il testo ha: a constitutione (piante) e delle follie e delli fiori, e tut- proficiscantur. Muovere si accomoda te le generazioni delli animali mirabe- egualmente bene al senso proprio di le e perfettamente, e allre nobelissime parlirsi, che al figurato prendere origicose, sicchè per lo diletto facieno smar- ne, nascere ec. rire li conoscitori. Giovanni dall'Orto, aretino, che fiorì 67. Lapo Gianni a una sua Ballata: nel 1250: Poi se nata d'Amore, ancella nuova, Ballata, io prego te per cortesia D'ogpi virtù dovresti essere ornata, Che muovi tostamente Dovunque vai, dolce, savia, ed intesa: E vadi avanti a mia donna gentile ec. La tua vista ne fa perfetta fede; Muovi con tua manera ec. Il Poeta, Inf. II, 101: Inf. XXVI, 79-83: re così Guido Cavalcanti: O voi, che siete duo dentro da un fuoco ec. Tu puoi sicuramente gir, Canzone, Non vi movete; ma. Dove ti piace: ch'io t'ho sì adornata, cioè: rislate, fermatevi, atiendete ec. Che assai lodata - sarà tua ragione Enzo Re usa anche senz'asfisso il det. Dalle persone ch'hanno intendimento. Ed io mi son uno di cotestoro a cui lo verbo: Ond'io prego soave non è avviso trovarsi dramma d'ornato Pietà che mova a gire poctico o leggiadria nella canzone del E faccia in lei riposo cc. 75 L' aiuta sì, ch'io ne sia consolata. Vegno di loco, ove tornar disio : Amor mi mosse, che mi fa parlare. Di te mi loderò sovente a lui. Tacette allora, é poi comincia' io : 70 74. Lapo Gianni, contemporaneo ed sa (b). E il sublimi loco nalus; l'illuamico di Dante: stris; e il tollere o ferre ad sidera, e il Eo laudo Amor di me a voi, amanti, sublimi feriam sidera vertice ec. ec.son Che m'ha sor tutti quanti meritato, tutti de'modi, che inchiudono l'idea d'un E'n sulla rota locato vermente. innalzamento dalla melma di questa ter76. Parole che il poeta pagano pro- ra, concesso a coloro soltanto che fra gli nunzia con intendimento ben altro da uomini si sono eminentemente segnalati quello del poeta cristiano. Virgilio am per la virtù. Le stesse apoteosi, onde mira la Donna che lascia il suo beato vennero appo i gentili molliplicati gli scanno e scende in Inferno, per muover Dei, non furono che atti di riconoscenza lui ad andare in aiuto di Dante. Vede che gli uomini manifestarono agli croi ; ch'ella compie così un atto di virtù più nè la viltà romana appello Divi i tiranni, che di dovere, nel porre in periglio la senza almanco supporre in quelli o per propria, per l'altrui vita. Così almeno egli sentimento o per adulazione, la virtù ed pensa ; onde gliene muove dubbio nei il valore, soli litoli che sollevano gli uoversi 82 e segg. (V. le chiose ai vv. 76, mini al di sopra della loro sfera. 77, 78 di questo Canto). Or questo, an Virgilio potelte bene impertanto eloche a lume di ragione, e secondo la teo- giare Beatrice con le belle parole racrica degli oslici trattata da’ savi del gen- chiuse nella preallegata terzina. tilesimo, pareva ed era un amore sovru- Ma Dante poi, quando fece così parmano e simile a quella Carità, di cui Cri- lare il suo Duca, volgeva in mente alcusto N. S. disse che non ha la maggiore: na cosa di più perfetto e di più sublime. Majorem hac charitatem nemo habel, Beatrice non è pel poeta latino più che ut animam suam ponat quis pro amicis una donna beata e valorosa ; pel poela suis. Laonde le dice: 0 donna di vir- italiano è un mito, un simbolo che pertù ec. (a) cioè ornata di quella virtù per sonifica la Teologia. Egli fa parlare Vircui sola gli uomini al di sopra della sfe- gilio, ma in quelle parole vuol che sia ra lunare si elevano e s'avvicinano agli espresso anche l'intendimento di chi immortali. Lo stesso Cicerone, sebbene gliele pone in bocca: ed in ciò, vedi sufilosofo gentile, dice: Niente è di qua se blimità !, è la ragione umana che riconon mortale e caduco, tranne le anime nosce la Teologia, è l'autore d' un poeumane: sopra la Luna eterna è ogni co ma sacro che stringe a riconoscerla quel famoso autore d'un poema profano. (a)Anche la Scrittura usa le locuzioni Rex glo. Imperocchè il fare a Beatrice attribuir riae, Vir dolorum ec. Il Re della gloria, l'uomo de' dolori