60 Leva'mi allor, mostrandomi fornito Meglio di lena, ch' i' non mi sentia; E dissi: va, ch' io son forte ed ardito. Ch'era ronchioso, stretto e malagevole, Ed erto più assai che quel di pria. Onde una voce uscio dall'altro fosso, 65 1 dire: ti è d'uopo salire, se vuoi vedersa, vale pieno di sterpi e di spini (v. 63. ERTO PIÙ ASSAI ec. Lo scarico delle pietre rotolate dal terremoto , ristorar l'animo. Barg. · Vaglia: giovi a farti pronto. Tommaseo ra che l'argine, tutto scoglio. Dunque Ti sia stimolo e conforto. Bianchi e Lombar montalo lo scarico delle pietre restava a di Col mellere in opera ciò che hai salir solo il ponte com' egli ben dice al inteso. Venluri Poichè valere è po v. 42. Ma qui pare che sia il paragone lere, quello appunto di cui Dante non si tra scoglio e scoglio, tra ponte e ponsente fornito (vv. 58-59), e il ti può es le (a), non già tra lo scoglio e lo scarico sere particola riempitiva; la frase: FA dire scoglio. S'intende già, che l' esser delle pietre, che non è propriamente a che li vaglia è il fac possis de' latini. I versi precedenti e i seguenti rafforzano questo scoglio (b) più erto' venne dallo qui tale interpretazione. scoscendimento, il quale reselo inacces sibile da quella parte, ov'esso appoggia58. Leva'mi: mi levai da sedere. Le- si sopra l'argine, che divide gl' ipocriti va' mi V. C. XIV, 2-3, nota. da' ladri. 60. VA, ci'i'son FORTE ED ARDITO. 64. Fievole: abbatluto, debile ec. VA CHE, C. II, 139: Voce che par falta dal latino flabilis per Or va, chè un sol volere è d'ambedue. una scala simile alle Menagiane così: Son Forte a sostenere la fatica del flabilis, fiabile, favile, fievole: secondo cammino, El ARDITO ad imprenderla – la quale derivazione significherebbe legFormola, dice il Biagioli, che compren- gero come piuma; che non regge a un de la forza del corpo e la franchezza soffio. dell'animo. E questa forma di locuzio 65-66. DISCONVENEVOLE. Ordina: uscio ne adopera qui Daple, ove si tratta di malagevole salita; come Virgilio là, dove dall'altro fosso una voce disconvenevonel burrato era pericolosissima la disce- le, cioè mal atta, a formar parole; pesa. C. XVII, 79 segg.: rocchè chi parlava parea mosso ad ira Trovai lo Duca mio ch'era salito (v.69), nella quale, quando è veemente, Già sulla groppa del fiero animale, non si scolpiscono le parole. Così a un E disse a me: Or sie forte ed ardito. dipresso il Venturi, il Volpi, il Bianchi ec. Omai si scende per sì fatte scale. Nondimeno il non intendere ciò che il 61. SU PER LO SCOGLIO ec. (V. v. 42, parlante diceva par dipendesse dalla dinota). (a) Il testo Bargigi ha infatti quei di pria, le62. ERA RONCHIOso: aspro, di super- zione che al Zacheroni pare più accettabile delficie non piana, ma disuguale ed ispi- l' altra. L'edizione di Foligao 1472; quella del da per molti rocchi. Ronculoso non has- Tuppo, Napoli 1474; e la Rivelliana, Lion, 1551 si qui, secondo il Toselli,a mutare in roc- leggono certo ove il nostro testo ha erto. (b) Scoglio qui è ponte. Vedi Del Canto prechioso: e questa voce, com'egli avvi- cedente la nota ai vv. 134-135, in fine. 70 Non so che disse, ancor che sovra 'l dosso Fossi dell'arco già, che varca quivi; Ma chi parlava ad ira parea mosso. Non potean ire al fondo per l'oscuro: Perch'io: Maestro, fa che tu arrivi Chè, com' i' odo quinci e non intendo, Così giù