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Guardate là, come si batte 'l petto.
L'altro vedete, ch' ha fatto alla guancia
Della sua palma, sospirando, letto.
Padre e suocero son del mal di Francia:

Sanno la vita sua viziata e lorda,

E quindi viene il duol che sì gli lancia. Quel che par sì membruto, e che s'accorda, Cantando, con colui dal maschio naso, D'ogni valor portò cinta la corda:

E se Re dopo lui fosse rimaso

Lo giovinetto che retro a lui siede,

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era di naso piccolo con colui, Arrigo Re di Navarra, che fu il terzo di questo nome, detto il Grasso e Conte di Campagna. Mori fuggendo ec. Avendo il detto Filippo III guerra con Pietro III Rẹ d'Aragona, ed entrato essendo nella Catalogna, Ruggieri d'Oria, ammiraglio del Re Pietro, disfece interamente l'armata navale di Filippo il perchè non potendo più questi trar vettovaglie per la sua armata di terra, fu costretto ad abbandonar l'impresa; e dopo morta di fame molta gente del suo esercito, morì egli finalmente di dolore in Perpignano - disfiorando 'l giglio. Disfiorare il giglio, o guastarne la sua bellezza, qui metaforicamente per macchiare la gloria della Corona di Francia, le armi della quale sono i gigli. 107-108. L'altro ec. Arrigo, il suocero di Filippo il Bello ha

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Bene andava il valor di vaso in vaso; Che non si puote dir dell' altre rede.

Giacopo e Federigo hanno i reami: Del retaggio miglior nessun possiede. Rade volte risurge per li rami

L'umana probitade; e questo vuole Quei che la dà, perchè da lui si chiami. Anco al nasuto vanno mie parole

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Non men ch'all' altro, Pier, che con lui canta; Onde Puglia e Provenza già si duole. Tant'è del seme suo minor la pianta, Quanto più che Beatrice e Margherita,

mo giovane, e mori assai presto. 117. Di vaso in vaso, metafora, invece di dire di padre in figlio, o di Re in Re.

118. Che non si puote dir dell'altre rede: ciò che non si può dire degli altri suoi figliuoli ed eredi. 119. Giacopo e Federigo hanno i reami. Nomina Jacopo e Federigo, e non Alfonso, perchè questi era morto alcuni anni avanti al 1300, nel quale Dante finge di aver fatto questo viaggio; e gli altri due vivevano e regnavano in quell'anno, e sopravvissero di più anni al Poeta.

120. Del retaggio miglior, della migliore eredità, ch'è quella della virtù nessun (intendi dei due nominati Giacopo e Federigo) possiede, nissuno n'ha parte. 121. Risurge per li rami. Negli alberi genealogici i rami sono i discendenti; e all' idea dei rami che

stanno sopra il tronco, accomoda il verbo risurgere ad ugual senso di risalire.

123. Quei che la dà, Iddio perchè (vale acciocchè ) da lui si chiami. Imperocchè se i figli dei buoni padri fossero tutti buoni, crederemmo la bontà naturalmente discendere da padre in figlio, e non già esser dono dato da Dio a chi fervorosamente glielo chiede.

124. Anco al nasuto. Avendo queste cose dette parlando solamente di quel che par sì membruto, cioè di Pietro III d'Aragona e dei figli di lui, dice ora esser diretto il parlar suo anche al nasuto, a Carlo I Re di Puglia e Conte di Provenza.

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Costanza di marito ancor si vanta.
Vedete il Re della semplice vita
Seder là solo, Arrigo d' Inghilterra :
Questi ha nei rami suoi migliore uscita.
Quel che più basso tra costor s'atterra,
Guardando 'nsuso, è Guglielmo Marchese,
Per cui ed Alessandria e la sua guerra
Fa pianger Monferrato e 'l Canavese.

struzione: Quanto Costanza (moglie di Pietro III d'Aragona) ancor (perchè vivente) si vanta di marito (si gloria di aver avuto buon marito) più che Beatrice e Margherita.

130-131. Il Re della semplice vita ec. Dee costui essere Arrigo III, di cui Gio. Villani: Di Ricciardo nacque Arrigo, che regnò dopo di lui, e fu semplice uomo, e di buona fede.

132. Migliore uscita ebbe Arrigo ne' rami suoi, ne' suoi discenden

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ti, che non ebbe Pietro d' Aragona.

133. Quel che più basso ec. Sta più basso, perchè non di sangue reale s' atterra. Atterrarsi per giacere, o sedere in terra.

134-136. Guglielmo Marchese di Monferrato fu preso e morto da quelli d' Alessandria della Paglia; e perchè ne seguì guerra grande tra i figliuoli di esso Marchese e gli Alessandrini, dice il Poeta che tal guerra Fa pianger Monferrato e 'l Canavese.

FINE DEL CANTO SETTIMO

CANTO VIII

ARGOMENTO

Scendono a guardia di quel basso loco
Due vaghi spirti che verdi han le vesti,
Verdi le penne, e spade hanno di foco;
Li quai si movon minacciosi e presti
Contra la forza di quel mal serpente

Che sempre a' danni altrui gli occhi tien desti;
Ond' ei sen fugge ratto che gli sente.

Era già l'ora che volge'l disio

A' naviganti, e 'ntenerisce il cuore

Lo dì ch'han detto a' dolci amici a Dio;

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E che lo nuovo peregrin d'amore
Punge, se ode squilla di lontano,

Che paia 'l giorno pianger che si muore;
Quand' io 'ncominciai a render vano
L'udire, ed a mirare una dell' alme
Surta, che l'ascoltar chiedea con mano.

1-6. Accenna il soprarrivar del la sera.

7. Quand' io ec. Quand' io cominciai a non udire più nulla.

6

9. Che l'ascoltar chiedea con mano: cioè, un' alma che colle mani accennava all' altre che le stessero attente.

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