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Ma in su la riva non trasse la coda.
La faccia sua era faccia d'uom giusto,

Tanto benigna avea di fuor la pelle,
E d'un serpente tutto l'altro fusto.
Duo branche avea pilose infin l'ascelle:
Lo dosso e 'l petto ed ambedue le coste
Dipinte avea di nodi e di rotelle.
Con più color sommesse e soprapposte
Non fer ma' in drappo Tartari nè Turchi,
Nè fur tai tele per Aragne imposte.

come gl' Italiani il verbo arrivare che
vale e venire ed avvicinare checchessia
a riva. Pose sulla riva la testa e il bu-
sto. Barg.

10 segg. FACCIA D'UOM GIUSTO ec., e adesca gl'incauti che guardano l'appa

renza delle cose.

SERPENTE TUTTO L'ALTRO FUSTO, per l'astuzia onde ordisce le sue trame; poichè (Genes. c. III): Serpens erat callidior cunctis animantibus terrae. L'astuzia non era nel secol d'oro; e perciò del serpente che di quella è simbolo, lo stesso Virgilio (Ecl. IV, 24):

Occidet et serpens, et fallax herba veneni
Occidet, assyrium vulgo nascetur amomum.
DUO BRANCHE... PILOSE come di fiera
rapace.

Dosso... PETTO... COSTE DIPINTE DI

NODI E DI ROTELLE; perchè il processo della conversazion sua, della pratica ed operazione tutto è coperto di molte e molto diverse astuzie e simulazioni di diversi colori e varie figure, onde si cuopre il cuor serpentino, sicchè l'amico non s'avveda dell'inganno. Bargigi. I nodi son gl'intrighi; le rotelle i raggiri o le difese ed armi, onde la frode si schermisce. Si osservi che ancora il Poe. ta non descrive la coda, poichè (v. 9) non tratta in sulla riva; ma ciò fa dappoi che l'ebbe vista guizzare (v. 25). L'Ariosto, della Frode (Furios. XIV, 87):

Avea piacevol viso, abito onesto,

Un umil volger d'occhi, un andar grave,
Un parlar si benigno, e si modesto,
Che parea Gabriel, che dicesse: Ave.
Era brutta, e deforme in tutto il resto;
Ma nascondea queste fattezze prave
Con lungo abito, e largo, e sotto quello
Attossicato avea sempre il coltello.

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Sempre, dice il Tommaseo, con meno parsimonia del Nostro e quasi scolaro che maestrevolmente amplifica. Ma cadrebbe in fallo Dante se più si allargasse in parole, e Lodovico se più ti accessori che caratterizzino l'uomo parco ne fosse. Questi abbisogna di tutfraudolento: quegli ve 'l fa veder vivo e ad un tratto, accennando le tre parti del corpo mostruoso. Il simbolo è più potente della parola. L'uno si snaturerebbe per amplificazione; l'altra per soverchia parsimonia. La descrizione dell' Ariosto non par dunque di scolaro che maestrevolmente amplifichi, ma di maestro che non sembra scolaro a nessuno. Son quasi due pitture della stessa persona ora ravvolta ne' panni, ed ora nuda.

16. SOPPRESSE E SOPRAPPOSTE. Nei drappi, si dice sommessa alla parte del lavoro che volgarmente si chiama fondo; soprapposta la parte rilevata. Il Bargigi chiama camoccia le sommesse, e dà nome di damaschini alle soprapposte.

17. NON FER... IN DRAPPO ec. Al lez. Non fer mai drappo è de' codici Frullani e Poggiali, de' Pucciani 1, 2, 4, 7, 8, 10, del Magliabechiano, de' Riccardiani 1004, 1025, 1026, 1027, del Bartoliniano, del Dante Antinori, del cod. Vatic. e di qualch'altro. Ma questa lezione supponendo una varietà infinita di sommesse e di soprapposte, nonchè di colori, fa che si accordi la preferenza all'altra variante, che nel drappo ammette un fondo e un rilievo in genere; non però escludendo la varietà delle tinte.

