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Nuovi tormenti e nuovi frustatori,
Di che la prima bolgia era repleta.
Nel fondo erano ignudi i peccatori:

Dal mezzo in qua ci venian verso 'l volto,
Di là con noi, ma con passi maggiori.
Come i Roman, per l' esercito molto,

L'anno del Giubbileo, su per lo ponte
Hanno a passar la gente modo tolto:
Che dall' un lato tutti hanno la fronte

Verso 'l castello, e vanno a Santo Pietro;
Dall' altra sponda vanno verso 'l monte.
Di qua, di là, su per lo sasso tetro
Vidi dimon cornuti con gran ferze,

suo speziale effetto, che si chiama mi-
sericordia e passione. Ma pielade non
è passione, anzi una nobile disposizio-
ne d'animo, apparecchiata di ricevere
Amore, misericordia e altre caritative
passioni. Convito.

Nuova pieta, cioè non più veduta ec. V. Inf. VII, 20.

23. NUOVI TORMENTI ec. V. Inf. VI, 4.

24. BOLGIA lat. antic. BULGA, borsa, che poi fu detta marsupium (a). Fra Giord. Pred. XII. Or puote la bolgia vòla quando s'apre mandare fuori nulla? E poco appresso: Dunque se'l sacco è volo che ne può uscire? mostrando chiaro avere nella stessa significazione adoperate le due voci bolgia e sacco. Le Malebolge insaccano in gran parte il mal dell' universo. Ancora dice il Frate: Or tu se' volo come una bolgia scossa? In Inglese Pocket val tasca e Pocket up Far di soppiatto, o, come volta il Carcano (Shakspeare, Tempesta II, sc. I), intascar la bugia. In Genov. Baga, otre da vino; in Gael. Balg, Bolg, Builg, sacco, pancia, ventre, e Bagach, corpulento ec. Tedesc. Bauch, pancia (b).

Il Buon. Fier. g. I, att. 4, sc. 3:

Pon lor cura alle mani

Non lasciar di guardar stivali e scarpe Non men che le bisacce e che le bolge. Ancora, ivi 3, 2, 17:

Trattosi della bolgia un letterino ec.

(a) Ces. Cantù, Stor: lett. lat. Le Monn.1864, p. 30. (b) Biondelli.

E 3, 5, 3:

Un chiacchieron, ch'ha di fandonie piene
Bolge e valige e tutt'i ripostigli,

Mi trattenne a contar cento novelle (c).

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Nel contado appo i calabri è ancor viva la voce bùggia per tasca. E la stessa voce budgèt non ebbero forse i francesi da diversa origine.

REPLETA, ripiena, lat. V.Parad. XII,58.

26. DAL MEZZO del fondo verso l'argine dov'erano i Poeti ec. Di qua venivano a vista di Dante i ruffiani o seduttori di femmine a posta d'altri; di là andavan quelli che tali furono, ma per sè.

27. CON NOI, facevano loro corso verso là, dove andavamo noi. Barg. CON qui non tanto sembra particola significativa di compagnia, quanto della similitudine dello andare. Con val benanche come. (Purg. XIII, 9 not.). Ma il Poeta dice esplicitamente (v. 78) di cotestoro:

Perocchè son con noi insieme andati. 30. MODO TOLTO. Tor modo, trovar maniera, compenso. Volpi. Prender provvedimento. Bianchi. - Prendere espediente. Lombardi e Venturi. Il Bargigi legge: hanno... modo collo. Così hanno le quattro edizioni del 1472 ristampate per cura di G. G. Warren Lord Vernon, Londra 1858; quella de De Romanis Roma 1822, il codice Filippino (sec. XIV), e il Cassinese: lezione prescelta dal Witte pel suo testo. Tutti quasi gli altri non han collo, ma tolto.

(c) Figuratamente bolgia per luogo di pena è usata dallo stesso Buonarroti, loc. cit. 3, 3, 9.

