Giornale arcadico di scienze, lettere, ed arti, Volume 4; Volume 32

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Nella Stamperia de Romanis, 1826
 

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Page 229 - I muso ; E ciò che fa la prima e l'altre fanno, Addossandosi a lei s'ella s'arresta, Semplici e quete, e lo 'mperchè non sanno Sì vid' io muover, a venir, la testa Di quella mandria fortunata allotta, Pudica in faccia, e nell'andare onesta.
Page 129 - Ad un pensier solleva Di me più degno, e della forte insieme Anima tua. La stella Del viver mio s'appressa Al suo tramonto, ma sperar ti giovi Che tutto io non morrò: pensa che un nome Non oscuro io ti lascio; e tal che un giorno Fra le italiche Donne Ti fia bel vanto il dire: Io fui l'amore Del cantor di Bassville, Del cantor che di care itale note Vesti l'ira d'Achille. Soave rimembranza ancor ti fìa, Che ogni spirto gentile A...
Page 130 - Per mia cagione il lagrima^ chò nulla, Fuor che il vostro dolor, fia che mi gravi Nel partirmi da questo, Troppo ai buoni funesto, Mortai soggiorno, in cui Così corte le gioie e così lunghe Vivon le pene: ove per dura prova Già non è bello il rimaner, ma bello L' uscirne e far presto tragitto a quello De
Page 215 - Che l' arco dello esilio pria saetta. Tu proverai sì come sa di sale Lo pane altrui, e com' è duro calle Lo scendere e il salir per l
Page 129 - Perché muta in pensoso atto mi guati, E di segrete stille Rugiadose si fan le tue pupille? Di quel silenzio, di quel pianto intendo, O mia diletta, la cagion. L'eccesso De' miei mali ti toglie La favella, e discioglie In lagrime furtive il tuo dolore.
Page 130 - Quale è lo spirto, che gentil non sia? Ma con ciò tutto nella mente poni Che cerca un lungo sofferir chi cerca Lungo corso di vita. Oh mia Teresa, E tu del pari sventurata e cara Mia figlia ! * oh voi che sole d' alcun dolce Temprate il molto amaro Di mia trista esistenza!
Page 187 - Non sarà tutto tempo senza reda l'aquila che lasciò le penne al carro, per che divenne mostro e poscia preda; , ch' io veggio certamente, e però il narro, a darne tempo già stelle propinqui;, sicure d'ogni intoppo e d'ogni sbarro, nel quale un cinquecento dieci e cinque, messo di Dio, anciderà la futa con quel gigante che con lei delinque.
Page 129 - Donna, dell'alma mia parte più cara *), perché muta in pensoso atto mi guati, e di segrete stille rugiadose si fan le tue pupille? Di quel silenzio, di quel pianto intendo, o mia diletta, la cagion. L'eccesso de...
Page 130 - Soave rimembranza ancor ti fia, che ogni spirto gentile a' miei casi compianse (e fra gì' Insubri quale è lo spirto che gentil non sia?). Ma con ciò tutto nella mente poni che cerca un lungo sofferir chi cerca lungo corso di vita. Oh mia Teresa, e tu del pari sventurata e cara mia figlia, oh voi che sole d'alcun dolce temprate il molto amaro di mia trista esistenza, egli andrà poco che nell'eterno sonno lagrimando gli occhi miei chiuderete!
Page 131 - Parlerò co' celesti, e dirò quanta Fu verso il miserando tuo consorte La tua pietade: e l'anime beate, Di tua virtude innamorate, a Dio Pregheranno, che lieti e ognor sereni Sieno i tuoi giorni e quelli Dei dolci amici che ne fan corona: Principalmente i tuoi, mio generoso Ospite amato, che verace fede Ne fai del detto antico, Che ritrova un tesoro Chi ritrova un amico.

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