18. PER, da. Così (Inf. XVI, 62) per LO verace Duca, cioè DAL verace. (Ivi

Come talvolta stanno a riva i burchi,

Che parte sono in acqua e parte in terra,
E come là tra li Tedeschi lurchi

Lo bevero s'assetta a far sua guerra;

Così la fiera pessima si stava

Su l'orlo che, di pietra, il sabbion serra.
Nel vano tutta sua coda guizzava,

Torcendo in su la venenosa forca,

Che a guisa di scorpion la punta armava.

71). Si duole Con noi PER POCo, cioè DA POCO è come noi allo stesso martoro.

IMPOSTE, posle al telaio. Tele, drappi, colori, voci figuratamente prese per le orditure, le trame e vari generi della Frode.

19. BURCHI, Son navigli che hanno il fondo piano, e son propriamente da navigare per fiumi. Bargigi.

21. LURCHI, beoni e golosi, Lat. Lurco, onis vale avido, vorace, trangugiatore. La voce è o da lura, otre; o dal gr. λapxos corbello, cofino. Lurcones ha con l'ital. lecconi molta analogia.

22. BEVERO, Castoro. Lat. Fiber, detto o dal gr. eolico prepòs, mollis, a cagione della morbidezza del pelo, ovvero dal lat. fibra, riva e fiber, estremo; poichè questo anfibio, detto anche cane pontico, vive sulle rive de' fiumi. Si ciba di scorze d'alberi e di frutta,e talvolta s'attuffa nell' acqua per far preda di pesci. Questi animali abitano nel nord dell'America dal 30° al 60° grado di latitudine. Se ne trova eziandio nella Siberia, nella Norvegia, nell'Alemagna ed anche nella Francia (sulle rive del Rodano, della Garonna ec.): ma questi ultimi, che per lo più si chiamano biveri (Franc. bièvres) vivon sempre solitari, e e non si costruiscono capanne, forse che la vicinanza dell' uomo gl' impedisce di seguire questo loro istinto naturale. Zoolog. dell' Edwards. Bruxelles 1841 pag. 200-Il Bivero, così il Bargigi, è animale mollo astuto, del quale si dice che sopra le rive del Danubio in Alemagna, quando vuol pescare, suol stare col busto fuora dell' acqua, ascoso intra certe sue case che già si ha fatte

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e liene la sua coda nel fiume, con la quale guizzando ivi si congregano diversi pesci all' odor suo, de' quali ne piglia in copia.

S'assella, s'accomoda, si melle. Se assettarsi valesse sempre sedersi, la locuzione toscana s'assetta a sedere non avrebbe senso.

23. FIERA PESSIMA. Giacobbe, come vide la tunica insanguinata del figlio suo, disse: Fera pessima comèdit eum, bestia devoravit Joseph. Genes. XXXVII, 33. I propri fratelli vollero uccidere l'innocente; solo Giuda non resse a tale ferocia. Fu venduto per otto ducati o Lire it. 34 (a) agl' Ismaeliti che lo menarono in Egitto. Ecco la pessima di tutte le fiere.

24. SULL'ORLO CHE, DI PIETRA, ec. Ordina: Sull' orlo di pietra, che ec. Orlo, proda, riva per l'estremità superiore della cerchia che volge intorno Malebolge, ch'è (Inf. XVIII, 2):

Tutto di pietra di color ferrigno. Il Sabbione ha suoi confini la selva de'suicidi che gli fa ghirlanda, e la parte convessa di questo ottavo cerchio. In questo senso si dice che l'orlo di pietra lo serra, e non perchè se'l chiuda in mezzo.

26-27. VENENOSA FORCA. Non deve intendersi FORCA: coda biforcula, ma l'estremità della coda, che termina in due aculei, per significare che il fine del frodolento è amaritudine di veleno,e che (Inf. XI, 52 segg.):

La frode, ond'ogni coscienza è morsa,

Può l'uomo usare in colui che si fida,
E in quello che fidanza non imborsa.