Che li battean crudelmente di retro.
Ahi come facèn lor levar le berze

Alle prime percosse! e già nessuno
Le seconde aspettava nè le terze.
Mentr' io andava, gli occhi miei in uno
Furo scontrati; ed io si tosto dissi:
Già di veder costui non son digiuno.
Perciò a figurarlo i piedi affissi:

37. FACEN, faceano, facevano. V. Purg. XXXII, 4. Inf. XXII, 144. E nel composto, Stupefacensi. Parad. XXXI, 35:

Stupefacensi (i Barbari) quando Laterano Alle cose mortali andò di sopra. BERZE. Il Lami dice che, Far levar le berze vale: Fare svesciar la pelle. Vero è poi che l'Imolese, il Landino e recentemente il Bianchi, che loro come a più antichi s' attiene, interpretano Levar le berze per Levar le gambe o le calcagna: ma ed una stessa voce potè ab antico prendersi in due significati,e per avventura bene accomodarsi entrambi al testo dantesco; comecchè l' uno più acconciamente dell'altro. Notiamo che vive ancora nel dialetto calabrese la voce Vizzòla in sentimento di cocciuola, bolla, vescia e di piccola enfiatura cagionata da percossa, scottatura o altro. Questa voce vizzola sembra corrotta da Verzuola diminutivo di Verza per Berza. Sembra perciò doversi tenere la chiosa del Lami. Dippiù, i Romagnuoli hanno Vizòl per doglio, vaso di legno a guisa di ba riglione, e Vizulèn per carratello. Non è improbabile che per simiglianti nomi venisse iperbolicamente appellato l' effetto delle percosse o delle scottature. Mazzoni Toselli intende berza per bolla o vescica ec. derivando la voce dal Celtico Berg, elevatezza. In Persiano dicono Bergesten a una malattia onde s'alzano le bolle sopra la pelle. Nella provincia d'Anjou, Berg de bled vale ammasso di biade. Tra Berza e Berge in francese sendo quasi una la pronunzia del z e del g; questo filologo non crede che la sua spiegazione abbisogni di altra pruova. Pure la Crusca spiega Berza la parte della gamba dal ginocchio al piè, o,come dice il Venturi, alla noce del piè.

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Benvenuto da Imola, amico del Petrarca
e del Boccaccio,interpreta berze per cal-
cagni; e Marcantonio Parenti dice che
secondo tale nozione, la frase dantesca
levar le berze risponde alle altre Dar le
il calcagno ec. tutte espressive del cor-
calcagna, Voltar le calcagna, Mostrare
rere e del fuggire. Favorisce questa spo-
sizione il vocabolo tedesco Ferse, che
vuol dir calcagno. Ma oltre che Berza
dura tuttavia per vescica nel dialetto
Fiorentino, e che nel lat. bar. Bergia
valse virgae et ferulae quibus milites
excitati (a) onde potè pigliarsi la causa
per l'effetto e dirsi Berza per piaga o
colpo, siccome Berzare per Colpire: c'è
dippiù a riflettere che il levar delle gam-
be è già espresso dal Poeta per quelle
parole (v. 38, 39):

e già nessuno
Le seconde aspettava nè le terze.

43. A FIGURARLO I PIEDI AFFISSI. Il Venturi col Volpi leggono GLI OCCHI affissi. Il Biagioli preferisce questa a quella lezione, chè son gli occhi e non i piedi che raffigurano. Ma il Lombardi avea già detto, e i più accorti accettarono le sue ragioni: Il seguente verso però:

E'l dolce Duca meco si ristette.

richiede che i piedi, non gli occhi afrocchè tener fissi gli occhi in quell'omFIGGESSE, cioè fermasse Dante; impebra poteva anche andando.

Questa lezione è lodata dal Cesari, accettata da G. B. Niccolini, dal Bianchi, non però dal Tommaseo; ma è fiancheggiata dalla Nidobeatina, dal testo Bargigiano, da sette codici Pucciani, da cinque Riccardiani, dal Magliabechiano, dai quattro Patavini, dal MS. Frullani, dal

(a) Il Lorenzi nella sua Amaltea, ci fa questo sapere, citando Leone De re militari.

