e Che dalla stella, valor non discende tiene a vile il prezioso tesoro del mater- no linguaggio. Tommaso Buzzola : La stella i dà valore: Come le stelle sopra, la Diana Cosi lo cor, ch' è fatto da natura Rende splendor con grande claritate; Schietto, puro, e gentile, Cosi la mia donna par sovrana Donna, a guisa di stella, lo innamora. Di tutte le donne ch' aggio trovato. Il Guinicelli : Fere lo Sol lo fango tutto 'l giorno : Veduto ho la lucente stella Diana Vile riman : nè il Sol perde calore. Ch'appare anzi che 'l giorno renda albore, Ch' ha preso forma di figura umana, La stella diana o stella mattutina è con altro nome delta Lucifero; nitida e bella Se da virtute non ha gentil core; sorge dall'oriente e tanto è ammirabile Com'acqua ei porta raggio, E il Ciel ritien la stella e lo splendore. di bellezza, che la chiesa dà a Maria (che precesse il sole di giustizia) il nome di In questo passo è verissimo che d'uno Stella matutina o Maris Stella. Ed il stesso subietto si dica e ad un tempo Sole nostro P. (Parad. XXIII, 92, cc.) la e e Stella ; ma per due differenti rispetli. chiama : Sole come pianela, che per sua forza trae Viva Stella dalla creatura ciò che v'ha di vile e ren Che lassù vince, come quaggiù vinse. dela pura e schietta ; Stella come luce Nel Purg. XXVII, 96: che si spande in quella, dopo che sia già Che del foco d' Amor par sempre ardente. Gli antichi chiamavano Diane le loro predisposta a riceverne e sentirne il valore e la bellezza. innamorate, per significare ch'elle fosQuesto conceito domina in tutto il com sero carissime fra le altre donne, come ponimento, e fa maraviglia che i dotti mo quell'astro infra tutti gli altri. strano, chiosando, non averlo compreso. Ancora, il Guinicelli: Io vo' del ver la mia donna la:dare Dante dunque intese per Stella non il E rassembrarla alla rosa ed al giglio ; Sole, ma una stella qualunque che più Più che stella Diana splende e pare, scintilli. E ciò, che lassù è bello, a lci somiglio. Tanto ammisurato nelle similitudini, Ser Monaldo da Soffcna : avrebb'egli poi pareggiati gli occhi d'una Angelica figura D'ogni piacer sovrana, donna al sole, cui chiamare Occhio del Sembra stella Diana mondo appena ai secentisti concedereb Vostro bel viso chiaro, tanto splendo. be la sana critica ? Jacopo da Lentino : Si replicherà che quivi è paragon di E somigliante a stella è di splendore. luce, e che più splendiente non ha della Bonaggiunta Urbiciani : solare. Rispondo, che il lume del sole Il suo bel viso, che par tralucente La stella d' Oriente. abbaglia più che non conforta la pupilla R. di Berbezill : dell'occhio; che a Beatrice bastò, per Si com l'estela iornaus, essere riconosciuta qual donna celeste, Qui non a paria ch'ella sfolgorasse agli occhi di Virgilio Ès vostra beautatz ses par. tanto splendore, quanto ne manda quag Si come la stella del giorno che non giù all'occhio mortale o Espero o la stel- ha paragone (chi l'eguagli) è vostra bella Diana. Non appare al P., nell'immo- tà senza pari. bile punto della Rosa, sì piccolo il divi- Chiaro Davanzati (1250): no lume, che appresso quello sarebbe Che la stella che appare la mattina Mi rassomiglia lo vostro colore. luna quintadecima quale più piccola Gianni Lapo contemporaneo al Poeta: stella ne apparisce sul firmamento? Ben dico una fiata Or vediamo da quali stelle togliessero Levando gli occhi per mirarla fiso loro similitudini tutt'i poeti innanzi Dan Presemi il dolce riso, to e per avventura quelli stessi, da