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1. A quanto si è scritto sopra il sen

E non fui guari andato

Ch' io fui nella diserta, so figurato della vita, della selva e della

Dov' io non trovai certa via, di cui qui tocca il Poeta ; ci piace

Nè strada nè sentiero, aggiungere il seguente testo di Ezechie

Deh che paese fero,

Trovai in quelle parti. le 18 : onde si vegga che mai nel senso

Che s' io sapessi d'arti, allegorico-teologico significassero que

Quivi mi bisognava, ste voci nelle sante scritture. L'uomo,

Che quanto più mirava dice il Profeta : In justitia sua quam

Più mi parea selvaggio.

Quivi non ha viaggio.... operatus est vivet... si autem averte

E io pensando forte rit se justus a justitia sua et fecerit

Dottai ben della morte. iniquitatem... numquid vivet?... Num- Che piccola favilla a sì grande fiamma! quid via mea non est aequa, et non 2. La similitudine della Selva, in cui magis viae vestrae pravae sunt ? Cum

per diverse vie smarrisconsi i viandanti, enim averterit se justus a justitia sua, sembrò acconcia anche ad Orazio a siet fecerit iniquitatem, morietur in eis. gnificare gli errori e le svariate pazzie

Fra le tante peregrine osservazioni degli uomini, cui malnata stoltezza confatte da' dotti illustratori di questo luo- duce a operare senza la luce del vero. go; perchè non si dia a Ser Brunetto La- Lib. II, Sat. III, 48 : tini la gloria d'avere con la finzione del

Velut silvis, ubi passim la sua Selva prestato a Dante la idea Palanies

error certo de tramite pellit ec. della sua selva oscura ; produciamo il Dove quel certo de tramile è la diseguente passo del Profeta Geremia ritta via di Dante; avvegpacchè poi egli (Cap. 31): Statue tibi speculam, pone le abbia dato un senso allegorico e satibi amaritudines, dirige cor tuum in cro, qual vide pel primo l'illustre Conte viam rectam, in qua ambulasti: rever- Fm. Torricelli. Nè cosa nuova è, che il notere... revertere ad civitates tuas istas.

stro poeta accresca di alte bellezze quelUsquequo deliciis dissolveris...? Bene- le stesse locuzioni che prende dagli altri. dicat libi Dominus pulcritudo justitiae L'Ariosto imitando Orazio (Ori. Fur., mons sanctus.

XXIV, 2): Il Torricelli contro altri notò che Nel Yari gli effetti son; ma la pazzia mezzo ec. non è punto in dimidio die- E tutt' una però, che li fa uscire.

Gli è come una gran selva, ove la via tum meorum ec. Questo luogo del nostro

Conviene a forza, a chi vi va, fallire : P. ritrae però tanto dal concetto e locu- Chi su, chi giù, chi qua, chi là travia. zione del seguente passo del Latini, che E il Pignotti dice: non tanto a torto l’ Ozanám s'avvisò che

il mondo

È da esso riconoscesse Dante l'ispirazione

come una gran selva, ove la via

Chi ponvi il piede subito smarrisce. del Sacrato Poema. Diremo che almeno

Cotesto smarrimento morale od erroin parte v' abbia potuto influire; chè nel tutio ci voleva ben altro. Ecco í versi di re, onde l'uomo impulso dalle passioni Ser Brunetto :

corre dietro al falso bene, è accennaOr va mastro Brunetto

to medesimamente da Beatrice (Purg. Per lo cammino stretto...

XXX, 130):

.

