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S'aperse agli occhi de' Teban la terra,
Perchè gridavan tutti: dove rui,
Anfiarao? perchè lasci la guerra?
E non restò di ruinare a valle
Fino a Minòs, che ciascheduno afferra.
Mira, che ha fatto petto delle spalle:
Perchè volle veder troppo davante,
Dirietro guarda, e fa ritroso calle.
Vedi Tiresia, che mutò sembiante,

Quando di maschio femmina divenne,
Cangiandosi le membra tutte quante;
E prima poi ribatter le convenne

Li duo serpenti avvolti con la verga,
Che riavesse le maschili penne.
Aronta è quei ch' al ventre gli s' atterga,
Che ne monti di Luni, dove ronca
Lo Carrarese che di sotto alberga,
Ebbe tra bianchi marmi la spelonca

Per sua dimora; onde a guardar le stelle

Parad. XXX, 82:

Non è fantin che si subito rua

Col volto verso il latte, se si svegli

Molto tardato dall'usanza sua.

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ri, intese Dante piuttosto indicar la barba virile, i peli della quale, nel Canto ancora I, al v. 42 del Purg,

35. RUINARE A VALLE. A VALLE, giù, nel chiamerà piume. Così intendono il Vol

basso. Inf. XII, 46 not.

36. MINÒS (V. Inf. V, 4), dal cui severo giudizio non iscappa anima ria,

39. FA RITROSO CALLE. Calle, via per cammino, come il lat. iter; sicchè Far calle è qui camminare (iter facere). Fa ritroso calle, va indietro con la persona (Barg.) — Lat. it retrorsus.

40-45. Di Tiresia che fu d'ambi i sessi (a), e cieco prima che indovino,il quale

per Aonias famâ celeberrimus urbes Irreprehensa dabat populo responsa petenti. vedi Ovidio, Metamorf. Lib. III,320-340. MASCHILI PENNE per le membra, il sesso, di maschio. Bianchi. La barba, la pelle ed i membri di maschio. Bargigi. Ma forse, parole del Ventu

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(a) Vogliono i mitologi per Tiresia significarsi le alterne vicissitudini dell'anno. Maschio per la primavera che genera, Femmina per la state che partorisce. Ritorna poi in Autunno alla generazione. I Greci, dice Luciano, in Astrologia, favoleggiarono: Tiresiam ancipitis fuisse sexus, cioè che fosse un ermafrodita. Questo potè es sere il fondamento della favola.

pi, il Poggiali, il Tommaseo e tutti quasi, fuorchè il Biagioli, il quale crede che Dante abbia per coteste piume voluta significare le forze maschili trasfuse nelle membra ec. Ma troppo strana metafora avrebbe presa il Poeta dalla piuma leggera e patente, per esprimere la forza virile ed occulta.

46. ARONTA O ARONTE, (Aruns), indo(Lib. I). vino tosco, di cui Lucano nella Farsalia

AL VENTRE GLI S'ATTERGA. A Tiresia che va innanzi, Aronte vien dopo col tergo,cioè colle spalle volte al ventre di lui. Ciò accade pel travolgimento accennato ne' vv. 11-15. Nello stato normale, quando due camminano l'un dietro l'altro, avviene il contrario; chè quel che va dopo tiene il petto opposto alle spalle di colui che lo precede.

47. LUNI fu città posta presso la foce della Magra. Da essa detta Lunigiana quella regione.

RONCA, per colliva.

El mar non gli era la veduta tronca.
E quella che ricopre le mammelle,

Che tu non vedi, con le trecce sciolte,
E ha di là ogni pilosa pelle,
Manto fu, che cercò per terre molte;
Poscia si pose là dove nacqu' io:
Onde un poco mi piace che m' ascolte.
Poscia che 'l padre suo di vita uscìo,

E venne serva la città di Baco,
Questa gran tempo per lo mondo gio.
Suso in Italia bella giace un laco

Appiè dell' Alpe, che serra Lamagna
Sovra Tiralli, ed ha nome Benaco.
Per mille fonti, credo, e più si bagna,
Tra Garda e Val Camonica, Pennino
Dell'acqua che nel detto lago stagna.
Luogo è nel mezzo là, dove 'l Trentino
Pastore, e quel di Brescia, e 'l Veronese
Segnar poria, se fesse quel cammino.