(a) Il testo ha viginti argenteis, cioè venti sicli d'argento, ciascuno del valore di quattro carlini. Vedi Sav. Mattei: Nuova riduz. de' pcsi, misure e delle monete Ebraiche a quelle del Regno di Napoli 1766.

Lo Duca disse: or convien che si torca La nostra via un poco infino a quella Bestia malvagia che colà si corca. Però scendemmo alla destra mammella,

E dieci passi femmo in su lo stremo, Per ben cessar la rena e la fiammella: E quando noi a lei venuti semo,

Poco più oltre veggio in su la rena Gente seder propinqua al luogo scemo. Quivi 'l Maestro: acciocchè tutta piena Esperienza d'esto giron porti,

Mi disse, or va, e vedi la lor mena.

A GUISA DI SCORPION LA PUNTA ARMAVA, cioè le punte della coda biforcuta finivano in cuspide come quella dello scorpione, e può supporsi che tutta la coda fosse di vertebre o spondili con in cima i pungiglioni uncinati. Galeno credette non forata la cuspide dello scorpione. Plinio con molti altri tennero che con l'ago e ferisse e infondesse il veleno nella ferita. Il Redi fece piena esperienza di questo fatto. Quanto pericolosa è la bestia che non sai onde e come ferisca!

TORCENDO IN SU LA VENENOSA CODA. Tertulliano nello Scorpiaco: Arcuato impetu insurgens hamalile spiculum in summo, tormenti ratione, restringens. Ovidio, Fasti lib. IV:

Scorpius elatae metuendus acumine caudae.

Bene assomigliata la Frode allo scorpione, che mentre ti stringe tra le sue chele ti punge con la coda e t'avvelena. Purg. IX, 5 seg.:

Freddo animale

Che con la coda percuote la gente.

31. ALLA DESTRA MAMMELLA, al lato, al fianco dritto, a mano o a parte destra. Così, Inf. XII, 97:

Chiron si volse in sulla destra poppa. 33. CESSAR, cansare, tener lontano; cacciare. Usitato nel Convito.

Egid. Colonn. Govern. de' Princ. Lib. I, Part. II, cap. 28: Come larghezza cessa via l'avarizia dell' uomo, e temperanza i folli diletti corporali, così dovemo noi dire che dibonarieta è una virtù che cessa l'ira e la fellonia dell'uomo. Tommaso Buzzola (1280):

Però voi, donna, serviraggio amando,

Non aspettando da voi guiderdone;
Nè tal cagione

Non fia perch'eo da voi vada cessando. cessando, allontanando mi.

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RENA e FIAMMELLA, il sabbione e la pioggia di fuoco.

36. PROPINQUA AL LUOGO SCEMO. Vicina della frode è l'usura. LUOGO SCEMO il vacuo del burrato, onde discendesi in Malebolge.

SEDER. Vedi il perchè (Inf. XIV, 23 not.).

39. MENA, stato, condizione, natura, specie, qualità ec. Inf. XXIV, 82 segg.: E vidivi entro terribile stipa

Di serpenti, e di sì diversa mena,

Che la memoria il sangue ancor mi scipa. Il Tommaseo ed altri intendon MENA il dimenarsi che fanno, rammentandoci l'origine di agmen da ago. Quindi MENA per operazione, maneggio, affare, inquietudine, briga ec.

