Parnaso degl' Italiani viventi, Volume 19

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Nuova Tipografia, 1800
 

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Page 10 - Uscir fé tutte le mondane cose, E al guerreggiar degli elementi infesti Silenzio e calma inaspettata impose, Tu con essa alla grande opra scendesti, E con possente man del furibondo Caos le tenebre indietro respingesti, Che con muggito orribile e profondo Là del Creato su le rive estreme S'odon le mura flagellar del Mondo; Simili a un mar che per burrasca freme, E . sdegnando il confine , le bollenti Onde solleva, e il lido assorbe e preme.
Page 101 - II tuo poter misura? Rapisti al ciel le folgori, Che debellate innante Con tronche ali ti caddero E ti lambir le piante. Frenò guidato il calcolo Dal tuo pensiero ardito Degli astri il moto e l'orbite, L'olimpo e l'infinito.
Page 116 - RT adagiava tranquillo in su l'erbetta, Che lunga e folta mi sorgea dintorno, E tutto quasi mi copriva; ed ora Supino mi giacca, fosche mirando Pender le selve dall'opposta balza, E fumar le colline, e tutta in faccia Di sparsi armenti biancheggiar la rupe : Or rivolto col fianco al ruscelletto...
Page 15 - I! sol teatro della tua grandezza: Anche sul dorso dei petrosi monti Talor t'assidi maestosa, e rendi Belle dell'alpi le nevose fronti: Talor sul giogo abbrustolato ascendi Del fumante Etna, e nell'orribil veste Delle sue fiamme ti ravvolgi e splendi. Tu del nero aquilon su le funeste Ale per l'aria alteramente vieni, E passeggi sul dorso alle tempeste: Ivi spesso d'orror gli occhi sereni Ti copri, e mille intorno al capo accenso Rugghiano i tuoni, e strisciano i baleni.
Page 98 - L' igneo terribil aere . Che dentro il suoi profondo Pasce i tremuoti, ei cardini Fa vacillar del mondo, Reso innocente or vedilo Da' mai-zii corpi uscire, E già domato ed utile Al domator servire. Per lui del pondo immemore, Mirabil cosa! in alto Va la materia, e insolito Porta alle nubi assalto. Il gran prodigio immobili I riguardanti lassa, E di terrore un palpito In ogni cor trapassa.
Page 135 - Alta è la notte, ed in profonda calma Dorme il mondo sepolto, e in un con esso Par la procella del mio cor sopita. Io balzo fuori delle piume, e guardo ; E traverso alle nubi, che del vento Squarcia e sospinge l'iracondo soffio, Veggo del ciel per gl' interrotti campi Qua e là deserte scintillar le stelle.
Page 116 - Già rinfrescando le divine chiome, E fra il concento degli augelli e il plauso Delle create cose, egli sublime Per l'azzurro del ciel spingea le rote.
Page 123 - Oh perché non poss'io la mia deporre D'uom tutta dignitade , e andar confuso Col turbine che passa , e su le penne Correr del vento a lacerar le nubi , O su i campi a destar dell'ampio mare Gli addormentati nembi e le procelle!
Page 115 - D'oriente sul balzo compariva A risvegliar dal suo silenzio il mondo, E agli oggetti rendea più vivi e freschi I color , che rapiti avea la sera , Dall'umile mio letto anch'io\ sorgendo A salutarlo m'affrettava , e fiso Tenea l'occhio a mirar come nascoso Di là dal colle ancora ei fea da lunge Degli alti gioghi biondeggiar le cime ; Poi come lenta in giù scorrea la luce II dosso imporporando ei fianchi alpestri, E dilatata a me venia d'incontro , Che a' piedi l'attendea della montagna.
Page 13 - Ecco dal suolo liberar la testa, scuoter le giubbe, e tutto uscir d'un salto il biondo imperator della foresta. Ecco la tigre e il leopardo in alto spiccarsi fuora della rotta bica, e fuggir nelle selve a salto a salto. Vedi sotto la zolla che l'implica divincolarsi il bue, che pigro e lento isviluppa le gran membra a fatica.

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