51. TRONCA, per troncata, impedita. 55-93. MANTO tebana, figlia di Tiresia (v. 40) e famosa divinatrice come lui. Poiché Eteocle e Polinice si uccisero l'un l'altro in battaglia,e Creonte occupò la tirannia di Tebe, costei, morto il padre, e impaziente di servitù cercò patria altrove. Dopo lunghi errori giunse in Lombardia e fermò sua stanza colà, dove fu poi fondata Mantova, che da lei ebbe

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pertanto una digressione, dove Virgilio
mostra non esser più quello che per lun-
go silenzio parea fuoco (Inf. I).

lago, come preco per prego ec.
Suso, rispetto a colui che parla. Laco,

63. TIRALLI, Tirolo

di Garda.

BENACO, Lago

64-66. In questo luogo molte controversie. Al postutto ci accostiamo quanto alla lettera a G. B. Niccolini, al Monti, al Cesari ed al Lombardi,primo a dimostrarla vera. Semplice ed evidente è la sposizione del Bianchi: Per mille fonTi ec. Int.: Il Pennino (alpes poenae), cioè quel tratto d' alpi pennine, che è tra Garda e Valcamonica, si bagna per mille fonti, e credo anche più, dell'acqua, che poi giù scendendo va a stagnare nel detto lago. Ed ecco la connessione di tutto il discorso: E nell'Italia (su rispetto all'Inferno) un lago che ha nome Benaco, il quale si forma in gran parte delle molte scaturigini del Pennino, raccolte e condotte ad esso lago principalmente dal fiume Sarca,

che tien suo corso tra Val Camonica e Garda.

67-69. SEGNARE, Benedire. Potere se

Siede Peschiera, bello e forte arnese
Da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi,
Ove la riva intorno più discese.

Ivi convien che tutto quanto caschi

Ciò che 'n grembo a Benaco star non può,
E fassi fiume giù pei verdi paschi.
Tosto che l'acqua a correr mette co,

gnare o far croci è significativo atto del-
la potestà di giurisdizione, che ai vesco-
vi non è dato di esercitare fuori i limiti
della propria diocesi. Gli apostoli furono
spediti in universum mundum a spar-
gere il seme del Verbo divino; ma dap-
poi la vigna del signore crebbe in tanta
ampiezza, fu a ogni operaio in capo, as-
segnata la parte da inavanzare ne' sacri
carismi. E fin da' tempi primi della cri-
stiana fede, ciascun Vescovo fu l'angelo
e il pastore del gregge suo.

Ciullo d' Alcamo: « Segnomi in Patre e'n Filio. Ed in Santo Matteo ».

Ma non è poi tuttuno Segnare e Benedire. Il primo sta nell' atto della mano, il secondo nella proferenza delle parole. Il Tasso (Ger. liber. XVII, 95) perciò non gli fa sinonimi:

Quel ch'è in sul colle, e'l sacro abito porta, E la corona ai crin sacerdotale, È il pastore Ademaro, alma felice: Vedi che ancor vi segna e benedice. PORIA è da leggere, non accomodarlo in potria, come i moderni comentatori fanno. E da Pore usato in antico per Potere. Il Mastrofini dice che Porei, Poresti, Porebbe ec. Poria ec. son delle graziose storpiature. Se così fosse mostra che il Petrarca avesse troppa vaghezza di graziosamente storpiare que' leggiadri versi (Trionf. Cast.):

Io non poria le sacre benedette Vergini ch'ivi fur chiudere in rima. E son. VIII:

Ma qual suon poria mai salir tant'alto? e molti altri.

Anche in prosa. Nov. ant. 62: Nel mio core non poriano mai discendere.

Sacrilega è quella mano che disforma le antiche voci per acconciarle alla moda dell'oggi; siccome di pittor da dozzina, il quale invece di ritoccare, con animo di servarne la preziosità, un quadro antico, lo impiastriccia di rudi colori.

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FESSE, facesse, è dall'antico Fere per
fare.Il nostro poeta (Inf. XXXIII,59 seg.):
E quei, pensando ch'io 'l fessi per voglia
Di manicar, di subito levorsi ec.
Parad. XXIII, 45.