cui re E gli occhi suoi lucenti come stella, Guido Cavalcanti, prima che Dante, disse: dava cgli leggiadria di concetti e soavità In un boschetto trovai Pastorella, di elocuzione, più che nol crederebbe chi Più che la stella, bella al mio parere. E cominciommi a dir soave e piana, Che l' Alighieri studiasse in questa Franco Sacchetti esso pure: Canzone del Cavalcanti, sicchè questo: Sulla verd'erba, sotto spine e fronde, più che la stella traesse di peso da lui, Giovanetta sedea lucente più che stella. si fa manifesto dall'essersene avvantag E finalmente lo stesso Dante ne apgiato d'alcuno altro verso (Vedi Purg. prende che la stella, secondo cui luceXXIX, 1). va Beatrice era la mattutina, al tremolaNon ignoriamo che della Madonna si re della cui luce rassomigliò lo splendodice Pulcra ut luna, electa ut sol, e che re dell' Angelo che a lui venia nel XII, al sole non dovessero avere avuto ricor- 88 del Purgatorio: so i lodatori delle muliebri bellezze. In A noi venia la creatura bella Bianco vestita, e nella faccia quale fatti Jacopo da Lentino : Par tremolando mattutina stella (a). Più luce sua beltate e dà splendore Che non fa il sole nc null' altra cosa. A cui fa ostacolo l'articolo la posto Gallo Pisano : innanzi al nome stella, per credere che Le vostre beltà sole la voce significhi una stella qualunque e Lucen più che lo sole. non il sole, adduciamo il seguente luogo Il Petrarca: di Fra Giordano, Pred. XIII: ImperciocUna donna più bella assai che il sole chè dicono i Savj ch'è sì alta LA STELLA, E più lucente ec. Il Poliziano, Rime : che ciascheduna in suo diritto mostra Gli occhi il sole avanzavan di splendore. in terra cinquantasei miglia e due lerAncora: zi; che se LA STELLA che li pare sopra E più bella assai che un Sole. capo appunto, andresti oltre cinquanE conforme ai nostri i poeti provenzali. tasei miglia, e parrebbeti cosi appun . Ma in generale vi si assomiglia al re to sopra capo come prima; e se andasdegli astri più lo splendore di tutta la si olire altre cinquanlasei miglia, non persona lodala, che non singolarmen- ti parrebbe mossa neente, tanla è l' alte quello degli occhi. tezza loro. Epperò se Dante rassomiglia lo scintillare degli occhi di Beatrice alla stella, vemente e pianamente; come Dulce riden 56. Soave e piana; agg. per avv. soaper questa è ragionevole che abbia egli tem... dulce loquentem della Lalage Orainteso la matutina, che riputavasi, ed è invero, la più brillante ad occhio mortale. ziana; o come di Armida dice il l'asso: Mentre dolce parla e dolce ride... Che poi abbia egli fatto precedere il nome stella dall'articolo determinante non (a) Che se Cino da Pistoia chiama il Sole : è fuor di ragione, quando tutti gli scrit- « La bella stella, che 'l tempo misura », ognun tori che lo precessero parlarono tanto di vede che quivi è una perifrasi simile a quella del Petrarca, con la quale vien significato quelquell' astro, quanto non potea in simili l'astro per : « il pianeta che distingue l'ore »: casi dubitarsi di quale stella s'intendes- levinsi via le incidenti; e nè la stella, nè il piase dire. Lascio poi agli eruditi filologi meta saranno altro che nomi appellativi.