El dolce Duca meco si ristette,

Ed assenti ch' alquanto indietro io gissi: E quel frustato celar si credette

Bassando 'l viso, ma poco gli valse; Ch'io dissi: tu che l' occhio a terra gette, Se le fazion che porti non son false, Venedico se' tu Caccianimico;

Ma che ti mena a sì pungenti salse?

Tempiano, dal Bartoliniano, dal Dante Antinori, dal codice Cassinese, dalle quattro edizioni (1472) del Vernon, da quel del Fulgoni, Roma 1791; dal Filippino (sec. XIV) e dal testo del Witte. GLI OCCHI hanno poi la 2a Rovelliana ediz. Lion. 1551 con quella del Burgofranco Ven. 1529 ed altre posteriori, che non reggono al confronto co' preziosi codici antichissimi che su abbiamo allegato.

49. LE FAZION, le fatlezze. Fra Guitt. Lett. XII:

Vostra visione dite me (a me) foe, (fu)
Che donna una (una donna) a mirabil fazione
Porgea voi (a voi) un falcone.

dove a mirabil fazione vale di vaghe sembianze, di forme leggiadre e maravigliose. FAZION, figura. Barg.

51. CHE, qual colpa. Al.lez. CHI è del testo di Mantova 1472 e delle variorum del Witte. La difende il Biagioli (dicendo che il Poeta sapeva bene qual peccato si punisse in quella bolgia) contro il P. Lombardi che sostiene cercarsi dal Poeta il quid non il quis. La Nidobeat. il Cod. Ang. e il Vat. 3199, il cod. Cassinese, il Bargigiano e molti altri pregiati testi antichi hanno che non chi, lettera accettata dal Venturi, dal Volpi e tra i più distinti moderni dal Bianchi, dal Niccolini col Borghi, col Capponi ec. e dal Tommaseo. Avverso l'opinione Biagioliana che approva il chi con la Crusca, così il Monti (a) conchiude dopo altre ragioni arrecate: Or la domanda ma chi ti mena è da stolto, non si dovendo neppur per ischerzo far mostra d'ignorare che chi mena i peccatori all' Inferno è la giustizia di Dio, e Dante dimanda:

(a) V. la Proposta, alla voce Salsa.

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Ma che ti mena ec., cioè, qual è la colpa, il fatto che ti ha dannato a questo genere di pena?

PUNGENTI SALSE, figurat. pena acerba, turi, è un certo condimento di saporettormento. Propriamente, parole del Venti, che si fa per accrescer grazia alle vivande e renderle più appetitose; ma il sapor di queste salse è ostico e spia

cevole assai. E il Bianchi nota che: Anche oggi in molti luoghi diconsi per modo ironico salse, o salsa...le battilure o i gastighi di qualunque sorta. Ora non è improbabile che i Bolognesi chiamassero per facezia con questo nome anche il luogo ove questa salsa si amministrava. Le sferzate feriscono la pelle del dorso ai seduttori, come le salse piccanti pungono e vellicano la pellicola del palato.

LE SALSE, secondo il Cav. Strocchi, era una contrada di Bologna lungo la quale ai tempi di Dante si scopavano i malfattori. LE SALSE, dice il Boccaccio, è un luogo abbominevole e pieno d' infamia ove i Bolognesi gittavano i cadaveri degl' impenitenti. Questo luogo, che dista ad un terzo di miglio da una casa di villa del Conte Aldini, stata già convento di Frati, è un'angusta e assai profonda valle, circondata da grigie e nude coste,senonchè sparse qua e là di sterili erbe: luogo orrido e degno de' corpi di coloro, che i nostri padri vietavano di sotterrare in sagrato. Mazzoni Toselli appartandosi da queste sposizioni spiega salsa per salita, elevatezza, poichè sylva salsa dicevano ne' bassi tempi per selva montuosa, e salsa assolutamente per salila. Dante secondo lui intende delle salite del sasso tetro, e le appella pungenti,