veggio, e niente affiguro. Se non lo far; chè la dimanda onesta Si dee seguir con l'opera, tacendo. Ove s' aggiunge con l' ottava ripa, 75 80 stanza del luogo dov'erano i Poeti, w. 76-78. Ti do per risposta il far quel72-75. Il Bargigi spone: PAROLE DISCON- lo, di che mi richiedi: cioè dismontar VENEVOLE: parole di dolore e di bestem- lo muro (v. 73) ed arrivare dall'altro mie tali che io non le intendeva ec. A cinghio. noi piace la prima interpretazione; tutto- CHÈ LA DIMANDA ONesta ec. Sentenza chè ci abbia infiniti esempi di aggettivi degna di quel savio gentile. Non si vuoe sustantivi venutici dalla terza de'latini le dimandar quello, che di ragione pud con la desinenza in e anche al numero esserti negato. A chi poi ti richiede di de' più. Il Nostro, Parad. I, nature ac- cosa giusta ed onesta non dèi dare buocline - XV, fur concorde — XXIII, lin- na e graziosa risposta di parole; ma l'o gue pingue. E fuor di rima, e in prosa, nesta dimanda secondare e adempiere molti luoghi d'altri autori. con l'opera. TACENDO; poichè i favoloni 70-71. GLI Occhi vivi ec. Costruisci: scemano il pregio del ben ch'ei fanno, e gli occhi non potean ire vivi al fondo: nè valse mai lingua ad esprimer quello, ed è quanto dire non giungevano a ve-. che potè la sola eloquenza de' faili. dere sino al fondo per difelto di luce, Nel XXV, 70 segg.: che avviva l'occhio riflettendo dal visi Ed egli a me: la tua parola è degna bile: senza della quale esso non esegue Di molta lode, ed io però l'accetto. la sua funzione ed è quasi cieco, emor RISPOSTA... RENDO. RENDER CENNO to. Se poi si volesse ordinar la frase co (C. VIII, 5) rispondere al segno.En. VI: sì: gli occhi vivi non potevano ire al Huic responsum... reddidil. fondo: allora potrebbe intendersi degli 79-80. Noi DISCENDEMMO ec. Dipinto occhi mortali ch'eran quelli di Dante; a maraviglia il passaggio faticoso dal mentre Virgilio, che vi era in ispirito, fondo della sesta bolgia ch'è degl'ipocripenetrava, senz'avere altrimente bisogno li, all'ollavo argine, che sta tra il fosso di luce, dovechessia. - Un modo simi- de' ladri e quello de' fraudolenti consile è nel XVIII, 109 segg.: glieri. I poeti montano innanzi tutto su Lo fondo è cupo sì, che non ci basta per la ruina del guasto ponte (vv.19-45): L'occhio a veder senza montare al dosso Dell'arco, ove lo scoglio più sovrasta. dopo alcuna sosta falta sulla cima di 74-75. È qui notabile la differenza tra quella, prendon la via inerpicandosi pel udire ed intendere; ira vedere affi ponle discosceso (61-63): vengono orai sul dosso, o sommo dell'arco (67-68): gurare. Nel Canto XVIII, 42 seg.: di qui Dante ode, ma non intende le voGià di veder costui non son digiuno ci che, simili a urli da disperati, si manPerciò a figurarlo i piedi affissi ec. dano dal fondo della settima bolgia ; il . E poi mi fu la bolgia manifesta : Di serpenti, e di sì diversa mena, Che la memoria il sangue ancor mi scipa. 