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Perchè non dentro della città roggia

Son ei puniti, se Dio gli ha in ira?

E se non gli ha, perchè sono a tal foggia?
Ed egli a me: perchè tanto delira,

Disse, lo 'ngegno tuo da quel ch' e' suole?
Ovver la mente tua altrove mira?

Non ti rimembra di quelle parole,

Con le quai la tua Etica pertratta

Le tre disposizion che 'l Ciel non vuole,
Incontinenza, malizia, e la matta
Bestialitade? e come incontinenza

Men Dio offende, e men biasimo accatta?

Se tu riguardi ben questa sentenza,

E rechiti alla mente chi son quelli,
Che su di fuor sostengon penitenza;
Tu vedrai ben perchè da questi felli
Sien dipartiti, e perchè men crucciata
La divina Giustizia gli martelli.

E che batte la PIOGGIA..... i Golosi, che sono nel III cerchio. (Inf. VI).

E CHE S'INCONTRAN CON SÌ ASPRE LINGUE (a)........... gli Avari e i Prodighi, che sono nel IV cerchio. (Inf. VII).

Nella Città roggia luogo degli Eresiarchi e lor seguaci, ch'è nel VI cerchio, i Poeti già ragionavano. E del I cerchio non si fa cenno; poichè ivi sono que' che visser senza infamia e senza lodo, e coloro che son sospesi.

73. ROGGIA, rossa. Roggio dal lat. ruber o rubeus, vermiglio, rosso. Il Poeta usa anche rubro (Parad. VI, 79) e robbio (ivi XIV, 94). Lo scambio del b col gè facile, come vediam nelle voci deggio, veggio, seggio ec. per debbo, vedo, siedo ec. I Calabresi dicono ruggia ad una specie d'uva che ha i grani di color rosseggiante, e raggia alla rabbia.

76 seg. DELIRA. Metafora presa dall'aratolo che va fuori del solco diritto, il quale dicesi lat. lira; e quindi delirare figurat. per alienarsi di mente, errare, ed impazzire. Da QUEL CHE SUOLE, dal

(a) Aspre lingue per motti pungenti: Perchè tieni? Perchè burti? (Metonimia).

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suo solito, ch'è, per l'ingegno di Dante, tener la retta via del vero.

OVVER LA MENte tua altrovE MIRA? O dirò io che la tua attenzione non è qui; hai ad altro volto il pensiero? Il Buti e il Bargigi, leggono con altri: Ovver la

mente tua altrove mira? Il Lombardi:..

dove altrove mira? lettera ritenuta da G. B. Niccolini, e ch'è anche del cod. Cassin. Tra le varianti del Witte c'ha pur questa: mente tua dov' altro mira, che non è affatto spregevole.

80. Pertratta tratta, discorre diligentemente e sottilmente, cioè con rigore dimostrativo e col metodo delle scolastiche argomentazioni, intendiam noi, meglio forse, che: tratta distesamente, come altri chiosano.

84. ACCATTA, acquista (v. 22). 88. FELLI (V. Inf. VIII, 18 not.), violenti, crudeli, fieri, bestiali.

89. DIPARTITI, partiti, sceverati e divisi. V. Inf. III, 89 not.

90. MARTELLI, punisca ec.; ma vedi quanto bene al proposito usato il verbo martellare, dove si tratti di battere quei maledetti, stati più duri del ferro o della pietra che gli stipa (v. 3.)

O sol, che sani ogni vista turbata,

Tu mi contenti sì, quando tu solvi,

Che, non men che saver, dubbiar m' aggrata.

Ancora un poco 'ndietro ti rivolvi,

Diss' io, là dove dì, ch' usura offende

La divina bontade, e 'l groppo svolvi.
Filosofia, mi disse, a chi la intende,

Nota, non pure in una sola parte,
Come Natura lo suo corso prende
Dal divino 'ntelletto, e da sua arte:
E se tu ben la tua Fisica note,
Tu troverai non dopo molte carte,
Che l'arte vostra quella, quanto puote,
Segue, come 'l maestro fa il discente,
Si che vostr' arte a Dio quasi è nipote.

