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Ella giunse e levò ambo le palme,
Ficcando gli occhi verso l' orïente,
Come dicesse a Dio: d' altro non calme.
Te lucis ante sì divotamente

Le uscì di bocca, e con sì dolci note

Che fece me a me uscir di mente. E l'altre poi dolcemente e divote

Seguitâr lei per tutto l'inno intero;
Avendo gli occhi alle superne ruote.
Aguzza qui, Lettor, ben gli occhi al vero;
Chè 'l velo è ora ben tanto sottile:
Certo, che 'l trapassar dentro è leggiero.
Io vidi quello esercito gentile

Tacito poscia riguardare in sue,
Quasi aspettando, pallido ed umìle:
E vidi useir dell'alto, e scender giue
Du' Angeli con due spade affocate,
Tronche e private delle punte sue.
Verdi, come fogliette pur mo nate,
Erano in veste, che da verdi
che da verdi penne
Percosse traean dietro e ventilate.
L'un poco sovra noi a star si venne,

E l'altro scese in l' opposita sponda,

10. Giunse per congiunse in atto vino, appellata Compieta. di pregare.

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15. Fece me a me uscir di mente,

12. D'altro non calme, fuorchè vale il medesimo che se dicesse:

di te.

13. Te lucis ante terminum è il primo verso dell' inno che dalla Chiesa cristiana suole cantarsi nell' ultima parte dell'Offizio di

fecemi tutto intento a sè,
fatto dimentico di me.

ed af

18. Avendo gli occhi ec. Guar dando pur fiso al cielo. 24. Pallido; altri legge Pavido.

Sì che la gente in mezzo si contenne.
Ben discerneva in lor la testa bionda ;
Ma nelle facce l'occhio si smarria,
Come virtù ch' a troppo si confonda.
Ambo vegnon del grembo di Maria,

Disse Sordello, a guardia della valle,
Per lo serpente che verrà via via.
Ond' io, che non sapeva per qual calle,
Mi volsi 'ntorno, e stretto m' accostai,
Tutto gelato, alle fidate spalle.
E Sordello anche: ora avvalliamo omai

Tra le grandi ombre, e parleremo ad esse :
Grazioso fia lor vedervi assai.
Soli tre passi credo ch'io scendesse,

E fui di sotto, e vidi un che mirava
Pur me, come conoscer mi volesse.
Temp' era già che l' aer s' annerava,

Ma non sì che tra gli occhi suoi e' miei
Non dichiarasse ciò che pria serrava.

36. Come virtù che ec. Ciaschedun senso perde la sua attività se l'impressione che riceve è soverchia.

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37. Del grembo di Maria: alcuni spiegano da Cristo il quale fu portato nel grembo di Maria. Alcuni altri intendono che venga no dalla sfera suprema in cui siede regina Maria.

39. Per lo serpente ec. Il serpente, simbolo delle tentazioni, si immagina che venisse ogni notte ad in

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festar quella valle via via lo stesso che subito subito, incon

tanente.

40. Per qual calle, per qual via il serpente dovesse venire.

42. Alle fidate spalle, alle spalle, al tergo di colui in cui confidava, di Virgilio.

43-44. Avvalliamo, scendiam nella valle grandi ombre. Grandi per cagione della loro dignità. 45. Grazioso, per grato, gradito. 51. Non dichiarasse, non fa cesse

Ver me si fece, ed io ver lui mi fei:
Giudice Nin gentil, quanto mi piacque,
Quando ti vidi non esser tra' rei!
Nullo bel salutar tra noi si tacque:
Poi dimandò: quant'è che tu venisti
Appiè del monte per le lontan' acque?
O, diss' io lui, per entro i luoghi tristi
Venni stamane, e sono in prima vita,
Ancor che l'altra sì andando acquisti.
E come fu la mia risposta udita,

Sordello ed egli indietro si raccolse,
Come gente di subito smarrita.
L'uno a Virgilio, e l' altro ad un si volse

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Che sedea lì, gridando: su, Currado, Vieni a veder chè Dio per grazia volse. Poi volto a me: per quel singolar grado

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58. Per entro i luoghi cc. Attraversando l'Inferno.