Ed egli a me: mal volentier lo dico;
Ma sforzami la tua chiara favella,
Che mi fa sovvenir del mondo antico.
I' fui colui, che la Ghisola bella

Condussi a far la voglia del marchese,
Come che suoni la sconcia novella.
E non pur io qui piango Bolognese:
Anzi n'è questo luogo tanto pieno,
Che tante lingue non son ora apprese

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perchè ivi Venedico ruffiano toccava le Venedico Caccianimico leggiamo nelle sferzate crudeli:

Di qua, di là, su per lo sasso tetro Vidi dimon cornuti con gran ferze, Che li battean crudelmente di retro.

Ma i seduttori erano in bolgia,in vallo, in fosso; su per lo sasso non pare significhi salita; ma la natura del suolo, su per lo quale que' miseri eran cacciati innanzi dalle diaboliche ferze. Noi teniamo con gli antichi, tra i quali così scrive l'Imolese: Ad intelligentiam hujus literae, ut videas quot sunt occulta et incognita in isto libro, volo te scire quod SALSAE est quidam locus bene concavus et declivus extra Civitatem, et prope Sanctam Mariam in Monte (a), in quem solebant projici corpora desperatorum, foeneratorum, et aliorum infamalorum; unde aliquando audivi pueros Bononiae dicentes unum alteri ad improperium: Tuus pater fuit projectus ad salsas... Non ergo capias heic SALSAS pro sapore, sicut communiter omnes exponunt, quia metaphora esset alia a proposito, ut per se patet.

Gehenna ignis è detto l'Inferno nella Bibbia; ma Geenna fu propriamente una valle d'infamia simile a queste salse che dice Dante, la quale era presso Gerusalemme.

53. CHIARA FAVELLA; onde il Poeta dava a conoscersi per italiano e pratico della città del Caccianimico; massime dopo che questi fu riconosciuto (vv.49-50) e udito ebbe ricordarsi le pungenti salse (v. 51).

55-56. LA GHISOLA... CONDUSSI ec. Di

(a) Luogo, dice il Bianchi, fuori della porta di S. Mamante in Bologna detto volgarmente S. Mammolo, dove si punivano con battiture e peggio i malfattori.

chiose del cod. Cassinese: Iste fuit Veneticus de caccianemicis de bononia, qui lenociniando submisil domnam Ghisolam bellam ejus sororem et uxorem Nicolai Clarelli de bononia Marchioni

Aczoni de Este.

DEL MARCHESE, quel d'Este per antonomasia. Fu questi Obizzo II, quel medesimo che, come uomo crudele, vedemmo attuffato nel bollor vermiglio con que' tiranni (Inf. XII, 114):

Che dier nel sangue e nell'aver di piglio. 57. COME CHE SUONI ec. Quasi dica, questa fu la verità, parlino pur altri SCONCIA come si vogliano. Bargigi. NOVELLA cioè turpe, scandalosa; ed anche falsa; perchè la fama non portava il fatto nudo e vero, ma adulterato e abbellito, per renderlo meno odioso in grazia de'prepotenti e de'vili da lor favoriti.

58. NON PUR,non solo. È frequente nel poema PUR, per solo, sollanto, solamente. Qui Venedico crede alleggiare la sua pena, accennando altri molti che vi sottostanno: come Ciacco (Inf. VI, 55): Ed io anima trista non son sola,

Chè tutte queste a simil pena stanno
Per simil colpa.