92. Francesco Ismera (1290):

In che speri? poriemi esser richiesto, S'io nol solvessi, io saria da riprendere. Solvere (dal latino) si dice d'un nodo o groppo, d'una difficoltà o dubbio, d'un debito ec. e di timore o altro simigliante: così il Poeta: Inf. II, 49:

Da questa tema acciocchè tu ti solve ec. 93. NON MEN CHE SAVER ec. Il Bargigi: Sapendo la cosa io la potrei solamente saper quanto bastasse a proposito mio; ma nel dubbiare, dimandandoti chiarezza, tu copiosamente mi apri la fonte e mi fai intendere molte cose, alle quali da me medesimo non avrei posto mia considerazione. Ed anche perchè la verità che sopravviene al dubbio scioglie e libera la mente dalle sue perplessità, e la rischiara dileguando le tenebre che l'abbuiavano (v. 91). Dippiù l'intelletto trova posa dopo la fatica delle sue investigazioni. Quando si è nel possesso

d'un vero senza averlo cercato con amore e con ansia, val come il trovarsi nel godimento d'una ricchezza, che altri ebbe acquistata co' propri sudori.

AGGRATA da Aggratare per Aggradare, come fu per gli antichi grato per grado, atteso il facile scambio delle due mute. Fra Guittone:

Messer Corso Donati,

Se ben veggio, in potenza
Non poco evvi valenza,

Solo seguirla voi (a voi) promente aggrati: aggrali, aggradi, piaccia. Ed aggrato

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per grato, cioè a grato, a grado. Parad. XIII:

In che i gravi labor gli sono aggrati.

97. Profondo è il ragionamento filosofico che il Poeta finge qui farsegli da Virgilio; a dimostrare come l'usura offenda Dio e meriti esser punita nel minor girone, ch'è il terzo del VII cerchio; ma ben vi si dice (v. 97) CHI LA intende, o, come per altra variante, ▲ CHI L'ATlosofia e sue ragioni, e mira per ogni via TENDE: perocchè l'usuriere non cura Fiad accrescere la sua pecunia. Orazio (in Arte):

animos aerugo, et cura peculi Quum semel imbuerit, speramus carmina fingi Posse linenda cedro, et laevi servanda cupresso?

Nè gli avari e gli usurieri hanno in più conto la Filosofia; che anzi: Dice la turba al vil guadagno intesa. (Petrarca)

Povera e nuda vai filosofia

not. e Purgat. XXV, 36). 101. NOTE, noti. (Vedi Inf. VII, 68

TUA FISICA intende quella d'Aristotile, detta tua, quanto dire: in cui hai posto grande studio; della quale fai gran conto; che pregi; ti è cara ec.

105. L'arte imita la natura; questa non è dunque senz' arte, perchè mirabile opera dell'Ente intelligentissimo: il quale crea nel tempo ciò ch'è sempre e ab eterno nella Idea archetipa; ed ecco il divino intelletto (v. 100): mette in essere la natura creata con sue leggi co

Da queste due, se tu ti rechi a mente
Lo Genesi, dal principio conviene
Prender sua vita, ed avanzar la gente.
E perchè l'usuriere altra via tiene,

Per sè Natura e per la sua seguace
Dispregia, poichè in altro pon la spene.
Ma seguimi oramai, che il gir mi piace;
Che i Pesci guizzan su per l'orizzonta,
E il Carro tutto sovra 'l Coro giace,
E'l balzo via là oltre si dismonta.

CANTO XII.

Primo girone (settimo cerchio). — I Violenti contro il prossimo.

Era lo loco, ove a scender la riva

Venimmo, alpestro, e, per quel ch' ivi er' anco,
Tal, ch' ogni vista ne sarebbe schiva.
Qual è quella ruina, che nel fianco
Di qua da Trento l' Adice percosse,

stanti, perchè ciò fa cum numero, pon-
dere et mensura; ed ecco la sua arte
(v. 100). Può dunque in certo modo dir-
si che la Natura sia figlia di Dio, e l'ar-
te figlia della Natura;e perciò a Dio qua-
si nipote.

106. Da queste DUE ec. dalla natura e dall'arte convien che la gente PRENDA SUA VITA, cavi il suo vitto; e che AVANZI, cioè venga in istato. Dio disse: in sudore vultus tui vesceris panem (Genes.): e l'agricoltura,le arti e il commercio sono invero le fonti della civiltà e prosperità delle nazioni. L'usuriere (109) tiene altra via; e però dispregia Dio in quello appunto, di che provvide egli sapientissimamente al vero ed onesto bene degli uomini.

113. Quando il Sole è nell' Ariete, i pesci zodiacali guizzano, cioè scintillano di luce, sull'orizzonte due ore innanzi al suo sorgere. ORIZZONTA per orizonte (Vedi Inf. II, 140.).

