Poi si rivolse per la strada lorda, E non fe motto a noi; ma fe sembiante libet audendi appena si restringerebbe, Nec magnos metuent armenta leones. Questa poetica facoltà è infrenata soltanto dall' inverosimile, dall' impossibile assoluto, da ciò ch'è inconcepibile per l'umana fantasia; e quando la ragione non trova affatto come conciliare, nonchè le più alte ed ardite invenzioni, ma le stesse stravaganze iperboliche degl'ingegni creatori, con gli elementi della mera possibilità; quando, cioè, le immagini poetiche colluttano con l'assoluta nozion dell'essere, perchè vestite di forme incompatibili e ripugnanti. Le seste del P. Lombardi, trattate così sempre, inchioderebbero l'immaginazione e disseccherebbero ogni più ricca vena. Le opere più portentose dell'umano ingegno si disfarebbero come il palagio incantato d'Armida. 2o Cerbero ricordato dall' Angelo è quello stesso che Dante imitò da Virgilio; quello stesso che (Inf. VI, 22 a 33) abbaiando introna i golosi, ad assonnare il quale la Sibilla gli gitta l'offa in gola sulla soglia d'abisso. Dante lo fa tar da Virgilio con un pugno d' arena. Egli nol pone alla porta infernale: racque La qual senza serrame ancor si trova. (Inf. VIII, 126); ma vel ritrae più entro, nel luogo già detto; e vi sta benissimo per nuova economia che suppor possiamo sia di là stata introdotta, dopo la discesa del Re della gloria. Esso Cerbero non fu un capodiavolo per Virgilio che lo fece portiere d'Inferno; non per Dante che lo arrabbia di fame e lo fa molesto guardiano di vili crapuloni: or qual ragione vuol mai che tal debb'essere per l'egregio Poggiali? 3o Tornerebbe ingiurioso al Trionfator del vinto Inferno, il dire ch' egli incateno Cerbero e gli pose la museruola, perchè non potesse nè avventarsegli è nè 100 abbaiare. Noi resteremmo tuttavia sul mandriano! 4o Ma da chi e come pelato il mento e il gozzo di Cerbero? Da Ercole, che lo afferra con le nerborute sue mani e lo stringe in dura catena. Si può dunque supporre che l' Angelo non creda favoleggiare rammemorando quel Cerbero antico; non essendo almeno inverosimi le, che innanzi a Cristo le cose si passassero nel Tartaro così appunto, come dissero i mitologi ed i poeti. Laonde conchiudiamo che il supporre un Cerbero, qual vogliono il Lombardi e il Poggiali, non risolve la proposta difficoltà; non dà bando alla favola; lede il dritto della poetica invenzione, e salva meno il decoro degli enti divini. È prudenza l'attenersi all' antica esposizione, ch'è quella medesima del Bianchi e del Tommaseo. la frase saucia cura (En. IV,1) potè con 102. CURA... MORDA. Virgilio che usò simigliante traslato dire (En. VII, 401): Si qua piis animis manet infelicis Amatae Gratia, si juris materni cura remordet. d'onde evidentemente prese Dante la locuzione annotata. E noi movemmo i piedi inver la terra, E veggio ad ogni man grande campagna Si come ad Arli, ove 'l Rodano stagna, E fuor n' uscivan sì duri lamenti, Che seppellite dentro da quell' arche E i monimenti son più e men caldi. 105.APPRESSO, dopo. PAROLE SANTE fur quelle dette dal messo celeste; vv.91-99. 106. GUERRA, opposizione, ostacolo. 108. CONDIZION, le genti; v. 124. 113. QUARNARO. Furono a Pola, come n'ebbero i Greci e i Romani, i campi Elisi. Ad Arli, dicono gli storici, S. Trofimo, primo vescovo di quella metropoli, rese sacri questi campi e destinolli a cimiterio de' nuovi credenti. Ciò fu nel primo secolo della cristianità. V. il Zacheroni not. al comento del Bargigi. Altri dicon quel luogo sparso di sepolcri (che il fanno varo, cioè varius propter inaequalitatem sepulcrorum) a 105 110 115 120 125 130 cagione delle guerre tra i cristiani e i saraceni. Meno probabilmente. 