85 Chè, se chelidri, iaculi e faree Produce, e cencri con anfesibena; Mostrò giammai con tutta l' Etiopia, buio di questo fosso toglie anche il ve- Volpi - Mi guasta il sangue, me lo fa dere, ed egli chiede dal suo Duca che si agghiacciar di spavento. Lombardi arrivi dall'altro muro a cui si congiunge Dissipa e fa tornare al cuore. Tommal'altro capo del ponte (70-75): pervenu- seo Muove, conturba e separa avea ti a questo luogo, essi non si calano già detto il Bargigi. — Inf. VII, 21, nota. . nella bolgia che brulicava di pestilenzia- Vedi, lettore, che di tutt'i suoi fantasmi, li serpenti; ma discendono un poco giù, poeta vero qual' egli è, può ben dire per certi rocchi sporgenli, ch'erano di Dante, come soventi volte dice, in sensolto dalla testa del ponte, e facenti co- tenza simile a quella del C. XXIII, 24: me da scala, per la quale dipoi risalgo- Io gl'immagino sì, che già gli sento. no e si ripongono in via.C.XXVI,13-15. 85-90. Più non si VANTI Libia ec.Que82-84. TERRIBILE STIPA ec. C. XI, 3: sti due trinari hanno molte varianti, e in Crudele stipa si chiama il settimo cer- testi di so na autorità, che lasciano chio, in cui son serrati o stivati i violen- dubbio qual fosse la vera lezione (a). Noi ti. Nel C. XXXI, 36 si tocca dell'aria accettiamo quella voluta dal Monti e dal che condensa il vapore: Niccolini, ch'è seguita da' più, ed ha soCiò che cela il vapor che l'aere stipa. pra le altre maggior semplicità e perspiStipa: congregazione, ovvero molti- cuità di costrutto. tudine di serpenti ivi stipati e chiusi Chelidri. Il chelidro serpente anfibio dentro. Barg. Mollitudine ammuc che fa, dicono, fumar la terra per onde chiata. Bianchi Folla serrata. Tom- passa, tanto è di forte veleno. Robert. Mucchio, moltitudine. Con la Stefano. Chelydrus per Satana, V. Crusca il Lombardi - Calca,aggruppa- Ermoldi Nigelli. Murat. Rer. it. script. mento. Venturi ec. V. Iof. VII, 19, nota. T. II, part. II, p. 39. Questa TERRIBILE STIPA è detta (v. 91) JACULI. Il iaculo è sì detto, poichè CRUDA E TRISTISSIMA COPIA. dagli alberi, su cui suole stare, si lancia DIVERSA MENA: diversa maniera.Barg. per l'aere come saetta,e trapassa qualun Mena. Sorte e spezie Lombardi con la que animale percuota. Lat. Jaculus. Crusca Condizione, natura, serpeg- FAREE. Il Farea (Lat. Pharias e Phagiamento. Venturi e Volpi – Specie, rea) serpente che va elevato col fusto diqualità. Bianchi Razza e guizzo. ritto, salvo che la coda strisciando per Tommaseo. (V. Inf. XVII, 39, nota). Di- terra vi lascia un solco. VERSA: strana, spaventosa ec. - Inf. VI, CENCRI. (Cenchris) (b). Il cencri, ser13, XXII, 10, note. pente di vario colore, che sempre, dicoLA MEMORIA IL SANGUE..... SCIPA : Anche il solo ricordarmene mi muove e (a) Si potrà leggere quel che ne scrissero il conturba.- Mi guasta, mi altera il san- Lombardi, G. B. Nicolini, il Zacheroni e il Mon ti. Veggasi il Codice Cassinese. Tip. di M. Cas. SCIPA: gue per lo spavento. Bianchi sino 1865. guasta e sciupa; o pure me lo divide in (b) II Zacheroni dice che la lez. centri è una gran parle, e rompendogli il corso me scorrezione degli amanuensi, e che fa torto alla lo fa ritornare al cuore. Venturi - Sa- co più autorevoli codici e più antichi, di cui si Crusca l'averla adottata. La Crusca però errava PARE: lacerare, malmenare, straziare. giovino l'edizioni della Divina Commedia. C maseo 90 Nè con ciò che di sopra il mar rosso ee. Correvan genti nude e spaventate, no, va torcendosi, nè mai non va diritto. In prosa, Ivi Parte IV: E dissegli coANFESIBENA. L'anfesibena si credette a- m'ee che voi non tornasti a noi? vesse due capi, un dalla testa e l'altro Albert. cap. 51: Dal savio uomo ee ove dovrebbe aver la coda. Et gravis in da temere lo nimico. geminum surgens caput Amphisbaena. Libr. della Tavola rotonda: SaprestiLucan. IX. mi voi dire novelle dello ree Meliadus, Nel costrutto del citato luogo di Lu- il quale ee perduto nel deserlo?