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105

Così, giù d'una ripa discoscesa,

Trovammo risonar quell'acqua tinta,

Si che in poc' ora avria l'orecchia offesa.
Io aveva una corda intorno cinta,

E con essa pensai alcuna volta

Prender la lonza alla pelle dipinta.
Poscia che l' ebbi tutta da me sciolta,

Sì come 'l Duca m' avea comandato,

Porsila a lui aggroppata e ravvolta;
Ond ei si volse inver lo destro lato,

E alquanto di lungi dalla sponda
La gittò giuso in quell' alto burrato.

110

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1

Riccardiani e quattro Patavini. Dove... ti e vecchie incese dalla fiamma eternadovria è parso fare aspro suono ai dili- le, punirsi sotto la pioggia del fuoco il cati, per la ripetizione della stessa silla- più sozzo tra i vizi della lascivia, ed ecba iniziale.

co quell'affelto mondano già scosso crolDovria è la lezione del Burgofranco, lar del tutto. Virgilio gli comanda che Ven. 1529, e del cod. Rovelliano, Lion. sciolga da sè tutta la corda, come inutil 1551 accettata da' più. Dovea leggono cosa dove la Ragione abbia oltenuta piele quattro edizioni del 1472, riprodotte na signoria su' sensi. Un tempo il Poeta, per cura del benemerito G. G. Varren CON LA CORDA,cioè precinto del cordone, Lord Vernon, Londr. 1858, il codic. Fi- tentò pigliar la Lonza dal pel maculato lippino (del sec. XIV), quello dell'Oltimo, (Inf. I, 33-42 e 49 not. in fine), e nol e del Boccaccio. Potria, lez. varior. del difese il santo cingolo dagli assalti della Witte. Questa lettera accennerebbe ad carne ribelle. Forse e questa corda, che un villaggio, a nome S. Benedetto, che i or si gitta nel fondo del Tartaro come Conti Guidi aveano in animo di fare abi. cosa degna di Gerione, fu per Danle, tare da' loro vassalli: dovria e dovea più come pe' frati e preli le cocolle e le solal maggior numero de' frati, di cui era tane, disonesto mezzo onde la Frode capiente la Badia dello stesso nome; ma

con la coda aguzza le rendite servivano pe' pochi, e pel pa

E passa i monti e rompe mura ed armi. rente e per altra più brulla cosa. Parad.

Questo gran Poeta, il cui viaggio è or

dinato a morale, civile e politico perfeXXII, 76-93.

zionamento dell'umanità, porge qui un 106. Dante fu cordigliere e terzia- savio ammaestramento che gillar si debrio di S. Francesco. Finge bene por- bono i cordoni, i sarrocchini e le vesti tarne la cocolla in questo viaggio peni- sacre,quando cuoprono sotto mentito cotenziale. La CORDA O il cordone monasti- lore di santilà il mal talento della libidico che lo precinge denotò, ma non fu, ne, piaga de' popoli e della religione. capestro alla indomita bestia della libi- Questa nostra interpretazione sembra dine. Le pene de'carnali, la infernal bu- la più semplice, e rivela più poetico il fera che:

concetto dantesco ; presenta insieme Di qua, di là, di su, di giù gli mena. quell'unità, che non si saprebbe integrasmarriscono il Poeta (Inf. V, 72); dinanzi re dalle speciose note che a questo luoalla pietà de' due cognati vien egli meno go, da Pietro Alighieri a Niccolò Tome cade come corpo morto: pure resta at- maseo, han fatto i più valenti e sottili taccato all'

comentatori. Amor che in cor gentil ratto s'apprende. 114. BURRATO, luogo buio e profondo. Dopo quella prima scossa, veduto nel. Chiama altrove (Inf. XI, 69) baratro il l'ORRIBIL SABBIONE, con le piaghe recen- fondo degli ultimi cerchi infernali. Quan

!

E pur convien che novità risponda,

115 Dicea fra me medesmo, al nuovo cenno,

Che 'l Maestro con l'occhio si seconda.
Ahi quanto cauti gli uomini esser denno

Presso a color che non veggon pur l’ opra,
Ma per entro i pensier miran col senno!