A noi pare posta qui Mena per lo menar delle mani. Anche il Bargigi: VA E VEDI LA LOR MENA; la condizione e il lor menar delle mani per iscuotersi il fuoco d'intorno; ma MENA non può valere che o l'uno o l'altro: dico o condizione o il menar delle mani. Le lezioni variorum riferite dal Witte hanno non mena, ma pena. Così è chiaro che i comentatori fluttuano sulla lettera del testo, come sulla germana interpretazione di questo luogo. A noi par certo che si debba legger mena,e che per questa voce Dante non abbia inteso condizione,nè pena; conciosiachè sapesse bene quali anime si punissero nel sabbione, ed a qual tor

Li tuoi ragionamenti sien là corti:
Mentre che torni parlerò con questa,
Che ne conceda i suoi omeri forti.
Così ancor su per la strema testa
Di quel settimo cerchio, tutto solo

mento poste fossero; ma che con questa
voce significasse il menar delle mani
come disse il Bargigi, e niente altro. La
ragion filologica viene in sostegno di ta-
le esposizione. Primamente cotesto me-
nar di mani vien poco appresso dipinto
con quelle altre parole (vv. 47, 48):

Di qua, di là soccorrien (a) con le mani Quando a' vapori, e quando al caldo suolo. e con la similitudine agli schermi che fanno i cani trafitti e tormentati:

O da pulci, o da mosche, o da tafani. Così la mena de' miseri accennatagli da Virgilio, Dante, poichè l' ebbe veduta, la fa immaginare per paragoni.

Questa mena non è poi altro, che il verbo menare mozzo della sillaba finale, come si fece in tutte le coniugazioni, dicendosi: piglia, pesca ec. scioglie, intende ec. nascondi, giaci ec. (b); invece di pigliare,pescare ec.sciogliere, intendere cc. nascondere,giacere ec. così da lodare, procurare, stampare, gioiare, gioire ec. la loda, procura, stampa, gioia e il gioi ec. Oltre che le persone singolari del pres. ind., la seconda e terza dell'imperativo ed altre ancora si adoperarono per nomi sustantivi (V. Parad. XV, 111): sicchè sempre ci ha ragione a tenere mena come un sustantivo in accettazione di menare. Nell'Inferno (XIV,40) si dice:

Senza riposo mai era la tresca

Delle misere mani, or quindi, or quinci Iscotendo da sè l'arsura fresca. 41. MENTRE CHE, fintanto che. Il mentre ha qui la significazione del dum latino, per donec. Ter. in Eun. Expectabo dum veniat: e Virg. Ecl. IX: Tityre, dum redeo, brevis est via, pasce capellas.

(a) 11 Bargigi ha scorrevan, altre ediz. scorrèn. La lezione SCORREVAN esprime l'azione in cui eran quelle afflitte di corrersene qua e là con le mani, or in alto, or attorno, or al basso, dove erano più molestate dal vapore, e dall'a rena infuocata. Zacheroni.

(b) Da nascondire, giacire ec. antic. per nascondere, giacere ec.

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43. STREMA TESTA. Dante percorse il Sabbione camminando su per gli argini di Flegetonte dall'un capo, ch'era accosto alla selva de' violenti, all' altro capo estremo che sboccava nell'ottavo cerchio. TESTA, il Volpi, per estremilà della lunghezza di qualsivoglia cosa. Il Barg.: ESTREMA TESTA, su per l'orlo del VII cerchio.

44. SOLO. Il Tommaseo illustra: L'usura è vizio più moderno che antico. E gli usurai italiani, odiatissimi in Francia, forse perchè stranieri e perchè impacciavano le faccende degli usurai del paese (de' quali erano famosi que' di Cahors), li discacciò re Filippo. Non crediamo che fosse l'usura sì vizio moderno come dice l'illustre Tommaseo: perocchè negli antichi tempi romani fu solenne la locuzione dare et accipere foenore;e Cicerone confessa che l'opprimeva l'aes circumforaneum. Più antico ancora quando la Bibbia c' intuona (Salm. XIV). Domine, quis habitabit in tabernaculo tuo ?..... Qui pecuniam suam non dedit ad usuram... Dunque nè Dante andò tutto solo, perchè appartenesse egli ai tempi moderni sozzi del vizio dell'usura; nè Virgilio si ritenne dall'andarvi, perchè a'tempi suoi mancasse la mala genia degli usurai. Ricordiamo che il magistero dell'arte Dantesca è quello di fare ch'egli non sia presente quando Virgilio induce la Fiera pessima a sobbarcarsi al nuovo pondo, altrimente il Poeta si disvierebbe dall' intento, obbligandosi di farci sentire gli argomenti usati dal suo Duca a persuadernela. Non ci volle molto per indurre Chirone a mandar Nesso a guida de' poeti (Inf. XII, 85-96); ma innanzi alle porte di Dite guardate da mille diavoli (Inf. VIII, 86):