—Dalvedere se per stella avrà potuto il nostro la Intelligenza, che risale a un tempo anteriore a Dino Compagni, Dante pare abbia tratto quepoeta significare il raggio, la spera, o la sta similitudine della stella e del parlar soave e luce scintillanle che il sole e le stelle piano della sua Beatrice. Eccone i versi che da trasmettono ai nostri occhi, Così Mazzeo sè dimostrano chiaro la probabilità della nostra supposizione: «Guardai le sue fattezze delicate, Ricco: Chè nella fronte par la stella Diana, Tant'è d'olBen passa rosa e fiore tremirabile bieltate E nell'aspetto sì dolce ed La vostra fresca cera, umana! Bianca e vermiglia, di maggior clarLucente più che spera. tate, Che color di cristall' o 'fior di grana : La Oltracciò ecco di Bonaggiunta Urbi- bocca picciolella ed aulorosa, La gola fresca e ciani un esempio, nel quale stella è ado- bianca più che rosa, La parladura sua soave e peralo senza l’arlicolo allo stesso inten piana »). Appresso sonovi ancora: «« i begli occhi amorosi..... Quando li volge son si diletlosi io del nostro poeta: Che'l cor mi strugge come cera foco ». E DanTant'è lo suo splendore te: «Gli occhi lucenti lagrimando volse ec.) Che passa il Sole, di virtute spera Tanto era bella ai Poeti la stella dell' albore, o Estella e luna, ed ogni altra lumera. del giorno! 0 anima cortese mantovana, Di cui la fama ancor nel mondo dura, 60 Lapo degli Uberti (1270) usa questa si a segnare il tempo che vola: onde gli i enallage, comune ai poeti e non disdet- oriuoli gnomonici e a quadranti l'han ta agli stessi prosatori: vinta sulle clepsidre e sulle ampolle ad Soave le raccorda con pianezza arena. Tanto è dunque più grande il Di, se non lè spiacente, Ch'io tengo in fio (a) da lei la vita e 'l core. lempo, quanto è più lunga la linea su 58. seg. Altra lellera: cui si misura; ovvero quanto un estremo E durerà quanto il moto lontana. fisso più è lontano dall'altro (a). 1° Lontana. Durerà (la fama) lonta- I fisici dicono: Il tempo, che un mona ; cioè (per enallage) lontanamente, bile impiega, è in ragion diretta dello lungamente. spazio o distanza. Is Poeta stesso (Paradiso XV, 49 seg.): Vuol dire Beatrice: 0 anima cortese... Grato e lontan digiuno, la cui fama durerà tanto di lungi, lunTratto leggendo nel magno volume U' non si muta mai bianco nè bruno gamente, a lungo, lunga, quanto dureSoluto hai ec. rà o basterà il mondo; o durerà quanto cioè: Hai sciolto lungo digiuno patito, il mondo sarà mondo; poichè disfatto o sostenuto, leggendo ec. ovvero annientato questo, sarà con esso insieme Hai sciolto digiuno lungamente o a distrullo e annullato ogni cosa che ci sia. lungo tirato, leggendo ec. 2o Vediamo ora se la lellera moto per La diuturnità o lunghezza del tempo mondo, ritenuta dagl'illustri Nic. Tomva da sè con l'idea della lontananza o di. maseo, Fr. M. Torricelli e da altri sia stanza de' luoghi; di tal che nelle lingue probabile, nonchè ragionevole. si scambiano gli avverbi di luogo per Virgilio, da cui Dante tolse lo bello quelli di tempo, e i nomi dell'uno si prendono alcuna volta per quelli del (a) Brunetto Latini macstro del nostro Poeta l'altro. adoperò per Allontanare, o Alienare, o Distrarre il verbo Allungare. Rett. Lib. I: Ma nondimeAlbertano: « Imperocchè la cosa, che no oscuramente facendolo allunghi quanto puoi non è di rascione, non puole essere trop- da loro la voluntate delli uditori » – E nel prinpo di lungi » cioè diuturna, durevole; cipio dell' orazione per Marco Marcello: « Que sto presente giorno, signori Senatori, ha posto corrispondendo quel di lungi al diutur- fine al mio lontano tacere ». Il testo: diuturni nus ch'è nel testo. (Nannucci, Manual. silentii. letteratur. it. vol. II, pag. 50). Nel principio d'una Canzone di Lemmo da Fr. da Barb.: Lontane cure, per lun- Pistoia