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Or vo' che sappi, che l' altra fiata,
Ch'io discesi quaggiù nel basso 'nferno,
Questa roccia non era ancor cascata.
Ma certo poco pria, se ben discerno,
Che venisse Colui, che la gran preda
Levò a Dite del cerchio superno,
Da tutte parti l'alta valle feda

Tremò sì, ch' io pensai che l'universo
Sentisse amor, per lo quale è chi creda
Più volte 'l mondo in caos converso:

Ed in quel punto questa vecchia roccia
Qui ed altrove tal fece riverso.

Ma ficca gli occhi a valle; chè s'approccia

35. Discesi quaggiÙ... BASSO: elementi simili concorrenti a rendere evidente il concetto. Così salir su, entrar dentro, uscir fuori ec. son de' ripieni consacrati dall' uso, che non è sempre capriccioso. La discesa di cui qui si fa motto è la medesima che quella, onde si parla nell'Inferno (IX, 22 segg.);epperò dice l'altra fiata, non già altra fiata.

36. NON ERA ANCOR CASCATA ec. perchè si finge Virgilio ito nel cerchio di Giuda prima della crocifissione di Gesù, quando avvenne il terremoto, secondo che dicono gli evangeli (Matth. XXVII, 50 ec.)... emisit spiritum. Et ecce velum templi scissum est... et terra mota est, et petrae scissae sunt ec. (a)

Quanto a morale sposizione: possiamo dire, così il Bargigi, nell'ora della passione di Cristo essere ruinata quella ripa de' violenti, perocchè innanzi quel tempo senza comparazione più sanguinolenti, e mortali battaglie si facevano che non da poi. Il chiosatore non fu al tempo de' Napoleoni; e non vide che Cristo se ci salvò dai diavoli, non ci franca dalla cieca cupidigia degli uomini.

37.Si trova vero computando il tempo tra la morte di Virgilio e quella del Cristo. 38. GRAN PREDA, gli spiriti magni di cui si parla altrove (Inf. IV, 55-62): i quali da Cristo trionfante furon tratti del

(a) Petrae scissae sunt son parole che sembra no imitate dal Poeta in quelle altre (Inf. XI, 2); gran pietre rotte ec.

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CERCHIO SUPERNO, ch'è il Limbo; e che senza la redenzione sarebber quivi restati per sempre.

40, FEDA, fetida; come dal Lat. FoETIDUS si fece per sinc. FOEDUS, SOZZO, brutto, deforme, puzzolente, e talvolta epiteti acconci a questi gironi, i quali anche crudele, maledello, che son due (Inf. XI, 19):

Tutti son pien di spirti maledetti.

41 e 42. Quanto bene questo UNIVERso che SENTE AMORE e si commuove nella morte dell' uomo-Dio, si ravvicina all'opinione d'Empedocle! Questi tenne che dalla discordia degli elementi nascesse l'equilibrio del mondo: e che per la loro concordia tornerebbe nell'antico caos.

È CHI CREDA Lat. Est qui credat. Se gl'italiani non imitarono la forma de' laini, usi più che noi a permutare i modi ei tempi de' verbi; bene stima il Bianchi questo creda, per crede, esser da credare per credere (V. Inf. VI, 84 not.)

46. A val e a mon modo provenzale per al basso e all'alto. Il Latini nel Tesoro, Lib. I, cap. I: Perciò dice Boezio..... ch'elli la (la Filosofia) vide........... che il suo capo aggiungeva di sopra alle stelle e sopra al cielo e poggiava a monte e a valle. Cioè, non ischiva le cose di quaggiù mentre alle stelle si leva. Si dice anche in valle, nel valle, nel vallo, come a valle, in sentimento di abbasso. Pannuccio dal Bagno: Però col tempo ovrar, dico, è savere... E que'che ciò non fa, degno è d'avere

La riviera del sangue, in la qual bolle
Qual che per violenza in altrui noccia.
O cieca cupidigia, o ira folle,

Che si ci sproni nella vita corta,

E nell' eterna poi sì mal c' immolle!
Io vidi un' ampia fossa in arco torta,

Come quella, che tutto il piano abbraccia,
Secondo ch' avea detto la mia scorta:

E tra il piè della ripa ed essa, in traccia
Correan Centauri armati di saette,
Come solean nel mondo andare a caccia.
Vedendoci calar ciascun ristette,

E della schiera tre si dipartiro
Con, archi ed asticciuole prima elette:
E l' un gridò da lungi: a qual martiro
Venite voi, che scendete la costa?
Ditel costinci, se non, l'arco tiro.