1 segg. Ordina: Lo loco ove venimmo a scender la riva era alpestro e, per quel ch'era ivi, anco tal, che ogni vi

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sta ne sarebbe schiva. I Poeti sono per dismontare già dal VI al VII cerchio.

RIVA O Ripa propriamente dicesi dove ha confine il mare con la piaggia, o il fiume con le sponde. Figurat. si prende qui per l'estremità che sovrastava al baratro del VII cerchio.

ALPESTRO Vocabolo trasferito dalla voce Alpe: onde loco alpestro vale aspro, sassoso ed erlo.

che tal rendeva spaventevole il luogo, QUEL CH'ERA IVI: cioè il Minotauro, avrebbe voluto schivare di pur guarquale, nonchè ad andarvi, ma ognuno darlo.

OGNI VISTA... SCHIVA ben detto, in riguardo a quel mostro chiamato più giù

L'INFAMIA DI CRETI.

il Poeta propone due cose: 1. la natura 4. Ne' primi tre versi di questo canto del luogo; 2.l'abborrimento a mettervisi giù per quello.

ne dal 4 al 10 verso; e della seconda asDichiara la prima con una similitudisegna la ragione ne' vv. 11 e 12.

RUINA è qui roccia squassata, ruina, scoscesa effetto dello scoscendimento del monte che sovrasta all'Adige; e me

O per tremoto, o per sostegno manco; Che da cima del monte, onde si mosse, Al piano è sì la roccia discoscesa, Ch' alcuna via darebbe a chi su fosse; Cotal di quel burrato era la scesa:

E 'n su la punta della rotta lacca L' infamia di Creti era distesa, Che fu concetta nella falsa vacca:

desimamente è tolta per la stessa frana o scoscendimento della terra, che dalla cima del monte mosse precipitando e percuotendo nel sottoposto fiume. (Metonimia).

6. Due cause dello scoscendimento: tremuoto, e manco sostegno; cioè mancando il piè di sotto pel continuo rodere della trascorrente fiumara. MANCO, mancato; come domo, cerco ec. sincopi di domato, cercato ec.

9. ALCUNA, niuna, o qual puote aversi per una costa franata, ripida e discoscesa. A CHI SU FOSSE: e che volesse pur discendere.

10. BURRATO, luogo infernale, profondo ed oscuro. Male altri intende per balza; tranne che per questa non si volesse la scesa del burrato. Burrato e Burrone son voci fatte da buro in sentimento di luogo scosceso, dirupato, e profondo; e per conseguenza buio e scuro. Il Pulci nel XVII del Morgante:

In mezzo a quel trovaro un gran burrone Diserto, oscuro, e tenebroso e fosco. Pierfrancesco Giambullari deriva burro, burrone, e burrato non da burrum de'Latini, o da buro significante bujo;ma da bor, voce Aramea, che vale pozzo e fossa profonda. Vedi il Redi, Etimol.ital. Questo autore fa da burrus preso per fulvus venirne la voce anzidetta: avendo il Barberino detto:

E per mar ben securo

Di notte quando è buro. e Rainaldo d'Aquino:

Pruovano eternal buro en mezzo al foco.

Anche analogamente si deriva dalla medesima fonte il vocabolo Burella che significò in antico specie di prigione, e forse quella che oggi diciam SEGRETA. Onde Inf. XXXIV, 97:

Non era Caminata di Palagio
Là u'eravam; ma natural burella
Ch'avea mal suolo, e di lume disagio:

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dove il Landino e il Buti spiegan burella, per luogo stretto e bujo, o luogo scuro, ove non si vede raggio di sole.

11. LACCA vedi Inf. VII, 16 ec.

12. L'INFAMIA DI CRETI. Il Minotauro è messo qui come figura de'tiranni, che diedero nel sangue com' egli pascevasi di vittime umane. Egli si morde per rabbia all' appropinquarsi di Virgilio e di Dante; perchè la ragione e la civiltà conturbano e allarmano i minotauri delle nazioni, e (v. 48):

Qual che per violenza in altrui noccia.