- Dacano, imitato dal nostro, i nomi di que- migella, venuto ee lo tempo della delisti pestilenti animali son messi, altri nel veragione del mio ventre. Chi ee numero del meno, e altri in quello dei questa donna la quale ee morla ? Ed più. Nel presente passo dell' Alighieri ella disse: Questa ee la reina Eliabel, la pare che vada adoperato in plorale, co- quale ee morta in parlurire figliuolo. me tutti quanti gli altri, il nome Anfesi- Ee par fallo dal lat. est, da cui gl'ital. bena. Il Codice Cassinese avvisa, in una dissero este,e poscia ee, fognale le conpostilla interlineare, che in altri testi si sonanti di mezzo. Tav. Rot.: Disse Trileggevano in plurale le tre voci rimanti stano: Non este tale (la battaglia) ched mena, rena, anfesibena: alibi est nu- ella intra noi due si debbia menare a meri pluralis scilicet mene, rene et am- fine allo transire (alla morte, o all'ultiphysibene. Noi, senza aver mestieri di mo sangue). Così da Regis, rei, ree per mutar la lettera in altro modo da quello re. Tav. rot.: Ma la damigella si ch'è nel nostro testo, notiamo che bene prese lo ree per mano, e menollo nella pud, e forse dee, prendersi anfesibena sala del palagio, e quivi sì si disarmoe come nome plurale, ad esempio di molti lo ree. Di Reie, Rei e Reo per Re son altri che venutici dalla prima de' Latini, piene le carte antiche e ne fan pruova ritennero in ambi i numeri la medesima gli esempi di Guitlone, di Meo Abbracterminazione. V. Inf. XVII, 86, nota. ciavacca, di Albertano ec. 90. Ee. I comentatori credettero non si I più credono ee per è, Ree per Re ec. ischivar l'accento del monosiltrovasse cotesto ee per è, salvo che nel-, la rima; onde in qualche edizione si leg; ta dell'altra vocale;altri per istrascico di labo, o della voce accentata, con la giunge invece c'è, come nella Nidobeatina ai pronunzia. Con questi ultimi più ci acseguenti versi dell'Inf. XXX, 79: Dentro ee l'una già, se l'arrabbiate costiamo, tutto che il Nannucci spieghi Ombre, che vanno intorno dicon vero. altramente l'origine di questa inflessione Ma contro la loro opinione stanno gli (Anal. crit. de' verbi it. Teor. de' verb. esempi; ove in prosa, in verso e fuor di anomali s I, pag. 435). Imperocchè in rima si usò dagli antichi scrittori. molte parole di simile desinenza non poGià lo stesso Dante anche nel trebbe, a nostro giudizio, trovarsi origiPurgat. XXXII, 10: ne altra da questa: come ne fan fede inE la disposizion ch'a veder ee. finiti luoghi delle vecchie scritture; masParad. XXVIII, 123: sime della Tavola rotonda, dove così si L'ordine terzo di Podestadi ee. scrisse senza studio, come si parlò a quei Fuori rima: Cecco da Varlungo, Lamento, st. 14: tempi. Quindi sie, piuè, noe, tee, menoe, Dove il topo non ee, non corre il gatto. montoe, vae, salutoe, rendeo ec. per Ancora, st. 4: si, più, no, te, menò, moniò, va, saluSia dolco il temporale, o sia giolato tò, rendè ec. (Purgat. XXV, 36). Pricol non c'ee ch'i' mi discosti un passo. Il Barberino, Reggim. e cost. delle nime de ladri, che qua si vestirono del 92. NUDE E SPAVENTATE son colà le adonne, Parte 1: Cotant'ee più obbrigata l'altrui, e non temeltero la punizione Ad alto costumare. dell'umana