Suo stato in valle, di ciascun ben corto (a)
E chi ciò segue, signoria e impero.
Ciascun uom general (b) che, dico, intenda
La cui dimorazion nel vallo è posta
Intendimento d'alto montar prenda
Nè stia tuttor la sua valenza ascosta.
Fra Guittone:

Ahi! che laid'è di gran monte avvallare
E nel valle (c) affondare.

Meo abbracciavacca:

Chi sta nel monte reo, vada nel vallo. Antichiss. versione d'un Romanzo franc.: Quando Cesare ebbe così parlato, il decimo fiotto che venne ne portò la nave verso i nuvoli, nè unque più la nave non cadde A VALLE, dinanzi che l'onde l'ebbono rimessa al rivaggio.

47 e seg. Avvegnacchè la ragione trovi per sè giusta pena ai tiranni, ai violenti e agli omicidi, ch' eglino sieno attuffati nel sangue per loro sparso: pure ci avvisa non cosa improbabile che il Nostro abbia in questo luogo avuto presente quel che leggesi nella famosa Visione del Cassinese Frate Alberico: Vidi locum magnum plenum sanguine, ut mihi videbatur, et dixit mihi Apostulus (d), quod non sanguis sed ignis est ad cre

(a) Corto, povero.

(b) General, generalmente.

(c) Nel valle, latinismo.

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mandos homicidas et odiosos, hanc ta-
men similitudinem propter sanguinis
effusionem retinet. Pel Frate il luogo
era pien di fiamme colorate a sangue;
per Dante era (v. 101 ec.):
bollor vermiglio

Ove i bolliti facean alte strida.
e questi, secondo che apprende dal Cen-
tauro (v. 104 e seg.):

E' son tiranni,

Che dier nel sangue e nell'aver di piglio.

51. IMMOLLE, immolli. V. Inf. VII, 68, not. ec. Così ti cale per li cali (v. 27).

54. AVEA DETTO al canto XI (vv. 28-39) di questa cantica.

55-63. Il concetto di queste tre terzine è tolto, con pochi mutamenti di accessori, da quello che narra Virgilio (En. VI, 384-389):

I due luoghi, chi gli raffronti, offrono osservazioni di svariate bellezze ed argomenti incontrastabili del fecondo genio de' due poeti. Nel Poeta latino parla il Nocchiero della stigia palude; nell'italiano i centauri: questi gridano alle armi vedendo Dante vivo discender la costa; quello ad Enea:

Sic prior aggreditur dictis, alque increpat ultro; Quisquis es,armatus qui nostra ad flumina tendis, (me gressum.

(d) S. Pietro era ad Alberico il Duca, siccome Fare, age, quid venías jam isthinc, et compri

a Dante Virgilio.

Lo mio Maestro disse: la risposta
Farem noi a Chiron costà di presso:
Mal fu la voglia tua sempre si tosta.
Poi mi tentò, e disse: quegli è Nesso,
Che mori per la bella Deianira,
E fe di se la vendetta egli stesso.
E quel di mezzo, che al petto si mira,

È il gran Chirone, il qual nudri Achille: Quell' altro è Folo, che fu sì pien d'ira. Dintorno al fosso vanno a mille a mille, Saettando quale anima si svelle

Del sangue più, che sua colpa sortille. Noi ci appressammo a quelle fiere snelle:

Notate quest'ultimo verso virgiliano che tradotto a parola direbbe: Di,orsù,a che vieni, dillo tosto di costinci e ferma il passo.

Tutto questo è detto con più forza in due parole dal Fiorentino:

Ditel costinci.

Virgilio:

Navita quos jam inde ut stygia prospexit ab unda Per tacitum nemus ire, pedemque advertere (ripae ec. Il Nostro in due parole: Vedendoci calar.

Qual de' due più grande poeta? Diteci prima chi di Michelangelo e di Raffaello fu più grande pittore. La fonte del bello e del sublime è inesauribile come Dio, da cui viene negli uomini il genio della pittura e della poesia.

TRACCIA. Dal basso lat. Trassa, Tracea è Traccia, che vale orma, via ed anche brigata, torma, comitiva, schiera ec. nel qual ultimo sentimento l'uso il nostro Poeta, nell'Inf. (XV, 33):

Ritorna indietro e lascia star la traccia.