120 to al significato e origine della voce Bur- Gli accorgimenti e le coperte vie rato vedi Inf. XII, 10.

Io seppi tutte; e si menai lor arte,

Che al fine della terra il suono uscie (a). 115-116. Novità e Nuovo. Vedi Inf. OPRA per impresa, fatto illustre ec, è VII, 20, nota.

voce usitatissima.-lotendiamo ben fatto 118 seg. Opra è alto morale, mezzo o

che diasi un'idea generica del vocabolo, fine dell'agente; epperò può essere buon dalla quale si possa poi discendere alle

svariate sue applicazioni. o malo, secondo che buona o mala è la

Miran COL SENNO. È fuori dubbio che volontà da cui parte. Opus è il lavorio dell'operante; opera n'è l'effetlo. I latini

senno si sia adoperato da' nostri padri le nostre azioni chiamarono col nome

della lingua per senso; ma più comunedi actus da Agere. Dante mostra aver in

mente venne tolto in significato di sa

viezza, o sapienza, che più s' appartiene teso per questo vocabolo ciò, intorno a cui l'uomo s'adopra con le sue facoltà

al vecchio che abbia saputo collivare le

sue facoltà mentali ed approfiilarsi delper compiere checchessia. Perciò disse (Parad. XXVI, 130):

l'esperienza. Virgilio è chiamato (Inf. Opera naturale è ch'uom favella,

VIII, 7) mar di tutto senno, perchè sime può estendersi facilmente a ogni cosa

bolo della ragione. Danle fu sesto tra che l'uomo si faccia bene o male che

cotanlo senno, quanto n'aveano i sommi fosse, giusta le parole di S. Malleo: Red- poeti che lo ebbero onorevolmente accolto det unicuique secundum opera ejus.

(Inf. IV, 102); e Salomone (Par. XIII, 95) • Prima del nostro Dante, Fra Jacopone fu il re che chiese senno ed ebbe scienza traslatando queste parole avea dello:

o sapienza: e così Fare a suo senno vuol L'uomo secondo l'opera

dire Fare come della la propria ragione. Sarà rimunerato.

Ser Brunello Lalini ci dice che proEpperò nell'addolto passo: non veg- priamente voglia intendersi per senno: gion pur l'opra, questa voce è presa del

E chi sa giudicare

E per certo triare (scegliere, scernere) pari in un senso generale. La determi- Lo falso dal diritto, na per gli aggiunti.

Ragione è il nome ditto. (Inf. XIX, 82):

E chi sa putamente Chè dopo lui verrà di più laid' opra

Un grave punto sente

In fatto, e'n ditto, e 'n cenno Di ver ponente un pastor senza legge ec.

Quello è chiamato senno. (Inf. XXXUI, 155): Trovai un tal di voi che per su' opra

Ed ecco perchè coloro che hanno coColl'anima in Cocito già si bagna ec.

me Virgilio la fortuna di possederlo, ac(Parad. XXXI, 34);

cade che non solo giudichino rettamente Veggendo Roma e l'ardua sua opra delle opre esterne; ma eziandio penetriStupefacensi (i barbari)...

no con l'acume della mente entro l'al. Che opera non fosse come dicono i trui pensiero, quasi partecipi della poComentatori l'azione estrinseca pura e lenza di Dio, che addentro spia: semplice, ma vi s'includesse talora ele- Nel più secreto lor gli affetti umani. (Tasso) mento occulto, consiglio o altro, che a (V. Purg. XV, 133). rigore non potrebbe venire col nome di azione estrinseca, ce lo apprende Guido

(a) Nota qui, lettore, che Dante dice di Guido da Montefeltro (Inf. XXVII, 73):

Volpone quello che la parola divina disse degli

Apostoli: In omnem terram erivit sonus eorum, Mentre ch'io forma fui d'ossa e di polpe, et in fines orbis terraz verba eorum. Tolse la loChe la madre mi diè, l'opere mie

cuzione nulla curando a cui l'applicasse. (Vedi Non furono leonine ma di volpe.

anche Inf, XXX, 58).