ec. I latini: Magnae virtutis vir ec. quella virtù ch'è sola per cui L'umana per Uomo di gran valore ec. Dante nella Vita spezie eccede ogni conlento Da quel cicl nuova : La reina della gloria, per reina glorio- che ha minori i cerchi sui, a che altro sa: e così qui, Donna di virtù per Donna virtuosa. Noi : Uomo, o Donna ď onore, invece di accenna che alla Fede, la quale è fondaUomo onorato, o Donna onorata, ec. Guido delle Colonne : Cosi, donna d'onore, (b) Cic. Somn. Scip : Infra nihil est nisi mor. Lo mio gran sospirare tale et caducum, praeter animas generi homiVi poria certa fare a dutas: supra lunani sunt aeterna Dell' amorosa fiamma, ond' eo so involto. omnia. num. L'umana specie eccede ogni contento Da quel ciel ch' ha minori i cerchi sui ; mento della Speranza e germe della Ca- materia, la quale gli liga lo spirito, che rità che l'avviva? (a) Senza la Fede nulla non riconosce l'altezza del proprio fine. sarebbe della Rivelazione, della Religio- Il Tommaseo notò, dalla Somma, in ne, della Teologia. La Fede discende da questo luogo: che le cose nole per la riDio e fa che a Dio s’ascenda travalican- velazione eccedono l'umana ragione, che do ed eccedendo l'angusto cerchio della la beatitudine è un bene che eccede la sfera sublunare infino alla contemplazio- natura creata, e che per la Scienza delle ne dell'infinito. Levata la Fede, date un cose supreme (qual'è la Teologia o Bealungo vale al divino asllato, alla Bibbia; trice) l'uomo sovrasta quanti enti sono e siate certi che l'uomo per quanto ale sotto la luna. tiero vada, superbo e burbanzoso di sua Questa vuol esser dunque la donna di ragione; si striscerà come lurido serpen- virtù secondo la mente dell'Alighieri : te sul fango terrestre, e nulla piu aspet- quella che altrove chiama Donna di corterà che la casuale metamorfosi della tesia (Vit. Nuova). La locuzione è tratta dalla Scrittura santa (Ruth. III, 11): (a) Per queste parole dette da Virgilio è d'uo Mulierem te esse virtutis po ben per tempo formarsi il concetto della Beatrice, che sotto il nome della figliuola di e più felicemente che mai, a commendaFolco Portinari, adombra l'idea della Rivela- re l'officio di colei (l'Ottimo) per la quazione, della Teologia e delle virtù che le son le l'uomo trapassa ciò che si contiene dal proprie,tra le quali la Fede; e domina con questo simbolo in tutta la orditura allegorica del cielo della luna. Poema. A convincersene basta por mente a que- Anche Torquato Tasso s'ispirava al vasti pochi versi che riferiamo traendoli dal Pa- lor della Fede quando la rinata Clorinda radiso (XXXI, 79 seg.). Quivi volge le sue pa- dice in sogno a Tancredi : role a Beatrice il Poeta e le dice: O donna, in cui la mia speranza vige Tale io son tua mercè, tu me da' vivi E che soffristi per la mia salute Del mortal mondo per error togliesti, In Inferno lasciar le tue vestige ec. Tu in grembo a Dio, fra gl'immortali e divi, Per chi va buccia buccia secondo l'ovvio e Per pietà, di salir degna mi festi. letteral senso che suonano i vocaboli, qui Dan. Egli le avea dato il Battesimo, ch'è porto altro non intende, se non che significare co- ta della Fede cristiana. me pone egli tutta speranza in colei che, per salvarlo dalla Selva, discese nel Limbo, e mandò Quello adunque negli allegati versi inVirgilio in aiuto di lui che periva. Ma chi più tese dir Dante, non potette intenderlo s' addentri e n'esamini sottilmente lo spirito Virgilio che gli ebbe pronunziati; ma fadella lettera, troverà che in questi tre versi è rebbe maraviglia se non l'intendessero viva la figura della Teologia o della Fede, o vuoi della Rivelazione. Imperocchè la Fede e tanti solenni Comentatori. non altra è quella, in cui ha vita e vigore la Spe. Donna di virtù può bene prendersi per ranza; non v'essendo chi speri senza credere e Regina o Signora delle virtù teologali. I quella della verace Teologia, contemplatrice della Divinità, è Fede viva per opera dell'Amo- Provenzali e i rimatori o trovadori antire o della Carità (Fides sine operibus mortua... chi chiamarono la loro innamorata: DonS. Paolo...). Or dal