60. Lingue apprese. Lingue per uomini di cui proprio è il favellare. Parte pel tutto. APPRESE, assuefalte, Bianchi; ammaestrate, Tommaseo; avevano uso, Venturi; hanno appreso,imparato, Volpi. Il Bargigi APPRESE, ammaestrate sufficienti e atte (a dicer sipa)- Brun. Lat.: Ben appreso di guerra.-Dante, nel Convito: La giustizia legale ordina le scienzie ad apprendere; e comanda, perchè non sieno abbandonate, quelle essere apprese, e ammaestrate. Apprese quindi non par tutt'uno con ammaestrale e

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A dicer sipa tra Savena e 'l Reno:
E se di ciò vuoi fede o testimonio,
Recati a mente il nostro avaro seno.
Così parlando il percosse un demonio
Della sua scuriada, e disse: via,
Ruffian, qui non son femmine da conio.
Io mi raggiunsi con la Scorta mia:
Poscia con pochi passi divenimmo
Dove uno scoglio della ripa uscia.
Assai leggeramente quel salimmo,

E volti a destra su per la sua scheggia,
Da quelle cerchie eterne ci partimmo.

a dicer sipa vale pe' Bolognesi l'uso più
che l'ammaestramento (a).

61. DICER, dire, pronunziare, proferire. Dicere V. Inf. III, 45. SIPA, è volgar bolognese che tanto significa quanto sia. Barg. Il Venturi Sipa per sia, o in cambio di sì. Il Volpi l'intende assolutamente per sì. Il Lombardi onninamente sia. Il Bianchi: SIPA e SIPO espressione affermativa di quel dialetto. SIPA, sia dicon tuttora i Bolognesi. Tommaseo. Il Parenti con ragioni ed esempi fa chiaro Sipa o sippa valer non altro che sia. Vedi l'Appendice al Comento del Lombardi, Fir. 1847, per David Passigli. Libro di cui ci ha fatto copia la cortesia del nostro non volgare amico Pr. Vincenzo Cerame.

SAVENA e RENO, fiumi tra' quali siede Bologna con parte del suo contado.

63. AVARO SENO. SENO per cuore ; il Lombardi con la Crusca. SENO, animo e cuore, Volpi. Appositamente il Tommaseo da Giovenale adduce: Quando maior avaritiae patuit sinus; quasi vuoto voraginoso che inghiotte. L'Ottimo dice la ruffianeria bolognese alimentata dallo spendere della scolaresca universitaria. Il Poeta fu a studio in Bologna. Nelle sue Rime, son. XVIII:

E posso dir che mal vidi Bologna,

E quella bella donna ch'io guardai (b).

(a) Il linguaggio in disprezzo de' Bolognesi parte da un ruffiano, ed è riprovato e severa mente punito da quel Demonio, che percuotendolo della sua scuriada gli grida: via ruffian. Il Zacheroni.

(b) Per la quale sebbene s'intenda allegorica

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64. PARLANDO è riferito al parlante non al percussore: e per levare ogni appicco agli schiffiltosi pedanti, giova ricordare che il gerundio spesso equivale al partisentenza è: mentre così parlava ec. sic cipio presente: sicchè in questo luogo la loquentem... daemon percussit ec.

DELLA SCURIADA, Con la scuriada. Questi simulati genitivi non son per sè che ablativi. Il Petrarca:

Ferir me di saetta ec.

e comecchè ovvie sieno simiglianti locuzioni, è utile ricordare che l'ebbero anche i provenzali e gli spagnuoli;dicendo quelli, ad es., no vei dels huelhs-non veggo degli (con gli) occhi, e questi: Plorando de los oios Plorando degli occhi ec. E l'antico Franc. Plore dels oils ec.

Queste preposizioni ritraggono da quelle latine, come de, ab, per cum, onde a freno strello vale con freno ec. ed a scusa la particella ab per con, in luogo della quale i provenzali usarono a o ab.

65. VIA ellitticamente per: partiti, va via. Dante, Rime, son. XXIV: Un di si venne a me melanconia

E disse: voglio un poco stare teco; E parve a me che si menasse seco Dolor ed ira per sua compagnia. Ed io le dissi: partiti, va via ec. 70. LEGGERAMENTE, leggermente, facilmente, senza fatica ec.

72. CERCHIE ETERNE. In tutt' i codici non ha altra variante che s'invenga, fuor

mente la Filosofia, che nel pensiero di Dante era Sapienza, Beatrice ec.; pure nulla osta a credere che potesse essere stata ente non fantastico, ma di ossa e polpe.

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