il. . . savio. . . Maestro fece segno Di voler lor parlar segretamente. nè sortiron buon effetto le sue parole. Non altra ci par di vedere che fosse la ragion poetica del TUTTO SOLO.

Andai, ove sedea la gente mesta.
Per gli occhi fuori scoppiava lor duolo:

Di qua, di là soccorrien con le mani,
Quando a' vapori, e quando al caldo suolo.
Non altrimenti fan di state i cani

Or col ceffo, or col piè, quando son morsi
O da pulci o da mosche o da tafani.
Poi che nel viso a certi gli occhi porsi,
Ne' quali il doloroso fuoco casca,
Non ne conobbi alcun; ma io m' accorsi
Che dal collo a ciascun pendea una tasca,
Ch' avea certo colore, e certo segno,
E quindi par che 'l lor occhio si pasca.
E com' io riguardando tra lor vegno,

45. SEDEA LA GENTE MESTA. Si designano gli usurai, secondo ciò ch'è detto (Inf. XIV, 22 segg.):

Supin giaceva in terra alcuna gente, (a)
Alcuna si sedea tutta raccolta, (b)
Ed altra andava continuamente (c).
46. PER GLI OCCHI FUORI.
Il Petrarca son. 80:

Pianse per gli occhi fuor, siccome è scritto.
DUOLO, cagione, per lagrime, effetto.
Metonimia.

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indistinta a cagion della lontananza. Ma si accorge il Poeta che dal collo di quei tali PENDEA una TASCA, contrassegno di coloro, che ad altro vivendo non intesero, se non a raccogliere ed insaccare. E questa pintura sa di amara satira agli usurai; che son vili, e più miseri de' poverini, i quali con la bisaccia sull'omero van cercando per Dio.

Non ne conobbi ALCUN. Degli avari è detto (Inf. VII, 53 seg.):

La sconoscente vita, che i fe sozzi Ad ogni conoscenza or li fa bruni. le tasche, dove colesti usurai pongono Gli conobbe in genere alle borse e alil loro cuore e imborsano l'anima secondo il dettato della Sapienza: Ubi enim tesaurus vester est, ibi et cor vestrum erit. Luc. XII, 34. E perciò dice:

E quindi par che il lor occhio si pasca. QUINDI, di que' sacchetti o di quelle tasche. L'avverbio non di rado messo

49-51. Confronto evidentissimo che per pronome. calza mirabilmente agli usurai.

52-57. GLI OCCHI PORSI, drizzai la vista. È locuzione simile a quella dei latini, oculos intendere; fixis oculis intueri ec. V. Inf. VIII, 112, not.

A CERTI. Qui, (come nel verso 56 certo colore e certo segno) la voce certo ha bene ufficio di significare la percezione

(a) I violenti contro Dio. (b) Gli usurieri.

(c) I sodomiti.

PASCA perchè bramoso l'occhio dell'usuraio, come di lupa che ha fame. Del resto anche Virg. En. I. Animum pictura pascit inani; e in altri luoghi.Il Tasso Gerus. Liber. IV, 54:

Ma pure indietro alle mie patrie mura
Le luci io rivolgea di pianto asperse;
Nè della vista del natio terreno
Potea, partendo, saziarle appieno.

58. RIGUARDANDO... VEGNO. Come più s'avvicinava il Poeta, e meglio distingueva i segni (v. 56) e i colori delle tasche

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