giustizia. fatto per 95 Senza sperar pertugio o elitropia. Quelle ficcavan per le ren la coda E 'l capo, ed eran dinanzi aggroppate. S'avventò un serpente, che 'l trafisse Là dove il collo alle spalle s'annoda. Com' ei s' accese e arse, e cener tutto 100 93. Pertugio: foro, buco, per tana, la, ond'Eva fu mossa a corre il pomo vie. nascondiglio ec. tato. C. XVII, 10, nota. ELITROPIA, pietra cui si attribuiva la 95. Ren per reni ! troncamento da far virtù di rendere invisibile la persona che venire la senapa al paso, nonchè al Rula portasse. Leggasi la novella di Calan- scelli, ma allo stesso Salvini; che dissedrino (Bocc. G. VIII, nov. 3). ro reprensibile l'elidere così le ultime in Cecco d'Ascoli (Acerba,lib.3.cap.51): questi plurali, e non solite codeste voci Si val di questa chi vuol esser furo. a così terminarsi. Lasciando gl'innumeJacopo da Lentino dice, nessuna pie- revoli esempi, che fanno contro cotal di. tra potersi in pregio paragonare alla sua vielo, ci piace di qui sol quelli trar fuori, donna: che vengono in favore del nostro Poeta. Nè l'aritropia, ch'è sì vertudiosa (a). Lorenzo de'Medici, Comp. Mantell.: Secondo il Bargigi l'elitropia vale con Perchè sì forte tra il veleno; sicchè correvan costoro Vi date sulle ren ? date al fardello. Bern. Bellinc.: senza trovar riposo, nè rimedio contra Però convien che alcun le ren ti spazzi. il nocumento di quei serpenti. Simiglianlemente (Inf. VII, 62): Jerem. VIII, 17. Ecce ego millam vo- De' ben che son commessi alla fortuna. bis serpentes regulos, quibus non est E ben tronco da beni usarono eziandio incantatio; et mordebunt vos. il Firenzuola, il Boccaccio, Fazio degli 94-96. CON SERPI ec. Avean le mani Uberti, l'Alamanni ed altri; ai quali tuiti legate dietro con serpi: legate, perchè noi facciam di berretto più divotamente, libere non le seppero in vila raltenere che all'arcinasutissima turba grammatidal furto; dietro, perchè le porsero in- cale. Anche C. XXV, 57: nanzi rubando; con serpi, perchè mentre E dietro per le ren su la ritese. 97. ERA DA NOSTRA PRODA: verso il la fanno da infernali ritorte, significano, nostro argine; dalla parte dell'ottavo come riflette il Biagioli: l'astuzia e la malizia loro (de' ladri) d'insinuarsi nei cinghio sul cui orlo noi stavamo a vede re. Il Poeta chiama figuratamente anche chiusi luoghi, e i gran mali che dalla proda l'estremità superiore d'abisso, C. loro rapacità nascer sogliono: epperò IV, 7.-Vedi anche C. VIII, 55—XVIII, questi serpi ficcavano il capo e la coda 5 – XXII, 80, note. per le reni e gli aggroppavano dinanzi, forando e nocendo insieme. Oltracciò il slancið al peccatore e il trafisse, fu for 98. S'avventd ec. Il serpente, che si serpente si prende, in figura, per la frode, se un iaculo (vv. 85-90). per lo proposito e la passione del fura 101. S'accese, ec. Lucan. IX: re; la sua trafitta, per la diabolica sug- Ecce subit virus tacitum, carpitque medullas gestione, simile, in cerlo modo, a quel- Ignis edax, calidaque incendit viscera tabe (b). (a) Pietro di Dante dice, esser questa pietra (b) Il Tommaseo: Pena condegna alla loro di color verde, rosso, o perso, e che a operare viltà. Quanto tormentosa debba essere questa la sua virtù è mestieri bagnarla nel succo del dissoluzione frequente, per accorgersene basta girasole. pensare alla morte, e morte di fuoco. |