secondo e ierzo verso si ma- na di valore: e Ser Brunetto Latini, nel nifesta che la Fede congiunta a virente Speranza era in Beatrice tutta vita, in virtù dell'Amo principio del Tesoro, appella Fiorenza : re che opera l'altrui bene e pone tutto sè al no La donna di Toscana cioè la reina o il bile intento dell'altrui salute. Il verso 76 e seg. capo di quella regione. del Purgatorio (XV) conferma il fin qui detto, e Nel Poema attribuito a Dino Compagni se ne rischiara esso stesso. Qui Virgilio a Dante che adunava sempre dubbi nella sua mente: si chiama la Intelligenza, che n'è l'eroe, E se la mia ragion non ti disfama co' nomi: Donna di valore; e così persoVedrai Beatrice, ed ella pienamente nificata le si dice in un luogo : Ti torrà questa e ciascun' altra brama. Donna di valore noscer chi fosse la Beatrice (Purg. XXX, 31 S' io fosse servo d' un tuo servidore, Sariame caro sovr' ogni ricchezza. E Virg. stesso (Purg. VII, 24): 79. Virgilio stesso (En. I, 76 ec.) fa Virtù del ciel mi mosse e con lei vegno. che così dica Eolo a Giunone : seg. ). 80 Che l'ubbidir, se già fosse, m'è tardi : Tuus, o regina, quid optes (Inf. V, 39. - X, 55. - Purgat. XXI, Explorare labor; mihi jussa capessere fas est. 64 ec.) - Talento però vale più voglia I Trovatori si dichiaravano servitori umilissimi alle loro donne e madonne, e mossa da natural propensione a cosa non facevano della dama la sire e la reina, pur pensata, che volontà la quale tenga dicendole sotto sopra, come alla sua dietro alla previsione dell'intelletto; eppe rò seguita il senso piuttosto che la ragione. Chiaro Davanzati : Gentil mia donna, poi ch' io 'nnamorai (Iof. V, 39). Nel vostro adorno viso riguardando, Cotesta proprietà del vocabolo si fa Di nessun'altra cosa non pensai manifesta da’luoghi accennali e da molSe non d'ubbidir vostro comando. ti altri che si scontrano negli scrittori, Dante adunque fa del poeta latino un dove talento si dee togliere nell'accettaprovenzale in questo luogo, e non meno zione di laida voglia, lussuria ec. Lat. gentil parlatore di quel che umil si fosse lubido ec. Il Tasso dice: il re de' venti alla moglie di Giove. - Il Sul Tago il destrier nacque, ove talora Nostro, Rim. : L'avida madre del guerriero armento, Credo che in ciel nascesse essa soprana Quando l'alma stagion che n' innamora E venne in terra per nostra salute. Nel cor l'ispira il natural talento ec. L'Alighieri non fu sì spasimato plato- Ecco altri esempi da'quali s'apprende nico come il Petrarca, e senza trarre lun- il sentimento in cui gli antichi adoperaghi sospiri dopo la morte di Beatrice, rono essa voce. prese miglior partito di trasformarla nel- Guido delle Colonne : la Teologia. Ambidue però alzarono tan Non ho talento di far misleanza to a cielo l'idolo del cuore, che per loro: oggi si direbbe: non son tagliato, portaMostrò quanto potea la lingua nostra. to, inclinato a mancare o a commettere dislealtà. 80. Non sarebbe strano pensare che Mazzeo Ricco : se venisse qui come particella deprecati E non aggio altra vita va simigliante al sic de' Latini. Al modo Se non solo un talento che Guitton d' Arezzo disse: Com' eo potesse a voi, donna, venire. Chè, se m'aiuti Deo, Quindi Altalentare, essere a grado. Quanto più dico, più m'è dolce dire. Lapo degli Uberti : Lat. Sic Deus me adjuvet. Ma sta il ve- Dira'le tosto che non m'attalenta ro, che codesto se già fosse è conforme Null'altro, se non ciò che lei contenta; a quell'altro (Inf. XXVI, 10): E quanto vuol, vogl' io similemente. E se già fosse, non saria per tempo Intalentato per invogliato, volonteroben distinto dalla locuzione deprecativa so, infiammato di desiderio ec. Din. del verso seguente: Comp. Intellig.: Così foss' ei, dacchè pur esser dee! Cesare intalentato di battaglia Parlamento e disse: ec. 81. TALENTO, volontà, voglia, deside Quanto sia da volontà a talento, da rio, piacere. invogliarsi a intalentarsi rilevasi bene Brun, Latini. Fior. di Filos. : Che co da ciò che dice Madonna all' Amante sa è il sonno ? Sonno è immagine di nell'antichissima canzone di Ciullo d’Almorle, riposo delle fatiche, talento (vo