Questo vocabolo è spiegato da'compilatori del vocabolario, per truppa che vada in fila e l'un dietro all'altro; il Bianchi: In traccia,in schiera,in fila. Il Costa: in cerca. Quest' ultima glosa s'accosta più alla spiegazione che ne dà il Nannucci: «Qui... traccia non sta per trup« pa, ma è la tracea del barbaro latino, «che significava perquisizione per qua« lunque via: e trassare, perquirere. << Parla Dante de' Centauri che andavano << in cerca di quelle anime ch'erano con<< dannate in una riviera di sangue, per « saettarle, se fuori di esso sangue usci

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« vano più di quello, che per giudizio << non era lor conceduto ». (a)

A quanti de' suoi glosatori direbbe redivivo il Poeta: Voi torcete sì stranamente dal vero senso le mie parole:

Onde la traccia vostra è fuor di strada? (Parad. VIII, 147) 66. VOGLIA Sì TOSTA. Nesso, a cui queste parole del testo, non avrebbe tentato di rapir Deianira, se avesse innanzi riflettuto a quello, che poi per mano d'Ercole gl'intervenne.

68. Perchè volle fare oltraggio a Deianira moglie di Ercole; e questi lo ferì di saetta venenata nel sangue dell'Idra.

69. Dette la sua veste insanguinata a Deianira. Costei la fece indossare ad Ercole come preservativo della fedeltà maritale; ma questi arse di rabbia e morissi.

71. CHIRONE dice la favola essere stato

figlio di Saturno e di Fillira. Fu medico famosissimo e conoscitore profondo delle virtù dell' erbe, e delle piante. Peleo e Teti affidarono Achille a lui, perchè lo istruisse in quella scienza, un tempo tenuta necessaria perfino ai re ed agli eroi. Virgilio chiama Chirone e Melampo Magistri o Maestri, come furon detti i medici ne' primi secoli della nostra lingua (Georg. III, 550).

76. SNELLE, veloci, leggiere, preste, agili. La velocità dipende in gran parte dalla sveltezza e sottigliezza delle membra; onde si pone qui per metonimia la cagione invece dell'effetto.

(a) Anal. crit. de' verbi ital. Cap. 1, § XVI, not. 2. pag. 107. Fir. Le Mon. 1843.

Chiron prese uno strale, e con la cocca
Fece la barba indietro alle mascelle.
Quando s' ebbe scoperta la gran bocca,

Disse a' compagni: siete voi accorti,
Che quel di retro move ciò che tocca?
Così non soglion fare i piè de' morti.

E'l mio buon Duca, che già gli era al petto,
Ove le due nature son consorti,
Rispose: ben è vivo, e sì soletto

Mostrarli mi convien la valle buia:
Necessità 'l c' induce, e non diletto.

Tal si partì da cantare alleluia,

Che mi commise quest' uficio nuovo;
Non è ladron, nè io anima fuia.

Ma per quella virtù, per cu' io muovo

Li passi miei per sì selvaggia strada,

Danne un de' tuoi, a cui noi siamo a pruovo,

E che ne mostri là dove si guada,

E che porti costui in su la groppa,
Ch' el non è spirto, che per l'aere vada.
Chiron si volse in su la destra poppa,
E disse a Nesso: torna, e sì gli guida,
E fa cansar, s' altra schiera v' intoppa.

85. Vivo tanto nel senso letterale che figurato. (Inf. III, 64 not.)

Sì SOLETTO alludendo a questo: che quel viaggio altri mai non fece poeticamente, dal solo Dante in fuori che vi fu menato dal Mantovano; cioè ammaestrato nell'arte, mercè lo studio ed amore che il Fiorentino pose nell'Eneide.

88 segg. Tocca Beatrice, secondo ciò che sta detto nel II canto di questa cantica (vv. 52-81).

Sì PARTI DAL CANTARE alleluja. Beatrice stessa dice (Inf. II, 112):

Venni quaggiù dal mio beato scanno.

90. FUIA. Da furo, mutata l'r in i, si disse fuio; come dal lat. quaerendo si fece carendo, caiendo e caendo; e da buro, buio ec. (V. v. 10 not. ; ed il Redi, Etim. it. voc. Buio, Burrato e Burella). Per la parentela tra l'r e l'i si disse anche paro e paio, danaro e danaio ec. Quelli che derivano la voce da furvus, negro, intendon per essa negra,

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scura, trista: ma val furace, ladra, rapace. (Purgat. XXXIII, 44):

Messo di Dio anciderà la fuia.

cioè la meretrice e ladra Curia papale simboleggiata nella Lupa.