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e

E volse i passi suoi (Dante) per via non vera Alla dura quistione e paurosa,
Immagini di ben seguendo false,

Che mi fe questa gentil forosetta,
Che nulla promission rendono intera.

lo dissi ec. Queste locuzioni hanno infiniti riscon- dove dura quistione non è dubbio che tri nelle sante scritture. Salm. XV, 10- vaglia difficile ad estricare. Il Poeta, con XXXV, 10 — Is. XXVI, 7 ed altrove. frase da questa non dissimile, fa parlare

il Conte Ugolino così (Inf. XXXIII, 5): 4. COSA DURA A dir. - Dice un ec

dolor che 'l cor mi preme cellente comentatore : dura, increscevo

Già

pur pensando, pria ch' i' ne favelli. le cosa a dire, a narrare qual era ec. Virgilio, En. II, 12 :

animus meminisse horret. Pare, a dir vero, fosse e dovess'esser più che increscevole il dire qual' era una

5. Il Poeta pare che dica Selva selSelva che in solo pensarvi rinnovava la vaggia quella ond' egli usciva, a fine di paura al Poela. Dura qui ne pare che farla distinguere dalle selve migliori, abbia sentimento non pur di crudele, ma perchè fruttifere. Il Barrio, De ani. Cadi ardua, difficile, inirigata ec., e, co- labr. lib. II, cap. VI; Sunt et silvae me porta la proprietà del vocabolo, mal glandiferae, et silvestres. prestatasi a esser descritta. Così quando

Del resto non è difficile trovare usati al Poeta verrà poco appresso veduta la da' nostri vecchi onore onorato, piacer scritta morta sulla porta infernale, l'udi- piacente, dolce dolcore, amoroso amorem dire a Virgilio :

re ec., modi che hanno forza di superlaMaestro, il senso lor m'è duro; tivi, come: Sommo piacere, sommo onovolendo significare che la sentenza chiu- re, sommo amore, somma dolcezza ec. sa in quelle parole non sapea egli aprire, Così il Rex regum della Bibbia e il doo la distrigava sì, che non ne veniva minus dominantium ; in Omero il Re punto confortalo a mettervisi per entro de' regi Alride per potentissimo re; Sal'Inferno. Dove questa voce non è tolta lomone Vanitas vanilatum inanissinel senso proprio, ma nel traslato, non ma vanità ec. ec. sarà malagevole vedere i vari luoghi del Secondo questo ch' è detto, potrebbe Poeta confermar quel che diciamo. Nel- per Selva selvaggia avere inteso dir l'Inferno (XIV, 44) Dante dice: Dante una selva sommamente inospilaMaestro, tu che vinci

le, orrorosa ec. (V.Nannucci, Teor. Verb. Tutte le cose, fuor che i Dimon duri.

pag. 353 (5)).

. Or codesta stessa durezza diabolica è

Gli antichi piacevansi di cotesti deri riferibile all' inutile sforzo, che fece il

vati. Ad esempi : Poeta latino, a persuader quei dimoni

Fra Guittone : che cedessero il passo da lor custodito.

Che troppo è segno d'amoroso amore Coi dimon duri poco o nulla vale l'insi- Far lo Signor del servo nuante suo eloquio e l'arte già più volte

Suo pari ; ec. provata con Caronte, con Pluto e con

Dante da Maiano:

Onde allo cor m'è nata Capaneo, e che mirabile mostrossi per

Dogliosa doglia che mi fa dolere. tutto il portentoso viaggio, quante volte Ancora : fu d'uopo della sua efficacia.

E sol per questo indovinar vorrei so che noi pretendiamo si dia alla voce,

Ciò che piacesse a voi gioiosa gioia. vien chiaro da sè negli altri versi (Inf. XXXII, 13):

Che vuol ch' i' laudi lo piacer piacente. Oh sovra tutte mal creata plebe

Così degli altri. Ma il verso dantesco Che stai nel loco, onde parlare è duro. non è dello stesso conio ; ove si consiDante molte fiate adopra forle per dif- deri quel che per noi fu notato. Del reficile a intendere e spiegare, siccome qui sto nel poema in nona rima attribuito a fa del vocabolo dura ; che fu già usato Dino Compagni, ma ch'è di tempo antenell'identica accettazione da Guido Ca- riore, e ehe di molti pregi è ricco, si valcanti :

legge:

Il sen

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E:

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Che nel pensier rinnova la paura !
Tanto è amara che poco è più morte;

Ma per trattar del ben, ch'i' vi trovai,
Dirò dell'altre cose, ch'io v' ho scorte.