115. VARO, vario. Vedi Inf. V, 1 not. 120. Cioè: Si accesi (gli avelli), che verun' arte non chiede più (acceso il) ferro. E per arte va inteso il fabbro ; il quale, perchè possa lavorare il ferro, lo arroventa. 127. GLI ERESIARCHE, gli eresiarchi. V. Inf. XIX, 113 not. Eresiarchi, per valore di vocabolo, diconsi i capiscuola dell'eresie: eretici i lor seguaci. 133. MARTIRI, tormenti pe' martoriati, o per gli avelli affuocati.-SPALDI, le mura della città di Dite. (Inf.X,2). Sinecd. Ora sen va per uno stretto calle, Tral muro della terra e gli martìri, Lo mio Maestro, ed io dopo le spalle. O virtù somma, che per gli empi giri Mi volvi, cominciai, come a te piace, Parlami, e soddisfammi a' miei desiri. ed io dopo le spalle. L'angusto calle lo dispaiava dal suo Maestro. Pure la lettera secreto o segreto è quasi di tutti gli altri codici, tranne che della Nidobeatina, del 4 Pucciano, de' Riccardiani 1005 e 1036, e d'un Ms. del Poggiali. G. B. Niccolini crede stretto la vera; poichè non potrebbe... convenire l'epiteto di segreta ad una via, dalla quale i poeti vedevano quella grande campagna ove punivansi gli eresiarchi, ed erano pur veduti da loro. Ma se l'illustre uomo avesse un poco atteso alla proprietà della voce segreto ch'è da secernere, separare; non l'avrebbe, per solo rispetto alla Crusca, ammessa come una variante. Il Bargigi non intende per secreto quel ch'intese il valentuomo; ma secreto calle, dic' egli, via secreta, cioè separata e distinta dal muro e dalli sepolcri. Potea così esser segreto quel calle, senza esser nascosto: e tutte le ragioni del Niccolini, del Borghi, del Capponi e del Becchi son ite a monte. 2. MARTIRI. Vedi l'ultimo v. del canto precedente. 3. Dopo, dietro. Per lo stretto calle i due poeti non poteano andare a paro. Anche altrove (Inf. XXIII, 2) n'andavan l'un dinanzi e l'altro dopo, Come i frati minor vanno per via. 4. VIRTÙ SOMMA, per sommamente virtuoso,o virtuosissimo. L'astratto pel concreto. Sineddoche. 5 Nota, lettore, quanto bene stia questo nome applicato a quel savio gentil che vinta la pugna (Inf. IX, 7, 106), e che tutto seppe, massime ora dopo che fu la Ragione, personificata in Virgilio, ottiene per celeste favore che le si disserrino le porte di Dite. Qui virtù è valore più ch' altro. EMPI GIRI. Altra lettera ampi, e non ispregevole; ma pare che il P. abbia voluto imitare Virgilio là dove (En. VI, 542) dice: at laeva (via) malorum Exercet poenas, et ad impia Turtara mittit. Empi giri, perchè vi è punita molto maggior empietà che ne'superiori. Barg. O perchè vi son dannati, massime qui, gli eresiarchi co' lor seguaci diretti nemici della pietà e dell'onore e gloria debita a Dio; i quali propriamente si appellano empi secondo il linguaggio del la Bibbia. 5. COME A TE PIACE. Chè, dopo ciò che si narra ne' due precedenti canti essere avvenuto ai due poeti; e dopo l'alto periglio in cui Dante trovossi, pare che questi facesse andando anzi che il suo piacere, quello del Maestro. Figuratamente poi sembra che questo motto accenni un grado di moral perfezione, per cui il Poeta si abbandona alla Ragione che lo guidi a sua posta. 6. I grammatici attendano un po' a questo soddisfammi ai miei ... come a quell' altro (v. 126) li soddisfeci al suo. Son vani gli arzigogoli delle forme ellittiche Biagioliane ec.; considerando che ai miei, al suo son retti dal soddisfammi e dal soddisfeci, siccome il lat. satisfacere che va costrutto col terzo caso. La gente, che per li sepolcri giace, Quando di Josaffà qui torneranno Con Epicuro tutti i suoi seguaci, Quinc' entro soddisfatto sarai tosto, 8 seg. SON LEVATI... I COPERCHI delle arche dove giacciono gli eresiarchi e seguaci; perchè di loro Davide pare abbia detto Sepulcrum patens est gutlur eorum, et linguis suis dolose agebant. Non lungi da questi sepolcri è sentito il puzzo, di cui nel seguente canto. 