.

125

Ei disse a me: tosto verrà di sopra

Ciò ch' io attendo; e che 'l tuo pensier sogna

Tosto convien ch' al tuo viso si scopra.
Sempre a quel ver, ch' ha faccia di menzogna,

De' l'uom chiuder le labbra quanť ei puote,

Però che senza colpa fa vergogna;
Ma qui tacer nol posso: e per le note

Di questa commedia, lettor, ti giuro,

S'elle non sien di lunga grazia vote,
Ch' io vidi per quell' aere grosso e scuro

Venir notando una figura in suso,

Meravigliosa ad ogni cor sicuro;
Si come torna colui, che va giuso

Talvolta a solver l' ancora, ch' aggrappa

0 scoglio od altro che nel mare è chiuso, Che 'n su si stende, e da piè si rattrappa.

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124-127. SEMPRE A QUEL VER ec. Cui gegno) e così ella aggradisca e sia tenusia incontrato di leggere il volgarizza- ta in onore per lungo tempo, come vero mento che il Giamboni fece dell'opera di è che vidi venir nuotando ec. Si giura Martino vescovo di Dumense (VI sec.) per le cose più care e più sante. Di qui intitolata Forma d'onesla vita, parrà chia- il Poeta mostra far già non poca stima del ro come, al concetto di questa terzina, suo poema.Note, versi. Inf. III, 34 not. Dante abbia tenuto presente il passo che 134. Solver nel senso proprio di scione piace di qui addurre: La natura del gliere, sviluppare. AGGRAPPA..... SCOsavio è di esaminare e di pensare in

Glio ec. cioè s'inarpica co'rasii a scoglio suo consiglio, innanzi ch'egli corra al

o altro ch'è chiuso, non visibile sotto le cose false per leggieri credenza. Del- l' acqua ; dove mal capitata l' àncora le cose che sono dottose non dare giu- non si può salpare,se indi non sia prima dicamento, ma lieni la tua sentenzia divelta. pendente, e non la fermare, perocchè

136. Questo verso è una pittura non tulte le cose verisimili non sono vere; e

men viva del vero. ciascuna cosa che sembra non credibile

Il Tommaseo nella fine delle sue illunon è però falsa. La veritade ha molte strazioni al XVII canto dice: Si domanFACCE DI MENZOGNA, ed è tal fiala (a) co- derà perchè Gerione salga aggrappato verta in simiglianza di verità, che sic; alla fune, egli che poteva per l'aria come lo lusinghieri cuopre lo suo inal

nuotare. Dieci risposte potrebbersi datalento per mostrare bella cera del suo viso, tulto altresì puote la falsitade ri- lascio questo indovinello ai lettori. Per

re ingegnose più l'una che l'altra. Io cevere colore in simiglianza di verita

donate, signor Tommaseo,se francamente de per meglio allrui beffare.

vi diciamo che stavate di buona vena 129. S'elle ec. Qui il Se è depreca- quando questo scriveste. Voi volete la livo, come nel verso 64, 66 ec. V. In baia de' lettori di Dante, e mentre ne ilsentenza: Lettore, ti giuro per le note di lustrate il Poema, avete cuore di lasciarquesta Commedia, cioè per quanto essa

ne alcuna volta allo scuro, proponendo mi è cara (quasi figliuola del proprio in- a mo' d'indovinelli le quistioni che un il

lustratore come voi ha l'obbligo di risol(a) Mancano forse nel testo le parole la men

vere. Tenete in corpo non meno di dieci sogna.

risposte e dormite senza il rimorso di

the ol

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1. Eco etre il Pa

CANTO XVII.
Gerione. Ultimo sguardo sulle anime che si puniscono nel settimo cerchio. -

Discesa nell' ottavo.
Ecco la fiera con la coda aguzza,

Che passa i monti, e rompe muri ed armi:
Ecco colei che tutto il mondo appuzza.