10
I'non so ben ridir com' io y entrai ;

Tant era pien di sonno in su quel punto,

Che la verace via abbandonai.
Ma poi ch' io fui al piè d'un colle giunto,
Là ove terminava quella valle,

15
Che m'avea di paura il cor compunto;
Sed e' temero in sì forte fortezza

rello Malespini i primi sette canti della Dove credean giammai trovar salvezza ?

Divina Commedia composti in verso laVirg. En. II, 53: Insonuere cavae, tino, e salvati dalla bestiale rapacità delgemitumque dedere cavernae, dove l'im- la plebaglia fiorentina, che mise a sacmagine acquista più evidenza con l'ag- comanno la casa del Poeta esilialo; e lo giunto di cavae a cavernae.

Forte fra gli altri significati vale anche pregò che incuorasse Dante a proseguirdoloroso, gravoso, difficile, strano, a- disse:

ne il gran lavoro) in una sua canzone , maro.

Un sol pensier, che mi vien nella mente Inghilfredi Siciliano (1840):

Mi dà con suo parlar tanta paura, Audite forte cosa che m'avviene:

Che'l cor non s'assicura Eo vivo in pene, - stando in allegranza.

Di voler ascoltar quant'ei ragiona.
Enzo Re:

Perchè mi move parlando sovente
Anzi mi si rinfresca

Una battaglia forte e aspra e dura,
Pena e dogliosa morte

Che si crudel mi dura Ciascun giorno più forte.

Ch'io cangio vista, ed ardir m'abbandona. Questo aggiunto dato alla selva ha Ecco la farina, onde l'impasto del vermolto legame col verso appresso:

so di Dante. Ciò non fa che Dino fosse Tanto è amara che poco è più morte,

dappiù di Dante ; tutto famoso dicitore

in rime ai tempi dell'Alighieri. dove amara è lo stesso che forte dello prima. Tullora vive nel dialetto di quasi

6. Orazio, Lib. III, Od. 19: tutte le provincie italiane la voce forte

recenti mens trepidat metu.

7. L'Ecclesiaste: 0 mors, quam amaper amaro, e suole darsi a frutti acerbi e a liquidi arzenti o cose che arrecano do

ra est memoria tua ec. Di qui la Selva lore e disgusto.

dogliosa e amara ; la frase nel pensier Non curò dunque il P. dar questo e- coltà di riproduzione ; e quel tempera

rinnova, ch'è officio della memoria, fa

epiteto di forte alla selva, per significare mento dell'espressione per le parole poche fosse densa, filla o inestricabile;

co è più trattandosi della selva e non che questa era qualità che non toccava della morte a cui proprio la Scrillura atl'animo di lui. Tommaso di Sasso (1250):

tribuisce doglia e amarezza. Tali cose E moro considerando

notiamo indipendentemente dal senso alChe sia l'amore, che tanto m'allaccia. legorico, che giace solto la locuzione Non trovo chi lo saccia,

dantesca. Ond'io mi schianto: ch'è vicin di morte

10. Lo sa ben ridire Beatrice; Purg. Crudele e forte mal che non ha nomo.

Questo rimalore disse: vicin di mor- XXX, 115 a 145. Il qual luogo è da legte; Dante: poco è più morte. Dove l'uno gersi diligentemente; anche per l'intellichiama crudele e forle un mal senza no- genza del secondo canto di questa Canme, cioè più che crudele; può ben l'al- lica c, direi, di tullo il Poema. tro chiamar forte la Selva, per tutt'altra 11. Davide, Salm. III. Ego dormivi ragione che della densità. Dino Fresco- et soporatus sum : et exurrexi quia baldi, (colui che mandò al Marchese Mo- Dominus suscepit me.

