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Tal nella faccia, ch'io non lo soffersi (1); d'un altro:

A noi venia la creatura bella

Bianco - vestita, e nella faccia quale

Par tremolando mattutina stella (2).

Ma luce e amore informano in particolar modo gli ultimi canti del Purgatorio, vero prodigio di splendidezze poetiche; e ben a ragione, chè il Poeta s'era già quasi del tutto purificato, s'avvicinava sempre meglio alla fonte d' ogni luce e d'ogni amore vero, e n'era certo preludio bene augurante il sogno, ch' ei fece:

Nell' ora, credo, che dell' oriente

Prima raggiò nel mondo Citerea,

Che di fuoco d'amor par sempre ardente,
Giovane e bella in sogno mi parea
Donna vedere andar per una landa
Cogliendo fiori, e cantando dicea:
Sappia qualunque il mio nome dimanda,
Ch'io mi son Lia, e vo movendo intorno
Le belle mani a farmi una ghirlanda (3).

(1) Purgat. IX. 81,

Altrove (II. 39), pure d'un Angelo:

L'occhio dappresso nol sostenne.

E XV. 28, lo abbaglia la famiglia del ciclo. E XVII. 44:
Un lume il volto mi percosse

Maggiore assai, che quello ch'è in nostro uso; ed era lume, che si riflettea da un Angelo. La sua virtù visiva s'andava intanto assuefacendo a quelle alte e luminose visioni, e giugnerà così a figgere gli occhi al sole oltre a nostr'uso (Parad. I. 54). (2) Purgat. XII. 88.

(3) Purgat. XXVII. 94.

Poco appresso si sentirà finalmente dire dal suo
Maestro, che gli fu sempre ad ogni uopo soccorso, e
la cui scuola nol potea menar più avanti (1):
Lo tuo piacere omai prendi per duce....
Libero, dritto, sano è tuo arbitrio,

E fallo fora non fare a suo senno (2).

Era dunque in tutto sanato di quelle piaghe,
Che si richiudon per esser dolente (3),

e il Sole della giustizia gli riluceva in fronte (4). Ansiosamente attendendo che vegnan gli occhi belli (5), girando dentro all'antica selva (6), gli viene

innanzi

Una donna soletta, che si gia

Cantando, ed iscegliendo fior da fiore,
Ond' era pinta tutta la sua via,

e che si scaldava ai raggi d'amore, per quanto il mostravano i sembianti,

Che soglion esser testimon del core (7);

(1) Purgat. XVIII. 130. e XXI. 33.

(2) Ibid. XXVII. 131 e 140. Dello scomparire di Virgilio, e del succedere di Beatrice a guida del mistico viaggio, leggansi le acute osservazioni del Giuliani nel suo commento al Convito, pag. 641 - 42.

(3) Ibid. XV. 80.

(4) Ibid. XXVII. 133.
(5) Ibid. 136. (6) Ibid. XXVIII. 23.
(7) Ibid. 40 e segg. E Vita N. S XV:

Lo viso mostra lo color del core.

V. anche Purgat. XIX. 14-15.

e tanto parea ardere d'amorosa luce, che il Poeta esclama:

Non credo che splendesse tanto lume
Sotto le ciglia a Venere trafitta
Dal figlio.... (1)

ed ella tutta lieta

Volsesi in su' vermigli ed in su' gialli

Fioretti verso me, non altrimenti

Che vergine, che gli occhi onesti avvalli (2).

Intanto su quella altezza, che tutta è disciolta nell'aer vivo (3), in quella campagna santa (4) di ineffabili delizie (5), il cui bene Iddio avea dato all'uomo per arra d'eterna pace (6), dove fu innocente l'umana radice (7), mentre Matelda canta come donna innamorata (8) ̧ 2

Ed ecco un lustro subito trascorse

Da tutte parti per la gran foresta

....

che più e più splendeva. Ed una melodia dolce correva

Per l'aer luminoso (9),

....

E il dolce suon per canto era già inteso (10),
E, nelle voci del cantare, Osanna (11).

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Ibid. 13 e segg.

(10) Ibid. 36.

(6) Ibid. XXVIII. 92. (7) Ibid. 142.

(11) Ibid. 51. - È a leggersi per intero questo Canto, insigne, disse il ch. Minich, tra i più belli della Divina Commedia (Minich, La Matelda di Dante). Sarebbe cosa degna ricercare

Dopo i sette candelabri, che in lontananza avean figura di sette alberi d'oro (1), le cui fiammelle lasciavano dietro a sè l'aer dipinto (2),

Ventiquattro seniori, a due a due,
Coronati venian di fiordaliso,

e cantando:

Benedetta tue

Nelle figlie d'Adamo, e benedette
Sieno in eterno le bellezze tue (3).

Ed ecco il carro trionfale 4), la divina basterna (5),

e sur essa

dentro una nuvola di fiori,

Che dalle mani angeliche salia,
E ricadeva giù dentro e di fuori,
Sovra candido vel cinta d'oliva

Donna m'apparve .... (6):

ell'era Beatrice, nell'atto ancor proterva, che or con sottile ironia (8), or per punta o per taglio '(9), alla presenza di tutta la celeste compagnia riprende

dove si trovasse e in quali condizioni il Poeta quando scrisse questo Canto, e di quali gioconde speranze riconfortato. Il fosco dei Canti ultimi il Balbo l'attribuisce alla composizione della Monarchia (V. Vita di Dante cap. XII., in fine).

(1) Purgat. XXIX. 43. (2) Ibid. 73.

(3) Ibid. 83. V. ibid. XXX. 11. (4) Ibid. XXIX. 107. (5) Ibid. XXX. 16. (6) Ibid. XXX. 28. (7) Ibid. 70. (8) Ibid. 74, e XXXI. 44. (9) Ibid. XXXI, 2.

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de' suoi traviamenti lo sbigottito Poeta (), con rimproveri certo non tutti ingiusti (2). Dante a tanta onda di riprensioni confuso (3), singhiozza e lagrima (4), e dà ragione a Beatrice (5). Il vero e possente amore non si spegne, e Beatrice, conseguito il suo intento, vuol che Dante deponga la tema e la vergogna (6); lo fa entrare nel Letéo, quindi nell'Eunoè, donde ritorna

Rifatto sì, come piante novelle

Rinnovellate di novella fronda,

Puro e disposto a salire alle stelle (7),

colla sua Beatrice per iscorta (come gli avea promesso Virgilio (8)), a vedere nella verace corte (9)

(1) Il più acuto, chi ben consideri, si è certamente quello del Canto XXX. 121 e segg.

(2) V. ibid. XXXI. 28, 53, 59, e XXIV. 39. § 36, 37, 38, 39, 40. Convito tratt. II. cap. 2.

Vita Nuova V. pure la Canzone all'Alpigiana, cui accenna la Epist. II.; e qui e là anche nel Canzoniere.

(3) Purgat. XXX. 76.

(4) Ibid. XXX. 97.

(5) Ibid. XXXI. 14-36.

XXXI. 7, e 13-64, e 70 e segg. XXXI. 20 e 34.

Delle aspre punture di Lei ne

fa anzi le scuse con questa terzina di tanto sentimento, e di

così splendida novità:

Così la madre al figlio par superba,

Com' ella parve a me; perchè d'amaro

Sente il sapor della pietate acerba (Ibid. XXX. 79). (7) Ibid. 142. (Alle stellate rote,

(6) Ibid. XXXIII. 31.

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avea detto in egual senso, V. al Canto XI. 36).

(8) Inf. I. 122. (9) Purgat. XXI. 17.

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