non averne spiegata pur una all'onore- do per l'aere grosso e scuro del burralo vole pubblico ? Voi ci affamate, come fe (Inf. XVI, 130 segg.). Si rattacca il prinla Cicogna alla Volpe, ponendoci innan- cipio di questo con la fine del canto prezi la guastada piena del minuzzato cibo, cedente, non intraponendosi altro temdove non altri che voi potete ficcare il po, quanto ne passò dallo scernerla collo lungo. Non abbiamo poi il torto salire, al vederla sulla proda. d'avervi invitato alla palena della liqui- CON LA CODA AGUZZA. Il capo e il buda sorbizione. Tra noi Davi qual Edipo sto vedea Dante da sè; a compir la figudisnoderà l'enigma della Sfinge Tebana? ra ci volea la coda, cui la fiera non trasOr le son dieci, ed io mi fo ardito di se sulla riva. Virgilio dipigne a parole tentare se possa coglierne una; ma vor- ciò che l'occhio non vedeva. Anche perrei non però che la mia risposta fosse chè questa parte, sebbene ultima,compie meno ingegnosa che semplice e vera, l'opera della frode: e la Ragione discoperchè sola più delle dieci valesse. Ed pre quel che più nascosto più nuoce. ecco qual ne pare che sia. Gerione a- 2. PASSA I MONTI E ROMPE MURI ED ARscende per la corda, perchè la frode non M. Non è difesa che vaglia contro la nuota invano quando le si porge un ca- frode. PASSA I MONTI. Il Petrarca: po dove possa appigliarsi. Date alla fro- Ben provvide natura al nostro stato de un appicco ed essa sale, trionfa, si e- Quando dell'Alpi schermo

Pose tra noi e la tedesca rabbia leva dall' Inferno, e vien su più presto e

Or dentro ad una gabbia ec. per la più corta. Gittatele un cordone da

ecco la frode che perfora, valica i monti, frate onde possa ricingere i suoi lombi, turba le nazioni. un piviale che le possa coprire il fusto

Murr: ed ella entra ne' castelli, nelle serpentino, ed ella corriva a porre in ope- città, nelle case e ne' luoghi più muniti. ra le sue arti non s'indugia a venir su

ARMI: nelle fazioni onorate di Marte speranzosa di sue conquiste. Cala poi ella defrauda talvolta gli eserciti degli volteggiando pel vano del burrato, per- allori dovuti al valore. La frode del ca

( chè oppressa ed aggravata al fondo sottovallo ruppe le mura di Troia (En. II); il il peso della RAGIONE e della UMANITÀ darslo insidioso di Paride ruppe le armi di raffigurate per Virgilio e Dante. E quel Achille (En.VI): così Pietro.) Tommaseo. discendere nuotando a spire larghe pel Orazio (Lib.III,od.XVI) parla di Giove vacuo è secondo suo usato, che circuit che converso in pioggia d'oro espugna la quaerens quem devorel: quando però la torre di bronzo non bastata a difendere Ragione l'ê addosso e la Civiltà, la mal- la castità di Danae; e seguitando dice: vagia bestia circuisce a voto, e discende Aurum per medios ire satellites, dispettosa e trista, come il falcone che Et pertumpere amat saxa polentius non abbia falta sua preda.

Ictu fulmineo. Concidit auguris

Aryivi domus, ob lucrum Se questa nostra interpretazione non

Demersa excidio: dissidit urbium sia tra le dieci del Tommaseo ; avrà per

i

Portas vir Macedo, et subruit aemulos lo meno il pregio di fare che ormai l'e

Reges muneribus. Munera navium gregio illustratore di Dante fosse meno

Saevos illaqueant duces, avaro delle sue preziose risposte.

E vedi sempre la Lupa che incita la

Frode e la pinge di mille colori. 1. Ecco LA FIERA - è quella FIGURA 3. APPuzza, di puzza ammorba e corche il Poeta vide venir in suso, nuotan rompe.