contemporaneo di Casella e di Dante: « Lontana dimoranza Doglia m' ha data al cor ghe - Cicer. Longinqui dolores. lunga stagione » dove si può intender Lunga L'Anon. chiosa: Fama lontana, Lun- dimoru o lontana dimora. Allungare per ål: ga nominanza. lontanare. Ruggerone da Palermo (1230): Da poi ch'io m'allungai Ben paria ch'io morisse » Ed è di ragione ; Lontano potendosi Altro bell'esempio di Stef. Protonotario (1250): dire egualmente del tempo, che dello Assai mi piaceria Se ciò fosse che Amore Aspazio: poichè la durala, idea subiettiva, vesse in se sentore D'intendere e d'audire; Ch'eo non si misura nella causalità e successio- li rimembreria, Come fa servidore Perfetto a suo signore, Meo lontano (lungo) servire ec. »). ne de' fatti, se non per la dimensione Mazzeo Ricco (1250): Da me 'state allungato, della lunghezza, la quale meglio presla- E lo meo cor tormenta. -- Provenz. lunhätz. allungalo per lontuno. - E Bonaggiunta Urbi(a) Fio qui val fitto; ed è da feum o fcus, ciani : Ben mi credeva in tutto esser d'amore de bassi tempi, per feudum. I Franc. en fiet. II Certamente allungato, Si m' era fatto selvaggio Vill. formò da fio, fiato, trissillabo, in senti- e straniero. - Spagn. Allongndo. Provenz, A. mento di servigio, che prestavasi dal vassallo lunhatz, Alongatz · allontanato. feudatario. Chiaro Davanzati, Ciacco dell'An- Guition d'Arezzo usa Longiare per allungare guillara ec. usano in fio nel senso già detto. per allontanare: a Messer Marzucco Scornigian, Oggi non abbiamo che la frase pagare o sconta- sovente Approvo magoamente Vostro magno sare il fio, per pagar la pena. Tenere o avere in ver nel secol stando; E tuttavia vicin "fu che fio significa sotto sopra: non essere assoluto pa. neiente Ver di ciò che al presente Ovrato hae, drone della cosa tenuta o avuta ec. si forte esso longiando ». ( a slile che gli ha fatto onore, fa (Ecl. V, Come dunque vorrebb' ella parlare 76 seg.) nell' apoteosi di Dafni, dire a d'una fama che durasse con la creazioMenalca: Il tuo nome, o Dafni, durerà ne, contro la mente del poeta stesso che finchè il cinghiale amerà le giogaie dei la fa parlare ? monli, i pesci il mare; finchè pasceran- Già il lettore s'accorge, che il nostro nosi di timo le api, di rugiada le cica- Dante ha con la sola parola mondo racle. E nell'Eneide (Lib. I....), ripetendo colti, come in una sintesi, più che gli ea un di presso la stessa immagine, fa lementi toccati, per analisi, dal poeta lache delle onorevoli e care accoglienze tino: nè poteva egli usar la voce moto, avute, Enea, tra le azioni di grazie, così vuoila pure intesa per creazione; impedica a Didone: Finchè i fiumi metteran- rocchè se prima dice: no in mare, e le ombre gireranno in- la cui fama ancor nel mondo dura torno ai monti, le stelle dell'orsa al po- dee seguitare, per naturale spontaneità lo, l'onorata nominanza tua starà im- di costrutto: mortale. Cioè, durerà la tua fama (co- e durerà quanto il mondo. me chiosa il Minelli) quamdiu coelorum, se non lo si voglia fare saltar di palo in et elementorum permanebil natura. Ma frașca. evidentemente il Mantovano intende pe- È questa la sentenza piana del testo : rifrasare il mondo, toccando di quelle Son passati più di tredici secoli dalla cose che, secondo l'ordine naturale, veg- tua morte, e la tua fama dura ancora giamo in esso avvenire ; imperocchè vi nel mondo; ma questo è pur poco; chè si nominino pure e cieli, ed etere, e lu- essa continuerà a durar tanto lungana, e