(

P

20

a

e V,

Guardai in alto, e vidi le sue spalle

Vestite già de' raggi del pianeta,

Che mena dritto altrui per ogni calle.
Allor fu la paura un poco queta,

Che nel lago del cor m'era durata

La notte, ch'i' passai con tanta pièta.
E come quei, che con lena affannata

Uscito fuor del pelago alla riya,

Si volge all'acqua perigliosa, e guata ;
Così l'animo mio, che ancor fuggiva,

25 Si volse indietro a rimirar lo passo,

Che non lasciò giammai persona viva.

Poi ch' ebbi riposato 'l corpo lasso, 17. Vestir de' raggi disse Dante, co- Per ciò che s'atliene al senso allegome Virgilio Vestir di luce i campi. rico, non è a dimenticare che Dio è sole En. VI, 640:

di giustizia, e grazia è la sua luce; che Largior hic campos aether et lumine vestit.

quel guardar in allo ritrae molto dal 64:

Levavi oculos meos ad montes, unde Praeterea, si nona diem mortalibus almum

veniet auxilium mihi che ravvicinato Aurora extulerit, radiisque retexerit orbem ec. Si noli qui come van fatte le perifrasi. ambulabat in tenebris vidil lucem ma

alle parole d' Isaia cap. 9 : Populus qui Quando il Petrarca accenna perifrasticainente il sole, in occasione di certi tar- gnam: habitantibus in regione umbrae

mortis lux orta csl cis, rende completa tufi, di cui gli su fallo presente, lo cliia- la sintesi del pensiero dantesco. Nè si dima: Il pianeta che distingue l'ore, per- ca, in quest'ultimo luogo parlarsi di pochè gli è necessario considerar questo polo ec. ; perciocchè Dante rappresenta astro come sorgente di vita, animalor in questo viaggio non pure un popolo, delle piante, regolator delle stagioui, e produitore de' frulli che vengono della rà sempre il Poeta teologo, chi abborra

ma tutta quanta l'umanità. Non s'intendeierra. Qui per Dante sarebbe stata alie- da quello appunto che fu la più cara dena una tale perifrasi. Egli avendo ancor

lizia all'intellello di lui, e gran parte del fitta nel pensiero la paura della selva sublime che sfolgoreggia" nella Divina oscura, ove ebbe smarrita la via diritta, Commedia. Veggasi il Salmo LXVI, 2, 3. guarda il sole stesso per le proprietà più utili a lui, che son quelle di span- Dionisi ed il Cod. Vatic. 3199);

28. Secondo un'altra lettera (giusta il der la luce: Che mena dritto altrui per ogni calle. Virgilio chiama il sole e la

Poi ch' ei posato un poco 'l corpo lasso.

Ei per Ebbi è ovvio nelle scritture deluna (Georg. I, 5) occhi del mondo : Vos, o clarissima mundi

gli antichi nostri classici. E da Ere (per Lumina, labentem coelo quae ducitis annum, Avere), da cui le inflessioni del persello: perchè non solamente sono cagione del- 1. ei, 2. esti, 3. ee, o è — 1. emmo, la fecondità della terra, ma ancora, mi- 2. este, 3. erono, eno o enno Per ei surando i tempi e le stagioni (tempora anche hei. quae messor, quae curvus aralor habe- Dante da Maiano : rel) fanno scorli, ed apron gli occhi agli

Che mai in ciò non ei consideranza.

Fra Guilione : agricoltori, perchè non mandin vane le loro fatiche. Generalmente ne' grandi

Però m' ei dipartuto

Da essa, e qua venuto. scrillori si trova con molto discernimen- Jacopo Pugliesi : to usata questa, come ogni altra figura, Membrando ch' ei le, bella, allo mio brazzo. per qualche utile fine, ed a tempo ed a Ancora :

Allora t'ei, bella, luogo; e lo studioso non dee scordarsene.

In mia balia.

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