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cipalissima nella Divina Commedia a compimento e suggello del nobilissimo titolo di Refugio dei peccatori, toccato più sopra, egli era altrettanto conveniente che a Lei, e al suo materno amore per lui, Dante accennasse esplicitamente anche nel Purgatorio e infatti alle Anime del Settimo Cerchio ei disse riconoscente:

Donna è di sopra, che n'acquista grazia,

Perchè il mortal pel vostro mondo reco (1).

Ben si può dire che la Vergine, come appaga il Paradiso col raggio di sua inarrivabile bellezza, così empiva il cuore e l'anima di Dante d'un fervido amore; e s'egli è pur vero che la lingua parla secondo l'abbondanza del cuore, è manifesto altresì

(1) Purgat. XXVI. 59. Ardisco di allontanarmi nella spiegazione di questo passo dall'opinione degli interpreti, che nella Donna qui accennata intendono Beatrice. E invero, pigliando quel di sopra nello stretto suo senso, riferibile cioè al monte del Purgatorio, non altri che Beatrice puossi intendere; e in tal caso, ha schiarimento e conferma nel Canto VII. 48. Ma se si voglia badare più sottilmente, che non fu altrimenti Beatrice colei che duro giudizio lassù franse (Inf. II. 96.), confrontando questo luogo coll' altro (Parad. XXXIII. 13), ove si dice manifesto nulla potersi ottenere di grazia senza ricorrere a Maria, e che Beatrice opera sotto l'impulso e la direzione della Vergine, alla forma di sopra si dia la pur giusta spiegazione di in cielo (onde superno, superi etc.), è per sè manifesto esser costei Maria. Mi rimetto peraltro alla sentenza dei più savi nelle quistioni Dantesche.

e

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che nessun concetto fu dal divino Poeta idoleggiato e adombrato con tanta grazia e con immagini sì abbondanti e leggiadre e gentili, quanto l'amor suo

alla

Rosa, in che il Verbo divino

al bel zaffiro

Carne si fece (1),

Del quale il ciel più chiaro s'inzaffira (2).
È naturale adunque che nella contemplazione

della

Faccia, che a Cristo

Più s'assomiglia (3),

ponga Dante gran parte della giocondità de' Beati. Ivi nell'eterna danza, cantano gli Angeli innamorati, e all'amore è pari la gioia, che si spiega in luce di splendori

(1) Parad. XXIII. 73. E Purgat. X. 41.

Quella che ad aprir l'alto amor volse la chiave.

E Ibid. XXXIII. 7.

Nel ventre tuo si raccese l'Amore

Per lo cui caldo, nell' eterna pace,

Così è germinato questo fiore.

(2) Parad. XXIII. 101.
(3) Parad. XXXII. 85.

S. Bernardo (Sermon. VII. in Assumpt. B. M. Virg.): » Absorpta videtur in deitatem humanitas, non quia mutata est substantia, sed affectio deificata ». Il similis ero Altissimo, di infernale superbia, s'è avverato per celeste umiltà.

Fulgurati di su da raggi ardenti,
Senza veder principio di fulgori (1);

ma udite che sorta di canto!

Qualunque melodia più dolee suona Quaggiù, e più a sè l'anima tira, Parrebbe nube che squarciata tuona, Comparata al sonar di quella lira (2); e l'Angelo cantava, girandosi qual fiamma coronata intorno a Maria:

Io sono Amore angelico, che giro

L'alta letizia, che spira del ventre,
Che fu albergo del nostro Disiro;
E girerommi, Donna del ciel, mentre
Che seguirai tuo Figlio, e farai dia
Più la spera superna, perchè gli entre.
Così la circulata melodia

Si sigillava, e tutti gli altri lumi

Facean sonar lo nome di Maria (3).

(1) Parad. XXIII. 82.—(2) Ibid. 97.—(V. anche Ibid. XII. 7). (3) Ibid. 103 e segg. Nei Canti Popolari Toscani raccolti e pubblicati da N. Tommaseo (Ven. 1841) vol. I. p. 52, leggonsi questi graziosissimi versi; prova che il semplice popolo pensa e dice con Dante troppo meglio che non facciano certi letterati:

Una fila di nuvile d'argento,

Innamorate al lume della luna,
Vanno per l'aria portate dal vento,
Per salutarti, o bella creatura.

Per salutarti, e rigirarti intorno,
Innamorate del tuo viso adorno:

Per salutarti e girarti vicino,
Innamorate del tu' bel visino.

5

Dante si compiace altamente di tali onoranze a Maria, e fa che all'Amore Angelico luminosamente girantesi cantando, tengan bordone tutte le turbe dei Beati; e veggasi immagine graziosa di novità e di affetto!

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E come fantolin, che vêr la mamma

Tende le braccia poi che il latte prese,
Per l'animo che infin di fuor s'infiamma;
Ciascun di quei candori in su si stese
Con la sua cima sì, che l'alto affetto,
Ch'egli avieno a Maria, mi fu palese.
Indi rimaser lì nel mio cospetto,

Regina Cali cantando sì dolce,

Che mai da me non si partì il diletto (1). Nondimeno al Poeta innamorato di Maria, di quel bel Fiore, il cui nome e' sempre invocava e mane e sera (2), era altrove riserbato a vedere

Il quale e il quanto della viva Stella,

Che lassù vince, come quaggiù vinse (3); cioè la Regina, cui il regno de' cieli è suddito e devoto (4).

E come da mattina

La parte oriental dell'orizzonte (a)
Soverchia quella, dove il sol declina;
Così, quasi di valle andando a monte

Con gli occhi, vidi parte nello stremo
Vincer di lume tutta l'altra fronte.
Vidi quivi a lor giuochi ed a lor canti

...

(1) Parad. XXIII. 121. (V. Purgat. II. 114). · (2) Ibid. 88.

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Ridere una Bellezza, che letizia

Era negli occhi a tutti gli altri Santi (1).

Il Poeta, degno cantor di Maria come Davidde dello Spirito Santo (2), colla sua dolce guida e cara (3), in cui la sua speranza vige (4), è già uscito fuore

Del maggior corpo al ciel, ch'è pura luce (5). L'amore a Maria, anello tra il cielo e la terra, mena a Dio; e perchè l' amore è luce, la chiarezza della faccia di Lei può sola disporre a veder Cristo (6), luce del Padre,

L'Agnel di Dio, che le peccata tolle (7).

Poesia altissima, ridente di luce e d'amore, che in sè accoglie e avviva i più forti ardimenti dell'arte, che di luce e d'amore si nutre e feconda! Io vidi sovra Lei tanta allegrezza

Piover, portata nelle menti sante,
Create a trasvolar per quell' altezza,
Che quantunque io avea visto davante,
Di tanta ammirazion non mi sospese,
Nè mi mostrò di Dio tanto sembiante.

(1) Parad. XXXI. 118, e 133.— (2) Ibid. XX. 38.
(3) Ibid. XXIII. 34. (4) Ibid. XXXI. 79.
(5) Ibid. XXX. 38. (6) Ibid. XXXII. 86.

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(v. 145) rafferma questa sentenza:

Veramente, ne forse tu t'arretri,

Movendo l'ali tue, credendo oltrarti,

Orando, grazia convien che s'impetri,
Grazia da Quella, che puote aiutarti.

· Poco appresso

(7) Ibid. XVII. 33. V. pure Purgat. VI. 119.

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