E che si fesse rimembrar non sape.
70. ARNESE. La radice di questa pa-
rola è nel Brettone harnes che significa
corazza, armatura, vestito di ferro. Il
Mazzoni.-Harnesium e Arnesium negli
antichi Monumenti trovasi anche per ar-
ma difensiva, corazza. Qui Dante ado-
pera ARNESE in sentimento di baluardo,
rocca, fortezza. «ARNESE da armese. Nel-
la vita di S. Antonio, arnese un mona-
stero.Tommaseo». Singolare parve al

Tasso l'uso della voce in tale accettazio-
ne, poichè postillo: Arnese, detto d'un
castello; e se ne valse nella Gerusalem-
me, scrivendo (I, 67):

Gazza bello e forte arnese
Da fronteggiare i regni di Soria.

71. FRONTEGGIAR, far fronte. Il Daniello: Agevolmente questi due popoli (di Brescia e di Bergamo) doveano essere congiunti insieme contro i Signori della Scala, padroni di Peschiera che in quel tempo era di Verona: e «< Questo cenno è forse dato in riguardo agli Scaligeri » Tommaseo.

76. Co, Capo. Così anche Purg. III,127:
L'ossa del corpo mio sarieno ancora
In co del ponte presso a Benevento.
Prima di Dante, Guido Guinicelli:
E non si batte co di serpe muzzo.
Ancora:

Chi vedesse a Lucia un var cappuzzo
In co tenere ec.

Ecco in che guisa i filologi fanno il processo della trasmutazione di capo in co. Da Capo, mutato il p nel v, cavo, e fognato il v, cao o ca', e per contrazione co. (Il Nann. Teor. de' nomi Cap. XVI, § XVII, pag. 663 (1)). Vedi Inf. XV, 54.

Non più Benaco, ma Mincio si chiama
Fino a Governo, dove cade in Po.
Non molto ha corso, che truova una lama,
Nella qual si distende e la 'mpaluda,
E suol di state talora esser grama.

Quindi passando la vergine cruda
Vide terra nel mezzo del pantano,
Senza cultura, e d' abitanti nuda.
Li, per fuggire ogni consorzio umano,

Ristette co' suoi servi a far sue arti,
E visse, e vi lasciò suo corpo vano.

Co presso gli antichi scrittori si trova benanche quale accorciamento di come e di con: ma qui sta in sentimento di capo, principio, sicchè METTE CAPO A CORRERE vale comincia il suo corso ec. Caput per origine, scaturigine usa Orazio (Lib.I,od.I):... ad aquae lene caput. 78. GOVERNO, terra e castello, oggi Governolo. Il testo Bargigiano ha:

Fin a Governol, dove cade in Po d'onde si scorge sopra qual sillaba di questa voce debba porsi l'accento.

79. LAMA, piano, secondo il Tommaseo; pel Venturi è pianura o quel piano che si stende lungo i fiumi, e che ricolmato per via di piene, o di alluvione si fa sito opportuno per salceli e albereti. Molti col Menagio la vogliono voce longobarda, altri provenzale; ma essa è pretta latina, trovandosi in Orazio (Lib.I, epist. XIII):

Viribus uteris per clivos, flumina, lamas. Il Volpi la spiega per vallone, pianura, campagna; il Buti per luogo concavo e basso, o luogo pendente e non pari; il Vellutello per valle. Il Rosa Morando osservò averla Dante usata sempre in accettazione di luogo concavo e basso come nell'Inf. XXXII, 96, dove il Poeta significò con questo vocabolo il pozzo de'Traditori, e nel Purg. VII, una lacca (v.71) od una valle (v.90). Riprova egli dunque e la Crusca e il citato comentatore,che applicano a questa parola la nozione di piano ec. e pare il faccia con tanto più di ragione, quanto che nell'allegato passo Oraziano l'antico scoliaste interpreta lama per pozza, gora o laguna ove raccolgonsi le piovane, secondo

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che Festo la spiegò aquae collectio; e il gr. 2.apos val gola, voce dipoi traportata a significare le fosse de' fiumi e le voragini delle strade. Vive ancora nel calabro idioma lamia in sentimento di soffitto centinato e curvo a foggia di volta ec. e di qualunque altro, la cui differente maniera i Latini distinsero co'nomi camera,fornix,testudo e concha.V.n.80.

80. LA 'MPALUDA, la rende paludosa, ne fa una palude. Questo dimostra non esatta la definizione che il Monti dà del

la voce lama per valle paludosa e fangosa; poichè quando fosse per sè paludosa, Dante non avrebbe detto che la impaluda il Mincio. Ritengasi adunque esser lacuna il vero significato della voce lama, secondo la spiegazione di Festo. V. nota 79.