Val poi nera, buia, oscura, nel Paradiso (IX, 71 segg.):

Dio vede tutto, e tuo veder s'illuia Diss'io, beato spirto, sì che nulla Voglia di sè a te puot'esser fuia. Sicchè la stessa voce può aver due sensi diversi, giusta la diversità delle ori gini ond'ella si parte.

91. Parlando al Centauro Chirone dice appositamente nuovo quell'ufficio; perchè nè la Ragione in tempi pagani, né Poeta avea mai fatto da scorta, e mostrato a niuno i ravvolgimenti de'cerchi infernali. Nuovo. V. Înf. VII, 20.

93. A PRUOVO. I Provenzali Aprob, a prob, a prop, dal lat. ad prope, appresso, vicino.

99. Fa scostare se altra schiera di centauri vi scontra: o meglio fa cansa

Noi ci movemmo con la scorta fida

Lungo la proda del bollor vermiglio,
Ove i bolliti facean alte strida.

Io vidi gente sotto infino al ciglio;

El gran Centauro disse: ei son tiranni,
Che dier nel sangue e nell' aver di piglio.
Quivi si piangon gli spietati danni:

Quivi è Alessandro, e Dionisio fero,
Che fe Cicilia aver dolorosi anni:
E quella fronte, ch' ha 'l pel così nero,
E Azzolino; e quell' altro, ch'è biondo,
È Obizzo da Esti, il qual per vero
Fu spento dal figliastro su nel mondo.

Allor mi volsi al Poeta, e quei disse:
Questi ti sia or primo, ed io secondo.
Poco più oltre 'l Centauro s' affisse

Sovr' una gente, che 'nfino alla gola
Parea che di quel bulicame uscisse.

RE, fa ch' ei, cioè i due poeti, cansino se altra schiera vengavi incontro a farvi intoppo, ostacolo, opposizione, si ch' egli non possano seguitare il cammino.

101. PRODA. V. Inf. VIII, 55 not. BOLLOR VERMIGLIO, sangue bollente: così disse (v. 33): ira bestial, invece che

bestia irata.

111. PER VERO, in verità fu spento dal figliastro, non dal figlio. Cotesto figliastro non trovandosi nella storia, che mai fosse; si argomenta che Dante chiamasse con questo nome Azzo VIII figlio snaturato e parricida. In qualunque caso, per queste parole si mostra, che il fatto si volle mettere in dubbio. La morte di Obizzo fu nel 1293, e Dante potè saper meglio de' comentatori quel che si disse.

114. Altrove disse Virgilio a Dante stesso (Inf. IV, 15):

Io sarò primo e tu sarai secondo: qui cede egli opportunamente, per un istante, l' uffizio di dottore a Nesso, che non seppe de' tiranni di Roma. Evita così di dover mettere Ottaviano ed Alessandro alla medesima pena. Era un passo troppo periglioso al decoro del

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poeta latino: dov'egli trovavasi stretto o a mentire, o a dire il vero al suo alunno, ritrattandosi di quanto ad onor di Cesare e di Augusto lasciò scritto in tutte le opere sue; e l'Alighieri con gran finezza d'arte lo cava di quella fitta. Ma vedi dippiù l'invenzione maestra! Virgilio si fa qui secondo a Dante; perchè questi non fu poeta cortiggiano; nè seppe, come quegli, far un gran poema, per trarre la prosapia de' Cesari da' lombi di Anchise.

Altri suppone che Virgilio drizzi le sue parole a Nesso, non a Dante; sicchè significhino: lascia ch'egli primo ti monti a cavallo, ed io secondo monterò dietro alle sue spalle sulla tua groppa; ciocchè essere stato fatto rilevasi dal testo.

Virgilio come Ragione schiva il favellar di violenti e di tiranni: il Poeta si

milmente non volge pur una parola alle anime fitte nel bollor vermiglio, e dà con questo ad intendere che gli abborre e gli ha più a vile d'un Ciacco o d'un di coloro, che si ravvoltolano, come porci in brago, nel fango della Stigia palude.

117. BULICAME; chè tiranni v'erano assai. È detto con disprezzo; perchè quai vermi vilissimi e schifosissimi tutti quel

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