camo: glia, desiderio) degľ infermi, desiderio Che 'l nostro amore ajungasi de' miseri. Il Nostro, così in un sonello: Non boglio m'attalenti Guido, vorrei che tu e Lapo ed io cioè : non vo che mi piaccia. Che sia Fossimo presi per incantamento E messi in un vascel, ch'ad ogni vento propriamente talento, lo dice egli appresPer mare andasse a voler vostro e mio; so in queste parole: Sicchè fortuna, ed altro tempo rio Ah compli mio talento, amica bella, Non ci potesse dare impedimento; Che l'arma con lo coré mi s'infella. Anzi vivendo sempre in un talento, e lo stesso Dante (Inf. V), dove dice dei Di stare insieme crescesse il disio ec. carnali: E così usa questa voce in vari luoghi Che la ragion sommettono al talento. e 85 Ma dimmi la cagion, chè non ti guardi Dello scender quaggiuso in questo centro Dall'ampio loco, ove tornar tu ardi. Dirotti brevemente, mi rispose, Perch' io non temo di venir qua entro. Ch' hanno potenza di far altrui male : Dell' altre no, che non son paurose. l' son fatta da Dio, sua mercè, tale, 90 85. Da che per quando, Jacopo da tenne con S. Tommaso e con gli altri fiLentino : losofi, quel che poi fu profondamente riLo cecer (cigno) canta più gioiosamente fermato dalla dottrina del Vico : alla inDa ch' egli è presso allo suo finimento. telligenza dell'uomo esser posto un con88. Delle cose che non possono far fine, di là dal quale è un ordine supemale sarebbe il temere stoltezza, dice an- rioré, ed inaccessibile al lume della noche Orazio Lib. II, Sat. III, 53 ec. : stra mente, se non sia sorretta ed aiutata Est genus unum Stultitiae nihilum metuenda timentis..... dal Vero sommo che le si rivela. La Filosofia, che non intende, si mo91 seg. 1° Vengono molte cose degne stra dunque bramosa di sapere come e in d' esser per sottile osservate in questa che modo un'anima beata non si guardi terzina, le quali, quanto io mi sappia, dello scendere in inferno; alle cui angunon furono pur leggermente toccate dai stie, miserie e dolori parrebbe lo esporsi comentatori. o mattezza o temerità non consentita dalAvvegnacchè a Virgilio tardasse d'ob- la ragione. E la Teologia le risponde con bedire al comandamento di Beatrice; pu- parole sue proprie e con argomenti infalre vi pon tempo in mezzo, non potendo libili desunti dalla Sapienza 3. egli tanto tenersi, che non le domandi Justorum animae in manu Dei sunt, come non si guardi del venire in quel et non tangel illos tormentum malitiae. luogo tartareo. La quale curiosità sem- Notate, di grazia il concetto biblico trasbra tanto importuna, leggiere, epperò fuso mirabilmente in questa terzina danindegna di quel Savio gentile; ch' Ella tesca; dove il tormentum maliliae, ch'è non ha peritanza di cominciare la rispo- quanto dire tormentum malorum, vien sta con quelle parole (Inf. II, 85): significato per quella vostra miseria e Dacchè tu vuoi saper cotanto addentro, fiamma d'esto incendio, che sono la du Dirotti brevemente ec. le quali in certo modo lo ripigliano del plice pena del danno é del senso, torvoler egli entrare e ficcare un po' troppo mento ai dannati; dove quel non mi tanil naso one'segreti di Santa Marta: e, per interessa gli studi de'comentatori a chio ge, che pare un vieto latinismo, e tanto gentile che la si fosse, rispose molto breve a lui, che non dovea punto indugiarsi sarlo col lange, tocca e nulla più, rende a eseguire l'imposta missione. compiuta, pretta, miniata la locuzione Ma cotesta curiosità di Virgilio, e la non tanget illos risposta ne'modi che da Beatrice venne della Scrittura. Nulla è dunque ozioso od falta, inchiudono un vero che merita es- indifferente nel preallegalo passo; da cui ser posto a luce. si può due cose rilevantissime apparare: Favellano qui la ragione e il senno l'una, che dalla filosofia progressista e umano personificato in Virgilio, e la Teo- dalle formole del filosofismo moderno, logia, la Religione, la Rivelazione sim- questo Poeta, ad intender lo quale furoboleggiate nella Beatrice. Dante, non es- no volti sempre gli studi de' più nobili sendo settario del razionalismo puro, ingegni, non divien più chiaro, che per |