stelle ec.; tutto questo va in rela- mente, per quanto il mondo slesso duzione col mondo di quaggiù, ch'è il rerà. In altri termini: La cui fama è mondo nostro; finito il quale, nulla più pervenuta infino agli uomini ch'ora visarebbe per l'uomo di quanto altro può vono, e così passerà di generazione in comprendere la creazione ; nè a niuna generazione finchè il mondo sarà. E per nominanza, più oltre l'esistenza del mondo qui voglionsi intendere gli uomondo, potrebbermai pretendere e Dafni, mini o l'umanilà: sicchè, senza esagerae Didone, e Virgilio. zione e senza iperboli e complimenti, la Non è bene pertanto che dall'idea del Beatrice avrà parlato a Virgilio, non da mondo il savio interprete si levi troppo poetessa romanzesca, ma da gentile donalto a quella della creazione, e suppon- na, con parole temperate di verità, dicenga che la Beatrice dicesse all'anima cor- dogli, in sostanza: La tua fama, o Virtese Manlovana: gilio, è durata sul mondo infino ad ora, La tua fama durerà lunga quanto la creazione. e durerà tanlo lunga, per quanto vi saPotrebb'egli perir questo mondo (quod ran degli uomini, che ti sappiano legabsit) e con esso eziandio la fama di gere ed intendere. Virgilio, superstiti non pertanto degli Pognamo che alcun codice abbia: Di cui la fama ancor nel mondo dura altri pianeti e degli altri elementi della E durerà quanto il moto lontana. creazione; purchè non si voglia dire che, che vuolsi egli mai intendere per cotesto disfatta la Terra, e distrutto il Mondo, la moto ? « Significherebbe quanto il moto Eneide e l'onrata nominanza del suo « de' pianeli, ond'è misurato il tempo : autore travoli agli abitanti di Pallade o ( ed è in vero espressione molto poetidi Salurno (a). ( ca; ma la nostra armonizza meglio col Secondo il Poeta, Purgat. XI, 100: al verso antecedente: la cui fama dura Non è il moddan romore altro che un fiato Di vento, ch' or vien quinci ed or vien quindi, ({ ancora nel mondo, e durerà quanto E muta nome perchè muta lato. « il mondo ». (B. Bianchi). (a) Inf. IV, 76 seg. «L'onrata nominanza, Che di questo, non è da credere che gli angeli lego di lor suona su nesla tua vita, Grazia acquista gano con piacere l'episodio della Didone abnel ciel che sì gli avanza». Dunque la fama dei bandonata o la descrizione virgiliana della tem. sommi uomini si spande anche pel Paradiso?- pesta ec. Ai celesti nulla non è conteso di sapere; massi. Beatrice intende dire della fama mondana, me a Dio che deve premiare o punire; ma fuori che fuori del mondo non dura. Se l'espressione è veramente molto luminoso ingegno come quello del Gapoelica, o vi ha luogo, o no: se ve l'ha; lilei. e perchè Danle non dovea valersene? se Ma, si obietta, quella donna fatta beano; e perchè non trasandarla ? la vede di là tutto il magistero della Dice il dolto comentatore; « Durerà macchina celeste. Ella, secondo il penquanto il mondo, armonizza meglio col siero del Poeta, intuisce ogni cosa in verso antecedente ». Or se ciò è vero, Dio; ella senza studio è in Paradiso più com’è verissimo, siamo pur certi che il dotta, che a gran fatica non potess'essegran Poeta seppe scerre del migliore l'ot- re lo stesso Dante; al quale, divenuta timo, e vi pose non moto, ma mondo, maestra, spesso colà gliene solve i dubperchè più armonizzante e ben più ac- bi, gliene schiara la mente; e non solconcio, come si conviene. Dunque dovrà tanto nelle filosofiche e nelle morali querifiutarsi moto; perchè, quantunque poe- stioni, ma eziandio