81.GRAMA fig. malsana,infelice,dannosa, epit. dato alla terra pe' mali effetti ch'essa produce sull'economia animale.

82-86. VERGINE secondo che Stazio la dice innuba (Theb. IV, 463); CRUDA COme maliosa, al pari di Eritone detta anche cruda (Inf. IX, 23); e come Orazio alla venefica Canidia dice:.

Cales venenis officina Colchicis. non men crudele della stessa Medea; e si fa da lei rispondere (Epod. XVII): Quid obseratis auribus fundis preces ? Non saxa nudis surdiora navitis Neptunus alto tundit hybernus salo. È anche per crudeltà ch'ella fugge oGNI CONSORZIO UMANO, e per attendere alle sue malefiche ARTI (vv. 85-86).

87. CORPO VANO, come il Manzoni disse: Stette la spoglia immemore

Orba di tanto spiro.

Gli uomini poi, che intorno erano sparti,
S'accolsero a quel luogo, ch' era forte
Per lo pantan ch' avea da tutte parti.
Fer la città sovra quell' ossa morte;

E per colei, che 'l luogo prima elesse,
Mantova l' appellar senz' altra sorte.
Già fur le genti sue dentro più spesse,
Prima che la mattia di Casalodi
Da Pinamonte inganno ricevesse.
Però t' assenno che, se tu mai odi
Originar la mia terra altrimenti,
La verità nulla menzogna frodi.
Ed io: Maestro, i tuoi ragionamenti

Mi son sì certi, e prendon sì mia fede,
Che gli altri mi sarian carboni spenti.

Ma dimmi della gente che procede,

Se tu ne vedi alcun degno di nota;
Chè solo a ciò la mia mente rifiede.

CORPO VOTO dell' anima che lo informava; o, come piacerebbe al Zacheroni, alludendo alla professione d' indovina che Manto esercitava, della quale niente più vano.

91. OSSA MORTE, sineddoche, per tutto il corpo: anche perchè del cadavere non restavano che ossa e ceneri, e perchè vive erano le ossa, di cui Davide disse: Et exultabunt ossa humiliata.

93. SORTE. Senza sorti ed auguri non si fondavano le città. Qui: senza gitlar altra sorle per sapere come si dovesse chiamar quella città.

95. LA MATTIA DI CASALODI. Pinamonte de' Buonaccossi Mantovano, per torre a Conte Alberto Casalodi la signoria della Città, lo consigliò di rilegare quei gentiluomini che più erano d'ostacolo ai suoi disegni, sotto specie che fossero troppo in odio al popolo. Come ciò fu fatto, ed egli privò del dominio l'imprudente Casalodi, sterminò le parentele di questo e di altri nobili, e tra lo sbandeggiamento e le stragi, la Città rimase molto spopolata.

102. CARBONI SPENTI ottima figura delle parole oscure, che non illustrano l'intelletto,nè infiammano il cuore. Car

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boni ardenti son le parole che si porgon vere, e prendono l'altrui fede, come quelle di Virgilio ch'è:

Degli altri poeti onore e lume.

103. PROCEDE va a mo' delle processioni (v.9), cioè cammina a passi tardi.

104. DEGNO DI NOTA, degno d' esser nominato specialmente. Per noi sta che degno di nota significhi anche riprovevole, che merita infamia ec. Sapendosi già nota che dir voglia (Inf. XI, 49 not.), e la voce degno che valore si abbia dalle stesse parole di Dante (De vulg. eloqu. Lib. II, cap. II): Est enim dignitas meritorum effectus, sive terminus; ut cum quis benemeruit, ad boni dignitatem perventum esse dicimus: cum male vero ad mali. E non ci è replica; tuttochè si sappia che doveano al Poeta esser mostrate (Parad. XVII, 138):

Pur le anime che son di fama note. 105. RIFIEDE (V. Inf. X, 135 not.). Al. lez. Risiede è del testo Burgofr. Ven. 1529 e della 2a Rovilliana, Lion. 1554 non da antiporre ai codici antichi,i quali quasi tutti hanno rifiede. Il Tomm. fa il risiede simile allo stat sententia che crede modo più languido, e noi non reputiamo nemmanco opportuno.

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