9. Nessun guardia FACE come i levati... coperchi non sono senza alcuna allusione alla porta di Dite guardata già dai diavoli e dalle furie (Inf. VIII e IX). Mostra che il Poeta parli sotto il naturale impulso della fantasia ancora oscillante dalle passate impressioni. E così è che l'arte sia imitatrice della natura e che il suo lavoro possa trionfare del tempo. FACE, fa. Dal lat. facere ritenuto nell'ital., e di cui sono ancora in onore le voci regolari faceva, facevi ec. Nel v. 16 il Nostro usa anche faci per fai. 10 seg. SARAN SERRATI dopo il dì del finale Giudizio, quando non saranno più eretici da seppellirvi. La qual cosa, dice Guiniforto delli Bargigi, allegoricamente parlando è vera, perocchè fino a quel dì non sarà mai, che non si senta qualche eresia nel mondo. 15. FANNO, tengono per opinion loro, stimano, ec. Forza indita anche nel lat. facere. 16 segg. DIMANDA (vedi v. 7 e 8), alla quale il Maestro avea già (vv. 13, 14, 15) 10 15 20 risposto in genere; ma al Poeta sarà più satisfatto quando avrà favellato con Farinata e con Cavalcante. Egli teneva nascosto questo desiderio, perchè sapeva le opinioni che questi ebbero circa la vita futura, e perchè di Farinata gli avea Ciacco già detto (Inf. VI, 85) che il troverebbe più giù. Lì disse il Poeta: Chè gran disio mi spinge di sapere Se'l ciel gli addolcia o lo 'nferno gli attosca. Desìo che serrava chiuso nell'anima e Virgilio o come spirito gl' intravvide, o tenea presenti le parole che il Nostro avea già mosse a Ciacco; epperò gli dice che sarebbe tosto soddisfatto e alla dimanda fatta, E al disio ancor che tu mi taci. 20. DICER forma primitiva di nostra lingua e della quale tratta del latino, son inflessioni regolari dico, dici, dice-diciamo... dicono; diceva ec. ec.; poche voci inflettendosi da Dire altra configurazione dell' indefinito. V. Inf. III. 45. 21. NON PUR MO, non soltanto adesso. Virgilio dispose il nostro poeta a parlar breve; qui, a nostro avviso, perchè domandato della gente di questo luogo, risponde in genere, che vi eran rinchiusi chè dice ricisamente: qui son gli erei materialisti; nel canto precedente persiarchi; ma non nomina le persone come Dante desiderava, e com' egli avea fatto altrove (Inf. IV, 85 segg.). Ancora (Inf. III, 72-81, e IX, 87) più volte gli s'im O Tosco, che per la città del foco Di quella nobil patria natio, D'una dell' arche: però m' accostai, Vedi là Farinata, che s' è dritto: Io avea già 'l mio viso nel suo fitto: Ed ei s'ergea col petto e con la fronte, Mi pinser tra le sepolture a lui, Tosto ch' al piè della sua tomba fui, Guardommi un poco; e poi, quasi sdegnoso, Io, ch' era d' ubbidir disideroso, Non gliel celai, ma tutto gliele apersi; Poi disse: fieramente furo avversi -A me, ed a' miei primi, ed a mia parte; pone il tacere. È ragionevole che dove 24. PIACCIATI DI RISTARE ec. Farinata dice a bocca quel che soglion dire le epigrafi sepolcrali: Siste gradum, viator. 25. LA TUA LOQUELA ec. Loquela tua manifestum le facit (Matth. cap. XXVI, 73 ec.). MANIFESTO. NATIO cioè manifestamente... nativo: chè un aggettivo non può modificarne un altro; e il primo per enallage tien luogo d' avverbio. 36. Negando la immortalità dell' anima non si può creder la vita futura. Che ora Farinata spregi, nella sua postura, l'inferno è qualcosa dippiù che non il negarlo affatto. Dovea come Capaneo, 25 30 35 40 45 anche questi esser dal poeta dipinto a colori di spirito forte. Sulla voce dispitto vedi Inf. XIV, 71. 39. CONTE, chiare, bene intelligibili e franche. Da cognitum; conto, conosciuto, nolo; contezza per nolizia, conoscenza; contare per narrare ec. Conto per chiaro, famoso ec. Jac. da Lentino la mia donna amorosa |