a ce faccia da lurcimanno a Dante; il qua- disacconciamente vi s'intruderebbe cotele dovendo salire alla magione di Dio, sta idea di creazione. Gioverà qui vedere abbisogna di chi a grado a grado lo ele- quali altri inconvenienti ne seguirebbevi, ed esplicandogliene le ineffabili bel- ro. Essendo anche gli Angeli e gli spirilezze, tanto ne l'innamori, da fargli non ti umani e buoni e cattivi facenti parte più calere del mondo di quaggiù: se cið della creazione, Virgilio avrebbe una rinon facesse, non nascerebbe in lui nes- nomanza eterna quanto è eterno Dio: e suna vaghezza nè desiderio di cosa che Beatrice come Teologia non poteva ciò gli fosse incognita. Ella è percid felice- opnipamente intendere nè dire ; perchè mente alleggiata a sapienza e che sia de- sapeva con Salomone che tutto, nonchè gna di menare il Poeta pel Paradiso, co- la poesia, la stessa scienza e sapienza ume i nostri Ciceroni la fan da guida al mana ec. son vanilà di vanità. Il Petrarforastiere, che si reca a visitare le anti- ca fa che la Castità trionfi dell' Amore, chità di Pesto o di Pompei. Arroge che la Morte della Castilà, la Fama della Morla è puranche simbolo della Teologia, la te, il Tempo della Fama e l'Eternità del quale, parlando il linguaggio della rive- Tempo: dunque la Teologia, che in dilazione, poco o nulla cura delle scienze vinità dovea saperne meglio dello stesso fisiche ed astronomiche ; perchè Dio la- cantore di Laura, poteva ella ignorare sciò agli uomini il disputar di quelle, se- che la fama degli uomini va con ogn'alcondo che meglio fosse loro paruto. Ho tra cosa a fare un tuffo e annegare tra i detlo poco cura, perchè al postutto non vortici dell'eternità, pud curare, che per quel tantino soltan Dov'è silenzio e tenebre to, che può divenir mezzo onde si levi La gloria che passò. . ? l'uomo a Dio. Dippiù l'illustre scrittore riferisce da Ora niuna di coteste cose non può es- S. Tommaso che: « La generazione e il ser fine che Beatrice si fosse potuta pro- moto non dureranno in eterno ». Il moto porre, in parlando, all'anima cortese adunque non è tutta la creazione; o conMantovana, per frasi e per voci, che verrà dire che gli spiriti umani ed angespiegano il tempo per la teoria del moto. lici che sono esseri creati non dureranno i Onde la vera frase di Beatrice debb' es- eternamente: la quale illazione porrebbe il gran Dottore d'Aquino tra coloro, E durerà quanto il mondo lontana Che l'anima col corpo morta fanno. e non già: Anderemmo anche contro Dante, che quanto il moto.. sulla Porta della Città dolente legge la Ma d'onde questa varietà di lezione ? scritta morta: Noi lasciamo alla Critica letteraria simili Ed io eterno duro. quistioni, sapendo ognuno quanto sieno e converrà dire o che quella scritta menesse scabrose. Nondimeno in quella che tisce, ovvero che vi sarà un inferno senci occupa diciamo e facciamo osservare, za dannati e un paradiso senza beati. che ove l'autore non abbia egli stesso Ancora: ei ci sono delle cose create mutata la voce in più manoscritti, gli che non si muovono ; altrimente come amanuensi poteron dipoi per mondó tra- sarebbe entrata mai nella nostra mente scrivere anche mondo, ma con la solita l'idea della quiete e del riposo? Dunque antica abbreviatura della piccola linea tutto ciò ch'è in moto è creato; ma non orizzontale segnata sur una vocale inve- tutto ciò ch'è creato è in molo: dunque ce della enne; e dippiù scambiare la d l'idea di moto non adegua pienamente per la t che l'è affine; cosicchè per mon- quella della creazione dell'universo. do si scrivesse moto. Sparito col tempo Ma, si replica, i filosofi profondi penquel segno, i menanti posteriori lessero sano che tutto quanto esiste in natura va e scrissero moto, che resta immobile in soggetto ad una forza, che, da noi neanmolte pregiate ristampe della Divina che avvertita, muové, tramuta e tutto Commedia. trasforma incessantemente: perchè alIl Tommaseo nel luogo dantesco in manco non potrebbe essersi usato moto quistione interpreta per moto la Creazio- in