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e

Si cominciò lo mio Duca a parlarmi,
Ed accennolle che venisse a proda,

5
Vicino al fin de passeggiati marmi:
E quella sozza imagine di froda

Sen venne, ed arrivò la testa e 'l busto, TUTTO IL MONDO, perchè non è dove Per la stessa ragione Dante fece da gli uomini vivano nell' elà dell'oro, nè Callis, ablat. Calle, it. Calla per Calle, sarà tempo (Virg. Ecl. IV):

come dipoi invalse l'uso di dire. quo ferrea primum

Purgat. IV, 19: Desinet, ac toto surget gens aurea mundo:

Maggiore aperta molte volte impruna quando:

Con una forcatella di sue spine si quae manent, sceleris vestigia nostri L'uom della villa, quando l'uva imbruna, Irrita perpetua solvent formi terras Che non era la Calla, onde saline

Lo duca mio. nec magnos metuent armenia leones.

Anche fu in antico del genere comuIl Poeta (Inf. XI, 52) dice:

ne il sust. calle che ora è soltanto maLa frode, ond'ogni coscienza è morsa.

schilmente adoperato. e ne accenna le diverse generazioni, che s'additerebbe come cosa mirabile chi di gnuolo, in verso ed in prosa, sì ne' no.

Il latino stesso, il provenzale e lo spatulle quante andasse immune.

mi, come negli aggetlivi, usaron fare il 5. Proda, riva ; s'intende l'orlo od simigliante; siccome gli esempi ne fanestremità superiore del burralo, tra il

no fede. Epperò per lurpe Dante disse sabbione e l'ottavo giro (v. 24). Altrove turpa nel Paradiso (XV, 145): (Inf. IV, 7 seg.):

Quivi fu' io da quella gente turpa ec.
Vero è che sulla proda mi trovai
Della valle d'abisso dolorosa ec.

da lurpis, sozzo, brullo ec.

E da acris, acre fece acra. Purgal. 6. Fin de' PASSEGGIATI MARMI, l'estre

136: mità degli argini tra cui corre Flegeton

Non ruggio sì, nè si mostrò sì acra te e dove divallasi nel Burrato.

Tarpeia ec. Passeggiati. Ecco un altro participio Così da rudis si fece ruda, e Gio. Vildi verbo neutro come la colpa penlula lani, raddoppiata la consonante,disse rud(Inf. XIV, 38); e la lagrimala pace, da giustizia, cioè ravida,rozza,severa ec. Purg. X, 35 ec., usati a mo di passivi. Dicasi lo stesso di mille altri aggelli

MARMI, gli argini impietrili. vi, come para, informa, solerta, comu

7. Froda, per Frode, come Salula na, dolca, sublima ec. invece di pari, antic. per salule; e lila, apa, cota, se- informe, solerte ec. ec. ta, nuba, sorla, fama, tossa, vita ec. Anche ne' nomi propri : da Aeneis, invece di lite, ape, cole, sete, nube, sor- Thais ec. si disse Eneide ed Eneida, te, fame, tosse, vile ec. tutti suslanlivi Taide e Taida ec. ec. venutici dai rispeltivi nomi femminini IMAGINE DI FRODA. È notevole come si della terza de' latini: e de' quali hannosi dica qui imagjine e nel canto precedenesempi ne' vecchi scrittori. Noi or li ab- le (v.131) figura, e poi molto si appelli biamo terminali in e come l'ablativo or- la Frode col nome di Gerione. E perchè dinario di quella declinazione; ma ne- la fiera è tutta in apparenza,nè altro che gl’incunabuli della lingua volgare piac. specie esteriori son quelle che veggonsi que dar loro la desinenza in a, secondo in lei; chi poi fosse lo fan sapere all'ulil modulo de' nomi italiani feinminini: e timo i suoi inganni. così parimente da mulier si disse mulie. re dal lat. muliere sesto caso, (poi mo

8. ARRIVò, accostò alla riva. I latini

usarono Appellere attiv. ed assolut., sicgliere) e mogliera; altri fecero moglie e moglia dal nominativo (a).

golarmente, e solo forse o per ischivare le due

ii finali che per regola si dovrebbero dare al .(a) Quindi dal singolare moglia e moglie si plur. di moglie, ovvero per evitare la confusiovien bene le moglie;e noi diciamo le mogli irre- ne de' due numeri nello stesso nome.

IX,

e

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