59. E sono in prima vita, sono ancora nella vita mortale.

60. Ancor che l'altra ec., sebbene con tal viaggio mi abilito ad acquistar l'immortale.

62. Si raccolse, zeugma per si raccolsero.

64. L'uno (Sordello) si volse a Virgilio, e l'altro (cioè Nino) si volse a Currado Malaspini gridando ec.

66. Che Dio volse, che cosa Dio volle.

67. Grado val qui riconoscenza, gratitudine.

Che tu dèi a Colui, che sì nasconde

Lo suo primo perchè, che non gli è guado, 69 Quando sarai di là dalle larghe onde,

Di' a Giovanna mia, che per me chiami
Là dove agli 'nnocenti si risponde.
Non credo che la sua madre più m' ami,'
Poscia che trasmutò le bianche bende,
Le quai convien che misera ancor brami.
Per lei assai di lieve si comprende

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Quanto in femmina fuoco d'amor dura, Se l'occhio o'l tatto spesso nol raccende.s Non le farà sì bella sepoltura

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perchè di Milano più m' ami: lo pensa dal vedersi da lei dimenticato nelle sue opere di pietà; ma vuol pun, gere il Poeta la leggerezza e l'incostanza di costei. Fu sorella di Azzo VIII.

70. Quando sarai di là dalle larghe onde, di là dal vastissimo mare, frapposto tra il monte del Purgatorio e la terra de' mortali; quando sarai tornato al mondo.

71-72. Giovanna, figliuola di Nino de' Visconti di Pisa, e moglie di Riccardo da Cammino Trivigiano chiami, ôri, mandi preghiere Là, al divino tribunale

dove agliʼnnocenti si risponde, intende agl' innocenti solamente; ed allude a quel del Vangelo: peccatores Deus non audit.

73. La sua madre, Beatrice Marchesotta di Esti, moglie di questo Nino, e dopo la morte di lui ri

maritata a Galeazzo dei Visconti

74. Trasmutò le bianche bende : le bianche bende, che dopo la morte del primiero marito Nino in segno di vedovanza portaya, trasmutò in altre di gaio colore, rimaritandosi con Galeazzo, figlio di Matteo Visconte Signor di Milano.

75. Le quai convien ec. Beatrice potè desiderare lo stato vedovile o perchè Galeazzo le usò mali trattamenti, o piuttosto perche fu cacciata insiem col marito da Milano. 78. Se l'occhio ec.; cioè se l'oggetto amato non è sempre vicino.

79-81. Non le farà si bella sepoltura, non sarà al suo sepolcro

La vipera che i Melanesi accampa,
Com' avria fatto il gallo di Gallura.
Così dicea, segnato della stampa

Nel suo aspetto di quel dritto zelo,
Che misuratamente in cuore avvampa.
Gli occhi miei ghiotti andavan pure al Cielo,
Pur là, dove le stelle son più tarde,

Sì come ruota più presso allo stelo.
E'l Duca mio figliuol, chè lassù guarde?
Ed io a lui: a quelle tre facelle,
Di che 'l polo di qua tutto quanto arde.
Ed egli a me: le quattro chiare stelle,
Che vedevi staman, son di là basse;

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Pur là,

di tanto onorifico ornamento la mente verso il Cielo vipera che i Melanesi accampa e là solamente dove le stelle (l'arme de' Visconti di Milano, son più tarde, al polo antartico ch' era una vipera, la quale il mi- ch'essendo di là dall' Equatore, lanese esercito portava in campo aveva allora la prima volta veduper insegna) — Com' avria fatto to, e dove, siccome ancora nel il Gallo di Gallura, cioè come le polo artico, fanno le stelle in vensaria stato onorifico ornamento tiquattr' ore un giro assai più corl'arme di Nino Giudice di Gal- to, che non facciano l' altre dai lura, la quale era un gallo. poli rimote - Sì come ruota più presso allo stelo: come, cioè, più tarde al moto sono nella girante ruota quelle parti che sono più vicine allo stelo, all' asse; per la stessa detta ragione, imperocchè correndo per ugual tempo le vicine all' asse e le lontane, fanno le prime un giro più piccolo.

82-84. Costruisci: Così dicea, segnato nel suo aspetto della stampa (impronta) di quel dritto zelo, che avvampa in cuore misura tamente, che suole avvampare bensì, ma con misura, con discretezza. E vuol dire, che non parlava già Nino così per odio ed astio, ma per santo e discreto zelo.

85-87. Ghiotti, avidi — andavan pure al Cielo; ogni altro obbietto non curando, rivolgevansi sola

89-93. A quelle tre facelle ec. Coloro che nelle quattro stelle accennate nel Canto I, credono simboleggiate le quattro virtù cardi

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