accezione di mondo? Perchè Danne. Noi abbiamo in parte veduto quanto te nè per conto suo come poeta, nè per sere conto di Beatrice come donna, avrebbe E poi sarà venuta l'ultim'ora, polulo usar voce d'un'accezione sì astrat Il tuo pentere non ti varrà niente. la e filosofica, che lo spiegarla è cosa Il Boccaccio prese per vcrbo la voce difficile agli stessi fisici e matematici; e lontana, e chiosò: niente più disconviene ad una poesia, Quanto il moto lontana. come quella di Dante, quanto l'adoperar cioè: Quanto il moto procede e si prode' vocaboli, a chiarire i quali bisognerà lunga nello spazio e nel tempo! Vede i frequentare più anni le caitedre di fisica, te, vedete, prego, come il nostro primo di astronomia. Nè si dica che moto è vo- gran prosatore si diletti di stemperare il cabolo di significato tanto chiaro, che concetto dantesco, e dilavarlo, e scolomisero colui, che dovesse usare alle uni- rarlo della nativa e viva freschezza delle versità di studi per apprenderlo ; non sue tinte: vedele come si balocca co'nos'accorgendo che ad andarvi la prima stri cervelli, balestrandoli nello Spazio e volta, non ha fallo che muoversi. Cote- nel tempo, che son due perigliosi scosta è una frivola obiezione. Il molo in gli, tra cui, come tra Scilla e Cariddi, controversia è il moto de' pianeti, degli varca limida e mal sicura la navicella astri, della creazione, cioè il moto in ge- dell'ingegno ideologico ! nere; il quale non sempre è sensibile, Lo stesso Tommaseo ha meglio per poichè il nostro globo si è mosso dalla nome, che per verbo quella voce, ed ilorigine sua, e il suo moto dovelle ar- lustra il testo con queste parole. guirsi per raziocinio dal Copernico e dal Durerà (la cui fama) lunga e perenne Galilei, non senza pericolo d'esser con- quanto la creazione di queslo universo. dannati al rogo. E il moto, a spiegare il Noi dopo aver esposta la nostra opiquale nella sua nalura, non è metafisico nione con franche e libere parole, senza sì sottile, che speri di poter giungere. Il intendimento di punto derogare all'altrui molo soggetto ai nostri sensi, essendo meritata fama; lasciamo che, avuto in alternato con la quiete, non può avere cima d'ogni cosa il vero, sia d'altri e sinrapporto con la prefata voce; poichè non cero e spassionato il giudicarne. essendo un moto perenne, ma interrot Che se l'illustre moderno comentatore to, la fama di Virgilio subirebbe una alla voce moto arreca la definizione d'Aspecie di sistole e di diastole: ristotele: Tempus esl numerus motus; O anima cortese Mantovana, se riferisce da Platone: Il molo non poDi cui la fama ancor nel mondo dura tere aver principio, se non da forza la E durerà quant'il mondo lontana. cioè:... è durata nel mondo, e col mon quale si muove da sè; se da S. Tommado durerà; non dice: dura ancora nel so: Che il moto e il tempo hanno quanmondo, e durerà quanto fia lunga la tilù e continuità dalla grandezza sopra creazione. Questa seconda sentenza sa la quale passa il moto: lulla questa erebbe ben costruita in grammatica, ma squisila dottrina non altro fa, che riconlissimo in estetica; perchè, nonché fon- fermare, con l'autorità di antichi e prodarsi sopra un concello vero, si dilun- fondi pensatori, l'idea subbiettiva e megherebbe dal verosimile, cadendo nel- tafisica della Durata e la nozione fisica l'esagerato e nello strano: la prima sen del Tempo, che si spiega anche oggi col tenza all' opposto, senza tutti questi di- moto meccanico e col principio della fetti, senza ire incontro ad arzigogoli e a causalità. Platone poi in quella sovrana solligliezze, s'insinua da sè con parole sentenza porge ai filosofi un capo, onde chiare e luminose, come nacque sponta- sico o contingente, alla realtà d'un prinea nella mente del sommo poeta. Anzi, per non frodar nessuno del suo, l'idea mo ed eterno Motore. Teoriche in vero della durala, non già del moto, 'ma del profonde e belle, secondo Filosofia; ma mondo è antica quanto il mondo; ed es che vanno lungi dal proposto tema. Ari stotele dicendo: Tempus est