nelle fisiche e nelle tico fosse, non avvi suo luogo. astronomiche dottrine ; ella sa a mena Chi poi volesse saper la ragione della dito tutto il sistema Tolommaico, e solto maggiore armonia che vi fa più l' una il cielo Empireo, incominciando dal privoce, che l'altra ; dovrebbe por mente mo mobile, passa per ordine successivo come in quel costrullo tenga meglio alle Stelle fisse, a Saturno, a Giove, a mondo che molo; dappoichè alle altre Marte, al Sole, a Venere, a Mercurio, alparole più si lega e connette. Siffatta la Luna, infino alla Terra immobile; e connessione ed armonia vi è sostenuta insegna al Poeta contemplatore la natura nonchè dall'unità del concello che avvie del moto e delle sue proporzionali misucina le due sentenze e reclama nella se- re (a). (Parad. XXVII). Dunque ? conda la medesima voce ch'è nella pri- Ciò sta bene quando la Beatrice assuma; ma, che più è, vien servata da ciò, me officio di maestra e di guida sopra che per essa voce meglio ha Dante prov- Dante, che lanto è cupido di sapere da veduto alla convenienza, o, vogliam di- lei quello che già si sapeva egli stesso; re, al decoro tanto inculcato dall'arte. e gliene muove dubbi ed è contento Quivi infalli non parla se non Beatrice, quando quella solve. Ma discesa ella poi e questa non dee parlare che quale a lei nel Limbo, e posto pure che continui a si conviene: se Dante parlasse da Dante fruire la sua visione intuitiva, si sarebbe con la lingua di Beatrice, si farebbe a lui guardata dal cingersi la giornea e far da giustamente carico di non aver servato doltoressa e da saputella con Virgilio, nella Commedia i caratteri propri alle usando locuzioni astruse e fisicose. Apersone. Ma guardi Dio che niuno possa vrebbe in così favellando temuto non essere, il quale pur pensi in cið ripren- desse indizio di prosunzione e di jaltandere il sommo Poeta, che sempre e si za. Oltracciò è ancor bene che la Beatribene: Reddere cuique scit convenientia cuique. (Horat. in Arte 316). (a) Bono Giamboni, Della miseria dell' uomo (Tratt. I, cap. II) tocca del sistema astronomico Vediamo dunque come e in che modo antico seguito da Ser Brunetto e da Dante: « Si dev' egli fare che Beatrice favelli. Come dice che la terra è posta in miluogo di tutti la figliuola di Folco? E d'onde a costei, posto nel miluogo (miluogo - luogo di mezzo cieli secondo che (come) il punto della sesta è non dico la scienza, ma le più elemen- o centro, dal Franc. milieu secondo il Salvini) tari nozioni dell' Astronomia ? Una don- del cerchio, ed intorno da lei è posta l'acqua, zella volgare di quell'età e di quel seco ed intorno dall'acqua è posta l'aria, ed intorno dall'aria è posto il fuoco, e di sopra dal fuoco lo, la quale, senza mai aver nulla appa- ha nove cieli, l'uno appresso dell'altro; e quelrato de' volgimenti planetari, favellasse lo, ch'è di sopra, s'appella Fermamento, perchè di guisa, che toccando di quelli chiu- quivi sono fermate tutte le stelle, e perchè quidesse in un motto solo sì profondo in- poscia vedere innanzi. Ma di sopra da quello vi si ferma il vedere dell'uomo é non può più tendimento di fisica filosofica ; doveva v bae uno altro maraviglioso il quale si chiama senza dubbio porgere sin d'allora agl' i- il Cielo Empireo, là ove sono gli Angioli, e li taliani la dolce speranza, che della terra Santi, e la gloria di Dio, ed è appellato Paradi so; dal quale luogo è la terra molto di lunge tosca spunterebbe, quando che fosse, un per la sua viltà eć. » |