CRETI per Creta. Conv. IV, cap. XXVII: Cefalo d'Atene venne a Eaco re per soccorso nella guerra che Atene ebbe con Creti. Il Boccaccio, Creti in verso ed in prosa. Così Bavieri, Aquisgrani, Ateni ec. per Baviera, Aquisgrana, Atene ec. nomi propri che, a paro d'infiniti altri comuni derivatici da' latini, uscirono come i lor nomi della terza terminati in is: quali febris, turris, securis ec. e che nel dialetto calabrese, in quel di Monteleone e di altre regioni, s'ode tuttodì pronunziare in questa desinenza moltissimi sustantivi o aggettivi, che l'hanno or diversa nel linguaggio scritto: come nivi, amanti ec. invece di neve, amante ec. L'uso che oggi ci vieta dir Creti, esso stesso ci fa suonar grati alle orecchie Velletri, Vercelli, Capri, Luni, Anagni, Albi ed altri. 1 latini ebbero Sortis, Mentis, Frondis, Paris, Carnis ec. nel caso retto singolare, come si legge massime in Ennio e in Plauto: ciò dimostra che del retaggio de' nostri padri sono i contadini, più che i Cruscanti, assai gelosi custodi. Vagheggiarono gli antichi la desinenza i ne' nomi Pari, Rodi, Cipri ec. onde, Inf. XXVIII, 82: Tra l'isola di Cipri e di Majolica.

E quando vide noi, se stesso morse,
Si come quei, cui l'ira dentro fiacca.
Lo Savio mio in ver lui gridò: forse

Tu credi che qui sia 'l duca d'Atene,
Che su nel mondo la morte ti porse?
Partiti, bestia, che questi non viene
Ammaestrato dalla tua sorella,

Ma viensi per veder le vostre pene.
Qual è quel toro, che si slaccia in quella
Ch' ha ricevuto già 'l colpo mortale,
Che gir non sa, ma qua e là saltella;
Vid' io lo Minotauro far cotale.

E quegli accorto gridò: corri al varco;
Mentre ch'è 'n furia, è buon che tu ti cale.
Così prendemmo via giù per lo scarco

Di quelle pietre, che spesso moviensi
Sotto i miei piedi per lo nuovo carco.
Io gia pensando; e quei disse: tu pensi
Forse a questa rovina, ch'è guardata
Da quell' ira bestial, ch' io ora spensi.

Quanto al concetto, le parole del nostro Poeta son riferite a quello che dice Virgilio (Ecl. VI, 45 seg.):

Et fortunatam, si nunquam armenta fuissent
Pasiphaën nivei solatur amore juvenci.
Ah virgo infelix, quae te dementia coepit !
Proetides implerunt falsis mugitibus agros:
At non tam turpis pecudum tamen ulla sequuta est
Concubitus, quamvis collo timuisset aratrum,
Et saepe in levi quaesisset cornua fronte.

Tanto riassume l' Alighieri in due pa-
role: L'infamia di Creti!
che accenna il Minotauro, di cui si tocca
eziandio nell' En. VI, 14 seg., e dove si
legge (v. 24):

Hic crudelis amor tauri, suppostaque furto
Pasiphaë, mixtumque genus, prolesque biformis
Minotaurus inest, Veneris monumenta nefandae.
DISTESA. Il Bargigi legge discesa.
14. STESSO riferito alla infamia di
Creti (v. 12) ed accordato, per concezio-
ne o sillessi, con la voce Minotauro da
quelle parole significato.

15. FIACCA, rode e consuma.
16. SAVIO vale anche Poeta; quindi
lo savio mio val qui il mio Poeta, se-
condo quel che Dante dice nell'Inf. I, 85.
(Vedi Inf. I, 89 not.). Ma quel mio espri-

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me un non so che di affetto e di reverenza: siccome (Inf. XI, 80) si dice la tua Etica; dove tua significa non possesso, ma estimazione ed amore.

17. DUCA D'ATENE, Teseo. Duca, re. Vedi Inf. IV, 95 not. — Arianna ammaestrò Teseo, del modo onde potesse egli uccidere il Minotauro.

l'istante ec. V. Inf. VIII, 16.
22. IN QUELLA, in quell'ora, in quel-

27. TI CALE. V. v. 51.

28. SCARCO Sinc. di scarico per scaricamento, allusivo alle pietre che, stando le une sulle altre, mosse poi col franarsi del monte, sonosi nella ruina quasi disgravate del primo peso. O pure è detto in relazione al monte reso manco d'una sua parte non lieve. Le parole nuovo carco (v. 30) pare che favoriscano questa spiegazione. SCARCO ec. il ruinato di quelle pietre. Barg.

V. Inf. XVIII, 37. XXII, 144. Purg. 29. MOVIENSI, movevansi, moveansi. XXXII, 4. Parad. XXXI, 35.

33. IRA BESTIAL, bestia irata.

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