numerus pressa in rime dagli antichi scriitori in cui Dante studid e spigolò. Infatti Fra molus, vuol significare che il tempo è Jacopone da Todi: numero o misura del moto, cioè che il Se non ti parti, prima che tu mora, molo misura il tempo; o in altro modo, Da questo mondo, che non è durante, che il tempo si calcola per moti: il che e e è tanto vero, che lo stesso linguaggio lo che abborrisca, siccome fa Dante, dalle esprime; dappoichè i secoli, gli anni, i sofistiche e dalle scolastiche astrallezze; giorni e l'ore si fanno di minuti, detti e come fa lo stesso Virgilio da lui feliceanche punti, islanli, àllimi, quasi alli, mente emulato. Infatti rechiamo testualatomi, ovvero di momenti, cioè movi- mente i luoghi che il Fiorentino potè aver menti. presenti,quando da Beatrice fa dire al ManMa non si dice che grossamente: il tovano poeta quello che da costui fu fattempo esser la misura del molo: impe- to dire da Enea a Didone, da Menalca a rocchè codesto momento, o movimento, Dafni e da Titiro ad Ottaviano (a). Il prio moto non è altro, che un certo muta- mo è questo: mento d'alcuna cosa ne' suoi modi d'es. In freta dum fluvii current, Polus dum sidera, sere, per diversi punti in sè stessa varia. Semper honos nomenque tuum, laudesque ma (pascel bile ; ovvero, nel senso più volgare ed (nebunt. (En. I). ovvio, da Juogo a luogo, onde diciamo Dic'egli in sentenza: per quanto avrà che si muove sol ciò che muta stato o durata l'ordine naturale, onde i fiumi posizione; nè che si muove più o men mellon foce nel mare, e l' Orsa girerà celere, se non quando tali mutamenti si intorno al Polo; per tanlo durerà l'osuccedono in maggior numero nel me norata tua rinomanza. Ma egli non desimo tempo. Or se la celerità e veloci vi nomina quest'ordine, sibbene ve 'l detà del moto è riferita all'identità del tem- scrive o designa per falli sensibili; vopo e misurata da questo; pare adunque lendo da poeia eccellente parlare al cuochiarissimo che il moto presuppone il re, al sentimento o alla fantasia, con un tempo, ossia che il tempo non è vera- linguaggio che dipinge a colori di cose mente costituito dal moto. Ed infatti non visibili, anzichè affaticare la mente e sono convertibili l’una nell'altra le due stringerla e torturarla, acciocchè pervenproposizioni: ga a forza di raziocinio ad intendere di Il tempo è misura del moto. Il moto è misura del tempo. cotesto ordine naturale. poichè si direbbe la stessa cosa esser la L'altro passo parallelo al primo è il misura e il misurato insieme; ovvero seguente: che la quantità misurata sia la misura pum jugamontis aper, fluvios dumpiscis amabit; di sè medesima: la qual cosa ripugna Semper honos, nomenque tuum, laudesque ma Dumque thymo pascentur apes,dum rore cicadue, nonchè alla Matematica, al senso comu (nebunt. ne, che non saprebbe altro intendere per (Virg. Ecl. V, 76 seg.) (b). misura, fuorchè una quantità ferma e Ha detto a questo luogo quel medesicostante, prestabilita perchè serva a de- mo che nel precedente. terminare la grandezza di tutte le altre ad essa omogenee. (a) E Virgilio medesimo, di Eurialo e Niso E lasciando pure agl’Ideologi le solli- che alla patria indipendenza diedero generosi la vita, dice (.Eneid. IX 446): li ricerche sulla nalura dello spazio e Fortunati ambo ! si quid mea carmina possunt, della durata, pognamo per un istante che Nulla lies un pırım memori vos eximet aevo, l'Allighieri potesse dalla preallegata de- Dum dlomus Encae Capitoli immobile serum finizione aristotelica aver tratto il partito Accolet, imperiumque puter romanus hubebit. Durerà quanto il inondo lontana, è molto dip: d'usare per Tempo il Moto; s'inferirebbe più! Quanto il moto, per creazione, bessaggine! che Dante non fosse nè gran filosofo, nè (b) Eccone una traduzione più che imitazione gran poeta. Non il primo, perchè non fatta dal Tasso nel suo Rogo di Corinna: avrebb'egli tollo per il definito tempo il Mentre il cinghial de' monti i duri gioghi, Mentre il pesce amerà gli ondosi fiumi, suo identico o la sua definizione misura Mentre si pasceran l'api di fiori, del molo; ma solamente una parte di E di rugiada avran celeste cibo questa, cioè molo: ora il moto, così ge Le canore cicale, in terra sempre Più saldo rimarrà che in salda pietra neralmente enunciato, comprende anche L'onor tuo, la tua lode e il chiaro nome. quello non misurato, che non è lempo. Veggasi quanto, nella coscienza del proprio Non il secondo, perchè usare molo per zio (Lib. 111, 04.30 v. 1 a 12) e Ovidio (Met. XV, valore, preveggano duratura la loro fama, Oratempo, per la sola ragione che l'uno è 871 ec.) (Trist. III, 7,51) dove pone l'impero misura dell'altro, non sarebbe da poela romano a termine di sua gloria. L'amico mio, e non della ventura, Nella diserta piaggia è impedito e Da ultimo alleghiamone un terzo, che a servata e fatta per li signori, ciascuno fa al nostro assunto, dall'Egloga prima: « giorno fiorisce più per li uomini che Ante leves ergo pascentur in aethere cervi « la ricordano e lodano. E avvegnachè Et freta destituent nudos in littore pisces: Ante, pererratis amborum finibus, erul « neuna operazione e cosa che si faccia Aut Ararim Parthus bibet, aut Germania Tigrim, con mano, sia tale che per vecchiezza Quam nostro illius labatur pectore vultus. ( non si consumi; tuttavia la lode e la Che dic'egli qui Titiro? Che andrebbe « fama delle tue virtudiose opere (o Ceprima tutto quest' ordine a soqquadro, ( sare) rimarrà e durerà sempre ». ogni cosa in subisso, e si ricadrebbe nel Non si comprende come intrudendo caos o nel nulla; ch'ei potesse cancellare l'idea della Creazione volesse Dante dal pelto la faccia della felice memoria sdrucciolare nell'iperbolico, dietro la di Augusto. Non bastava egli che dicesse chiara sobrietà di Virgilio, di Cicerone e soltanto: Prima tornerà tutto nel caos, del suo maestro, dal quale impronta le che ec., e non avrebbe detto lo stesso? voci e l'elocuzione; sarebbe stato in moLo stesso, senza dubbio, ma non detto derazione da meno di Torquato Tasso poeticamente, qual si conveniva a Virgi- che dice: lio, e per le ragioni accennate di sopra. Orni mia lingua Ma perchè più parole dove poteva il poe Ciò ch'ascolti ogni età, nulla l'estingua. ta sbrigarsi con un caos? – Perchè que- E di Ugo Foscolo: sta sola parola gittava in un caos la fan- E tu onore di pianto, Ettore, avrai tasia e l'apprensiva ; la quale va sempre Ove sia santo e lagrimato il sangue di sua natura al sensibile,e schiva quan Per la patria versato, e finchè il Sole Risplenderà sulle sciagure umane. to può l'intelligibile. Nè vale dire che Dante uscissene con la sola parola mon 61.Il Bianchi: «L'amico mio ec. l'uodo; dappoichè questa parola mondo è mo amato da me e non dalla fortuna, l'amico mio sfortunato ». complessiva d'obbietti tutti sensibili; epperò immediatamente riferibili a fanta Bella oltre modo è questa interpretasmi di cui dilettasi la immaginazione. zione; ma non so se sia secondo la semEssa parola, lo ripetiamo, comprende in plicità della locuzione e l' intendimento sintesi più che a parte a parte dir potes- del poeta che usava, come venivagli suo se Virgilio negli allegati versi. Chi legge fatto, le sentenze degli scrittori che lo Virgilio abbisogna che sintesizzi; a colui precessero, senza contorcerle in logogrifi. che legge in Dante fa mestieri d'analiz L'amico mio s'intende l'amico di me, zare: ma questa voce mondo è tale una cioè che ama la mia persona, e non delsintesi che vi s'intuisce a primo colpo la ventura, non già la mia fortuna; sed'attenzione tutto e quanto dee dar pabo- condo il trito proverbio: Tempore felici lo alla fantasia. mulli numerantur amici, si fortuna peSicchè, concludiamo, questa voce vale ril, nullus amicus erit. Ecco di siminel verso dantesco essa sola un mondo; glianti esempi. e lo scambiarla col moto commoverebbe Fra Jacopone delta i caralleri del vero e sconvolgerebbe la Filosofia, la ragion amico, dicendo: poetica e l'alto intendimento del nostro Quellè buona amicizia Che d'ogni tempo dura: divino cantore. Povertà non la parte, Ecco come il maestro di Dante, Ser Nè nulla ria ventura. Brunetto Latini, traduce da Tullio (Orat. Dante intende per ventura la prospera, pro Marcello ) in volgare : « La qual la sors fortuna de' latini, e si fa chiama({ cosa per certo è tanta e tale, che neu- re vero amico, come colui che amava « na etade potrà porre fine alla memoria Beatrice per sè e non per lo suo felice « delle tue opere. Perchè la giustizia e stato. « la dolcezza dell'animo quando si trova Nel capitolo col nome di Favolello in E temo, che non sia già si smarrito, dirizzato da Ser Brunetto Latini a Ser Ru a Perdendo me rimarreste smarriti (a). stico di Filippo, si ricordano a questo i Inf. V, 72: doveri del leale amico, e si dice, fra le Pietà mi vinse e fui quasi smarrito. altre cose e in molte parole, quanto in Qui l'autore non avea smarrita nessupoche il nostro Dante ebbe espresso: na via; ma s'era addolorato di tanti che Altrettal ti ridico usciron di vita violentemente per amore: Dello ritroso amico, e dice quasi, perchè la pena ch'essi soChe alla comincianza stengono è d'altronde debitamente loro Mostra grande abbondanza; Po’a poco a poco allenta inflitta dalla divina giustizia, contro cui Tanto che anneenta, in certo modo farebbe chi que' dannati E di detto e di fatto commiserasse: o meglio, che la pielà o Già non osserva patto. Cosi ho posto cura compassione fu si intensa, che superan sì Che amico di ventura do la forza del sentimento, egli poco Come rota si gira, men che venisse a mancare, cadere in Che mi pur guarda e mira Come fortuna corre: deliquio, tramortire, svenire. Siccome E se mi vede porre altrove (Inf. III, 135): In glorioso stato, La qual (luce) mi vinse ciascun sentimento E caddi come l'uom cui sonno piglia. E come poi alla fine del predetto V canto non potetle resistere e dice: Di pietate Dante per L'amico mio e non della ven- i' venni men così come io morisse tura: un amico sincero ec. All'opposto E caddi come corpo morto cade. amico della ventura non si può pren- E questo è smarrimento, cioè effetto dere per chi dalla fortuna è favorito; ma della perdita de' sensi e dell'attività delper un Amico da starnuti. Il più che ne lo spirito (b). cavi è un: Dio t'aiuti. Inf. X, 125: 64. Gli antichi dissero anche marrilo; Mi disse: perchè sei tu si smarrito? e così marrimento e smarrimento. Di ed era perchè Farinata gli avea predelto conseguenza è che si dicesse marrire e che proverebbe in sè stesso quanto disismarrire. La primitiva significazione cil cosa ell' è per l' esule racquistare la l'apprendiamo dal Du-Cange,che chiari- patria perduta. sce la voce Marritio: Detrimentum aut Parad. XXXIII, 76: Io credo, per l'acume ch'io soffersi jactura rei, vel molestia aut animi do Del vivo raggio, ch'io sarei smarrito, lor, qualis ex damno nasci solet; quo Se gli occhi miei da lui fossero aversi. sensu et nos vulgo marritum nunc quo Dice il poeta che sarebbe restato doque dicimus illum, qui de re quapiam lente della perdita di tanto bene, quanto dolet. Smarrire val dunque per proprietà di egli ebbe fissando gli occhi nel vivo rag di Dio voce: Soffrire un danno una perdita e di volti, alla forte impressione della luce questo rattristarsene ; quindi diciamo divina, e stato non fosse ardito e saldo a smarrito chi si duole di checchessia; sostenerla. smarrire la via, il senno ec. per per- Finalmente dicesi smarrito chi preso dere ec. di subita paura si spaventa e alterrisce, Jacopo da Lentino, in senso proprio: Membrando ciò che Amore (a) Giacomo Pugliesi: Mi fa soffrire, e' (io) sento Oi Deo! perchè m'hai posto in tale stanza? (stato) Tal marrimento, - ond'eo sono al morire. Ch'io son smarrito, nè so ove mi sia; ecc. Dante, del pari in senso proprio. (b) Dello Bianco: Madonna mia: di voi tale ho temenza, Inf. I, 3. Ch'eo esco fuor di mia opinione, Smarrisco, e perdo tutta conoscenza. Parad. II, 4. Il verbo smarrire è qui posto in mezzo a pa. Tornate a riveder li vostri liti, role, che n'esprimono la propria sua signifiNon vi mettete in pelago, che forse cazione. |